Category: teatro

15
Mar

Manifesto. Julian Rosefeldt

L’architettura del Palazzo delle Esposizioni viene ridisegnata dall’installazione Manifesto di Julian Rosefeldt articolata in 13 grandi schermi con storie diverse che, di tanto in tanto, si accordano nella potenza di una voce corale.

L’opera, apparsa per la prima volta nel 2015, rende omaggio alla tradizione toccante e alla bellezza letteraria dei manifesti artistici del Novecento, mettendo allo stesso tempo in discussione il ruolo svolto dalla figura dell’artista nella società contemporanea. Per ciascuna delle 13 proiezioni, Rosefeldt ha creato un collage di testi attingendo ai manifesti di futuristi, dadaisti, Fluxus, suprematisti, situazionisti, Dogma 95 e di altri collettivi o movimenti o alle riflessioni individuali di artisti, danzatori e registi come Umberto Boccioni, Antonio Sant’Elia, Lucio Fontana, Claes Oldenburg, Yvonne Rainer, Kazimir Malevich, André Breton, Elaine Sturtevant, Sol LeWitt, Jim Jarmusch, Guy Debord, Adrian Piper, John Cage.

Ogni stazione presenta una diversa situazione incentrata, ad eccezione del prologo, su undici diversi personaggi femminili e su uno maschile: un senzatetto, una broker, l’operaia di un impianto di incenerimento dei rifiuti, una CEO, una punk, una scienziata, l’oratrice a un funerale, una burattinaia, la madre di una famiglia conservatrice, una coreografa, una giornalista televisiva e un’insegnante, tutte figure interpretate dall’attrice australiana Cate Blanchett. È lei a infondere nuova linfa drammatica alle parole dei manifesti che risuonano in contesti inaspettati.Nel suo complesso, l’opera si presenta come un “manifesto dei manifesti”, che l’artista definisce una sorta di call to action contemporanea, nella quale il significato politico è verificato alla luce di una componente performativa. Frutto, in molti casi, di una rabbia o di una vitalità giovanili, i manifesti del Novecento non solo esprimono il desiderio dei loro autori di cambiare il mondo attraverso l’arte, ma si fanno interpreti della voce di un’intera generazione. Esplorando la potenza e l’urgenza di queste affermazioni – espresse con passione e convinzione dagli artisti di epoche diverse – Manifesto si chiede se le parole e sentimenti in esse contenute, abbiano retto la prova del tempo.

Hanno ancora un significato universale? E come sono cambiate le dinamiche tra politica, arte e vita vissuta?

Manifesto è un’opera, scritta, diretta e prodotta da Julian Rosefeldt. È stata commissionata dall’ACMI – Australian Centre for the Moving Image di Melbourne, l’Art Gallery of New South Wales di Sydney, dalla Nationalgalerie – Staatliche Museen zu Berlin e dallo Sprengel Museum di Hanover; co-prodotta da Burger Collection Hong Kong e Ruhrtriennale e realizzata grazie al generoso sostegno di Medienboard Berlin-Brandenburg e in cooperazione con Bayerischer Rundfunk.

Manifesto. Julian Rosefeldt
fino al 21 aprile 2019

Palazzo delle Esposizioni
Roma,Via Nazionale 194

Immagine in evidenza: video still frame from Manifesto@Palazzo Esposizioni, 2019_ph. amaliadilanno

21
Giu

1977 2018. Mario Martone Museo Madre

Al Madre la prima retrospettiva dedicata al regista napoletano Mario Martone, concepita come un viaggio all’interno del suo percorso artistico.

Al Madre Martone presenta un film-flusso prodotto dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, installazione che entrerà a far parte della collezione permanente del museo, realizzata attraverso il montaggio dei materiali conservati nell’Archivio Mario Martone, in collaborazione con PAV e con il supporto dellaFondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia. Attraverso documenti e filmati inediti, immagini di repertorio, brani di film e riprese di spettacoli teatrali che ne documentano la poliforme attività creativa, l’esperienza artistica di Martone viene presentata secondo un ordine non cronologico ma evocativo, in cui tutti i segni che raccontano la storia del regista convivono in un rapporto orizzontale di per sé contemporaneo. Proiettata simultaneamente su quattro schermi nella Sala Re_PUBBLICA MADRE, la presentazione del film-flusso rielabora musealmente la messa in scena di uno spettacolo teatrale di Martone del 1986, Ritorno ad Alphaville, ispirato all’omonimo film di Jean-Luc Godard, di cui sono riproposti l’andamento circolare e la visione simultanea da parte del pubblico.

Come in tutta la ricerca artistica di Martone, anche in questa mostra retrospettiva al Madre il ruolo attivo dello spettatore risulta determinante: al centro della sala sono posizionate, su una pedana, trentasei sedie girevoli, ciascuna collegata ad una cuffia con accesso diretto ai quattro canali audio corrispondenti a ognuno dei quattro schermi sui quali il film-flusso è proiettato. Lo spettatore potrà così orientare la propria attenzione girando la seduta per seguire alternativamente l’andamento delle proiezioni del film e cogliere, oltre che le singole immagini, anche le possibili connessioni visive o tematiche fra di esse. Il film stesso è stato montato secondo un flusso lineare che accoglie in sé sia la superficie bidimensionale dello schermo sia la spazialità tridimensionale dell’ambiente di proiezione, restituendo visivamente e sensorialmente le connessioni interne e quindi la circolarità propria dell’opera e della ricerca del regista napoletano.

1977 2018. Mario Martone Museo Madre
a cura di Gianluca Riccio
fino al 3 settembre 2018
Re_PUBBLICA Madre

Orari: Lunedì / Sabato 10.00 – 19.30, Domenica 10.00 – 20.00, Martedì chiuso

Via Settembrini 79, 80139 Napoli
+39.081.197.37.254
info@madrenapoli.it
Immagine: 1977 2018. Mario Martone Museo Madre, courtesy Museo Madre
11
Set

Corpo a corpo | Body To Body

La mostra analizza quel preciso momento in cui il lavoro degli artisti è caratterizzato dall’appropriazione di nuovi linguaggi che spaziano dalla danza all’evento, dall’happening al teatro, dalla pittura alla musica, dalla teoria alla scultura, dal cinema al video. All’interno di queste complesse vicende culturali, la mostra vuole ritagliare soltanto l’ambito in cui l’artista, lasciate le tradizionali forme dell’arte, utilizza il corpo come mezzo espressivo.

Un momento cruciale che copre i due decenni ’60 e ’70, anni di presa di coscienza e di autodeterminazione in cui si collocano le ricerche sperimentali che hanno declinato in vario modo le istanze femministe di alcune artiste come Marina Abramović, Tomaso Binga, Sanja Iveković, Ketty la Rocca, Gina Pane, Suzanne Santoro e Francesca Woodman e pioniere nella danza come Trisha Brown, Simone Forti e Yvonne Rainer negli scatti di Claudio Abate.

Negli ultimi anni il linguaggio del corpo è stato ripreso da artiste italiane dell’ultima generazione come la coppia formata da Eleonora Chiari e Sara Goldschmied, Chiara Fumai, Silvia Giambrone, Valentina Miorandi e Alice Schivardi – e del collettivo artistico con base a Parigi Claire Fontaine. Tutte hanno riattualizzato l’eredità ricevuta da chi le ha precedute, realizzando una serie di opere che compenetrano le ragioni dell’estetica con quelle della politica. Il loro lavoro ravviva quei caratteri che la critica americana Lucy Lippard riconosceva come contributo del femminismo all’interno della vicenda artistica degli anni ’70: un’arte che fosse “esteticamente e socialmente efficace allo stesso tempo” caratterizzata “da un elemento di divulgazione e da un bisogno di connessione di là dal procedimento e del prodotto”.

Ancora oggi la fotografia, il gesto e l’azione performativa sono gli strumenti ideali usati all’inizio degli anni ’60 dalle artiste per continuare lo scardinamento del linguaggio e dei mezzi espressivi classici e sottolinearne l’inadeguatezza. Il linguaggio verbale, infatti, spesso si è rivelato insufficiente per definire stati d’animo complessi. Per questo motivo la sua destrutturazione visiva, attraverso il collage e il video, è ancora fondamentale per esprimere sentimenti e punti di vista difficili da indagare con altri mezzi espressivi.Continue Reading..

19
Mar

Robert Wilson. Tales

Il FAI ospita a Villa e Collezione Panza le opere di Robert Wilson. Il regista statunitense, drammaturgo, coreografo, pittore e scultore ha progettato per il FAI una mostra intensa che si muove all’interno e all’esterno della villa attraverso tematiche e capitoli corrispondenti a opere e tipologie di lavori differenti, alcuni pensati e realizzati proprio per questa occasione.
Villa Panza presenta la mostra “Robert Wilson for Villa Panza. Tales” a cura di Noah Koshbin, curatore dei progetti espositivi dello Studio Wilson, e di Anna Bernardini, direttore dell’antica dimora di Varese. Un’esperienza intensa e affascinante che si snoda all’interno della villa e del suo parco e che permette di conoscere meglio la poetica di Robert Wilson, uno dei maestri del teatro contemporaneo ed eclettico artista visuale, attraverso un’importante selezione di Video Portraits e l’installazione site specific A House for Giuseppe Panza.
Nelle opere esposte, così come nel carattere della collezione di Villa Panza, emerge un continuo confronto tra il mondo classico e quello contemporaneo, una tensione in grado di far dialogare differenti epoche, accompagnata da una profonda sensibilità per la luce e per il tempo interiore. Un comune sentire tra l’artista e il noto collezionista milanese che ha portato Robert Wilson a progettare un installazione site specific in omaggio a Giuseppe Panza di Biumo: posizionata nel parco, presenta una struttura semplice che ricorda il design tradizionale americano facendo da contrappunto alla grandiosa architettura della villa e, al suo interno, propone un tableau vivant accompagnato dalla registrazione di uno scritto di Rainer Maria Rilke, testo molto caro al mecenate d’arte.

I Video Portraits sono, invece, macchine tattili in lenta mutazione che amplificano le potenzialità narrative del ritratto avvicinandolo al racconto cinematografico, senza perdere la fissità che caratterizza il ritratto pittorico. I video ritraggono animali e personaggi famosi del mondo dell’arte e dello spettacolo: dall’attore Robert Downey Jr – che ci comunica con un impercettibile movimento degli occhi che sta assistendo alla dissezione del proprio corpo – allo scrittore Gao XingJian, dal ballerino Roberto Bolle al soprano Renée Fleming. Tra questi, per la prima volta in Italia, sarà possibile ammirare la serie dei “Lady Gaga Portraits”, realizzata nel 2013 e presentata nello stesso anno al Museo del Louvre. Il progetto si ispira a tre capolavori: il ritratto di Mademoiselle Caroline Rivière (1806) di Jean – Auguste Domenique Ingres, La morte di Marat (1793) di Jacques-Louis David e la Testa di San Giovanni Battista (1507) di Andrea Solari. L’opera Flying, che chiude il ciclo di Lady Gaga, ha invece un carattere più contemporaneo pur essendo ispirato all’antica pratica giapponese dello shibari.

Villa Panza
Piazza Litta, 1. Varese
Robert Wilson. Tales
a cura di Noah Koshbin
Dal 4 novembre 2016 al 15 ottobre 2017

Image: LADY GAGA: MADEMOISELLE CAROLINE RIVIÈRE, 2013

21
Feb

Dalì and Schiaparelli

Dalì and Schiaparelli – presented in collaboration by The Dali Museum and Schiaparelli Paris – will feature haute couture gowns and accessories, jewelry, paintings, drawings, objects and photos, as well as new designs by Bertrand Guyon for Maison Schiaparelli. This will be the first exhibition dedicated to the creative relationship and works of Elsa Schiaparelli and Salvador Dali – friends and collaborators that set Paris and the world ablaze with their groundbreaking visions.

Elsa Schiaparelli was regarded as the most prominent figure in fashion between the two World Wars. Her designs deliberately subverted traditional notions of women’s roles and beauty, embracing and exaggerating the transgressive nature of fashion. Schiaparelli explored bold Surrealistic themes in her designs, heavily influenced by artists, especially Dali, with whom she often collaborated. The vibrant colors, experimental fabrics and elegant handmade decorations set her apart from other designers of the 1920s and 1930s. Some of the most notable clients for Schiaparelli’s haute couture designs included the Duchess of Windsor, Wallis Simpson; heiress Daisy Fellowes; and actresses Mae West and Marlene Dietrich.

Schiaparelli wrote that she “invented” her dresses, and the designs were known for their elegant and daring aesthetic combined with exquisite craftsmanship – a marriage of new ideas with traditional craft. Her designs were like the paintings of Dali in that they combined renaissance precision with wild imagination and dreamlike visions. Their fashion and art both delighted and shocked the senses and that approach was a trademark of their collaborations; their works embodied a sense of freedom and possibility that enlivened popular culture during a tumultuous time.

The Dali will be celebrating the exhibition with a grand fashion show and gala, bringing Paris chic to downtown St. Petersburg. The event will allow guests a glimpse into the secret world of haute couture. Held on Saturday October 14, 2017, the black tie affair will begin with a fashion show featuring contemporary Schiaparelli designs followed by an elegant dinner reception. A more casual yet equally celebratory Sunday brunch will be held the following day. A variety of other events and programs will also accompany the show.

The Dali and Schiaparelli exhibition will be accompanied by a catalog with essays by Dilys Blum, Curator of Costume and Textiles for the Philadelphia Museum of Art, Dali Museum Curator of Exhibitions William Jeffett, Dali Museum Director Hank Hine, and exhibition consultant John William Barger III.

The exhibition is organized by The Dali, St. Petersburg FL in collaboration with Schiaparelli, Paris with loans from the Philadelphia Museum of Art, the Metropolitan Museum and others.

The Dalì Museum
One Dali Blvd,
St. Petersburg, FL 33701

October 18, 2017 through January 18, 2018

Image Credit: Aphrodisiac Telephone (Lobster Telephone). Salvador Dali, 1938

 

14
Feb

Duncan Campbell

WIELS presents the first solo exhibition by Duncan Campbell (b. 1972) in Belgium. Irish-born, Glasgow-based Campbell is highly acclaimed for his revitalisation of documentary formats and experimental film. Campbell was recipient of the 2014 Turner Prize for his seminal film It for Others, originally commissionned by The Common Guild Glasgow and produced for the Scottish Pavillion at the Venice Biennial in 2013. His solo exhibition at WIELS comprises three of his major film works: It for Others (2013), Bernadette (2008), and o Joan, no… (2006). It for Others, the central work in this exhibition, has a double contextual appeal to a Belgian audience, first for its scrutiny of African sculpture in Alain Resnais and Chris Marker’s seminal film Les statues meurent aussi (Statues also Die, 1953) and for Michael Clark Company’s contemporary choreography. For this film, Campbell took Les statues meurent aussi as both source and artefact for his film to pursue a meditation on the life, death and the value of objects. Marker and Resnais’ film opens with the “When people die, they enter history. When statues die, they enter art. This botany of death is what we call culture.” So begins the film presented much like the objects that appear in the film: to be viewed in a time and place different from those of its making. Commissioned by Présence Africaine, it tracks objects from Sub-Saharan Africa to the Western metropolis, and the transition from religious fetish to commodity; from original to market reproduction.

The second work to be featured is Bernadette, a critically acclaimed film about the Irish Political Acitivist and Member of the British Parliament, Bernadette Devlin. This will be accompanied by archival documents from the People’s Democracy group of which Devlin was a member. The film installation is accompanied by a set of posters of the early stages of political in Northern Ireland, the “Troubles,” evoking also Devlin as a product of a political moment who was quick to grasp a bigger plot—the structural conflicts and tensions shared by all societies.

The third work, o Joan, no… is an abstract, cine-plasticist, sensorial film on vision and hearing. The presentation is completed with other printed works including a recent poem in tonalist associative modernist language. o Joan, no… begins in darkness; abstract darkness. As the film progresses the darkness is interrupted by light. A random sequence of lights ensues—theatre lights, streetlights, household lights, the lit end of a cigarette. The camera greets these interruptions in the darkness with alarm, reticence, perplexity, curiosity. The accompanying voice emits a series of grunts, moans, sighs, laughs.Continue Reading..

24
Ott

Paolo Ventura. La città infinita

October 09 – November 14, 2015
Opening reception
Friday, October 9, 6:00pm-8:00pm

I’ve always loved the city.
I like the place where it ends because the buildings are easy to
discern, the old houses with the gardens around them.
I like the city outside its walls running away as though liberated.
I like to look at it from a train, sideways, when you enter it.
I would have liked to live in the same city without having ever left.
As a child I thought it was infinite.
– Paolo Ventura

Italian photographer Paolo Ventura (born 1968) is known for constructing and photographing elaborate dioramas to tell cinematic visual stories. Previous projects include War Souvenir (2006), which traced the horrors of a fictionalized war, and Winter Stories (2008), which looked back on the life of a circus performer in the winter of his life. Most recently, Ventura was asked to create the set design for the Lyric Opera of Chicago’s Roger and Hammerstein production of Carousel. The New York Times wrote of his set design, “The result is an artful depth that allows the emotions of the songs – “If I Loved You,” “You’ll Never Walk Alone” and others – to resonate.”

With Ventura’s latest body of work, La Citta Infinita, he takes his process one step further by painting the photographs of constructed scenes and adding collage. The works, which are evocative of 1940s and 50s Italian Neorealism film, present lonely yet dreamy cityscapes punctuated by human figures, always Ventura himself, in varying costume. Although the scenes differ, the horizon lines remain the same, creating a never-ending cityscape, La Citta Infinita.

Paolo Ventura studied at the Accademia di Belle Arti di Brera in Milan in the early 1990s. His work has been exhibited internationally, including at the Forma International Center for Photography, Milan; Museum of Contemporary Art of Roma (MACRO), Rome; The Hague Museum of Photography, The Hague; Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Rome and during the Rencontres de la Photographie, Arles. In 2012, he was selected to create a series of works for the Italian national pavilion at the 54th Venice Biennale, he also received a commission from the Museum of Contemporary Art of Rome. And recently Ventura was invited for a commission by the MART, the Museum of Modern and Contemporary Art of Trento and Rovereto, Italy. Four monographs of Paolo Ventura’s work have been published: War Souvenir (Contrasto, 2006), Winter Stories (Aperture and Contrasto, 2009), The Automaton (Peliti Asociati, 2011) and Lo Zuavo Scomparso (Punctum Press, 2012). Ventura currently lives and works outside of Milan.

Image: L’Anarchico, 2015

Paolo Ventura, La Città Infinita
Until November 14th, 2015
Weinstein Gallery
908 West 46th Street, Minneapolis
www.weinstein-gallery.com

 

14
Mag

MeravigliArti 2015

 Al via, martedì 19 maggio, la terza edizione di MeravigliArti, la rassegna di letteratura, teatro, musica e arte sul tema della meraviglia, concetto che contraddistinse tutta l’attività intellettuale, scientifica e mecenatesca del principe di Sansevero.

Tanti i protagonisti d’eccezione che quest’anno si esibiranno nei suggestivi spazi del Museo Cappella Sansevero: Andrea Renzi e Peppe Servillo porteranno in scena l’inedita Intervista impossibile al principe Raimondo di Sangro scritta per l’occasione da Raffaele La Capria; con l’acume e l’ironia che lo contraddistinguono, Vittorio Sgarbi si soffermerà sul Cristo velato, “canto del cigno della scultura barocca”, e su altre opere del tempio settecentesco; il Quartetto Euphoria, poker d’archi tutto femminile, darà libero corso a fantasia e creatività spaziando da Mozart al tango a De Andrè, in uno strampalato show per la regia della Banda Osiris; Giulio Paolini, maestro di fama internazionale, realizzerà l’installazione d’arte contemporanea site-specific Da lontano, in collaborazione con la Galleria Alfonso Artiaco; come tradizione, uno degli appuntamenti sarà dedicato anche ai bambini: ad aprire la rassegna, martedì 19 maggio, sarà lo spettacolo per grandi e piccini Light Mystery del trio Carpineti Giliberti Ludwig, scienziati del Dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano. In occasione dell’Anno Internazionale della Luce, i tre ricerc-attori eseguiranno dal vivo straordinari esperimenti incentrati sui fenomeni luminosi, toccando temi scientifici profondi con creatività e comunicando in modo esuberante la passione per la ricerca.
Il costo del biglietto per il primo spettacolo è di € 10,00. I ticket potranno essere acquistati presso il Museo Cappella Sansevero e la Concerteria di via Schipa.
I biglietti per gli eventi successivi saranno messi in vendita a partire da dieci giorni prima di ciascun evento.

Info: www.meravigliarti.it
Museo Cappella Sansevero
Via Francesco De Sanctis, 19/21
80134 Napoli

MeravigliArti 2015
dal 19 maggio al 16 giugno 2015

Tra gli appuntamenti in programma:

Martedì 9 giugno, ore 19.00
Giulio Paolini, Da lontano
Vernissage al Museo Cappella Sansevero

Dopo il successo di Ann Veronica Janssens nel 2014, da domani torna l’arte contemporanea alla Cappella Sansevero nell’ambito della rassegna MeravigliArti – ancora una volta grazie alla collaborazione della Galleria Alfonso Artiaco – con l’installazione di uno dei più grandi maestri del panorama internazionale. Per il suo intervento nel tempio barocco, Giulio Paolini ha ideato l’opera Da lontano, che potrà essere ammirata dal 10 giugno al 20 luglio 2015 durante gli orari di apertura del museo, alle consuete tariffe di ingresso.
Il vernissage si terrà domani, martedì 9 giugno, alle ore 19.00. Ingresso libero.
Info: www.meravigliarti.it