Tag: Urs Fischer

20
Nov

Urs Fischer. Leo

An artwork is not about the now.
—Urs Fischer

Gagosian is pleased to present Leo, an exhibition of new work by Urs Fischer.
Across his protean oeuvre, Fischer frequently evokes art historical genres and motifs with wry self-awareness and humor. In Fischer’s work, the processes of material creation and destruction are often explored through the use of impermanent materials, as in Bread House (2004–05), a life-size cabin constructed from loaves of sourdough bread. Embracing transformation and decay while resounding with poetic contradictions, Fischer’s art excavates the potential of its materials and media, producing joyful disorientation and sinister bewilderment.

Fischer’s candle sculptures exemplify the relationship between permanence and impermanence. He began to make them in the early 2000s with a series of crudely rendered female nudes, standing upright or lounging in groups. A series of realistic figurative candle portraits followed, including a full-size replica of Giambologna’s sixteenth-century sculpture The Rape of the Sabine Women, and Marsupiale (Fabrizio) (2017), which amalgamates a portrait of the Florentine antique dealer Fabrizio Moretti with an oversize bust of Saint Leonard, the patron saint of prisoners. In 2018, Fischer created a candle replica of the art patron and collector Dasha Zhukova, which burned for weeks in the shopfront gallery at Gagosian Davies Street in London.

Fischer’s newest candle portrait, Leo (George & Irmelin) (2019), depicts Leonardo DiCaprio with his parents, George DiCaprio and Irmelin Indenbirken. Cast entirely in wax, the family is posed in mid-action: George gestures while conversing with Leo, as Irmelin holds Leo in her loving embrace.

As with all of Fischer’s candle sculptures, Leo (George & Irmelin) will melt slowly over the course of the exhibition, its original composition transmuted into a form dictated by the wayward laws of physics. Captivating in their materiality and haunting in their implications, Fischer’s candles serve as both portraits of—and meditations on—the passing of time. Elaborating on traditions of memento mori, they remind viewers of the transience of life, beauty, and even art itself.

Leo is presented in the ground floor gallery of Gagosian Paris. On view upstairs in the Project Space is Smalls, an exhibition of new works by Spencer Sweeney.

Urs Fischer. Leo
October 14–December 20, 2019

Gagosian
4 rue de Ponthieu
75008 Paris

+33 1 75 00 05 92
paris@gagosian.com

Hours: Tuesday–Saturday 11–7

Contact
collecting@gagosian.com
press@gagosian.com

Image: Urs Fischer Gentle Moon, 2019 Aluminum composite panel, aluminum honeycomb, two-component adhesive, primer, gesso, solvent-based screen printing ink 96 x 72 in 243.8 x 182.9 cm © Urs Fischer. Photo- Ulrich Ghezzi. Courtesy Gagosian
01
Ott

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile

Dal 4 ottobre 2018 al 6 gennaio 2019 la GAMeC presenta Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, prima mostra di un ambizioso ciclo espositivo triennale dedicato al tema della materia, ideato da Lorenzo Giusti e sviluppato insieme a Sara Fumagalli, con la consulenza scientifica del fisico Diederik Sybolt Wiersma e la partecipazione di BergamoScienza.
Attivando un dialogo con la storia delle scoperte scientifiche e tecnologiche e un confronto con lo sviluppo delle teorie estetiche, Black Hole rivolge lo sguardo al lavoro di quegli artisti che hanno indagato l’elemento materiale nella sua più intrinseca valenza, laddove il concetto stesso di “materiale” si infrange per aprirsi a un’idea più profonda di “materia” come elemento originario, come sostanza primordiale costituente il tutto.
In particolare, l’esposizione intende raccontare questa dimensione attraverso tre diverse restituzioni: quella di chi ha guardato all’elemento materiale, concreto, come a un’entità originaria, precedente o alternativa alla forma; quella di chi ha interpretato la natura umana come parte di un più ampio discorso materiale e quella di chi, nel processo di penetrazione della materia, si è spinto nel profondo, ai confini della materialità stessa, cogliendone la dimensione infinitesimale ed energetica.

Attraverso una ricca selezione di opere realizzate tra la fine dell’Ottocento e i giorni nostri, il percorso espositivo illustra, all’interno di un’unica visione integrata, questa preziosa dialettica, oscillante tra la materialità dell’Informe e la materialità dell’Invisibile, poli soltanto apparentemente antitetici e in realtà coesistenti e complementari.

Sezione 1 – Informe
Le acquisizioni della scienza – dal principio di indeterminazione di Heisenberg alla metodologia quantistica – e la loro circolazione culturale, che le ha rese a noi familiari, hanno profondamente influenzato la visione degli artisti, al punto da condizionarne non soltanto la percezione delle cose e del mondo, ma anche la più profonda sostanza del loro operare.
In dialogo con lo sviluppo di queste scoperte, le opere presenti all’interno della prima sezione rifuggono dunque dal rappresentare il mondo e utilizzano materiali, sia tradizionali sia inusuali, non come elementi da plasmare con l’intento di creare nuove forme, ma in virtù della loro valenza intrinseca, del loro presentarsi come “elementi in sé”.
Configurazioni materiche che, per la loro indeterminatezza, restituiscono un’idea della realtà come sostanza in continuo mutamento.
Si collocano all’origine di questo percorso le ricerche di Jean Fautrier, con le sue concrezioni di colore stratificato, e di Lucio Fontana, con le sue Nature di materia incisa, la quale, penetrata e lacerata, animandosi si fa opera.
Una linea di ricerca che prosegue – tra gli altri – con le superfici grumose intessute di fenditure e lacerazioni di Antoni Tàpies, la densità bituminosa delle Combustioni e dei Cretti di Alberto Burri, presente anche nei primi lavori di Piero Manzoni, e, decenni più tardi, i Big Clay “senza forma” di Urs Fischer, le statue “colanti” di Cameron Jamie, le eteree astrazioni screpolate di Ryan Sullivan.

Sezione 2 – Uomo-Materia
La materia che permea l’universo e che tutto crea e compone definisce anche la natura umana. Questo lasciano intendere i lavori degli artisti presenti nella seconda sezione della mostra, dove, all’interno di un percorso articolato e trasversale, sono messe a confronto le opere di autori di generazioni diverse contraddistinte da una forte componente materica e allo stesso tempo da una presenza, più o meno manifesta, dell’elemento antropomorfo. Lavori in cui il corpo umano è dunque in primis un “corpo materico” e in cui la figura, accennata o scomposta, si fa veicolo di una visione integrata del mondo, tenuta assieme dal principio stesso della materia.
Le sintesi plastiche di Auguste Rodin e Medardo Rosso, con le loro immagini di volti e corpi affioranti da blocchi indistinti, costituiscono un significativo precedente storico per la ricerca di una serie di artisti che, in forme diverse, hanno fatto convergere dentro un’unica visione creativa il discorso sulla materia e l’indagine sull’uomo. Ne è un esempio Alberto Giacometti, con le sue figure “intrappolate”, “sempre a mezza via fra l’essere e il non essere”, per citare Jean-Paul Sartre, così come lo scultore svizzero Hans Josephsohn, con le sue caratteristiche teste monolitiche, imprigionate dentro blocchi di materia compatta.

Volto e materia, prettamente pittorica, ritornano nei primi dipinti informali di Enrico Baj, nelle Dame di Jean Dubuffet degli inizi degli anni Cinquanta così come nei lavori di Karel Appel e Asger Jorn, storici membri del gruppo Cobra, caratterizzati dall’utilizzo di colori brillanti, violente pennellate e figure umane distorte.
A questi maestri della modernità sono affiancati lavori di artisti contemporanei, da William Tucker, con i suoi agglomerati di materia a metà tra la roccia e il corpo umano, a Florence Peake, con le sue sculture informali, esito di performance collettive in cui corpo e materia sembrano cercare una sintesi dinamica.

Sezione 3 – Invisibile
Diversamente da quelle della prima e della seconda sezione, testimoni di una relazione fisica con la materia – incisa, spatolata, graffiata, bruciata, colata, e pur sempre materia “in sé” – le opere presenti nella terza sezione guardano agli aspetti più nascosti della materia, invisibili ai nostri occhi, in dialogo con la dimensione atomistica e subatomica.
Punto di partenza di un discorso in evoluzione che trova ampio sviluppo nei linguaggi della contemporaneità sono le celebri Tessiturologie di Jean Dubuffet, visioni ravvicinate, microscopiche, di un generico “elemento materiale”, di cui si restituisce
visivamente l’idea dell’incessante brulichio interno. Una ricerca che trova eco nelle esplosioni di “materia-luce” di Tancredi Parmeggiani, o ancora nelle composizioni degli artisti del Movimento Arte Nucleare – fondato nel 1951 da Enrico Baj e Sergio Dangelo, con l’aggiunta, un anno dopo, di Joe Colombo – che rielaborano in forma visiva le suggestioni provocate dall’esplosione della bomba atomica alla fine del secondo conflitto mondiale.
Dal dopoguerra alla contemporaneità, gli artisti creano nuove immagini di ciò che le teorie scientifiche suggeriscono, ma che parole e illustrazioni non riescono descrivere. La nozione classica di “materia”, valida dal familiare livello degli oggetti visibili fino al livello molecolare e atomico, sfuma ai livelli subatomici, abbracciando il concetto di energia.
Così, lavorando a stretto contatto con i Laboratori Nazionali del Gran Sasso – tra i più importanti istituti di ricerca a livello mondiale per lo studio dei neutrini – Jol Thomson crea un dialogo fra scienza e arte, indagando i territori dell’ignoto materiale, dell’intangibile e del non-ottico. Su questa linea di ricerca si muovono anche le performance di Hicham Berrada, che invita lo spettatore a fare esperienza diretta delle energie e delle forze che emergono dalla materia, e i Photograms di Thomas Ruff, le cui composizioni astratte nascono dalla consapevolezza dell’esistenza di un universo microscopico, oltre la dimensione tangibile delle cose.
Nella loro diversità di approcci, i lavori presentati in questa sezione testimoniano la medesima urgenza di interrogarsi sulle implicazioni filosofiche, percettive e conoscitive delle rivoluzionarie scoperte scientifiche della nostra epoca.

MERU ART*SCIENCE RESEARCH PROGRAM
La mostra si avvarrà del contributo della Fondazione Meru – Medolago Ruggeri per la ricerca biomedica, che nell’ambito della “Trilogia della materia”, e quale parte del programma del festival BergamoScienza, ha dato vita a un nuovo progetto di ricerca – Meru Art*Science Research Program – finalizzato alla realizzazione di interventi “site specific” dedicati al rapporto arte-scienza.
Coordinato da Anna Daneri, insieme ad Alessandro Bettonagli e Lorenzo Giusti, il programma vede, per questa prima edizione, la partecipazione degli artisti Evelina Domnitch & Dmitry Gelfand, che per lo Spazio Zero della GAMeC hanno progettato un’installazione ambientale capace di declinare sul piano visivo l’interazione di due buchi neri attraverso un cunicolo spazio-temporale (wormhole), laddove cioè la materia dell’universo collassa su se stessa per rigenerarsi.Continue Reading..