Le sue ceramiche rimandano alle prime opere cinetiche definite ‘immagini pesanti’: “sono meno illusionistiche dei dipinti e hanno una qualita’ tattile intrinseca, lasciando lo spettatore ‘sentire’ e non solo ‘vedere’ gli oggetti”.
a cura di Chiara Guidi
La mostra celebra il lavoro e la ricerca di Otto Piene (1928-2014) pittore e scultore tedesco, membro fondatore del Gruppo ZERO (1957-1966) una delle avanguardie artistiche più importanti del dopoguerra, cui hanno aderito tra gli altri Lucio Fontana, Yves Klein, Piero Manzoni, Heinz Mack, Gunther Uecker, accomunati dalla volontà di ridefinire e trasformare l’arte. Otto Piene ha spinto l’arte oltre il linguaggio della pittura tradizionale, adottando nuovi supporti, materiali e tecnologie: famoso per le sue opere di luce-cinetica, gli spettacolari dipinti di fuoco e fumo e per aver indagato in modo totalmente nuovo la connessione tra arte, natura e tecnologia. Il suo vasto e innovativo opus artistico comprende l’uso di laser e l’olografia. Il suo “Arcobaleno Olimpico”, opera ambientale di 700 metri, realizzata in occasione dei Giochi Olimpici di Monaco di Baviera nel 1972 è diventato uno dei più potenti messaggi visivi di pace del secolo. Dal 1999, Otto Piene ha adottato come mezzo espressivo la ceramica. Le sue ceramiche rimandano alle prime opere cinetiche e Piene stesso le definisce “immagini pesanti”: “sono meno illusionistiche dei dipinti e hanno una qualità tattile intrinseca, lasciando lo spettatore “sentire” e non solo “vedere” gli oggetti”. Come tutte le opere di Otto Piene, le ceramiche sono caratterizzate dalla ricerca sulle forze primarie della natura: luce, fuoco, aria e terra.