Tag: Sacha Turchi

16
Mag

Sacha Turchi e Leonardo Aquilino. In vitro

L’esperienza biologica che si svolge in laboratorio, al di fuori dell’organismo vivente.

Come la ricerca in laboratorio che viene inevitabilmente indirizzata per rispondere a quesiti specifici, Leonardo Aquilino e Sacha Turchi creano un percorso di mostra che pur camminando su una stessa linea viene direzionato in ambiti e ricerche differenti.

La galleria si divide in due, nella prima sala Leonardo Aquilino presenta una serie d’immagini realizzate al microscopio digitale per diventare matrici utilizzate per mezzo di un ingranditore analogico. Osservando da vicino, il lavoro di Aquilino racconta il micro per parlarci del macro. Le ali della libellula sono il soggetto focalizzato, tramite il quale si racconta la struttura fatta di congiunzioni ripetute. L’artista si avvicina progressivamente, mettendo in risalto i filamenti delle ali come fossero capillari che emergono dall’epidermide. Illude il fruitore tramite un ingranditore fotografico, come adoperando un potente microscopio. Egli rielabora il concetto di fotografia, resa estremamente leggera ed impalpabile, ma allo stesso tempo dal carattere distintivo, messo in risalto con luce dorata e segni decisi.

La seconda sala vede protagonista Sacha Turchi, da sempre legata alla ricerca, al laboratorio, al corpo. L’artista presenta parte degli studi in cui è immersa da mesi, riguardanti il suo concetto di pelle considerata ugualmente involucro, un contenitore del corpo, e simultaneamente un confine, una barriera di protezione tra il dentro e il fuori. Esposta per la prima volta è MOVEO, una grande vertebra che diviene contenitore dell’essere umano, le cui componenti sono sostanze realmente costituenti il tessuto osseo, tra cui carbonato di calcio, acido lattico, acido ialuronico e collagene. Ad accompagnare la grande scultura sono presenti alcune pelli di soia cresciute ed elaborate in vitro e una coltura di pelle batterica in attivo. Per l’artista si tratta di strati che cambiano e si ricreano, mutando in qualcosa di sempre nuovo.

I due artisti si esprimono con linguaggi differenti ma, nel contesto di IN VITRO, convogliano in una ricerca che ruota attorno all’individuo, ricreando negli spazi di Matèria una sorta di laboratorio ante litteram che narra il loro punto di vista.Continue Reading..

25
Set

Sacha Turchi. Ortho Spinalis

Castello di Rivara
Museo D’Arte Contemporanea

Ortho Spinalis
Sacha Turchi

Quando un essere umano viene alla luce impiega del tempo prima di riuscire a reggersi sulle proprie gambe. Il corpo umano si tiene in piedi, trova equilibrio sul proprio bacino. Il corpo sa, ancora prima di chi lo sorregge, cosa fare. Possiede, esso stesso, una memoria interna scritta nel DNA. Allo stesso tempo, quando dal bulbo nasce un germoglio, quella nuova forma di vita si irrobustirà fino a trovare la propria forza dall’interno, da quelle ‘cellule nervose’ che sono le sue radici in continua conversazione con la terra. Ancora una volta tornano gli elementi cari all’artista: la presenza del corpo umano in relazione a quelle strutture vitali che la natura stessa crea; l’attenzione capillare nella scelta dei materiali; il legame dell’uomo nel suo presente con quel fitto intreccio che è il passato e la storia dai quali proviene; quell’idea di evoluzione, essa stessa crescita naturale dunque cambiamento, che non ha a che fare soltanto con il ciclo vitale dell’essere vegetale, ma con il passaggio stesso del tempo, in continuo divenire. Questa volta, in occasione del nuovo progetto Ortho Spinalis presentato al Castello di Rivara (TO) Sacha Turchi sceglie di farlo attraverso un orto – come suggerisce il titolo stesso – organizzato in tre file da sette bulbi ciascuna, sui quali posano in tutto ventuno sculture che ricalcano la spina dorsale, sorretti su dei bacini. Quello che dovrebbe essere il DNA nel materiale osseo di un essere umano è sostituito da materiale vegetale; quello che dovrebbe essere il terriccio dal quale far crescere queste anomale ‘piante’ è, invece, sale grosso, elemento di purificazione sin dalle tradizioni più antiche, in grado di asciugare l’acqua. Contrariamente ad un orto come gli altri, le piante non trovano rigenerazione nell’acqua, quanto, piuttosto, dall’assorbimento dell’acqua stessa. Quel sale che riporta alla tradizione dell’impastare, delle donne della famiglia intorno a una tavola, delle più piccole intente ad imparare un’antica arte lontana nel tempo, la tradizione nutre queste colonne vertebrali che nascono, crescono e sopravvivono grazie al loro fiero insistere sui propri ischi iliaci e alla forza di gravità, mentre tentano di evolversi verso l’alto, fiere, perdendo sempre più la propria andatura curvilinea. Una tradizione, quella dell’impastare, che a che fare con la pazienza, con la cura, con l’attenzione: le stesse che Sacha Turchi osserva nel suo lavoro minuzioso e scrupoloso, fatto di tanto studio, di tentativi, di ripensamenti: ingredienti che l’artista assembla – impasta, per l’appunto – sino al momento in cui non prendono una forma ben definita. A fianco dell’orto gli strumenti della lavorazione della terra (il rastrello ad esempio) e quelli tipici della lavorazione della pasta (come il mattarello) e un ciclo vitale che si scrive in lunghezza, dal germoglio più piccolo alle ‘piante’ più grandi, rispettando il naturale corso delle cose.
Alessandra Caldarelli

Equinozio D’Autunno 2016
opening 24 Settembre ore 16:00

Castello di Rivara
Museo D’Arte Contemporanea
Piazza Sillano, 2 – Rivara (TO)

La mostra sarà aperta fino al 6 novembre 2016

Immagine: installation view, 2016