Category: video arte

11
Feb

Keziat | La città delle donne e altre storie

MAT Museo dell’Alto Tavoliere
San Severo – Foggia

21 febbraio 2016 ore 18,30

Keziat | La città delle donne e altre storie
a cura di Elena Antonacci

«L’unico vero realista è il visionario»
Federico Fellini

Il 2016 sarà un anno intenso per l’artista pugliese Keziat. Dal 21 febbraio al 21 ottobre è in programma infatti un nuovo straordinario ciclo internazionale di mostre personali intitolato Hybrids, con testo critico unico a cura di Amalia di Lanno. La serie partirà, anche questa volta, dal MAT – Museo dell’Alto Tavoliere di San Severo (Foggia), città natale dell’artista. Dal 21 febbraio al 3 aprile il Museo presenterà in anteprima l’esposizione “La città delle donne e altre storie”, a cura di Elena Antonacci, direttrice del MAT. La mostra è un chiaro omaggio alla visione onirica di Federico Fellini e alla figura dell’artista Andrea Pazienza, autore del manifesto del film dal quale, in parte, il titolo di questa mostra è ripreso. Dal 19 maggio al 23 giugno Keziat sarà negli Stati Uniti con “Stralunata”, a cura di Sabiana Paoli, presso la Società Dante Alighieri di Miami, in Florida. L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Consolato d’Italia a Miami, molto attivo nel campo delle arti visive in una città in fermento anche grazie alla presenza di Art Basel. Dal 21 luglio al 13 agosto sarà la volta del Museo Tuscolano Scuderie Aldobrandini di Frascati, in provincia di Roma. Nel bellissimo spazio espositivo del Museo, ristrutturato dall’architetto Massimiliano Fuksas, si terrà “Attraversamenti in punta di penna”, a cura di Barbara Pavan. Hybrids si chiuderà a Bangkok con “On a biro”, dal 30 settembre al 21 ottobre. La mostra farà parte del cartellone del prestigioso festival italiano organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Bangkok; manifestazione di assoluto valore che porta ogni anno i migliori artisti italiani in Thailandia. Hybrids è il secondo ciclo espositivo internazionale di Keziat; segue quello del 2012-2014 intitolato Visionaria, con mostre al MAT, Museo dell’Alto Tavoliere di San Severo (Foggia), Casa Italiana Zerilli-Marimò di New York, Centro Culturale Elsa Morante di Roma, Sabiana Paoli Art Gallery di Singapore e all’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam. Continue Reading..

09
Feb

Heinz Hajek-Halke

Inaugurazione sabato 6 febbraio 2016
Dalle ore 15.00 alle ore 20.00

In mostra da domenica 7 febbraio a domenica 3 aprile 2016
Tutti i giorni, 10.30 – 19.30
Mercoledi e giovedì, 10.30 –21.00

La Galleria Carla Sozzani, in collaborazione con l’Archiv der Akademie der Künste di Berlino e con Eric Franck Fine Art di Londra, presenta per la prima volta in Italia una mostra di Heinz Hajek-Halke. Una selezione delle sue più straordinarie fotografie vintage, manipolazioni di forma, luce e movimento stampate tra gli anni Trenta e gli anni Settanta.

“Due aspetti difficili hanno sempre dominato il mio carattere: provocazione e curiosità; in termini più raffinati: una sete di conoscenza. E così sono diventato un fotografo a dispetto della pittura accademica, ma sono rimasto un pittore a dispetto della fotografia.” Heinz Hajek-Halke, nato a Berlino nel 1898, poco conosciuto al grande pubblico, è tra i pionieri della fotografia tedesca del XX secolo che hanno marcato con una forte personalità la trama del secolo scorso. Dopo aver trascorso l’infanzia in Argentina, nel 1910 torna nella sua città natale dove si ricongiunge con il padre Paul Halke, pittore e vignettista, suo primo maestro di disegno, e inizia a studiare arte presso l’Accademia di Belle Arti. Costretto a lasciare gli studi per arruolarsi nel 1916 nella Prima guerra mondiale, li riprende dopo due anni frequentando prima i corsi del pittore Emil Orlik e quindi le lezioni di Hans Baluschek, da lui ritenute più progressiste e meno convenzionali. Dal 1923 lavora come fotoreporter per l’agenzia di stampa Press-Photo, sperimentando, fin dai suoi esordi, diverse tecniche: fotomontaggi, doppie esposizioni, collage. Collabora con i grandi fotografi Willi Ruge e Else Neuländer (Yva) allo sviluppo di immagini sempre più complesse. I suoi lavori saranno richiesti dalle riviste più note della Repubblica di Weimar. Durante la Seconda guerra mondiale si ritira sul Lago di Costanza in Svizzera, dove inizia a occuparsi di fotografia scientifica nel campo della biologia degli insetti. Attraverso un grande banco ottico esplora diverse tecniche di manipolazione chimica, di distorsione della luce e di ingrandimento sui piccoli soggetti. Nel 1949 diventa membro di “Fotoform”, gruppo d’avanguardia dei fotografi della Germania occidentale fondato da Otto Steinert; sei anni più tardi inizia a insegnare fotografia e grafica presso l’Università delle Arti di Berlino. Continue Reading..

07
Feb

KENGIRO AZUMA. MU YU – il vuoto e il pieno

a cura di Susanne Capolongo e Stefano Cortina
Dal 9 febbraio al 12 marzo 2016. Inaugurazione: martedì 9 febbraio, ore 18.30

La Galleria Cortina Arte celebra l’artista Kengiro Azuma nell’anno del suo 90° compleanno dedicandogli una mostra dal titolo MU – YU, il vuoto e il pieno che riassume in sé il pensiero di tutta la ricerca di Azuma basata fondamentalmente sulla sua personale filosofia riconducibile ai principi dello ZEN, sia in arte che nella vita.
Nato nel 1926 a Yamagata in una famiglia di artigiani del bronzo, a 17 anni abbandona gli studi per arruolarsi e combattere nella Seconda Guerra Mondiale come pilota kamikaze dell’esercito giapponese. Due giorni prima della sua missione “sacrificale” esplode la prima bomba atomica. Persa la guerra, caduto il mito del Dio-Imperatore segue un periodo di profonda sofferenza per il giovane Azuma che ha termine quando decide di approciarsi alle arti figurative per colmare il vuoto lasciato dalla perdita della fede nel suo imperatore.
Dopo la laurea in scultura all’Università di Tokyo, con una borsa di studio giunge a Milano nel 1956, dove a Brera diventa prima allievo e poi assistente del suo più grande mito artistico: Marino Marini. È dal 1961 con la creazione della prima opera MU (in giapponese “vuoto”, con cui intitolerà tutte le opere successive) che Azuma giunge ad una completa autonomia artistica avvicinandosi all’espressione astratta e imperniata indistricabilmente alla cultura giapponese, dove gli opposti come il pieno e il vuoto hanno lo stesso valore e che da ora in poi saranno i due elementi caratterizzanti i suoi lavori. E nella sua scultura questi due opposti sono sempre presenti come lo sono la Natura – maestra di vita di cui seguire i ritmi senza forzarli – e l’impegno di riuscire a trasmettere emozioni invisibili (come quelle stimolate dalla musica) trasformandole in percezioni scultoree visibili alla sensibilità dell’osservatore, perché come disse una volta lo stesso Azuma: “Immaginare senza avere la possibilità di vedere e toccare è meraviglioso. Da qui nasce l’arte”.
La mostra presenterà un breve excursus antologico con dipinti, disegni e sculture dal 1960 a oggi e alcune opere su carta inedite mai esposte sino a ora.
Catalogo Cortina Arte Edizioni con una introduzione di Stefano Cortina e un’intervista di Susanne Capolongo.

La mostra proseguirà fino al 12 marzo con i seguenti orari:
10.00-12.30 / 16.30-19.30
Chiuso lunedì mattina e domenica.

Associazione Culturale Renzo Cortina, Via Mac Mahon 14/7, Milano
Tel: 0233607236 e-mail: artecortina@artecortina.it

22
Gen

Bill Beckley. Elements of Romance. Works from The Seventies

Giovedì 21 gennaio presso lo Studio Trisorio, in via Riviera di Chiaia 215 a Napoli, sarà inaugurata la mostra di Bill Beckley Elements of Romance. Works from The Seventies.

Negli anni Settanta Bill Beckley è stato uno degli iniziatori e dei protagonisti del movimento della Narrative Art e membro del gruppo 112 Greene Street, nato in risposta al Minimalismo di Robert Morris, Carl Andre e Sol LeWitt. Ha utilizzato tecniche e materiali diversi associando sempre testi e immagini che in alcuni casi sono anche messi in relazione con azioni performative e installazioni.

Oltre a lavori storici come Myself as Washington (1969), Cake Story (1974), Paris Bistro (1975), Mao Dead (1976), Kitchen (1977), Deirdre’s Lip, (1978), Shoulder Blade, (1978) che possono essere considerati manifesti della Narrative Art, saranno in mostra acquerelli e studi preparatori.

Attraverso immagini di forte impatto visivo e testi iconici, ognuno di questi lavori apre il varco all’immaginazione conducendoci in un racconto che intreccia frammenti di esperienze e ricordi personali, stralci di Storia e altre narrazioni.

I lavori fotografici esposti sono gli ultimi esemplari realizzati con la tecnica di stampa cibachrome, oggi non più riproducibile, che Beckley ha scelto per la resa sensuale e splendente dei colori.

L’artista sarà presente all’inaugurazione.

La mostra si potrà visitare fino al 21 marzo 2016.

Biografia
Bill Beckley è nato ad Amburgo, in Pennsylvania nel 1946. Vive e lavora a New York. Ha esposto al MOMA, al Museo Solomon R. Guggenheim, al Whitney Museum of American Art (1979), a Documenta/Kassel (1976), alla Biennale di Parigi (1973) alla Biennale di Venezia (1975). Le sue opere sono nelle collezioni permanenti di istituzioni pubbliche e private in diverse parti del mondo: Museum of Modern Art di New York, Whitney Museum of American Art, Solomon R. Guggenheim Museum, Smithsonian American Art Museum, Museum of Fine Arts di Boston, Tate Modern di Londra; Daimler Collection di Stoccarda, collezione Hoffman di Berlino, Morton Neumann Family Collection di Washington, collezioni degli artisti Jeff Koons e Sol LeWitt. È rappresentato in Italia dallo Studio Trisorio con cui collabora fin dal 1986, anno della personale Gardens of Pompeii. Un’opera della stessa mostra è attualmente esposta al Museo MADRE di Napoli.

Studio Trisorio
Riviera di Chiaia 215
80121 Napoli
tel/fax +39 081 414306
info@studiotrisorio.com

15
Gen

Piermau.Zero as seen by MUSTAFA SABBAGH

PIERMAU. ZERO
as seen by MUSTAFA SABBAGH

Zero [ẓè•ro/] sostantivo maschile
Origine: Lat. mediev. zéphyrum, risalente all’arabo ṣifr ‘nulla’ – sec. XV.

1. Punto di partenza di una qualsiasi successione
• Ripartire da zero, dall’inizio, dal nulla, specie dopo un fallimento o un periodo molto negativo.
• Anno zero, il punto di massimo degrado o di annientamento a cui si è giunti, e dal quale si deve iniziare uno sforzo di ripresa (dal titolo del film “Germania, anno zero” di R. Rossellini, del 1947).
2. In strumenti di misurazione, posizione segnata dall’indice in condizioni di riposo.
• Grado zero della scrittura, nella critica letteraria di R. Barthes (1915-1980), la scrittura (intesa come stile) di alcuni autori contemporanei che si sottrae alla subordinazione a un ordine marcato del linguaggio, assumendo tratti coincidenti con quelli del “parlato”
• Gruppo zero, gruppo sanguigno universale.
• Numero zero, in editoria, l’esemplare di un nuovo quotidiano o di una nuova rivista, stampato in un numero limitato di copie, con funzione di prova tecnica delle caratteristiche grafiche e di contenuto; anal., in televisione, prototipo di un nuovo programma, utilizzato per verificare la risposta del pubblico e la sua collocazione nel palinsesto.
Novem figure indorum he sunt 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Cum his itaque novem figuris, et cum hoc signo 0, quod arabice ‘zephirum’ appellatur, scribitur quilibet numerous.
Le nove figure delle Indie sono 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Con queste nove figure, e con il segno 0, che gli arabi chiamano ‘zephirum’, è possibile scrivere qualunque numero.
[Leonardo Fibonacci, Liber Abaci – Capitulum I, 1202]
/dev/null ≠ /dev/zero
Nei file system esiste un file che rappresenta il nulla, che si chiama /dev/null, ed uno che rappresenta lo zero, /dev/zero. Tutti i dati scritti in questi file speciali vengono eliminati, mentre la lettura da questi file restituisce un End Of File nel caso di /dev/null, e un byte di valore 0 nel caso di /dev/zero. In sostanza: /dev/null è inutilizzabile in quanto potenziale errore, ma /dev/zero può essere utilizzato in quanto fonte inesauribile di zeri, per generare un file ‘pulito’, potenzialmente infinito, cui è possibile determinare una dimensione.
0 = punto di partenza | è necessaria una tabula rasa di ciò che è stato, per poter di nuovo essere. Il valore di uno Zero è nell’infinito di un innesco mentale.
0 = forma espressiva | come Bruce Mau e i suoi spazi bianchi, come Laurence Sterne e le sue pagine nere, come John Cage e il suo immaginifico silenzio, uno è uno, centomila è centomila, ma nessuno è tutto ciò che ognuno è libero di immaginare.
0 = grado di fusione | l’acqua, elemento plastico per antonomasia, ha bisogno di uno 0° per divenire da immobile a metamorfica. Continue Reading..

24
Dic

GESTURES – Women in action

A Merano Arte
dal 6 febbraio al 10 aprile 2016
La mostra
GESTURES – Women in action

Conferenza stampa: venerdì 5 febbraio 2016, ore 11.00
Inaugurazione: venerdì 5 febbraio 2016, ore 19.00

A cura di: Valerio Dehò

La mostra “GESTURES – Women in action”, in programma dal 6 febbraio al 10 Aprile 2016 a Merano Arte, presenta 40 opere – fotografie, video, oggetti e collage – che ripercorrono le espressioni più significative della Body Art femminile dagli anni Sessanta ad oggi. Sono lavori che esplorano il tema del corpo femminile impiegato come mezzo espressivo primario per veicolare un pensiero di protesta e sovvertimento dei valori costituiti, realizzati dalle più importanti esponenti della Body e Performance Art attive già dagli anni Sessanta e Settanta, quali Yoko Ono, Marina Abramovic, Valie Export, Yayoi Kusama, Ana Mendieta, Gina Pane, Carolee Schneemann, Charlotte Moorman, Orlan, alle esperienze più recenti di artiste quali Sophie Calle, Jeanne Dunning, Regina José Galindo, Shirin Neshat, Silvia Camporesi e Odinea Pamici.

Di natura volutamente effimera e legate al qui ed ora dell’accadimento, oltre che svolte in epoche e contesti socio-culturali specifici, molte delle creazioni di queste artiste hanno natura essenzialmente concettuale e sono arrivate a noi attraverso riproduzioni in forma fotografica o filmica oppure attraverso la conservazione di oggetti impiegati in occasione delle azioni. La mostra testimonia un percorso artistico tortuoso, attraverso il quale le donne protagoniste del movimento della Body Art, hanno mutato profondamente il corso dell’arte contemporanea.
L’abolizione dei confini tra teatro, spettacolo, comunicazione e arte, è stata importante per palesare vari aspetti che riguardavano la condizione della donna nel mondo. Con la Body Art le donne si sono affermate come grandi protagoniste di questa rivoluzione culturale e la loro presenza nell’arte è diventata fondamentale, manifestandosi in molti paesi come scelta politica per la parità di genere proprio negli anni cruciali del movimento femminista. Le loro opere hanno sviluppato un approccio che intendeva abolire la distanza tra artista e pubblico, facendo dell’arte un fondamento della comunicazione sociale, uno specchio e un laboratorio dei cambiamenti in atto. Il pubblico non era più considerato uno spettatore passivo, ma parte integrante dell’opera stessa.
L’esposizione si sviluppa in senso cronologico, fatta eccezione per l’androne del museo e la piattaforma dalla quale si ha accesso alle sale, dove è esposto il violoncello dell’artista e musicista americana Charlotte Moorman e il video che mostra la performance in cui l’artista ha impiegato tale strumento. Sulla grande parete che dal piano terra accompagna i tre piani espositivi, campeggia una grande fotografia di Marina Abramovic.Continue Reading..

10
Dic

Bill Viola. Inverted Birth

“Inverted Birth” is the gallery’s seventh solo exhibition by internationally acclaimed video artist. Featured are six major works created between 2012 and 2014: Ancestors, Inverted Birth and four pieces from the Martyrs series

James Cohan is pleased to present Inverted Birth, the gallery’s seventh solo exhibition by internationally acclaimed video artist Bill Viola, on view from December 10 through January 30.
Featured are six major works created between 2012 and 2014: Ancestors (2012), Inverted Birth (2014), and four pieces from the Martyrs series—Earth Martyr, Air Martyr, Fire Martyr, and Water Martyr (all 2014).
Regarded as a seminal figure in the development of video art, Viola has been celebrated throughout his 40-year career for combining state-of-the-art technology with universal humanistic themes—birth, death, and the unfolding of consciousness.
These themes continue in Viola’s Inverted Birth, which explores the life cycle as a continuum rather than a linear progression. Viola has remarked, “Birth is not a beginning, death is not an end.”
In the main gallery, Viola’s monumental video and audio installation Inverted Birth is projected onto a 15-foot-high screen anchored to the floor. The work depicts five stages of awakening through a series of violent transformations. The piece begins with a man standing in darkness, coated in black fluid. Gradually, the fluid begins to flow in reverse and rises upward with increasing velocity.
The fluids change from black to red to white, ultimately becoming clear like water. A soft mist covers the man for the final stage of awakening. The essential elements of human life—earth, blood, milk, water and air, and the passage from birth to death—here are inverted when darkness is transformed into light. In Ancestors, on view in Gallery 1, a mother and son make a journey on foot across the desert in the heat of summer. In the course of traversing this inhospitable landscape, a new consciousness unfolds when they become swallowed by a dust storm and emerge finding solace in one another.Continue Reading..

03
Dic

Recto Verso

Carla Accardi, Enrico Castellani, Roy Lichtenstein, Lucio Fontana, Giulio Paolini, Pierre Toby sono solo alcuni degli autori presenti in questa mostra dedicata a un elemento abitualmente nascosto, dimenticato o trascurato: il retro del quadro.

La mostra tematica “Recto Verso” presenta una selezione di opere nelle quali gli artisti hanno consapevolmente posto in primo piano l’elemento abitualmente nascosto, dimenticato o trascurato del retro del quadro.
Concepita dal Thought Council della Fondazione, composto attualmente da Shumon Basar, Elvira Dyangani Ose, Cédric Libert e Dieter Roelstraete, l’esposizione riunisce opere della Collezione Prada e lavori provenienti da collezioni e gallerie italiane e internazionali.

La tradizione occidentale concepisce il dipinto principalmente come un artefatto frontale (“recto”). Il retro (“verso”) sembra trasmettere un significato culturale trascurabile, non essendo destinato allo sguardo del pubblico, perché visibile solo dall’artista e dagli addetti ai lavori. In questa mostra gli artisti portano in primo piano il retro della tela usando vari procedimenti come la tecnica tradizionale del trompe-l’œil, resa famosa dai pittori fiamminghi, in cui è la cornice e non la figura ad assumere un ruolo fondamentale.
O ancora, la fotografia a doppia esposizione è impiegata per vedere attraverso l’opera stessa ed enfatizzare le caratteristiche fisiche e strutturali dell’oggetto. Nel caso del movimento francese della fine degli anni Sessanta Supports/Surfaces, la superficie dipinta sparisce completamente e ciò che resta è il semplice materiale di supporto. In altri lavori, messaggi segreti sono nascosti dietro il quadro in attesa di essere rivelati.

Artisti di generazioni e tendenze diverse, come Carla Accardi, Louis-Léopold Boilly, Gerard Byrne, Enrico Castellani, Sarah Charlesworth, Daniel Dezeuze, Lucio Fontana, Llyn Foulkes, Philippe Gronon, Roy Lichtenstein, Matts Leiderstam, Gastone Novelli, Giulio Paolini e Pierre Toby, hanno trasformato un semplice gesto in un’approfondita indagine storica sul vero, l’illusione e le modalità della visione.Continue Reading..

25
Nov

Non esistono oggetti brutti

«NON ESISTONO OGGETTI BRUTTI»
un progetto indisciplinato di
Thanos Zakopoulos e Alberto Zanchetta

26 novembre 2015 – 09 gennaio 2016
opening: giovedì 26 novembre 2015, ore 18.00 – 21.00
Galleria Bianconi, Via Lecco 20 – Milano

Il 26 novembre la Galleria Bianconi è lieta di presentare il progetto «Non esistono oggetti brutti» che pone in dialogo i linguaggi e le pratiche artistico-curatoriali di Thanos Zakopoulos e Alberto Zanchetta.

«Non esistono oggetti brutti, basta saperli esporre» è una frase pronunciata da Franco Albini, assunta a magistero di questo progetto. Un artista-designer, Thanos Zakopoulos, e un critico-curatore, Alberto Zanchetta, hanno deciso di selezionare un nucleo di opere conservate nel caveau della galleria Bianconi, nel tentativo di ripercorrere la storia dello spazio espositivo e degli artisti coinvolti nel corso degli anni (Alexandre Arrechea, Vasco Bendini, Mario Davico, Maria Elvira Escallon, Winfred Gaul, Via Lewandowsky, H.H. Lim, Cheryl Pope, Davide Tranchina, Nanni Valentini, Daniele Veronesi). L’allestimento verrà però arricchito da opere, oggetti e materiali forniti direttamente da Zakopoulos e Zanchetta o chiesti in prestito ad altri artisti e designer (Agostino Bergamaschi, Sergio Breviario, Martina Brugnara, Mario Consiglio, Lorenzo Damiani, Oppy De Bernardo, Riccardo Fabiani, Silvia Hell, Silvia Mariotti, Katia Meneghini, Gianni Moretti, Alberto Mugnaini, Simone Pellegrini, Alessandro Zambelli), proponendo chiavi di lettura differenti rispetto a quanto si conosceva della galleria Bianconi.

Se effettivamente «basta saper esporre», come affermava Albini, è altresì vero che un bell’oggetto nuoce a se stesso qualora sia presentato in modo frettoloso, magari sciatto, finanche insensato. Il concetto di bello e di brutto, così sottile e intercambiabile nelle arti dell’ultimo secolo, pone in risalto il problema sulla presentazione, ossia sulla [di]mostra[zione] al pubblico. Dall’oggetto si passa quindi al processo, al “rito dell’allestimento” che in questo caso si dipana tra associazioni di pensiero e liberi accostamenti. Concepita come un ibrido tra lo storage e la wunderkammer, la mostra si propone sotto forma di grande “assemblaggio” che sfrutta i materiali e i complimenti d’arredo in dotazione alla galleria. Non quindi una semplice collettiva, bensì un progetto che fa leva sull’atteggiamento appropriazionistico e sulla necessità di produrre nuova conoscenza.Continue Reading..

18
Nov

Regina José Galindo. Mazorca

“Hanno distrutto le nostre case, hanno rubato i nostri beni, bruciato i nostri vestiti, hanno preso gli animali, tagliato il campo di grano, ci seguirono giorno e notte.” Caso 5339 (uomo intervistato)

—english below

Hanno distrutto le nostre case, hanno rubato i nostri beni, bruciato i nostri vestiti, hanno preso gli animali, tagliato il campo di grano, ci seguirono giorno e notte.
Caso 5339 (uomo intervistato) Piano Sánchez, Baja Verapaz, 1982.Volume 1. Capitolo terzo.REMHI.

Durante la guerra in Guatemala, come parte della strategia militare di terra bruciata, il mais è stato tagliato, è stato bruciato; fu distrutto dall’esercito con l’intenzione di distruggere le comunità indigene, considerate causa della guerriglia. La pace è stata firmata nel ’96 , il mais e il popolo hanno resistito. Nel 2014 il Congresso ha approvato una legge sulla protezione delle varietà vegetali, popolarmente conosciuta come Ley Monsanto, che metteva a rischio il futuro del mais e l’autonomia alimentare del paese. I popoli indigeni furono quelli che si opposero maggiormente e che hanno ottenuto l’abrogazione della legge.

Sono nascosta in un campo di grano. Quattro uomini con il macete, tagliano tutto il mais per scoprirmi. Per qualche minuto rimango in piedi sul mais tagliato.
Aldea Chotacaj, Totonicapan, Guatemala. Novembre 12/11/2014.

Inaugurazione 18 Novembre 2015, h.19.00 – 21.30

Prometeogallery
via Ventura, 3 Milano 20134
orario galleria: lun- ven 11-19Continue Reading..