Tag: Angel Moya Garcia

26
Mar

Monika Grzymala. Disegno

La Galleria Eduardo Secci Contemporary di Firenze presenta nella sede espositiva di Piazza Goldoni, la mostra personale di Monika Grzymala DISEGNO a cura di Angel Moya Garcia.

La ricerca di Monika Grzymala si focalizza sulle diverse potenzialità della linea e del segno nello spazio tridimensionale attraverso l’utilizzo di materiali come nastro adesivo, carboncino o grandi disegni in rilievo su carta Washi fatta a mano. I lavori installativi, sviluppati per costruire nuovi cosmi e nuove relazioni, riconfigurano radicalmente gli ambienti per cui vengono ideati, mentre i disegni su carta sono delicati, fragili e transitori, ma celano una dirompente materialità. In entrambe le declinazioni, l’energica gestualità dell’artista si avverte nelle linee aggrovigliate che si spandono e disperdono, implodono e curvano, si dilatano e diramano creando un ritmo dinamico, imprevedibile e sospeso. I titoli delle sue opere contengono sempre il termine tedesco “Raumzeichnung”, che potremmo tradurre come “Disegno spaziale”, e a seguire tra parentesi un elemento speci co legato al lavoro a cui si riferisce. In questi lavori, le strutture lineari rendono visibili le tracce e i gesti che l’artista abbozza metodicamente e gradualmente e, soprattutto, mettono in relazione le proporzioni del proprio corpo con lo spazio. In ogni lavoro, realizzato senza assistenti e senza nessuna correzione a posteriori, vengono creati interventi solo in parte preventivati. Infatti, partendo da uno schizzo iniziale, il processo può assumere prospettive inaspettate attraverso una modalità di lavoro in cui le accumulazioni di materiali non escludono gli imprevisti o le modifiche istintive che possono verificarsi. I lavori non tentano mai di riempire la stanza quanto piuttosto di trasformarla, di alterare le possibilità percettive ed esperienziali dei visitatori. In questo senso, l’immagine che viene a crearsi non solo viene sperimentata in modo visivo, ma anche fisico poiché le persone possono addentrarsi o attraversare le installazioni, costruite con materiali precari, senza nessuna protezione e libere di essere sensualmente tangibili per ogni individuo. In mostra, questo processo metodico che non esclude tuttavia i componenti spontanei, si intuisce negli interventi a parete, così come nelle installazioni con nastro e nei lavori su carta che vengono presentati nelle sale della galleria. Una successione di lavori con cui tracciare un disegno spaziale attraverso una prospettiva personale, un’interpretazione soggettiva delle relazioni e una manipolazione del paesaggio che prova a contenerlo.

Monika Grzymala (Zabre, 1970). Attualmente vive e lavora a Berlino. Ha studiato scultura in Germania, nelle città di Karlsruhe, Kassel, e Amburgo. E’ stata Professoressa di Pittura all’Università di Arti Applicate di Vienna e di Design Sperimen- tale presoo Braunschweig University of Art in Germania. Tra le sue mostre più importanti: (2018): Helix (Raumzeichnung Uppsala) Atrium Hubben Uppsala Science Park Uppsala, Svezia; (2017): Raumzeichnung (Solitär), Haus der Kunst St. Josef, Solothurn, Svizzera; Formationen, Raumzeichnungen, Museum Lothar Fischer Neumarkt i.Opf. Bavaria, Germania; Drawing in Space, Tiefereth Israel Synagogue, Des Moines Iowa, USA; (2016): Raumzeichnung (Orbital Motion), EACC Espai d’Art Contemporani de Castello, Spagna; (2015): Drawing Biennial, The Drawing Room, Londra; Drawing Now, Albertina Museum, Vienna, Austria; (2014 & 2016): Raaklijnen / lines of tangency, MSK Museum of Fine Art, Ghent, Belgio; The Making of Forming Something New generative drawing, Synthesis Reykjavik Art Museum Hafnarhus, Islanda; Tree of Life sculpture garden, long-term project on the roof top, Woodner Company, Manhattan New York City, USA; (2013): Mono Meros, Saal der Meisterzeichnung, Kunsthalle Hamburg, Germania; The River II 49 Nord 6 Est, FRAC, Metz, Francia; Volumen, The Mor- gan Library & Museum, New York, USA; (2010); On Line: Drawing Through the Twentieth Century, Museum of Modern Art (MoMA), New York City, USA.

Ufficio Stampa
Ottavia Sartini press@eduardosecci.com T. (+39) 055 661356 C. (+39) 339 3111976

Monika Grzymala. Disegno
a cura di Angel Moya Garcia
fino al 12 maggio 2018
Orario visita: Martedi-Sabato 10:00_13:30 _ 14:30_19:00 e su appuntamento

Galleria Eduardo Secci Contemporary
Piazza Carlo Goldoni, 2 _ 50123 Firenze (FI) / IT _ T. (+39) 055 661356 _ gallery@eduardosecci.com

04
Dic

Tensioni strutturali #2

La Galleria Eduardo Secci è lieta di inaugurare, Venerdì 25 novembre 2016 dalle ore 18.30, nella sede espositiva di Piazza Goldoni di Firenze, la mostra collettiva “Tensioni strutturali #2” a cura di Angel Moya Garcia.

La trilogia “Tensioni strutturali” si articola come un progetto organico suddiviso in tre mostre, indipendenti ma interconnesse tra loro, che sono presentate gradualmente negli spazi della galleria. Se la prima mostra, realizzata a Febbraio 2016, si focalizzava sul ruolo centrale dell’individuo nella costruzione dello spazio percepito, attraverso installazioni ambientali di Carlo Bernardini, Monika Grzymala, Roberto Pugliese ed Esther Stocker, la seconda analizza in quest’occasione le diverse possibilità della materia come elemento di rappresentazione e, in- ne, la terza mostra studierà, il prossimo anno, i processi entropici dell’ambiente quotidiano.

Questa seconda parte della trilogia viene sviluppata dai cinque artisti invitati come un’analisi delle possibilità e dei limiti della materia nelle sue diverse strutturazioni, declinazioni e accezioni. In mostra vengono presentati una serie di lavori che si interrogano, in modalità nettamente contrastanti, sulle sfumature e sulle gradazioni che si nascondono negli interstizi delle ataviche dicotomie tra sicità e astrazione, tangibilità e inde nitezza, stabilità e precarietà. Un’indagine fenomenica in cui il reale appare e si mostra attraverso tracce, rimandi e segni e in cui l’individuo può arrivare a riconoscerlo e a comprenderlo solo ed esclusivamente attraverso la propria esperienza. In questo modo la mostra è concepita come una successione di impulsi, di indizi e di accenni in cui le opere rallentano, rivelandosi, e in cui la materia prova a emergere nella sua completa diversità, frammentazione e aleatorietà, annullando qualunque tentativo di classi cazione o categorizzazione tassonomica e respingendo qualsiasi oggettivizzazione del reale.
In particolare, nella prima sala, Aeneas Wilder mette in discussione la durevolezza e la sicurezza statica della materia attraverso “Untitled #191”, un lavoro strutturato solo tramite l’equilibrio e la forza di gravità e in cui non c’è traccia di nessun sistema di ssaggio tra i numerosi elemen- ti dell’installazione. Nella seconda sala, “Lontanodentro #2” di Davide Dormino si materializza in una cascata costruita con fili di ferro che coprono l’intera stanza e convergono dal perimetro del soffitto al centro del pavimento e in cui il visitatore può decidere se osservarlo da una prospettiva periferica o attraversarlo per raggiungere il suo nucleo. Nella terza sala, “All Is Shining the Same” di Marzia Corinne Rossi si compone di un intrico di elementi autoportanti in carta vetrata industriale pigmentata, materiale che connota la produzione dell’artista, che si al- lineano nello spazio espositivo mutando le sue caratteristiche siche e percettive. Di fronte, Diamante Faraldo presenta “A Nord del Futuro”, una grande mappa rovesciata che impone la necessità di fermarsi a scrutarla attentamente per distinguere sfumature, dettagli e particolari nascosti dietro un materiale che prova a celarsi nella sua ambiguità. Infine, nell’ultima sala, Andrea Nacciarriti con il lavoro “Crystallize #002 [matter]” indaga sulla capacità di trasformazione e sulla fragilità della materia, dilatando la sospensione e analizzando la categoria di transizione, attraverso un atto di frammentazione che la trascina al di là delle nostre possibilità di raggiungerla.

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30
Mar

Tensioni strutturali #1

Tensioni strutturali #1 curata da Angel Moya Garcia

CARLO BERNARDINI
MONIKA GRZYMALA
ROBERTO PUGLIESE
ESTHER STOCKER

TENSIONI STRUTTURALI, a cura di Angel Moya Garcia, si articola come un progetto organico suddiviso in tre mostre, indipendenti ma interconnesse tra di loro, che saranno presentate gradualmente nei nuovi spazi della galleria. Se la prima si focalizza sul ruolo centrale dell’individuo nella costruzione dello spazio percepito, la seconda analizzerà successivamente le diverse possibilità della materia come elemento di rappresentazione e, infine, la terza studierà i processi entropici dell’ambiente quotidiano.
La prima parte di questa trilogia viene sviluppata dai quattro artisti invitati, Carlo Bernardini, Monika Grzymala, Roberto Pugliese e Esther Stocker, come un tentativo di esaminare, attraverso metodologie, poetiche e visioni diverse, lo spazio esperienziale della realtà e il ruolo dell’individuo nella sua costituzione. Una successione di equilibri effimeri, processi sonori che costringono lo spazio rendendolo una sintesi formale delle sue caratteristiche intrinseche, esplosioni sospese che originano uno spaesamento dirompente, segmenti rettilinei di luce e ombre che segnano una sottile differenza tra il visibile e l’illusorio e strutture anomale che incrementano le possibilità della percezione. Tracce residue di una sequenza di dispositivi in tensione, depositate e stratificate nello spazio, che si svelano gradualmente delimitate, sospese, ordinate e modulate e che vengono avvertite solo nel momento in cui lo spettatore ne fa esperienza. Un invito ad attraversare i diversi interventi, sommersi da singolarità, deformazioni, soglie e punti di fuga in un ambiente in cui i perimetri vengono completamente annullati, la stabilità definitivamente perduta e le coordinate di riferimento irrimediabilmente dimenticate. In particolare, nella prima sala Roberto Pugliese proietta le tensioni strutturali verso lo spettatore, che si trova di fronte a una composizione elaborata tramite la traduzione di tutte le misure della stanza in frequenze sonore. Nella seconda sala, Monika Grzymala disegna tridimensionalmente una drammatica deflagrazione, con filamenti di nastro nero che trafiggono lo spazio, ingannando la gravità e paralizzando lo sguardo dello spettatore. Nella terza sala, Carlo Bernardini presenta un’installazione permeabile in fibra ottica, in cui è la stessa luce a generare lo spazio attraverso un disegno geometrico in negativo, che rimbalza fra il pavimento, le pareti e il soffitto. Infine, nell’ultima sala, Esther Stocker, attratta dai paradossi formali e dagli “errori”, realizza un’installazione ambientale configurata tramite elementi di disturbo e interferenze che sfidano i limiti e le possibilità della percezione e modulano lo spazio architettonico.
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