Category: video arte

19
Set

WHITE FADES | Art, Science and Climate Change in the Polar Lands | I progetti in Artico di Roberto Ghezzi

L’Istituto Italiano di Cultura a Oslo presenta, giovedì 26 settembre 2024 alle ore 18,30, una mostra di arte contemporanea dedicata alla ricerca estetica dell’artista italiano Roberto Ghezzi dal titolo WHITE FADES, Art, Science and Climate Change in the Polar Lands a cura di Mara Predicatori. Un progetto ambizioso, frutto di studi e ricerche sull’Artico che l’artista porta avanti da diversi anni, in collaborazione con scienziati del Consiglio Nazionale delle Ricerche e, in questa occasione, con il patrocinio di Centro per l’Arte Contemporanea Palazzo Lucarini Contemporary e il supporto di Cartiera Magnani Pescia e Phoresta ETS, con l’obiettivo di indagare la natura e fenomeni connessi al cambiamento climatico, in chiave artistica. La personale di Ghezzi all’IIC di Oslo vede la collaborazione di Italia e Norvegia nella restituzione artistico-scientifica di un ampio progetto che intende ‘far parlare il ghiaccio’ coinvolgendo più partner nella condivisa volontà di diffondere e affrontare i temi ambientali ed ecologici attraverso il filtro poetico e critico, ad un tempo, dell’arte.

La mostra presenta opere realizzate da Roberto Ghezzi in due residenze artistiche, rispettivamente a Tassilaq (Groenlandia, 2022) presso The Red Housedi Robert Pieroni e alleIsoleSvalbard (Norvegia, 2023), presso lo Spitsbergen Artists Center; entrambe le residenze sono state realizzate in collaborazione con il CNR ISP (Istituto di Scienze Polari). Il contributo scientifico dei ricercatori Biagio Di Mauro e Fabiana Corami ha portato a interessanti scoperte relative lo scioglimento dei ghiacciai. In entrambe le esperienze l’artista ha lasciato che fosse la fusione del ghiaccio a lasciare tracce e dunque a produrre le sue opere. Nel primo caso producendo delle cianotipie da dilavamento; nel secondo un video prodotto dal rimontaggio di girati prodotti da telecamere trasportate dai rivoli di ghiaccio in rapido scioglimento. La particolarità della ricerca dell’artista è quella di produrre lavori artistici limitando più possibile il proprio intervento diretto. Egli, infatti, tramite un’attenta prassi preparatoria, fa in modo che siano i fenomeni naturali e gli elementi del paesaggio quali acqua, aria e ghiaccio a lasciare le loro tracce su supporti di diverso tipo in sperimentazioni sempre più ardite e rispettose della voce della natura. La traccia raccolta, non manipolata dall’artista, si trasforma così in una sorta di campione o referto analizzabile talvolta scientificamente per la sua neutralità.

A corredo della mostra vi sono inoltre delle cianotipie di paesaggi che documentano i luoghi attraversati e taccuini con gli appunti visivi e diaristici dell’artista. La mostra è l’occasione, non solo di immergersi nella contemplazione di opere artistiche di indubbia fascinazione estetica, ma anche, a partire dalla ricerca di Ghezzi, di riflettere sul cambiamento climatico in atto e interrogarci sull’agire umano rispetto a quanto sta avvenendo.

Titolo: WHITE FADES | Art, Science and Climate Change in the Polar Lands | I progetti in Artico di Roberto Ghezzi
Artista: Roberto Ghezzi
Curatela: Mara Predicatori
Oggetto: Arte contemporanea. Mostra personale con opere realizzate in due residenze artistiche nelle regioni artiche
Con la partecipazione scientificadella dott.ssa Fabiana Corami del CNR ISP
Con il patrocinio di: Palazzo Lucarini Contemporary Centro per l’Arte Contemporanea

Inaugurazione: 26 settembre 2024 ore 18,30

Periodo: dal 26 settembre al 15 novembre 2024
Orario visite:Lunedì-Giovedì 10.00-13.00; 14.30-16.00 Venerdì 10.00-13.00
In occasione di eventi serali dalle 18.30 alle 21.00 – INGRESSO LIBERO
Sede: Istituto Italiano di Cultura di Oslo
Oscars gate 56, 0258 Oslo – Norvegia
Tel. +47 40002790/92 – iicoslo@esteri.it
Ente promotore: Istituto Italiano di Cultura di Oslo (Norvegia)
Sponsor tecnico: Cartiera Enrico Magnani Pescia, Phoresta ETS

Si ringrazia il videomaker Leonardo Mizar Vianello (The Polar Stream, 2023)

Communication Manager: Amalia Di Lanno
info@amaliadilanno.com www.amaliadilanno.com

30
Ago

LAMIE di Claudio Palma, una riflessione sulla fragilità ambientale

La Galleria Orizzonti Arte Contemporanea di Ostuni ha riaperto le porte dello Spazio Purgatorio all’arte contemporanea. Nell’antico Oratorio della Confraternita del Purgatorio nel centro storico della Città Bianca è stato presentato LAMIE, progetto speciale tra fotografia, video e installazione dell’artista ostunese Claudio Palma, a cura di Ilaria Caravaglio. La mostra incentrata sul tema della Xylella, intende riflettere sulla fragilità ambientale e sulle attuali problematiche insorte a seguito dell’emergenza che ha colpito gran parte del territorio pugliese.

Il progetto è supportato da numerose associazioni pubbliche e sponsor privati, è patrocinato dal Comune di Ostuni, dal Gal Alto Salento e da Slow Food Piana degli Ulivi, e ha come partner A.M.O, Tàccaru e Millenari di Puglia, realtà che, in modalità differenti, operano attivamente per la tutela e per l’educazione alla conoscenza del territorio pugliese.

Attraverso le parole della curatrice entriamo in Lamie di Claudio Palma:

Una ricerca incrociata tra architettura e fotografia, le due principali competenze e passioni dell’artista Claudio Palma, ha visto germogliare, nel 2021, il progetto Lamie, inizialmente concepito come estensione di una tesi sperimentale in Architettura, incentrata sul turismo lento e su nuove pratiche di scoperta dei luoghi. Un progetto che matura nell’esigenza e nella ricerca di parole necessarie nel racconto della Xylella e che viene ora presentato al pubblico per la prima volta, fiancheggiando il dolore di un territorio che si intensifica, tra incredulità ed impotenza, di fronte alla rovina di centinaia di alberi, scheletri tra quel che resta degli ulivi secolari, nelle aree intorno ad Ostuni e nei suoi confini.

Con la mostra Lamie, Claudio Palma ci immerge in un racconto visivo potente e spettrale, in cui l’eredità millenaria di un territorio si scontra con la minaccia incombente causata da un batterio comparso circa undici anni fa e che, lentamente, sta spazzando via l’immagine, la sacralità, l’antica identità di un territorio.

Sono otto le fotografie presentate ai visitatori, frutto di un lavoro paziente, costruito attraverso lunghe esposizioni notturne, in cui l’artista ha sostato al cospetto delle lamie, le antiche architetture in pietra, un tempo presidio del paesaggio degli ulivi ora in pericolo. […]

Lamie non è solo una mostra fotografica, ma un invito a una riflessione scomoda. Ci interroga sul nostro rapporto con il territorio, sulla nostra colpa e sul nostro dovere di guardare ai luoghi in una scala temporale non più solo umana ma biologica ed ecologica. Sulla necessità di preservare la memoria e di costruire e celebrare un futuro realmente sostenibile […]

Questo Purgatorio, oltre a dare il nome al settecentesco spazio fisico, nel cuore storico di Ostuni, che accoglie oggi temporaneamente la mostra, può rivelarsi una pena temporanea, nella quale lasciare spazio ad un destino da riscrivere, in un futuro in cui un nuovo equilibrio tra natura ed opera dell’uomo è possibile.”

   

progetto: Claudio Palma | LAMIE
curatela: Ilaria Caravaglio
date: 23 agosto – 20 settembre 2024
sede: Confraternita del Purgatorio, via Alfonso Giovine, 1 – 72017 Ostuni (Br)
promotore: Galleria Orizzonti Arte Contemporanea Ostuni
patrocinio: Comune di Ostuni, Gal Alto Salento, Slow Food Piana degli Ulivi
partners: A.M.O. (Alberi Monumentali Ostuni), Tàccaru, Millenari di Puglia
supporto: Annavanna (Associazione Culturale e Sociale Giovanile), Comunità Laudato Si’ (Associazione per un’ecologia integrale), La casa di Pietra (Compagnia teatrale che promuove il teatro come processo educativo nelle scuole), Comenuovo Markek (associazione per un consumo consapevole delle risorse)
supporto tecnico: White Wall, Publiarte, Wemakers, Skillpress, Specchia forniture
main sponsor: Studio Flore e Venezia, Masseria Donnagnora, Galante
altri sponsor: Galleria delle Idee, Officine Tamborrino, Costruzioni Sirio, Jansen, Drogheria Pugliese, Pastificio Cardone, Marco Carani Nautica, Ostuni Touring, Terramadre Homes, Pace Gioielli, Casale Madre, Lamia Cervone
progetto grafico: Laura Castronovo Albanese
progetto di comunicazione social: Ivana Castronovo
sito web artistawww.claudiopalma.it

ufficio stampa: Amalia Di Lanno
LAMIE_CARTELLA STAMPA 

Immagini: Claudio Palma, Lamie, installation view,, 2024. Courtesy the artist

02
Ott

A Firenze Anish Kapoor, Untrue Unreal

Dal 7 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024, Fondazione Palazzo Strozzi presenta Anish Kapoor. Untrue Unreal, una grande mostra ideata e realizzata insieme al celebre maestro che ha rivoluzionato l’idea di scultura nell’arte contemporanea. A cura di Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra propone un percorso tra monumentali installazioniambienti intimi e forme conturbanti, creando un originale e coinvolgente dialogo tra l’arte di Anish Kapoor, l’architettura e il pubblico di Palazzo Strozzi.

Attraverso opere storiche e recenti, tra cui una nuova produzione specificatamente ideata in dialogo con l’architettura del cortile rinascimentale, la mostra rappresenta l’opportunità di entrare in contatto diretto con l’arte di Anish Kapoor nella sua versatilità, discordanza, entropia ed effimerità. Palazzo Strozzi diviene un luogo concavo e convesso, integro e frantumato allo stesso tempo in cui il visitatore è chiamato a mettere in discussione i propri sensi.

Nell’arte di Anish Kapoor, l’irreale (unreal) si mescola con l’inverosimile (untrue), trasformando o negando la comune percezione della realtà. Ci invita a esplorare un mondo in cui i confini tra vero e falso si dissolvono, aprendo le porte alla dimensione dell’impossibile. Le sue opere uniscono spazi vuoti e pieni, superfici assorbenti e riflettenti, forme geometriche e biomorfe. In un mondo in cui la realtà sembra sempre più sfuggente e manipolabile, Anish Kapoor ci sfida a cercare la verità oltre le apparenze, invitandoci a esplorare il territorio dell’inverosimile e dell’irrealeuntrue e unreal.

La mostra è promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi. Main Supporter: Fondazione CR Firenze. Sostenitori: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi. Main Partner: Intesa Sanpaolo. Con il contributo di Città Metropolitana di Firenze. Con il supporto di Maria Manetti Shrem e Fondazione Hillary Merkus Recordati. Si ringrazia Galleria Continua.
La mostra si inserisce nell’ambito della Florence Art Week, iniziativa promossa dal Comune di Firenze in programma dal 28 settembre all’8 ottobre 2023.

Anish Kapoor
Nato a Mumbai, in India, nel 1954, Anish Kapoor ha vissuto e lavorato a Londra a partire dalla metà degli anni Settanta studiando presso l’Hornsey College of Art e il Chelsea College of Art. Attualmente vive e lavora tra Londra e Venezia.
Le sue opere sono esposte nelle più importanti collezioni permanenti e nei musei di tutto il mondo, dal Museum of Modern Art di New York alla Tate di Londra, alla Fondazione Prada di Milano, ai Musei Guggenheim di Venezia, Bilbao e Abu Dhabi. Recenti mostre personali si sono tenute presso: Galleria dell’Accademia e Palazzo Manfrin, Venezia (2022); Modern Art Oxford (2021); Houghton Hall, Norfolk (2020); Pinakothek der Moderne, Monaco (2020); Central Academy of Fine Arts Museum and Imperial Ancestral Temple, Pechino (2019); Fundación Proa, Buenos Aires (2019); Serralves, Museu de Arte Contemporânea, Porto (2018); Museo Universitario Arte Contemporáneo (MUAC), Città del Messico (2016); Reggia di Versailles, Francia (2015); Jewish Museum and Tolerance Center, Mosca (2015); Walter Gropius Bau, Berlino (2013); Sakip Sabanci Muzesi, Istanbul (2013); Museum of Contemporary Art, Sydney (2012).
Anish Kapoor ha rappresentato la Gran Bretagna alla 44. Biennale di Venezia nel 1990, dove ha ricevuto il Premio Duemila. Nel 1991 ha vinto il Premio Turner e in seguito ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali.

Noto anche per le sue opere architettoniche, tra i progetti pubblici che ha realizzato ricordiamo: Cloud Gate (2004), Millennium Park, Chicago, USA; Leviathan (2011) esposto a Monumenta 2011, Parigi; Orbit (2012), Queen Elizabeth Olympic Park, Londra; Ark Nova, sala da concerto gonfiabile creata per il Lucerne Festival in Giappone (2013); Descension (2014) installata al Brooklyn Bridge Park, New York, USA (2017); le fermate della metropolitana di Napoli Traiano e Università-Monte S. Angelo a Napoli (in completamento, 2002-2023).

Anish Kapoor
Untrue Unreal
A cura di Arturo Galansino
Palazzo Strozzi
Piazza degli Strozzi – Firenze
7 ottobre 2023 – 4 febbraio 2024
Orari: Tutti i giorni 10.00 – 20.00 | Giovedì 10.00 – 23.00 (inclusi i festivi)
Mostra accessibile | Nessuna barriera architettonica
T. +39 055 2645155 | info@palazzostrozzi.org | www.palazzostrozzi.org

Crediti immagini in evidenza: Anish Kapoor, Endless Column, 1992 © Anish Kapoor. All rights reserved SIAE, 2023

22
Ago

UNKNOWN UNKNOWS, quello che non sappiamo di non sapere

La mostra tematica, a cura di Ersilia Vaudo, astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea, è il centro nevralgico della 23ª Esposizione Internazionale, concepita come uno spazio di dibattito e confronto aperto e plurale, dove possano convergere esperienze, culture e prospettive differenti. Unknown Unknowns cerca di rispondere ad una serie di domande su quello che ancora “non sappiamo di non sapere” in diversi ambiti: dall’evoluzione della città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica. Un’esperienza profonda, che coinvolgendo designer, architetti, artisti, drammaturghi e musicisti, dà la possibilità di rovesciare la nostra idea di mondo. 

Un percorso dai contorni sfumati e permeabili che presenta più di cento tra opere, progetti e installazioni di artisti, ricercatori e designer internazionali che si confrontano con l’ignoto.

Unknown Unknowns affronta una serie di tematiche tra cui la gravità, considerata “il più grande designer”, un artigiano che modella instancabilmente l’universo cui apparteniamo; le mappe, sistemi attraverso cui orientare traiettorie e percorsi; le nuove sfide della architettura, che si apre a prospettive inedite come quella di abitare lo spazio extraterrestre; fino ai misteri legati allo spazio profondo.

La mostra tematica comprende quattro special commission che Triennale ha affidato all’artista giapponese Yuri Suzuki, alla designer italiana Irene Stracuzzi, al collettivo di architetti statunitensi SOM, e all’artista turco-americano Refik Anadol. Oltre alle opere commissionate, la mostra include una serie di installazioni site specific, tra cui quelle realizzate da Andrea Galvani, Tomás Saraceno, Bosco Sodi, Protey Temen, Julijonas Urbonas e Marie Velardi. 

Lungo il percorso espositivo sono inoltre presenti quattro Listening Chambers, spazi in cui il suono si fa parola e il visitatore può abbandonarsi alle narrazioni di grandi personalità del mondo scientifico. E così il neuroscienziato Antonio Damasio affronta il tema del sé e della coscienza, il fisico teorico Carlo Rovelli quello del tempo, il filosofo della biologia Telmo Pievani riflette sull’origine della vita, la fisica teorica Lisa Randall sul mistero di ciò che sta al di là dei nostri sensi.

Nell’ottica del riuso e della sostenibilità, l’allestimento della mostra tematica – progettato da Space Caviar e realizzato da WASP – è interamente creato attraverso la stampa 3D. È stato prodotto negli spazi di Triennale da grandi stampanti, sviluppate per questa specifica applicazione architettonica, utilizzando solo materiali di origine naturale, e in gran parte derivati da sottoprodotti dell’industria agroalimentare.

 

Antonio Fiorentino, Dominium Melancholiae, 2014
Courtesy of Antonio Fiorentino e Villa Arson, Nice (France)
Photo: Jean Brasille

Gaia’s stellar motion for the next 400-thousand years
Copyright: ESA/Gaia/DPAC; CC BY-SA 3.0 IGO. Acknowledgement: A. Brown, S. Jordan, T. Roegiers, X. Luria, E. Masana, T. Prusti and A. Moitinho

 

Curatrice:
Ersilia Vaudo

Exhibition project:
Space Caviar, Wasp

Unknown Unknowns
15 luglio – 11 dicembre 2022
Triennale di Milano

Cover Image:The complex terrains of Saturn’s icy-moon Enceladus Credit; NASA/JPL-Caltech

28
Lug

Olafur Eliasson | Nel tuo tempo

Dal 22 settembre 2022 la Fondazione Palazzo Strozzi presenta la grande mostra dedicata a Olafur Eliasson, la cui poliedrica produzione mette al centro il visitatore in una riflessione sull’idea di esperienza condivisa e relazionale della realtà.

Curata da Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra è il risultato del lavoro diretto di Olafur Eliasson sugli spazi di Palazzo Strozzi. L’artista lavora su tutti gli ambienti rinascimentali, dal cortile al Piano Nobile alla Strozzina, creando un percorso coinvolgente tra nuove installazioni e opere storiche che utilizzano elementi come il colore, l’acqua e la luce per creare un’interazione con nostri sensi e lo spazio rinascimentale. Il contesto architettonico, storico e simbolico del palazzo viene così ripensato esaltando il ruolo del pubblico come parte integrante delle opere.

L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea che il 3 novembre apre al pubblico una mostra dell’artista nei propri spazi.

La mostra è ideata da Olafur Eliasson e promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Studio Olafur Eliasson. Main Supporter: Fondazione CR Firenze. Sostenitori: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi, Intesa Sanpaolo. Con il sostegno di Fondazione Hillary Merkus Recordati, Maria Manetti Shrem, Città Metropolitana di Firenze.

Olafur Eliasson

Olafur Eliasson, 2020. Photo: Lars Borges

L’artista islandese-danese Olafur Eliasson (1967) lavora con la scultura, la pittura, la fotografia, i video, le installazioni e i media digitali. La sua arte è guidata dal suo interesse per la percezione, il movimento, l’esperienza vissuta, i propri sentimenti e quelli della comunità. La sua pratica non si limita ai confini dei musei e delle gallerie e coinvolge il pubblico attraverso progetti architettonici, interventi negli spazi pubblici, azioni di educazione artistica, sociale e ambientale.

Dal 1997 le sue mostre personali di ampio respiro sono state ospitate nei principali musei di tutto il mondo. Ha rappresentato la Danimarca alla 50ª Biennale di Venezia nel 2003; nello stesso anno ha presentato The weather project, installazione site specific per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra, visitata da più di due milioni di persone. Nel 2014 la mostra Contact ha inaugurato la Fondation Louis Vuitton a Parigi. La mostra del 2015 Verklighetsmaskiner (Reality machines) è divenuta l’esposizione di un artista vivente più visitata di sempre del Moderna Museet di Stoccolma. Nel 2016 Olafur Eliasson ha realizzato una serie di interventi per la reggia e i giardini di Versailles e ha allestito due grandi mostre al Long Museum di Shanghai e al Leeum, Samsung Museum of Art di Seul. Reality projector, installazione site-specific per la Marciano Foundation di Los Angeles, è stata inaugurata nel marzo 2018, lo stesso mese di The unspeakable openness of things, mostra personale al Red Brick Art Museum di Pechino. Nel 2019 si è tenuta presso la Tate Modern In ​​real life, ampia retrospettiva sulla pratica artistica di Eliasson negli ultimi venticinque anni, che nel 2020 ha viaggiato al Guggenheim di Bilbao. Nel 2020 si sono tenute Olafur Eliasson: Symbiotic Seeing alla Kunsthaus Zürich e Sometimes the river is the bridge al Museo di Arte Contemporanea di Tokyo. Per la mostra Life del 2021, Olafur Eliasson ha rimosso la facciata in vetro della Fondation Beyeler a Basilea e ha creato un’installazione dove l’acqua verde brillante di uno stagno è stata deviata all’interno delle gallerie del museo, insieme a una miriade di piante, anatre e ragni.

Situato a Berlino, lo Studio Olafur Eliasson riunisce un ampio gruppo di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, storici dell’arte e tecnici specializzati.

In copertina: Olafur Eliasson, Firefly double-polyhedron sphere experiment, 2020. Photo: Jens Ziehe. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York. © 2020 Olafur Eliasson

10
Mag

Last Whispers di Lena Herzog

Last Whispers: Immersive Oratorio for Vanishing Voices, Collapsing Universes and a Falling Tree di Lena Herzog, fotografa e artista americana, è un progetto incentrato sulla tematica dell’estinzione di massa delle lingue.

L’iniziativa, promossa dall’UNESCO, è a cura di Silvia Burini, Maria Gatti Racah, Giulia Gelmi, Anastasia Kozachenko-Stravinsky (Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali – DFBC).

Ogni due settimane il mondo perde una lingua. A una velocità inedita, maggiore di quella dell’estinzione di alcune specie, la nostra diversità linguistica – forse il mezzo più importante della conoscenza di sé – si sta erodendo.

Ad oggi, delle 7.000 lingue superstiti sulla Terra, solo 30 sono usate dalla maggioranza della popolazione. Si stima che almeno la metà delle lingue attualmente parlate sarà estinta entro la fine del secolo. Altre fonti prevedono tempi di sparizione ancor più rapidi. 

Nel tentativo di sensibilizzare in ordine a questo problema, l’Assemblea Generale dell’ONU e l’UNESCO hanno dichiarato il 2022-2032 “Decennio Internazionale delle Lingue Indigene”.

Last Whispers è una composizione sonora spazializzata che unisce discorsi, canzoni, incantesimi e canti rituali con suoni e immagini della natura e frequenze provenienti dallo spazio. Il risultato è un lavoro corale, profondamente moderno e tradizionale al contempo, dedicato al tema dell’estinzione delle lingue su scala globale.

Quest’estinzione è, per definizione, silenziosa, perché è proprio il silenzio la forma che essa assume. Last Whispers dà voce a ciò che è stato ridotto al silenzio: mentre affoghiamo nel rumore delle nostre voci – espressione dei sistemi culturali e linguistici dominanti – siamo circondati da uno sconfinato oceano di silenzio.

Il panorama immersivo di Last Whispers è un’invocazione alle lingue estinte e un incantesimo per quelle a rischio.

Con il generoso sostegno della Jim & Marilyn Simons Foundation, Herzog ha selezionato registrazioni provenienti dall’Endangered Languages Documentation Programme della SOAS University di Londra (ora conservate alla Berlin-Brandenburg Academy of Sciences and Humanities), dalla Smithsonian Institution, dal progetto “Rosetta” e da oltre una dozzina tra i più grandi archivi linguistici del mondo. 

Lena Herzog è una fotografa e un’artista americana, multidisciplinare e concettuale, di origini russe che vive a Los Angeles. Il suo lavoro, riconosciuto a livello internazionale, affronta i temi della ritualità e del gesto, della perdita e della dislocazione. Il suo approccio nasce dall’intersezione tra arte e scienza, intese sia come oggetto di studio che come processo. Nei lavori a stampa Herzog utilizza tecniche fotografiche tradizionali, contemporanee e sperimentali, mentre per i progetti multimediali l’artista impiega tecnologie all’avanguardia nel suono, nell’installazione immersiva e nella realtà virtuale.

La sensibilità artistica di Herzog nell’affrontare le tematiche connesse alla sostenibilità globale, nonché la sua minuziosa e strutturata ricerca documentaria, rendono particolarmente significativa la presentazione del progetto Last Whispers al pubblico veneziano e internazionale.

Last Whispers sarà presentato all’Università Ca’ Foscari Venezia da aprile a settembre 2022, in tre momenti distinti:

  • Una versione immersiva in realtà virtuale potrà essere fruita individualmente, con visori e cuffie, dal 21 aprile al 30 luglio nella Tesa 1 di Ca’ Foscari Zattere – CFZ. Ogni visitatore sarà dotato di un set, che verrà sanificato dopo ogni uso.
  • Un’installazione site-specific di immagini tratte dal progetto sarà esposta nel cortile principale di Ca’ Foscari e aperta al pubblico dal 21 aprile al 30 settembre.
  • Una proiezione audiovisiva del lavoro, su grande schermo, sarà presentata nel cortile centrale di Ca’ Foscari come evento principale dell’edizione di Art Night 2022, che si terrà il 18 giugno.

 

ART NIGHT: LAST WHISPERS – PROIEZIONE AV
18 giugno 2022
apertura ore 18:00 / proiezione ore 21:00
Cortile centrale di Ca’ Foscari
Palazzo Ca’ Giustinian
Dorsoduro 3246

FG COMUNICAZIONE – Venezia 
Davide Federici 
——————————–
info@fg-comunicazione.it
+39 331 5265149
www.fg-comunicazione.it

Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo
Area Comunicazione e Promozione Istituzionale e Culturale
Università Ca’ Foscari Venezia
T 041 234 8368
comunica@unive.it

15
Mar

ICONOPLAST, progetto transdisciplinare di Sara Bonaventura ed Elisa Muliere

È importante sapere quali storie creano mondi,
quali mondi creano storie”.
Donna Haraway

ICONOPLAST è un progetto transdisciplinare delle artiste Sara Bonaventura ed Elisa Muliere, in collaborazione con Madelon Vriesendorp, artista olandese e co-fondatrice dello studio OMA, a cura di Adiacenze e Anna Rosellini. ICONOPLAST è il racconto di un mondo e di un tempo altro, una speculazione sul futuro del materiale più iconico del nostro tempo: la plastica. A partire dall’ispirazione del lavoro di Vriesendorp, Bonaventura e Muliere si inoltrano nell’immaginazione di uno scenario post-umano, in cui la contaminazione e la mescolanza tra organico e artificiale sono i principi generativi di una nuova specie che si compone e si nutre di scarti di plastica. È un futuro senza esseri umani. Modalità alternative di collaborazione tra le specie e i rifiuti dell’Antropocene sono sorte in una naturale propensione a ripopolare il pianeta. È un futuro di plastica. Non più materia inerte, oggetto di scena dell’attività umana, ma presupposto creativo di nuova vita, soggetto attivo, corpo vivente e partecipe delle dinamiche terrestri.

Nello stadio germinale di questa nuova era, i batteri hanno riconvertito le microplastiche presenti nelle acque del pianeta in petrolio, per poi crescere, proliferare e svilupparsi in simbiosi con questo in organismi sintetici. La vita scaturisce quindi da un ambiente liquido, come l’originario “fluido cosmico nel cui seno tutto comunica, tutto si tocca e tutto si estende” (Emanuele Coccia). È lo scenario dell’opera di Sara Bonaventura, in cui l’artista narra la genesi di questa nuova specie attraverso un video che oscilla tra il documentario scientifico e il racconto mitico, archetipico, dell’evoluzione della vita sulla Terra a partire da una visione microscopica. È forse per quella “sensuale curiosità molecolare” o per quell’“appetito insaziabile” (Donna Haraway) proprio di tutti i viventi, che le comunità microbiche marine si sono unite in un intreccio simbiotico alle microplastiche, trovando del potenziale vitale là dove questo sembrava essersi esaurito. “Le creature si penetrano a vicenda”, scrive la Haraway, “si riavvolgono l’una attorno all’altra e l’una attraverso l’altra, si mangiano, fanno indigestione, si digeriscono in parte e in parte si assimilano a vicenda, e così definiscono degli ordini simpoietici altrimenti noti come cellule, organismi e assemblaggi ecologici”. Allo stesso modo, nell’ICONOPLAST di Bonaventura i microrganismi sono tutti tesi verso una ricerca di intimità e complicità con altre specie e oggetti: a guidarli è la loro attitudine all’interconnessione, a creare spazi di comunicazione e parentele (kin) impreviste.

Dalla dimensione cellulare e informe, le creature di ICONOPLAST emergono dal loro caldo ‘brodo primordiale’ per occupare il pianeta in un inarrestabile slancio vitale. Sono le sculture di Elisa Muliere, che nella sua personale narrazione schizza avanti in un tempo ancora più lontano, verso un nuovo stadio evolutivo. I suoi sono esseri sinuosi, soffici, colorati. Nella loro piacevolezza avvicinano, invitano all’incontro tattile con la loro pelle-pellicola sintetica. I loro corpi sono rigonfi di materia plastica di scarto che qui informa tessuti, muscoli, organi. Tra loro instaurano continui scambi e configurazioni sempre aperte. Si riproducono incessantemente. Si espandono in tutte le direzioni, come fanno le radici nel sottosuolo e le foglie nell’atmosfera per estrarre dal mondo il maggiore nutrimento possibile. Compongono una cosmogonia tentacolare e rizomatica, gioiosa e libera, che va oltre qualsiasi schema riproduttivo binario e chiuso generando una confusione quasi estatica.

Nello spazio espositivo, i due tempi di ICONOPLAST si abbracciano e si intrecciano a formare un ambiente sensuale, mutevole e pulsante, in pieno fermento vitale. Un habitat ancestrale e futuristico insieme che invita all’immersione come anche al gioco, allo stupore. È solo dopo vari passi al suo interno che lo spettatore percepisce il cortocircuito in atto tra la fascinazione e la curiosità iniziale della scoperta di una nuova specie e un certo disagio, uno spaesamento, di fronte alla presa di coscienza della sua assenza e impossibilità di azione in questo futuro che non gli appartiene più. Al tempo stesso, la storia di ICONOPLAST è il tentativo, per Bonaventura e Muliere, di ribaltare punto di vista, di suggerire una narrazione del futuro alternativa allo scenario oscuro, desolante e minaccioso dell’Antropocene. Infatti, la prospettiva qui non è tanto quella del genere umano, presunto regista della vita sulla Terra, quanto piuttosto di quel ‘microcosmo’ che ci precede in termini evolutivi e che, se ci estinguessimo, “sarebbe pronto a espandersi e a modificare se stesso e il resto del mondo senza di noi, come ha già fatto in passato”, come scrive Lynn Margulis. Le artiste ricorrono così alla parabola dell’evoluzione per riconoscere la superiorità creativa di organismi come batteri e vegetali che, nell’elaborare soluzioni evolutive collaborative, sono in grado di abitare e proliferare in ambienti ostili alla vita. ICONOPLAST è metafora di questi altri mondi e altri modi di generare vita e di sopravvivere nella mescolanza. Non è spazio di sovranità, esclusivo, ma luogo della coabitazione e del con-divenire in solidarietà tra organismi viventi e non.

ICONOPLAST è un esperimento di immaginazione in cui si fondono realtà, fatto scientifico, speculazione filosofica e fare artistico. Gli interventi di Bonaventura e Muliere sono solo il primo capitolo di un progetto in fieri che si apre all’ibridazione tra discipline, saperi e competenze eterogenee per farsi terreno fertile di relazione e di invenzione di inedite narrazioni sul futuro del pianeta e della plastica. Immaginare tempi e scenari possibili è la modalità con cui le artiste invitano a riconsiderare la posizione di privilegio dell’essere umano sulla Terra, forma di costruzione attiva di una nuova sensibilità nei confronti di altre specie e oggetti con cui condividiamo più o meno consapevoli lo spazio in cui viviamo.

Testo di Giorgia Tronconi

ICONOPLAST
Sara Bonaventura ed Elisa Muliere con la partecipazione di Madelon Vriesendorp
a cura di Adiacenze e Anna Rosellini
12 marzo – 24 aprile 2022
Sala Ronchini, Museo CAOS, Terni
Sponsor tecnici: Bazzica, Beaulieu Fibres International Terni, Enycs, Faroplast, Lucy Plast
Con il supporto di: Le Macchine Celibi
Partner: La Romita School of Art, HackLab Terni

 

30
Set

Rebecca Horn

The Kunstforum Wien celebrates Rebecca Horn with the first comprehensive retrospective of her works in Austria in almost thirty years.

Curated by Bettina M. Busse, the exhibition focuses on the interrelationships in various media between the diverse genres throughout Horn’s oeuvre and will present a wide-ranging and insightful view into her artistic practice. Rebecca Horn is regarded as one of the most extraordinary and versatile artists of her generation. Horn achieved fame in 1972 as the youngest participant in documenta 5, titled Individual Mythologies, which was curated by Harald Szeemann. Throughout her practice Horn has created a body of work which constitutes an ever-growing flow of performances, films, sculptures, spatial installations, drawings, and photographs. The essence of their imagery comes out of the tremendous precision of the physical and technical functionality she uses to stage her works within a particular space.

Throughout her over fifty-year career, Horn has created her own symbolically charged cosmos in which reality and fiction overlap, and dualisms such as material: spirit, subject: object, and male: female are transgressed. Her works make up an expanding web of objects, motifs, and themes that she revisits in new light. In doing so Horn interweaves numerous traditions of art, literature, and film, along with mythology and fairy tales.

On the occasion of the exhibition, a new catalogue will be published by Hatje Cantz, with texts by Bettina M. Busse, Emma Lavigne, Chus Martinez, and Marta Smolinska, edited by Ingried Brugger and Bettina M. Busse.

Kunstforum Wien, Vienna, Austria
Rebecca Horn

28.09.2021 – 23.01.2022

Cover Image: Ausstellungsansicht Rebecca Horn, Bank Austria Kunstforum Wien, 2021, Foto: Gregor Titze/ Bank Austria Kunstforum Wien © Rebecca Horn, Bildrecht Wien, 2021

 

 

16
Set

Mustafa Sabbagh. Spazio Disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi

Dal 17 settembre 2021 al 30 gennaio 2022, La Galleria Estense di Modena e il Palazzo Ducale di Sassuolo ospitano il progetto Spazio disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi,a firma dell’artista contemporaneo Mustafa Sabbagh.

A cura di Federico Fischetti e Fabiola Triolo, il progetto nasce come reazione a una delle fasi più buie vissute dal settore dei musei e della cultura, costretto al silenzio nel pieno dell’emergenza Covid-19. Una cesura lunga e dolorosa, che ha indotto al ripensamento di alcuni specifici aspetti di educazione e di stimolo propri delle istituzioni museali di arte antica nei confronti della società contemporanea. Il desiderio di apertura, condivisione e circolazione di idee ha così abbracciato la strada del dialogo con un artista contemporaneo, alla ricerca di un comune approccio al patrimonio antico. Un approccio obliquo rispetto alle forme tradizionali, fondamentalmente basate sulla filologia, per riossigenare il rapporto tra il museo e il suo territorio – un percorso che le Gallerie Estensi hanno già avuto occasione di sperimentare con successo nel passato, con l’installazione corale Monochromatic Light (Lawrence Carroll, Phil Sims, Ettore Spalletti, David Simpson, Winston Roeth, Timothy Litzmann, Anne Appleby, 2004), divenuta permanente grazie alla donazione Panza di Biumo e oggi parte integrante degli apparati decorativi del Palazzo Ducale di Sassuolo.

Da fertili conversazioni con Mustafa Sabbagh ha dunque preso forma il presente progetto inedito, che si articolerà in due sedi: nel Palazzo Ducale di Sassuolo e nella Galleria Estense di Modena. La doppia sede riflette una duplice posizione, liberamente incoerente, con cui Mustafa Sabbagh intende sollecitarci sul tema del rapporto col nostro patrimonio. A Sassuolo il linguaggio sarà quello proprio dei prodotti di consumo, confezionati e offerti in vendita per un utilizzo indotto e non consapevole, esito difficilmente eliminabile dalla retorica della valorizzazione del turismo culturale. Tre interventi ubicati nel Cortile d’Onore, nell’Appartamento Stuccato e nella Camera dell’Amore riproporranno frammenti di opere d’arte e pitture murali già presenti nella Reggia Estense e risemantizzati dall’artista attraverso fotografia, video e installazioni, offrendosi come medicinali da assumere secondo una specifica posologia, descritta in un apposito bugiardino. A Modena l’approccio è completamente diverso, per riflettere sul valore estetico autonomo delle opere d’arte, rifiutando la passiva semplificazione delle formule di consumo che riconducono tutto a logo, a brand. Anche qui, tre interventi si articoleranno in altrettante sale del museo attraverso i linguaggi della fotografia, del video-mapping, della scultura e dell’installazione prendendo le mosse da alcuni dipinti scelti, da Garofalo a Guercino, e da una scultura barocca della Collezione Estense. Il filo conduttore sarà quello di un erotismo indefinito, vagamente voyeuristico, che attraverso particolari anatomici decontestualizzati dal soggetto e dal suo genere suggerirà di liberare l’istinto e lasciarsi andare a personali ricerche nel mondo figurativo e nelle qualità formali dell’arte antica.

Mustafa Sabbagh nasce ad Amman (Giordania, 1961, vive e lavora in Italia). Italo-palestinese, allevato tra l’Europa ed il Medio Oriente, l’imprinting è cosmopolita, l’attitudine è nomade. Già assistente di Richard Avedon e docente al Central Saint Martins College of Art and Design di Londra, dopo una brillante carriera come fotografo di moda riconosciuta dai magazines più prestigiosi del mondo, a partire dal 2012 Sabbagh concentra la sua ricerca nell’arte contemporanea per mezzo della fotografia e della video-arte, attraverso una sorta di contro-canone estetico dove il punctum è la pelle – diario dell’unicità individuale. Armonia dell’imperfezione, indagine psicologica e studio antropologico attraverso la costruzione dell’immagine e dell’installazione ambientale sono gli stilemi che Sabbagh trasferisce dalle pagine patinate, agli spazi dei musei e delle gallerie più famosi del mondo – tra cui il Musée de l’Élysée di Losanna, considerato tempio internazionale della fotografia.

Spesso protagonista di interviste e documentari che indagano nelle sue visioni, nel 2013 Sky Arte HD, attraverso la serie Fotografi, lo ha eletto tra gli 8 artisti più significativi del panorama nazionale contemporaneo, e nel 2017 Rai5l’ha indicato come il cantore privilegiato del lato oscuro della Bellezzaattraverso il documentario di produzione internazionale The Sense of Beauty. Ad oggi Mustafa Sabbagh è stato riconosciuto, da uno storico dell’arte e della fotografia quale Peter Weiermair, come uno dei 100 fotografi più influenti al mondo, ed uno dei 40 ritrattisti di nudo – unico italiano – tra i più rilevanti su scala internazionale. Mustafa Sabbagh è stato chiamato a risemantizzare, a dimostrazione che l’arte è un continuum, l’Ebedi Canova (Musei San Domenico, Forlì, 2017), la Venere Pudicadi Botticelli (Palazzo dei Diamanti, Ferrara e Musei Reali, Torino, 2017), la Venere dei Portidi Sironi (Casa Museo Boschi Di Stefano, Milano, 2015) – opere tutte entrate a far parte della collezione d’arte delle suddette istituzioni museali. In seguito alla sua prima mostra antologica XI comandamento: non dimenticare, il Sindaco Leoluca Orlando ha conferito a Sabbagh la cittadinanza onoraria del Comune di Palermo.

Suoi lavori sono presenti in numerose monografie (tra cui About Skin, ed. Damiani, acquisita all’interno della biblioteca di libri d’arte della Tate Gallery, Londra, e XI comandamento: non dimenticare, nelle biblioteche dei più importanti poli museali italiani), in pubblicazioni accreditate internazionalmente (tra cui Faces – the 70 most beautiful photography portraits of all time, a cura di Peter Weiermair), e in molteplici collezioni permanenti, in Italia e all’estero – incluse le storiche Collezione Arte Farnesina, la collezione della Fondazione Orestiadi, la collezione di arte contemporanea del MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo.

Federico Fischetti (Roma, 1977) dopo il dottorato di ricerca in Storia dell’arte è entrato in servizio nel Ministero della Cultura e lavora come curatore alle Gallerie Estensi, dove si occupa delle collezioni d’arte del Sei e Settecento.

Fabiola Triolo (Firenze, 1977) è critica d’arte e cultura, curatrice e responsabile della comunicazione per selezionati artisti. Colonnista dal 2008 per testate di settore, dal 2017 è curatrice editoriale della pubblicazione culturale Ossigeno – Elements of Life.

Le Gallerie Estensi sono un museo diffuso che, seguendo il filo rosso della storia dinastica e collezionistica degli Este, racchiude al suo interno diversi istituti culturali tra le provincie di Modena e Ferrara. Questa caratteristica rende le Gallerie Estensi un modello museale innovativo: una rete di musei sempre in movimento ma allo stesso tempo un “luogo dell’incanto” che offre ai suoi visitatori un itinerario culturale unico.

La Galleria Estense espone la straordinaria collezione d’arte dei duchi d’Este, fra cui opere di pittura, scultura, arte applicata. La Biblioteca è un moderno istituto di rilievo nazionale che unisce la preziosa collezione libraria estense alla ricca Biblioteca Universitaria. Il Museo Lapidario racconta la storia di Modena dalla fondazione romana fino alla modernità, con una vasta collezione monumenti e reperti archeologici. La Pinacoteca Nazionale propone un percorso alla scoperta della pittura ferrarese, nella cornice di Palazzo dei Diamanti di Ferrara.

Il Palazzo Ducale di Sassuolo è una delle più importanti residenze barocche dell’Italia settentrionale. Il suo aspetto attuale prende forma per volere del duca Francesco I d’Este, che nel 1634 incarica l’architetto Bartolomeo Avanzini di trasformare l’antico castello di famiglia in una moderna dimora extraurbana per la corte. Pitture murali, decorazioni a stucco, sculture e fontane ancora oggi trasmettono il senso dello splendore della corte estense.

Mustafa Sabbagh
Spazio Disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi
a cura di Federico Fischetti, Fabiola Triolo
dal 17 settembre 2021 al 30 gennaio 2022
vernice: giovedì 16 settembre, h. 10:00, c/o Galleria Estense
Galleria Estense– Largo Porta Sant’Agostino 337, Modena
Palazzo Ducale– Piazzale della Rosa 10, Sassuolo
GIORNI E ORARI DI venerdì 17 settembre e sabato 18 settembre: ore 09.00 – 23.00
APERTURA PER IL domenica 19 settembre: ore 09.00 – 21.00
FESTIVAL FILOSOFIA: ingresso libero e contingentato
GIORNI E ORARI Galleria Estense: dal martedì al sabato, ore 08.30 – 19.30 |
DI APERTURA: domenica ore 10.00 – 18.00 | chiuso il lunedì
Palazzo Ducale: dal venerdì alla domenica, ore 10.00 – 19.00
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09
Ago

straperetana 2021 | The New Abnormal

L’edizione 2021 di straperetana, la quinta, avrà luogo come sempre nel borgo di Pereto, in provincia de L’Aquila. Appuntamento consolidato del programma culturale estivo, il progetto vede la partecipazione di 24 artisti, le cui opere troveranno spazio in diversi luoghi di Pereto; gli interventi artistici creeranno un percorso che– attraversando edifici storici, strade, case dismesse – abbraccerà l’intero borgo, per un’esperienza atipica, legata sia alla fruizione delle opere sia all’esplorazione di Pereto.

The New Abnormal è il titolo scelto per questa quinta edizione. Direttamente ispirato all’ultimo disco della band statunitense The Strokes, uscito nei primi mesi del 2020 nel pieno della diffusione del virus, l’espressione trova una coincidenza con lo “strano” momento che stiamo attraversando, quasi a voler sancire l’avvento di qualcosa di inedito e insieme non conforme, diverso da ciò che conoscevamo. E proprio il concetto di “strano” è una delle categorie che la mostra intende toccare. Punto di partenza è il saggio di Mark Fisher The Weird and the Eerie(2016), nel quale il pensatore britannico cerca di delineare le nozioni di strano (“weird”) e inquietante (“eerie”) nel mondo contemporaneo attraverso una sterminata serie di esempi legati alla produzione culturale (dalla narrativa di H. P. Lovecraft al cinema di David Lynch, passando per autori come Stanley Kubrick, Philip K. Dick, Margaret Atwood).

Fisher identifica con il termine “weird” ciò che è fuori posto, inappropriato, che suscita insieme attrazione e respingimento; ma anche commistioni tra umano e animale, le soglie tra mondi diversi, l’accostamento di termini contrastanti e, in generale, il sorprendente e l’inatteso. L’“eerie” invece si manifesta “quando c’è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o quando non c’è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa”, per usare le parole di Fisher; è un’esperienza diretta di ciò che è ignoto, capace di generare interrogativi le cui risposte oltrepassano i limiti della conoscenza.

In generale, “weird” e “eerie” hanno a che fare con ciò che risulta non conforme alla realtà, irrompendo al suo interno sotto forma di qualcosa di sconosciuto e apparentemente inclassificabile. Fisher trova una forte corrispondenza tra queste manifestazioni e la realtà contemporanea: il perenne senso di crisi e le ombre di un collasso imminente hanno portato in particolar modo negli ultimi anni all’elaborazione di un immaginario grazie al quale tentare possibili via di fuga da un reale percepito sempre meno sostenibile e desiderabile – un sentimento latente, accelerato ma non certo generato dalla pandemia.

In linea con questa visione, l’edizione 2021 di straperetana intende volgere lo sguardo alle zone d’ombra, al perturbante, allo stupefacente. La mostra sarà popolata di opere legate alle idee di metamorfosi e ibridazione, immagini stranianti e misteriose, forme non immediatamente identificabili, soglie da attraversare. A fianco di autori già affermati la mostra vede la presenza di numerosi emergenti, con un focus particolare sulla scena abruzzese grazie anche al coinvolgimento di Matteo Fato, che ha collaborato con Saverio Verini alla ricerca di artisti attivi sul territorio.

“Siamo davvero felici di annunciare questa nuova puntata di straperetana, a margine di un anno complicato, incerto. E ci fa ancora più piacere che coincida con il traguardo delle cinque edizioni, una soglia simbolica e incoraggiante”, affermano gli ideatori del progetto, Paola Capata e Delfo Durante. “L’organizzazione di straperetanaè sempre estremamente impegnativa: al termine della scorsa edizione ci siamo quasi subito messi al lavoro per la mostra del 2021, che speriamo sia ricca di stimoli per il pubblico, ma anche per gli stessi artisti invitati. Il rapporto con un borgo come Pereto genera sempre cortocircuiti inattesi e“colpi di fulmine” negli artisti, che amano trascorrere del tempo in questo luogo; un sentimento ricambiato dal borgo stesso, visto che l’appuntamento è sempre più sentito nel territorio”.

I 24 artisti invitati di straperetana 2021: Giacomo Alberico (Chieti, 1994), Francesca Banchelli (Montevarchi, 1981), Giuditta Branconi (Teramo, 1998), Enzo Cucchi (Morro d’Alba, 1949), Luca De Angelis (San Benedetto del Tronto, 1980), Andrea Di Cesare (Pescara, 1977), Daniele Di Girolamo (Pescara, 1995), Floating BeautyLuca Francesconi (Mantova, 1979), Oscar Giaconia (Milano, 1978), Francesca Grilli (Bologna, 1978), Sacha Kanah (Milano, 1981), Claudia Losi (Piacenza, 1971), Giulia Mangoni (Isola del Liri, 1991), Edoardo Manzoni (Crema, 1993), Paride Petrei (Pescara, 1978), Giulia Poppi (Modena, 1992), Carol Rama (Torino, 1918 – 2015), Andrea Respino (Mondovì, 1976), Moira Ricci (Orbetello, 1977), Giuliano Sale (Cagliari, 1977), Andrea Salvino (Roma, 1969), Gabriele Silli (Roma, 1982), Giovanni Termini (Assoro, 1972).

Le visite alla mostra saranno organizzate per gruppi ristretti di persone, nel rispetto delle attuali norme di sicurezza, in diverse fasce orarie. È gradita la prenotazione all’indirizzo: info@straperetana.org

La mostra è prorogata al 22 agosto 2021. Nelle settimane di apertura, le opere saranno liberamente fruibili dal pubblico nel fine settimana (sabato e domenica), dalle 16.00 alle 20.00; negli altri giorni su appuntamento, che deve essere comunicato all’organizzazione con almeno 24 ore di anticipo.

straperetana  arte contemporanea nella porta d’Abruzzo

un progetto ideato da Paola Capata e Delfo Durante

PROROGATA al 22 agosto 2021

Orari di apertura: sabato e domenica dalle 16.00 alle 20.00
Negli altri giorni aperta solo su appuntamento. È richiesto un preavviso di 24 ore

Titolo: straperetana / The New Abnormal

Artisti: Giacomo Alberico, Francesca Banchelli, Giuditta Branconi, Enzo Cucchi, Luca De Angelis, Andrea Di Cesare, Daniele Di Girolamo, Floating Beauty, Luca Francesconi, Oscar Giaconia, Francesca Grilli, Sacha Kanah, Claudia Losi, Giulia Mangoni, Edoardo Manzoni, Paride Petrei, Giulia Poppi, Carol Rama, Andrea Respino, Moira Ricci, Giuliano Sale, Andrea Salvino, Gabriele Silli, Giovanni Termini

A cura di: Saverio Verini, con la collaborazione di Matteo Fato

Organizzazione: Paola Capata e Delfo Durante

Luogo: Pereto (AQ), sedi varie

Gradita prenotazione: info@straperetana.org- + 39 3351049685
Durata: dal 18 luglio al 15 agosto 2021 PROROGATA al 22 agosto 2021
Orari: sabato e domenica 16.00-20.00; gli altri giorni su appuntamento, prenotazione obbligatoria
Contatti: www.straperetana.org  – info@straperetana.org
STRAPERETANA socialFacebook @straperetana– Instagram straperetana

straperetana si avvale del Patrocinio del Comune di Pereto

Immagine in apertura: Enzo Cucchi, Lingue in bocca, 2017. Bronzo, ceramica, 45x45x27cm, esemplare unico. Courtesy l’artista e ZERO…Milano. Ph. Giorgio Benni