Renata Fabbri è lieta di annunciare la mostra Silva imaginum di Sophie Ko Chkheidze (Tiblisi, Georgia – 1981) a cura di Federico Ferrari. L’artista georgiana, già da alcuni anni trasferitasi stabilmente in Italia, presenta una serie di lavori eterogenei nei materiali e nei supporti ma facenti parte di un unico percorso simbolico e allegorico teso ad indagare l’enigma dell’immagine: la sua genesi, la sua fragile esistenza, la sua morte e la sua resurrezione metamorfica.
Nella prima sala, ad alcuni grandi pannelli neri, che si ergono come vetrate gotiche contenenti cenere di immagini, risponde un piccolo quadro azzurro di pigmento puro (delle dimensioni esatte della Annunziata di Palermo di Antonello da Messina), posto all’altezza degli occhi. Poco più in là, quasi invisibile e a margine, un “affresco” fatto di terra ridà un equilibrio e una radice a questo dialogo e duello metafisico tra la cenere e il colore. Segue una seconda sala nella quale, posti sui quattro punti cardinali, si stagliano piccoli frammenti di resti incombusti: frammenti di immagini che, del tutto incomprensibilmente e imprevedibilmente, sono stati salvati dalla furia del fuoco. Metafore di “quel che resta” all’interno di una società spettacolare nella quale le immagini vengono bruciate a velocità impressionante, rendendo obsoleta ogni forma ed ogni “immaginazione” nel giro di pochi anni, se non mesi.
Al piano inferiore della galleria, un’altra serie di resti incombusti, dal titolo Waldgaenger (omaggio e richiamo all’opera di Ernst Jünger e alla sua figura del “ribelle” che si dà alla macchia per resistere alla furia distruttrice della civiltà nichilista), sembra indicare una possibilità di salvezza o, quanto meno, di resistenza, punteggiando la via verso un grande pannello di pigmento rosa, in cui crolli e movimenti del colore sembrano mostrare come le forme, ben al di là di ogni volontà e intenzione (comprese quelle dell’artista), non smettano di apparire anche quando tutto sembra perduto.Continue Reading..