Tag: amalia di Lanno

18
Ott

Philippe Parreno. Hypothesis

A cura di Andrea Lissoni
dal 22.10.2015 al 14.02.2016 – Inaugurazione mercoledì 21 ottobre 2015, ore 19.00 – Spazio: NAVATE

Philippe Parreno è uno degli artisti francesi più rilevanti degli ultimi venti anni a livello internazionale. Il lavoro dell’artista si sviluppa attraverso l’impiego di un’ampia varietà di media tra cui film, video, musica, scrittura e disegno. Parreno adotta linguaggi e codici provenienti da media come la radio, la televisione, il cinema e, più recentemente, l’informatica per esplorare i confini della realtà e della sua rappresentazione. Nell’ambito del suo percorso artistico, Parreno ha messo in discussione il concetto di autorialità collaborando con alcuni fra i più influenti artisti, architetti e musicisti degli ultimi due decenni.
“Hypothesis” è la prima mostra antologica in Italia ed è concepita come uno spazio in cui una serie di eventi si svolgono in successione tra loro, come se fossero organizzati seguendo una coreografia. La mostra presenta alcune delle maggiori opere dell’artista insieme a lavori più recenti, caratterizzati dal suono e dalla luce, tra cui le iconiche Marquees, realizzate tra il 2006 e il 2015.

I suoni delle Marquees e dei due pianoforti presenti nello spazio espositivo seguono diverse composizioni musicali realizzate da Agoria, Thomas Bartlett, Nicolas Becker, Ranjana Leyendecker, Robert AA Lowe e Mirwais. Philippe Parreno ha esposto in numerose istituzioni internazionali, tra le più recenti: Centre Pompidou, Parigi (2009); Serpentine Gallery, Londra (2010); Fondation Beyeler, Riehen/Basel (2012); The Garage Museum for Contemporary Culture, Mosca (2013); Palais de Tokyo, Parigi (2013); Schinkel Pavillon, Berlino (2014); Park Avenue Armory, New York (2015). Ha esposto alla Biennale di Lione (2005, 2003, 1997, 1991) e ha partecipato a diverse edizioni della Biennale di Venezia (2015, 2011, 2009, 2007, 2003, 1995, 1993). Philippe Parreno ha inoltre co-curato numerose mostre, la più recente è “Solaris Chronicles” alla Luma Foundation, Arles (2014).

Fondazione HangarBicocca

Via Chiese 2
20126 Milano

T (+39) 02 66 11 15 73
F (+39) 02 64 70 275
info@hangarbicocca.org
www.hangarbicocca.org

Orari HangarBicocca

lun–mer chiuso
gio–dom 11-23

 

17
Ott

Tina Modotti: la nuova rosa. Arte, storia, nuova umanità

Attrice di teatro e di cinema, artista di avanguardia, ma anche protagonista dei grandi movimenti politici e sociali della prima metà del Novecento. Sono molte le lenti attraverso cui è possibile guardare la vita di un personaggio poliedrico e straordinario come Tina Modotti. A 36 anni dall’ultima grande esposizione dedicata alla celebre fotografa udinese, l’assessorato alla Cultura del Comune di Udine e il comitato Tina Modotti presentano “Tina Modotti: la nuova rosa. Arte, storia e nuova umanità”, una retrospettiva allestita a Casa Cavazzini dal 18 ottobre. L’esposizione, che sarà inaugurata sabato 17 ottobre alle 18, presenterà al pubblico la raccolta più vasta delle foto di Tina Modotti tratte dai negativi originali e arricchita dalle le più recenti acquisizioni riferibili sia alla storia familiare, sia all’arte fotografica, sia all’impegno politico e sociale di Tina Modotti.

“La scelta che l’amministrazione comunale ha operato con questa retrospettiva, prestigiosa anche perché si avvale di materiali fotografici inediti, è indicativa di una precisa volontà – sottolinea l’assessore alla Cultura, Federico Pirone –, cioè quella di far coincidere l’identità della città di Udine con Tina Modotti (così come con Arturo Malignani, un altro grandissimo), una donna della propria storia, moderna perché già allora internazionale, curiosa, aperta rispetto ai cambiamenti del mondo. Un orgoglio per Udine e per la sua amministrazione, senza retroguardie o giudizi di alcun tipo, ma con la convinzione di rendere merito innanzitutto a una propria concittadina davvero illustre. Tutto questo – prosegue – è stato possibile a cominciare dall’attività instancabile ed encomiabile del comitato Tina Modotti e del suo fondatore e animatore principale, il compianto Riccardo Toffoletti, i quali non hanno mai smesso in questi ultimi quarant’anni di credere e amare Tina Modotti: a loro, anche per questa collaborazione che ha reso concreta e qualificata questa mostra, va il nostro sincero ringraziamento”.
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16
Ott

Hemmes. Monochrome

Galleria 33 presenta nello spazio di via Garibaldi 33 ad Arezzo la personale “Monochrome” dedicata ad un maestro dell’arte informale, Hemmes.
Formatosi dapprima negli anni dello Spazialismo e a seguire dell’Arte Povera e del Nouveau Réalisme, l’artista di origine livornese ha sviluppato negli anni un suo linguaggio identificativo, improntato su di una ricerca nutrita di materia e colore. Un iter complesso, che parte dalla riflessione sul dato fenomenico per giungere a traslarlo nell’assoluta astrazione, un fare artistico di forte originalità e rara potenza espressiva. Attivo in Italia e all’estero, nel corso della sua lunga carriera è stato presentato nelle più importanti fiere di settore, ha esposto in prestigiosi spazi istituzionali e le sue opere fanno parte di collezioni di grande rilievo.

La mostra
La mostra, a cura di Tiziana Tommei, propone un taglio preciso, enucleando dal corpus dell’artista opere monocromatiche nelle quali la materia viene governata con soluzioni che annullano il confine tra pittura e scultura. Da un lato il colore, unico, forte e puro; dall’altro la materia, modellata, sovrapposta e aggettante: “Senza titolo” di medio e grande formato in cui i pigmenti su carta su multistrato virano dalle trasparenze del ghiaccio delle opere del 2003, ai “blu Klein” del 2005 fino ai “rossi” del 2009.
Non si vuole offrire un campione rappresentativo di un percorso tanto ampio e complesso – per questo è già in programma la grande retrospettiva che il Museo Piaggio dedicherà all’artista nel 2016 – ma fare luce su una parte della produzione del livornese che conta pochi e per questo rari esemplari nei quali è pienamente manifesta la specificità del suo segno.

Testo critico
Com’è fatto?
Pittura ad olio e carta su tela. Materia applicata con successive sovrapposizioni, strappata e dipinta.
Pura arte informale.
Questa è una risposta. Informazioni corrette certo, ma non sufficienti. Manca il nòcciolo del lavoro. Continue Reading..

15
Ott

Jan Fabre. Gli Anni dell’Ora Blu

Pareti, oggetti, intere stanze ed edifici vengono trasformate attraverso il segno ossessivo della penna, annullate ma allo stesso tempo consacrate nelle loro forme dal passaggio dell’artista.

È con grande piacere che Magazzino annuncia la quinta personale dell’artista belga Jan Fabre in galleria. La mostra, intitolata Gli Anni dell’Ora Blu presenta per la prima volta in Italia la serie omonima di opere realizzate con la penna Bic negli anni Ottanta e Novanta. La bic-art, questo il termine con cui Fabre designa questo ramo della sua produzione, inizia alla fine degli anni Settanta con una serie di performance, in cui l’artista si relaziona, espandendo la tradizionale bidimensionalità del disegno, allo spazio e alla storia dell’arte. Pareti, oggetti, intere stanze ed edifici vengono trasformate attraverso il segno ossessivo della penna, annullate ma allo stesso tempo consacrate nelle loro forme dal passaggio dell’artista.

In questo contesto si sviluppano alcune tra le opere più celebri di Fabre come la serie Ilad of the Bic-Art, Tivoli (il cui video è presentato in mostra) del 1991 o la Blaue Raum realizzata nel 1988 al Bethanien o il monumentale The Hour Blue in collezione allo SMAK di Gent, fino a Das Medium (una delle prime opere di bic Art, realizzata nel 1979) in cui il disegno si materializza nell’oggetto, e il medium dell’opera diventa il corpo.

Nella serie di opere presentate in mostra, Fabre sintetizza un universo di simboli, metafore, fantasie e realtà, che emergono, quasi senza contorno, dal blu profondo del disegno. L’ora crepuscolare è essa stessa una metafora di un passaggio, di una metamorfosi, un tema che ricorre nella produzione pluridecennale dell’artista fiammingo.
Pugnali, spade, demoni, animali reali e fantastici, un immaginario che spesso attinge alla storia dell’arte e più in generale a una dimensione spirituale e mistica che si risolve però spesso nell’universo materiale della natura e dei suoi passaggi, guidano il nostro sguardo attraverso un mondo-momento (la metafora del crepuscolo) in cui le figure emergono sulla superficie scarabocchiata, sembrano prevalere e al contempo essere risucchiate dal gesto invasivo tracciato dalla penna.

In qualche modo, come nota Lorand Hegyi nel suo testo per la mostra realizzata al Museo Metropole Saint-Etienne nel 2011, l’Ora Blu è forse l’invito migliore per “schiudere agli occhi dell’osservatore, l’universo poetico e sensibile dell’eccezionale creatore che è Jan Fabre”.Continue Reading..

13
Ott

Francesco Jodice. AMERICAN RECORDINGS

Francesco Jodice. AMERICAN RECORDINGS

a cura di Massimo Melotti
inaugurazione 16 ottobre 2015
periodo: 17 ottobre 2015 – 24 gennaio 2016
Sala Manica Lunga

Il Novecento visto come il “secolo americano” è il tema che Francesco Jodice ha pensato per il progetto New Media del Museo.

Per la Sala Multimediale della Manica Lunga – che consente una proiezione simultanea sincrona o asincrona su cinque megaschermi – l’artista ha ideato l’installazione AMERICAN RECORDINGS, 2015 (20’), una vera e propria sinfonia per immagini grazie alla quale Francesco Jodice percorre il Novecento, secolo di miti ed eroi made in USA che hanno creato l’immaginario collettivo delle generazioni non solo di quel tempo.

Dall’ultimo discorso del presidente Eisenhower alla nazione sulla minaccia della corsa agli armamenti, alle immagini degli esperimenti nucleari; dal dilagante potere dell’informazione raccontato in Network, il film di Sidney Lumet; dalla nascita del genere horror con Texas Chainsaw Massacre, film di Tobe Hooper a Society (1989) diretto da Brian Yuzna; dalla lettura da libero pensatore di Gore Vidal in The United States of Amnesia di Nicholas Wrathall a End of the Century: The Story of the Ramones, film-documentario sulla band punk Ramones, e ancora con l’affermarsi della televisione, il mito storico-immaginario americano preannuncia la società dei giorni nostri. L’artista ha realizzato un’opera che, utilizzando materiali del tempo, ci dà una visione coinvolgente che affascina per la potenza delle immagini e fa riflettere sull’influenza profonda dei miti e dell’immaginario nei processi culturali.

Completa la rassegna il film ATLANTE, 2015 (9’) proiettato in Sala Polivalente.

Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda di Savoia – 10098 Rivoli – Torino
Tel +39 011 9565222 fax +39 011 956 5230

 

12
Ott

Yayoy Kusama. In Infinity

Within a few years, Yayoi Kusama (born 1929) has become a favourite of Louisiana’s guests because of her Gleaming Lights of the Souls installation at the museum – a mirror-lined room with hundreds of lamps in various colours that give the viewer a cosmic sensation of being in an infinite space.

But with a career spanning six decades, Kusama is much more than this. She came onto the art scene almost as a woman counterpart to Andy Warhol in New York in the 1960s, where she expressed herself in a mixture of art, fashion and happenings. Since then, her striking visual language and constant artistic innovation have rightfully earned her a position as one of today’s most prominent artists. Louisiana’s exhibition of Kusama tells the full story of this Japanese artist who with prodigious productivity has created an entire world unto itself, in which color, patterns and movement together bear witness to her fascination with the infinite.

The Louisiana exhibition unfurls the whole of Kusama’s life’s work: from early watercolours and pastels to her ground-breaking paintings and sculptures from the 1960s, psychedelic films, performances, installations and political happenings in the 1960s and the early 1970s, as well as shedding new light on works from the 1980s, after the artist’s return to Tokyo. Also on show exhibition are several of Kusama’s recent installations, and a series of new paintnings by the 86-year-old Kusama, created especially for Louisiana’s exhibition. The exhibition is the first Kusama retrospective to take into account the artist’s interest in fashion and design but also includes several important works from her early period that have never before been exhibited.

The exhibition at Louisiana is supported by C.L. Davids Fond og Samling.

After Louisiana the exhibition travels on to Henie Onstad Kunstcenter, Oslo, Norway, Moderna Museet/ArkDes, Stockholm, Sweden and HAM – Helsinki Art Museum, Finland. The Scandinavian tour is supported by Japan Foundation.

Yayoy Kusama. In Infinity
17.9.2015 – 24.1.2016
Humlebaek (Danimarca),
Luisaiana Museum
www.en.louisiana.dk
Dal 17 settembre al 24 gennaio 2016

11
Ott

CORPICRUDI. Vita Nova

CORPICRUDI
Vita Nova

“E pensando di lei, mi sopragiunse uno soave sonno, ne lo quale m’apparve una maravigliosa visione: che me parea vedere ne la mia camera una nebula di colore di fuoco…”
Dante Alighieri, Vita Nova, Capitolo III

“La metropoli è trafitta al cuore (È inevitabile che tali episodi avvengano ai bordi dell’abitare, dove vivono gli emarginati, coloro i quali sono aldilà dei margini, i banditi, gli amanti disperati, gli stregoni, i suicidi). “Claudia Attimonelli e Vincenzo Susca, Perpetuum mobile

Mercoledì 28 ottobre 2015 h. 20 installazione live
Galleria Riccardo Crespi, Via Giacomo Mellerio 1, Milano
www.riccardocrespi.com

Ispirato alle opere di Dante Alighieri e Dante Gabriel Rossetti.
Scritti di Antonio Arévalo, Claudia Attimonelli, Elena Bordignon, Ilenia Corti, Luigi Lazzerini, Luigi Presicce, Jean-Marie Reynier, Vincenzo Susca.
Gioiello di Lavinia Fuksas e Alessandro Grimoldieu.
Presentazione in collaborazione con Zoe De Luca.

VITA NOVA è un progetto strutturato da Corpicrudi (Samantha Stella e Sergio Frazzingaro), ispirato all’omonima opera in prosa e liriche di Dante Alighieri datata intorno al 1293 ed incentrata sulla figura dell’amata Beatrice, e alle raffigurazioni ad essa dedicate dal pittore e poeta Preraffaellita Dante Gabriel Rossetti che per primo effettuò la traduzione in inglese del testo (1861).
Beatrice è amore non consumato, fonte di beatitudine, sofferenza e salvezza, in un passaggio dal senso allo spirito, dal reale all’ideale, dal contingente all’eterno. La visione degli artisti si focalizza in particolare sul sogno di Dante che presagisce la morte di Beatrice nel capitolo III, dove Amore fa mangiare il cuore di Dante a Beatrice per poi portarla in cielo.
Antonio Arévalo (poeta, curatore di arte), Claudia Attimonelli (scrittrice, ricercatrice in Teorie del linguaggio e scienze dei segni), Elena Bordignon (giornalista, curatrice indipendente), Ilenia Corti (designer di gioielli e calzature), Luigi Lazzerini (saggista), Luigi Presicce (artista visivo), Jean-Marie Reynier (curatore di arte, artista visivo) e Vincenzo Susca (scrittore, ricercatore in Sociologia dell’immaginario), sono stati invitati da Corpicrudi a formulare pensieri in qualsiasi forma scritta dettati dalla suggestione del sogno di Dante nella Vita Nova e al dipinto Dante’s Dream at the Time of the Death of Beatrice (Il sogno di Dante al momento della morte di Beatrice, 1871), di D. G. Rossetti.
I designers Lavinia Fuksas e Alessandro Grimoldieu hanno dedicato al progetto Vita Nova di Corpicrudi il gioiello Beata Beatrix, dall’omonimo dipinto di D. G. Rossetti del 1870 ispirato a Beatrice, incluso nella loro nuova collezione AdMater.
Gli scritti e il gioiello diventano parte, insieme alla serie fotografica con nove immagini bianco e nero in piccole dimensioni scattate da Corpicrudi, dell’installazione live concepita da Corpicrudi presentata in collaborazione con la curatrice Zoe De Luca, ed azione diretta e performata da Samantha Stella di Corpicrudi.

www.corpicrudi.com

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10
Ott

Bill Viola

This autumn, Yorkshire Sculpture Park (YSP) presents a significant exhibition by pioneering American video and installation artist, Bill Viola. Developed in collaboration with Viola, Kira Perov, Executive Director, Bill Viola Studio and Clare Lilley, Director of Programme, YSP, it is the most extensive exhibition in the UK by the artist for over 10 years. The immersive exhibition in YSP’s Chapel and Underground Gallery features installations from the last 20 years of Viola’s career and premieres a new work, The Trial.

Considering universal themes of life, death, love and spirituality, Viola gives tangible visual form to abstract psychological and metaphysical experiences. He explores facets of the human condition and holds a stark and intimate mirror to our strength, fragility, and the impulses and inevitabilities that unite us. The eight works installed in the Underground Gallery continue Viola’s investigations of the unseeable, the unknowable, and the place between birth and death. His new work, The Trial (2015), depicts, in Viola’s words, “five stages of awakening through a series of violent transformations.” A young woman and a young man, both bare-chested and on separate screens, are each doused with a sudden and unexpected succession of different coloured liquids. Their ordeal intensifies then wanes as the cycle progresses and changes, from despair to fear to relief and then purification.

The exhibition also features three works from the Transfigurations series, which reflect on the passage of time and the process by which a person’s inner being is transformed. In Three Women (2008), a mother and her two daughters slowly approach an invisible boundary through which they pass and eventually return. Viola combines images recorded in grainy analogue video from an old surveillance camera with those shot in High-Definition video to bring the viewer to the intersection of obscurity and clarity – from death to life – and back again. Two other related works, The Return and The Innocents (both 2007), use the same device of an unseen wall of water to render visible the momentary threshold between life and death.Continue Reading..

08
Ott

Alberto Burri. The Trauma of Painting

The exhibition positions the artist as a central protagonist of post-World War II art and revises traditional narratives of the cultural exchanges between the USA and Europe in the 1950s and ’60s. It demonstrates how Burri created a new kind of picture-object that directly influenced Neo-Dada, Process art, and Arte Povera.

curator Emily Braun, Megan Fontanella, and Ylinka Barotto

From October 9, 2015, to January 6, 2016, the Solomon R. Guggenheim Museum will present a major retrospective—the first in the United States in nearly forty years and the most comprehensive in this country—devoted to the work of Italian artist Alberto Burri (1915–1995). Exploring the beauty and complexity of Burri’s process-based works, the exhibition positions the artist as a central protagonist of post–World War II art and revises traditional narratives of the cultural exchanges between the United States and Europe in the 1950s and ’60s. Burri broke with the gestural, painted surfaces of both American Abstract Expressionism and European Art Informel by manipulating unorthodox pigments and humble, prefabricated materials. A key figure in the transition from collage to assemblage, Burri rarely used paint or brush in conventional ways, and instead worked his surfaces with stitching and combustion, among other signal processes. With his torn and mended burlap sacks, “hunchback” canvases, and melted industrial plastics, the artist often made allusions to skin and wounds, but in a purely abstract idiom. The tactile quality of his work anticipated Post-Minimalist and feminist art of the 1960s, while his red, black, and white “material monochromes” defied notions of purity and reductive form associated with American formalist modernism. Bringing together more than one hundred works, including many that have never before been seen outside of Italy, the exhibition demonstrates how Burri blurred the line between painting and sculptural relief and created a new kind of picture-object that directly influenced Neo-Dada, Process art, and Arte Povera.

Alberto Burri: The Trauma of Painting is organized by Emily Braun, Guest Curator, Solomon R. Guggenheim Museum; Distinguished Professor, Hunter College and the Graduate Center, City University of New York; and Curator, Leonard A. Lauder Cubist Collection, with Megan Fontanella, Associate Curator, Collections and Provenance, and Ylinka Barotto, Curatorial Assistant, Solomon R. Guggenheim Museum. An accompanying study was led by Carol Stringari, Deputy Director and Chief Conservator, Solomon R. Guggenheim Foundation.

The Guggenheim Museum acknowledges the collaboration of the Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello, Italy.

“This comprehensive exhibition of the work of Alberto Burri affirms his position as a leading pioneer of postwar European art and one of the most groundbreaking artists of his time,” stated Richard Armstrong, Director of the Solomon R. Guggenheim Museum and Foundation. “Through the scholarship of our curatorial team led by Emily Braun, the Guggenheim is bringing to light new aspects of Burri’s experimental and innovative practice. We welcome the opportunity to reacquaint twenty-first-century museumgoers with Burri’s legacy and to reexamine his impact both on his contemporaries and on a new generation of artists.”Continue Reading..

07
Ott

The Body As Language : Women And Performance

On the 40th anniversary of Lea Vergine’s seminal book Body Art and Performance: The Body as Language (1974), Richard Saltoun Gallery presents The Body As Language: Women And Performance.

The exhibition, curated by Paola Ugolini, examines the birth and development of performance art in relation to gender, the body, language and the expression of the self. Focusing on women artists working in Italy during the 70s, the exhibition features work by Gina PANE, Ketty La ROCCA, Suzanne SANTORO and Renate BERTLMANN, together with the archival photographs of the dance performances of Trisha BROWN, Simone FORTI and Yvonne RAINER.

In addition, the exhibition looks at the enduring influence of these artists on a younger generation: Silvia GIAMBRONE, Alice SCHIVARDI and Sara GOLDSCHMIED & Eleonora CHIARI.

Gina PANE (b.1939 – d.1990): her performances have been pivotal for generations of performance artists who have explored the body in extreme situations and actions. In Action II Caso n°2 sul Ring (1976), she simulates a boxing match of four rounds in which she is the only fighter, alternating between self-wounding, gesturing, interacting with her reflection in the mirror and playing with a toy horse.

Ketty La ROCCA (b.1938 – d.1976) gives to linguistic expression her personal ‘feminine’ form, by breaking down the stereotypes of communication. In Le mie parole, e tu? (1975) her hands are symbolically connected to female labour as she performs a choreographed form of visual poetry.

Suzanne SANTORO (b.1946) was born in New York and settled in Rome, where she participated actively in Carla Lonzi’s Rivolta Femminile feminist movement. Her studies in classical art and Roman sculptures led her to publish Towards New Expression in 1974; an iconological examination of the depiction of female genitalia in classical statuary. The work was famously censored in the Artist’s Books exhibition held at the ICA in 1976.

At the 1977 premiere edition of the International Week of Performance in Bologna, Viennese artist Renate BERTLMANN (b.1943) presented her Deflorazione in 14 Stazioni. The artist penetrated 14 paper sheets wearing silicone pacifiers and fake plastic breasts, with scalpels replacing the nipples. The act of rupturing the paper replicated the sexual act of losing one’s virginity and the subsequent feelings of pain, joy, fear, and aggression.Continue Reading..