Category: visionart

05
Dic

Joseph Kosuth. Maxima Proposito (Ovidio)

La nuova mostra di Joseph Kosuth alla galleria Vistamare di Pescara è basata sul lavoro di Ovidio. Questa è la prima volta che l’artista si confronta con il poeta romano, nato a Sulmona vicino Pescara, e contemporaneo di Orazio e Virgilio. Kosuth si appropria di una serie di testi di Ovidio scritti durante il regno d’Augusto, apogeo della civiltà romana, un’epoca colta, cosmopolita e sofisticata.

L’artista presenta una selezione di scritti in inglese e in latino che costituiscono assieme un’istallazione site-specific che percorre le quattro stanze della galleria. Ciascun frammento di testo è anche da considerarsi un’opera a se stante, egualmente autorevole e indipendente. Le frasi e parole scelte dall’artista hanno profonde valenze storiche. Il progetto si pone come una struttura concettuale totalizzante che si estende all’interno del contesto architettonico della galleria e, simultaneamente, come una costellazione di opere indipendenti. Le istallazioni svolgono una funzione importante nel lavoro di Kosuth, ma anche le opere più piccole, non istallative, gli permettono di confrontarsi con idee che toccano problematiche diverse da quelle affrontate nelle opere site-specific.

Questi significati frammentati sono indipendenti dal significato generato da Kosuth, allo stesso tempo l’artista li deputa alla produzione del suo proprio ‘significato’. Come spesso avviene nella sua ricerca, è il significato a essere determinato dal contesto. Il fruitore è incoraggiato a pensare e partecipare anch’esso alla costruzione del significato dell’opera; per Kosuth è l’osservatore a completare l’opera. In questo modo il fruitore condivide il concettualizzante processo creativo dell’artista, invece di percepire l’opera d’arte come un frammento della storia o forma di intrattenimento visivo. Il contesto invita lo spettatore/lettore ad avvicinarsi alle parole di Ovidio attraverso un’ottica diversa e, infine, a esplorare il “nuovo” significato generato sia dall’artista che dai suoi stessi fruitori.

Joseph Kosuth si è servito di testi “readymade” sin dall’inizio della sua carriera negli anni sessanta. Infatti, c’è un ristretto gruppo di citazioni tratte da altri artisti all’interno di The First Investigation. Per Kosuth ogni opera d’arte nasce da materiale “preso in prestito”, anche se questo è solitamente celato da una maschera di apparente naturalezza derivante dall’abitudine e dall’autorevolezza della tradizione. Lo scrittore utilizza parole coniate da altri, rivendicando individualità espressiva e responsabilità soggettiva della propria creazione: allo stesso modo Kosuth prende in prestito non solo parole ma anche frasi e paragrafi, talvolta libri e persino biblioteche intere, scritte da altri. Il significato generato da questa operazione viene reclamato per sé, svelato all’interno del proprio lavoro. Tale modus operandi, secondo Kosuth, rivela il carattere vero dell’arte. L’uso e la selezione che l’artista fa di citazioni di autori e filosofi, rappresentativi di un certo corpus teorico e letterario, che hanno contribuito in modo significativo alla cultura contemporanea, si fonda sulla parola scritta ed è inseparabile dal suo contesto.

Maxima Proposito (Ovidio)
Joseph Kosuth
27 novembre 2017 – 2 marzo 2018
Orari lun: 10.00 – 13.00 | mar-ven: 10:00 – 13:00 | 16:30 – 19:30

Galleria Vistamare
Largo dei Frentani, 13 – 65127 Pescara
T / F (+39) 085 694570 info@vistamare.com

21
Nov

Alessandro Bernardini. NON SOLO TE[LE]

Venerdì 24 novembre presso l’enoteca Donà dei Monti ad Arezzo sarà presentato il catalogo dal titolo Non solo te[le] dell’artista Alessandro Bernardini. Per l’occasione sarà creata un’installazione site-specific e andrà in scena una performance; saranno inoltre esposte opere mai viste e realizzate dall’artista dal 2011 ad oggi. La costruzione di questo catalogo ha significato ripercorrere la produzione artistica di Bernardini. Si tratta, infatti, di una summa della suo percorso: dagli assemblage alle ultime opere installative, passando per i lavori con cemento e catrame.

Il testo critico d’introduzione è firmato da Tiziana Tommei, che ha curato anche la ricerca e selezione delle opere riprodotte.  Il concept e design grafico, al pari delle immagini fotografiche, sono invece a cura di Enrico Fico. Si tratta infine di un’edizione limitata, almeno nella versione attuale: infatti, quando sarà nuovamente dato alle stampe avrà al suo interno anche i prossimi lavori dell’artista.

Riportiamo a seguire l’incipit dal testo critico:
«Questo catalogo è in verità un’autobiografia per immagini. Alessandro Bernardini è un artista capace di assemblare sulla tela pensieri e stati d’animo. Il processo creativo che lo contraddistingue è principalmente di natura concettuale. Tuttavia, nel percorso che egli sta svolgendo, e il cui carattere emerge con chiarezza tra le pagine a seguire, la materia assume assoluta presenza. Ho seguito in modo diretto e costante la produzione di Bernardini dal 2013 e oggi, osservandola à rebours, posso coglierne con chiarezza il carattere affatto lineare dell’evoluzione. Siffatte asimmetrie, insite nello svolgimento del suo percorso artistico, sono da ascrivere a due aspetti principali: spazio e materia».

L’evento avrà luogo al n. 47/49 di via Niccolò Aretino, all’enoteca Donà dei Monti, il giorno 24 novembre dalle ore 19.30 alle 22.30. I lavori inediti dell’artista e l’installazione site-specific resteranno in mostra fino al 7 dicembre 2017.

ALESSANDRO BERNARDINI. NON SOLO TE[LE]
24 novembre 2017 ore 19.30 22.30

Enoteca Donà dei Monti, via Niccolò Aretino 47/49 Arezzo
+39 (0)575477911/ info@donadeimonti.it

11
Set

Corpo a corpo | Body To Body

La mostra analizza quel preciso momento in cui il lavoro degli artisti è caratterizzato dall’appropriazione di nuovi linguaggi che spaziano dalla danza all’evento, dall’happening al teatro, dalla pittura alla musica, dalla teoria alla scultura, dal cinema al video. All’interno di queste complesse vicende culturali, la mostra vuole ritagliare soltanto l’ambito in cui l’artista, lasciate le tradizionali forme dell’arte, utilizza il corpo come mezzo espressivo.

Un momento cruciale che copre i due decenni ’60 e ’70, anni di presa di coscienza e di autodeterminazione in cui si collocano le ricerche sperimentali che hanno declinato in vario modo le istanze femministe di alcune artiste come Marina Abramović, Tomaso Binga, Sanja Iveković, Ketty la Rocca, Gina Pane, Suzanne Santoro e Francesca Woodman e pioniere nella danza come Trisha Brown, Simone Forti e Yvonne Rainer negli scatti di Claudio Abate.

Negli ultimi anni il linguaggio del corpo è stato ripreso da artiste italiane dell’ultima generazione come la coppia formata da Eleonora Chiari e Sara Goldschmied, Chiara Fumai, Silvia Giambrone, Valentina Miorandi e Alice Schivardi – e del collettivo artistico con base a Parigi Claire Fontaine. Tutte hanno riattualizzato l’eredità ricevuta da chi le ha precedute, realizzando una serie di opere che compenetrano le ragioni dell’estetica con quelle della politica. Il loro lavoro ravviva quei caratteri che la critica americana Lucy Lippard riconosceva come contributo del femminismo all’interno della vicenda artistica degli anni ’70: un’arte che fosse “esteticamente e socialmente efficace allo stesso tempo” caratterizzata “da un elemento di divulgazione e da un bisogno di connessione di là dal procedimento e del prodotto”.

Ancora oggi la fotografia, il gesto e l’azione performativa sono gli strumenti ideali usati all’inizio degli anni ’60 dalle artiste per continuare lo scardinamento del linguaggio e dei mezzi espressivi classici e sottolinearne l’inadeguatezza. Il linguaggio verbale, infatti, spesso si è rivelato insufficiente per definire stati d’animo complessi. Per questo motivo la sua destrutturazione visiva, attraverso il collage e il video, è ancora fondamentale per esprimere sentimenti e punti di vista difficili da indagare con altri mezzi espressivi.Continue Reading..

30
Giu

Da Duchamp a Cattelan. Arte contemporanea sul Palatino

L’arte contemporanea torna a confrontarsi con l’archeologia. La mostra presenta 100 opere tra grandi installazioni, sculture, dipinti, fotografie e opere su carta di artisti provenienti da 25 diverse nazioni.

Accanto a maestri riconosciuti come Marina Abramović, Gino De Dominicis, Marcel Duchamp, Gilbert & George, Joseph Kosuth, Barbara Kruger, Richard Long, Allan McCollum, Vettor Pisani, Michelangelo Pistoletto, Remo Salvadori, Mario Schifano, Mauro Staccioli, sono proposti i lavori realizzati da alcuni tra i più significativi esponenti delle ultime generazioni quali Mario Airò, Maurizio Cattelan, Anya Gallaccio, Cai Guo-Qiang, Claudia Losi, Paul McCarthy, Sisley Xhafa, Vedovamazzei e Luca Vitone. Non manca, poi, una serie di lavori realizzata da designer e architetti come Ugo La Pietra, Gianni Pettena e Denis Santachiara. All’interno dello Stadio Palatino e del peristilio inferiore della Domus Augustana, con le terrazze e le Arcate Severiane, la mostra articola le sue tematiche essenziali: le Installazioni architettonichein situ, efficace accostamento tra archeologia e arte contemporanea; le Mani, disegnate, fotografate, dipinte, scolpite, simbolo comunicativo e forza creatrice; i Ritratti, traccia identitaria per eccellenza e genere artistico dove gli antichi romani hanno primeggiato.

Architettura, identità, comunicazione, creazione sono temi che la contemporaneità interpreta spesso con disinvolta ironia, in maniera destabilizzante, rifiutando ogni dogma: a confronto con le maestose architetture dei palazzi imperiali del Palatino, questi materiali ci interrogano sul senso del tempo e della permanenza. Sono interventi – molti dei quali creati appositamente per questo progetto al Palatino – che non vogliono essere rassicuranti, ma che suggeriscono differenti percorsi di comprensione dell’antico. I lavori provengono dal museo ALT creato dall’architetto Tullio Leggeri, tra i maggiori collezionisti italiani che, fin dagli anni ’60, ha caratterizzato il suo rapporto con gli artisti sviluppando i loro progetti e suggerendo soluzioni tecniche e creative. Tra le monumentali rovine, viene esposta una significativa selezione delle oltre 1000 opere che costituiscono la sua raccolta.Continue Reading..

19
Mar

Robert Wilson. Tales

Il FAI ospita a Villa e Collezione Panza le opere di Robert Wilson. Il regista statunitense, drammaturgo, coreografo, pittore e scultore ha progettato per il FAI una mostra intensa che si muove all’interno e all’esterno della villa attraverso tematiche e capitoli corrispondenti a opere e tipologie di lavori differenti, alcuni pensati e realizzati proprio per questa occasione.
Villa Panza presenta la mostra “Robert Wilson for Villa Panza. Tales” a cura di Noah Koshbin, curatore dei progetti espositivi dello Studio Wilson, e di Anna Bernardini, direttore dell’antica dimora di Varese. Un’esperienza intensa e affascinante che si snoda all’interno della villa e del suo parco e che permette di conoscere meglio la poetica di Robert Wilson, uno dei maestri del teatro contemporaneo ed eclettico artista visuale, attraverso un’importante selezione di Video Portraits e l’installazione site specific A House for Giuseppe Panza.
Nelle opere esposte, così come nel carattere della collezione di Villa Panza, emerge un continuo confronto tra il mondo classico e quello contemporaneo, una tensione in grado di far dialogare differenti epoche, accompagnata da una profonda sensibilità per la luce e per il tempo interiore. Un comune sentire tra l’artista e il noto collezionista milanese che ha portato Robert Wilson a progettare un installazione site specific in omaggio a Giuseppe Panza di Biumo: posizionata nel parco, presenta una struttura semplice che ricorda il design tradizionale americano facendo da contrappunto alla grandiosa architettura della villa e, al suo interno, propone un tableau vivant accompagnato dalla registrazione di uno scritto di Rainer Maria Rilke, testo molto caro al mecenate d’arte.

I Video Portraits sono, invece, macchine tattili in lenta mutazione che amplificano le potenzialità narrative del ritratto avvicinandolo al racconto cinematografico, senza perdere la fissità che caratterizza il ritratto pittorico. I video ritraggono animali e personaggi famosi del mondo dell’arte e dello spettacolo: dall’attore Robert Downey Jr – che ci comunica con un impercettibile movimento degli occhi che sta assistendo alla dissezione del proprio corpo – allo scrittore Gao XingJian, dal ballerino Roberto Bolle al soprano Renée Fleming. Tra questi, per la prima volta in Italia, sarà possibile ammirare la serie dei “Lady Gaga Portraits”, realizzata nel 2013 e presentata nello stesso anno al Museo del Louvre. Il progetto si ispira a tre capolavori: il ritratto di Mademoiselle Caroline Rivière (1806) di Jean – Auguste Domenique Ingres, La morte di Marat (1793) di Jacques-Louis David e la Testa di San Giovanni Battista (1507) di Andrea Solari. L’opera Flying, che chiude il ciclo di Lady Gaga, ha invece un carattere più contemporaneo pur essendo ispirato all’antica pratica giapponese dello shibari.

Villa Panza
Piazza Litta, 1. Varese
Robert Wilson. Tales
a cura di Noah Koshbin
Dal 4 novembre 2016 al 15 ottobre 2017

Image: LADY GAGA: MADEMOISELLE CAROLINE RIVIÈRE, 2013

16
Mar

Yayoi Kusama. Infinity Mirrors

Yayoi Kusama: Infinity Mirrors is a celebration of the legendary Japanese artist’s sixty-five-year career and promises to be one of 2017s essential art experiences. Visitors will have the unprecedented opportunity to discover six of Kusama’s captivating Infinity Mirror Rooms alongside a selection of her other key works, including a number of paintings from her most recent series My Eternal Soul that have never been shown in the US. From her radical performances in the 1960s, when she staged underground polka dot “Happenings” on the streets of New York, to her latest Infinity Mirror Room, All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, 2016, the Hirshhorn exhibition will showcase Kusama’s full range of talent for the first time in Washington, DC. Don’t miss this unforgettable sensory journey through the mind and legacy of one of the world’s most popular artists.

Infinity Mirror Rooms
Yayoi Kusama had a breakthrough in 1965 when she produced Infinity Mirror Room—Phalli’s Field. Using mirrors, she transformed the intense repetition of her earlier paintings and works on paper into a perceptual experience. Over the course of her career, the artist has produced more than twenty distinct Infinity Mirror Rooms, and the Hirshhorn’s exhibition—the first to focus on this pioneering body of work—is presenting six of them, the most ever shown together. Ranging from peep-show-like chambers to multimedia installations, each of Kusama’s kaleidoscopic environments offers the chance to step into an illusion of infinite space. The rooms also provide an opportunity to examine the artist’s central themes, such as the celebration of life and its aftermath. By tracing the development of these iconic installations alongside a selection of her other key artworks, Yayoi Kusama: Infinity Mirrors aims to reveal the significance of the Infinity MIrror Rooms amidst today’s renewed interest in experiential practices and virtual spaces.

Yayoi Kusama: Infinity Mirrors
February 23, 2017 – May 14, 2017
Hirshhorn Museum and Sculpture Garden
Independence Avenue at 7th Street, SW
Washington, DC
2nd Level

Image: Yayoi Kusama, “Aftermath of Obliteration of Eternity,” 2009. Collection of the artist. Courtesy of Ota Fine Arts, Tokyo/Singapore; Victoria Miro, London; David Zwirner, New York. © Yayoi Kusama

21
Feb

Dalì and Schiaparelli

Dalì and Schiaparelli – presented in collaboration by The Dali Museum and Schiaparelli Paris – will feature haute couture gowns and accessories, jewelry, paintings, drawings, objects and photos, as well as new designs by Bertrand Guyon for Maison Schiaparelli. This will be the first exhibition dedicated to the creative relationship and works of Elsa Schiaparelli and Salvador Dali – friends and collaborators that set Paris and the world ablaze with their groundbreaking visions.

Elsa Schiaparelli was regarded as the most prominent figure in fashion between the two World Wars. Her designs deliberately subverted traditional notions of women’s roles and beauty, embracing and exaggerating the transgressive nature of fashion. Schiaparelli explored bold Surrealistic themes in her designs, heavily influenced by artists, especially Dali, with whom she often collaborated. The vibrant colors, experimental fabrics and elegant handmade decorations set her apart from other designers of the 1920s and 1930s. Some of the most notable clients for Schiaparelli’s haute couture designs included the Duchess of Windsor, Wallis Simpson; heiress Daisy Fellowes; and actresses Mae West and Marlene Dietrich.

Schiaparelli wrote that she “invented” her dresses, and the designs were known for their elegant and daring aesthetic combined with exquisite craftsmanship – a marriage of new ideas with traditional craft. Her designs were like the paintings of Dali in that they combined renaissance precision with wild imagination and dreamlike visions. Their fashion and art both delighted and shocked the senses and that approach was a trademark of their collaborations; their works embodied a sense of freedom and possibility that enlivened popular culture during a tumultuous time.

The Dali will be celebrating the exhibition with a grand fashion show and gala, bringing Paris chic to downtown St. Petersburg. The event will allow guests a glimpse into the secret world of haute couture. Held on Saturday October 14, 2017, the black tie affair will begin with a fashion show featuring contemporary Schiaparelli designs followed by an elegant dinner reception. A more casual yet equally celebratory Sunday brunch will be held the following day. A variety of other events and programs will also accompany the show.

The Dali and Schiaparelli exhibition will be accompanied by a catalog with essays by Dilys Blum, Curator of Costume and Textiles for the Philadelphia Museum of Art, Dali Museum Curator of Exhibitions William Jeffett, Dali Museum Director Hank Hine, and exhibition consultant John William Barger III.

The exhibition is organized by The Dali, St. Petersburg FL in collaboration with Schiaparelli, Paris with loans from the Philadelphia Museum of Art, the Metropolitan Museum and others.

The Dalì Museum
One Dali Blvd,
St. Petersburg, FL 33701

October 18, 2017 through January 18, 2018

Image Credit: Aphrodisiac Telephone (Lobster Telephone). Salvador Dali, 1938

 

18
Feb

Giuseppe Penone. Matrice

“Trees appear as solid beings, but if we observe them through time, in their growth they become a fluid, malleable matter. A tree is a being that memorizes its own shape and this shape is necessary to its life. Therefore, it is a perfect sculptural structure, because it carries the necessity of existence.” – Giuseppe Penone

FENDI presents the first exhibition of contemporary art at Palazzo della Civiltà Italiana in Rome.

From January 26 until July 16, 2017, the Maison’s headquarters hosts a solo exhibition entitled Matrice by Italian artist Giuseppe Penone.

The exhibition takes place in the extraordinary first floor of Palazzo della Civiltà Italiana, which FENDI has restored and opened to the public for exhibitions and installations.

Matrice is a unique opportunity to admire a selection of historical works and new productions realized specifically for this occasion by Giuseppe Penone, one of the greatest living sculptors. The exhibition features 17 artworks that date from the 1970s to the present, including many that are rarely seen and will be shown in Italy for the first time.

The entire exhibition has been conceived in dialogue with the monumental architectural spaces of the Palazzo della Civiltà Italiana, presenting a collection of artworks that contrast the clear-cut geometry and the marble facets of this building.

The exhibition is named after one of Giuseppe Penone’s most spectacular works, Matrice (2015), a 30-meter-long sculpture in which the trunk of a fir tree has been carved out following one of its growth rings, thus bringing to the surface the past of the tree and its transformations in time. A bronze mold has been cast in the wood, apparently freezing nature’s flow of life. Like many of Penone’s artworks, Matrice reveals the artist’s interest in the relationship between time and nature and, metaphorically, between nature, humankind and transience. In addition, a new major sculpture in stainless steel and bronze, over 20 meters tall, Abete (Fir Tree, 2013), is installed in front of Palazzo della Civiltà Italiana, adding a new natural dimension to the abstract geometric architecture of the EUR area.Continue Reading..

25
Gen

Minus.log Untitled (line)

Giovedì 9 febbraio alle ore 18.00 inaugura alla Galleria Bianconi Untitled (line) a cura di Martina Lolli, prima personale milanese di Minus.log, collettivo nato nel 2013 dal sodalizio fra l’artista visiva Manuela Cappucci e Giustino Di Gregorio, artista audiovisivo attivo fin dagli anni ’90. Attraverso la sperimentazione e l’unione di diversi media e linguaggi, Minus.log si propone di realizzare ogni opera come parte di un ambiente sinestetico che accoglie il visitatore in un dialogo fra pittura, scultura, musica, video e proiezioni.

“Untitled (line)” il titolo della mostra, incentrata sui lavori più recenti, dà conto di come sia possibile concepire la stessa come un’unica grande installazione in cui affluiscono le opere della serie Cure (2015), Try Again (2016) e Faraway so close (2017). La linea indicata nel titolo non è solo l’elegante elemento figurativo da cui si genera la produzione di Minus.log, ma fa riferimento anche all’ideale che la sottintende: la ricerca della semplicità formale e concettuale attraverso la riduzione ai minimi termini della rappresentazione e degli stimoli audio-visivi.

Nell’universo artistico di Minus.log il tempo rallenta e accoglie momenti di pausa e di latenza in cui la ricerca del senso si inabissa nel profondo dell’essenza del fruitore. In questa temporalità soggettiva l’espressione diviene silenzio e, nel ripiegamento interno dei sensi, il brusio lascia spazio al rimosso, a ciò che solitamente è detto fra parentesi. La linea come atto più semplice e raffinato della forma, dunque, non è portatrice di conoscenza analitica, ma è margine percettivo che ha bisogno di attesa per essere esperito.

Nelle installazioni della serie Cure la linea prende corpo e diviene una soglia empatica che il gioco di luce ci invita a penetrare. Essa è il taglio tradotto dalle sovrapposizioni della garza e dalle lame di luce che vibrano sulla superficie della tela di Cure 02 e sulle sculture  di Cure 01, lembi che aprono al paziente lavorio sotterraneo della rimarginazione e della cura di una ferita.

Le forme che affiorano lentamente in superficie negli oli su tela della serie Try Again sono  in bilico fra figurazione e astrazione. Tracce di un’assenza resa visibile da velature e trasparenze, traducono la linea nei tagli perfetti del digitale attraverso frammenti (Skyline), ripetizioni (Loop. Visione simultanea), interruzioni (A-line) e cut-up (Cloud); allenano lo sguardo a una visualizzazione più profonda che è fatta di tentativi e di stati d’animo  (People). Nell’installazione omonima le linee si manifestano come interferenze che solcano l’invisibile campitura della proiezione; il loro manifestarsi imprevedibile ci invita alla scoperta di una singolare sincronia e di uno scarto che questa volta è dato dalla presenza del colore.

In Faraway so close la linea è il profilo lontano e vicino di una reminiscenza che si riavvolge su se stessa: in un tempo infinito il ricordo è questione di prospettiva; nello spazio infinito, si declina in forme sospese. I paesaggi di Faraway so close sono immagini che derivano dall’atto di cancellare e rendere limpido e che, nel loro stesso procedimento, conservano le sfumature della memoria e la definizione formale di un obiettivo.

La ricerca di Minus.log mutua il fascino e la raffinatezza dell’estetica digitale attraverso l’uso della tecnologia sostenuta dal “calore” e dal “colore”  dei supporti analogici. Il suo rigore formale si declina nella poesia del caso e dell’errore di un sistema non totalmente controllabile – tanto analogico quanto umano – che porta a risultati inaspettati e sorprendenti. In questo gioco degli equilibri il fruitore ha una grande importanza poiché è invitato a riconquistare la propria temporalità e a ricercare in essa un senso, non necessariamente condivisibile all’unanime, ma che assuma il valore di un’esperienza singolare.

La mostra è visibile fino al 4 marzo 2017 alla Galleria Bianconi di Milano, via Lecco 20.Continue Reading..

06
Dic

Michelangelo Bastiani. Diorama

a cura di Alessia Carlino

Opening 13 dicembre ore 18.30

14 dicembre 2016 >31 gennaio 2017

La galleria Emmeotto è lieta di presentare il progetto espositivo dell’artista fiorentino Michelangelo Bastiani, intitolato Diorama.

Durante il XIX secolo nacquero diversi congegni artistici la cui funzione illusoria era costruita attraverso un sapiente utilizzo della luce. Il panorama, il diorama, la lanterna magica, le dissolving views, si misero in concorrenza con le moderne tecniche scenografiche utilizzate nel teatro, ma con la sostanziale differenza di ottenere possibili sistemi illusionistici nel mondo figurativo delle immagini bidimensionali. Nel 1822 Daguerre e Buton esibirono per la prima volta al pubblico il diorama che divenne immediatamente un successo internazionale. A differenza del suo precedente, il Panorama, questo inedito e eccezionale congegno si reggeva su un principio illusionistico da scatola ottica. L’illusione non nasceva dalla infinitezza dell’immagine, bensì dalle sue trasformazioni prodotte dalle variazioni di luce. Michelangelo Bastiani, attraverso l’utilizzo del contemporaneo ologramma, ripercorre le orme dell’impresa di Daguerre e Buton. Il suo lavoro consiste nel mettere a confronto lo spettatore con immagini cinetiche, forme di esposizione interattiva ed illusione e spettacolarizzazione di un nuovo e sorprendente uso delle tecnologie più avanzate. Bastiani pone al centro del suo confronto la natura, spesso la sua indagine lo porta a ricreare l’effetto dell’acqua, nelle sue derive più effimere, come quando nella ri – creazione di una cascata cerca di imprimere attraverso sensori di movimento il passaggio dell’uomo. L’artificio consente di sondare con maggiore forza i fenomeni naturali: nella serie degli ologrammi l’artista racchiude, in barattoli di vetro, differenti elementi climatici che catturano lo spettatore nella visione di una scenografia realistica e coerente. Altro elemento fondamentale del lavoro di Bastiani è la realizzazione di installazioni site specific. Anche in questo caso l’artista sperimenta gli effetti dell’interattività digitale, ancora una volta l’acqua è il campo privilegiato d’indagine: un lago artificiale prende vita in una stanza e grazie alle tecniche messe in campo dall’artista, lo spettatore diviene parte integrante dell’opera attraverso la manipolazione delle immagini che consente un’interazione attiva e partecipe. Il confronto tra artificio e natura è un nodo centrale nella storia dell’arte: pittori, scultori, architetti nei secoli hanno ricreato il mondo attraverso la lente delle loro opere, Michelangelo Bastiani accetta questa sfida rigenerando l’universo naturale nei meccanismi digitali di ultima generazione, i suoi lavori parlano di un processo futuribile dell’arte, laddove “con l’avvento del multimediale, il museo del XXI secolo diverrà un luogo di animazione culturale permanente e collettivo”, un sogno condiviso che definirà il rapporto interpersonale tra la società e la produzione artistica contemporanea.Continue Reading..