Tag: amalia di Lanno

24
Feb

Skin Taste 3: The Show must go on di Giuseppe Stampone

SKIN TASTE
a cura di Adriana Rispoli

III edizione

Giuseppe Stampone
THE SHOW MUST GO ON

Inaugurerà martedì 1 marzo alle ore 18.00 la terza edizione di SKIN TASTE, progetto curato da Adriana Rispoli, che ogni anno affida a un artista internazionale l’interpretazione della “pelle” del PortoFluviale, noto locale in zona Ostiense, a Roma, che ha sede in una delle più affascinanti architetture industriali della capitale. Dopo Mariangela Levita (2013) e Flavio Favelli (2014), sarà Giuseppe Stampone a realizzare l’opera che campeggerà sui grandi manifesti che andranno a ricoprire, come di rito, la facciata dello storico edificio. Stampone è un artista internazionalmente noto per l’uso del tratto distintivo della penna Bic, con cui traduce immagini rubate dalla rete in disegni manuali dal forte carattere artigianale. The Show Must Go On è il titolo dell’opera che l’artista realizzerà per SKIN TASTE, dove il lettering in nuance blu della celebre penna si sovrappone alle icone più note del mondo del cinema: Dream Works, 20thCenturyFox, Paramount, Metro Goldwyn Mayer, Warner Bros e Columbia, immagini immediatamente riconoscibili delle case di produzione che detengono il monopolio mondiale della settima arte, almeno dal punto di vista commerciale. The Show Must Go On cita uno statement usato e abusato nella società dello spettacolo (e non solo) per indicare metaforicamente il flusso del tempo, ma è anche un messaggio preciso che l’artista vuole trasmettere. Le immagini rappresentate sembrano lanciare un laconico monito alla capitale, sede della gloriosa Cinecittà fondata ai tempi del fascismo. Senza mai abbandonare il ruolo politico dell’arte, Stampone intende far riflettere sulle derive grottescamente spettacolari della città, sul suo essere sempre più mera scenografia, in definitiva sulla sua traballante situazione politica. Grazie ad un’immediata capacità comunicativa, che contempla un linguaggio insieme aulico e popolare capace di colpire il pubblico a più livelli, le opere di Stampone aprono nuovi ambiti di riflessione facendo uso di associazioni – spesso sarcasticamente intese – tra significante e significato. L’artista affonda la sua ricerca nel linguaggio virtuale per indagare la dimensione reale, sovrapponendo l’immobilismo della realtà quotidiana alla velocità della rete.Continue Reading..

17
Feb

Marzia Migliora. Forza Lavoro

La Galleria Lia Rumma è lieta di presentare la personale di Marzia Migliora “Forza Lavoro” con inaugurazione il 18 Febbraio 2016 alle ore 19 presso la sede di Milano.
Il progetto espositivo prende le mosse dalla storia del Palazzo del Lavoro di Torino, realizzato da Pier Luigi Nervi nel 1961 in occasione del primo centenario dell’Unità d’Italia e della relativa esposizione internazionale dedicata al lavoro, a cura di Gio Ponti. A tale glorioso inizio sono seguiti anni di decadenza e incuria che hanno portato all’abbandono dei 47.000 metri quadrati della struttura. In un periodo di transizione dello stabile, tra un importante incendio avvenuto nell’agosto 2015 e l’imminente trasformazione in centro commerciale di lusso, l’artista ha scelto di frequentare il Palazzo attraverso una molteplicità di approcci. Marzia Migliora ha dato corpo e parola al Palazzo, trasformandolo in un testimone privilegiato di un’epoca e lo ha collegato attraverso le singole opere realizzate a molte delle tematiche ricorrenti nella propria ricerca: la memoria come strumento di articolazione del presente o l’analisi dell’occupazione lavorativa come affermazione di partecipazione alla sfera sociale.
I tre piani della galleria ospitano esclusivamente nuove produzioni dell’artista, che ha concentrato per ogni livello un aspetto specifico della ricerca sul Palazzo. All’ingresso, l’installazione. L’ideazione di un sistema resistente è atto creativo introduce l’accezione più fisica della definizione di forza lavoro. La grande struttura di mattonelle in carbone pressato disegna infatti sul pavimento il modulo, in scala 1:1, del solaio a nervature isostatiche concepito da Nervi che intendeva così dare forma a ciò che avviene staticamente nella materia, attraverso la distribuzione delle linee di forza sulla superficie. Salendo al piano superiore troviamo una serie fotografica intitolata In the Country of Last Things che presenta cinque impressioni ottenute da dispositivi a foro stenopeico costruiti dall’artista assemblando frammenti vari delle vite passate del Palazzo e lasciate a impressionare per lungo tempo negli spazi dismessi. A fianco delle stampe e delle macchine stenopeiche una serie di monocromi neri ottenuti dalla lavorazione dei residui di combustione rimasti dopo il recente incendio e da altre polveri scure ottenute come scarto della lavorazione di metalli. Il gesto di impastarle in maniera pittorica ne dà una visualizzazione e rende tangibile la loro presenza nelle nostre vite: i cosiddetti composti organici volatili di origine antropica, dannosi per la salute, sono tanto impercettibili quanto onnipresenti nella nostra quotidianità, così dipendente dai derivati del petrolio e dalle loro infinite lavorazioni.Continue Reading..

14
Feb

Goshka Macuga

Fondazione Prada presenta a Milano la mostra di Goshka Macuga “To the Son of Man Who Ate the Scroll” dal 4 febbraio al 19 giugno 2016 negli spazi del Podium, della Cisterna e della galleria Sud. Il progetto è stato ideato da Goshka Macuga che nella sua ricerca artistica ricopre i ruoli normalmente distinti dell’autore, curatore, collezionista, ricercatore e ideatore di mostre. Macuga descrive queste categorie normalmente associate alla sua pratica come definizioni che “descrivono e individuano la sua posizione all’interno di una tassonomia della storia dell’arte”. L’artista opera nel punto d’incontro tra discipline diverse come la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura e il design. Esplora le modalità e le motivazioni con cui ricordiamo eventi personali e culturali, concentrando l’attenzione sullo sviluppo di complessi sistemi di classificazione in grado di dare forma e tramandare la conoscenza, in tempi caratterizzati da una tecnologia in costante evoluzione e da una saturazione di informazioni.
“To the Son of Man Who Ate the Scroll”, concepito dall’artista per gli spazi della Fondazione Prada, esplora questioni fondamentali come il tempo, l’origine, la fine, il collasso e la rinascita. Osservando l’angoscia che accomuna l’umanità di fronte all’idea della propria estinzione, Macuga si pone un interrogativo essenziale: quanto è importante affrontare la questione della “fine” nel contesto della pratica artistica attuale? La capacità di pensare l’universo in maniera astratta e oggettiva e di concepire noi stessi come esseri umani ci permette di determinare l’epoca in cui viviamo come una delle molte ere dell’universo e di immaginare un’esistenza dopo di noi, un universo senza l’uomo. All’interno di questo scenario apocalittico, alcuni studiosi hanno riflettuto sul ruolo della tecnologia e dei robot come fattori che potenzialmente contribuiscono all’estinzione dell’umanità e alla loro successiva dominazione sul mondo. Il “man-made man” (l’uomo perfetto prodotto dall’uomo) potrebbe trasformarsi in una delle maggiori minacce nei confronti del suo stesso creatore e proprietario. Non a caso nel corso della storia il potere della tecnologia ha generato nell’uomo fantasie, preoccupazioni e paure, come dimostra l’invenzione di figure mitologiche quali Prometeo o di personaggi letterari come il mostro di Frankenstein.
La mostra di Macuga segna il culmine di una sua lunga e approfondita ricerca finalizzata a elaborare una metodologia di categorizzazione di materiali e informazioni attorno a questi temi. L’artista considera l’arte della retorica e la memoria artificiale come strumenti interconnessi, in grado di organizzare e far progredire la conoscenza. Concepita originariamente nell’antica Grecia, la retorica è stata celebrata nel Rinascimento non solo come una tecnica finalizzata alla formulazione di discorsi, dibattiti, ragionamenti, ma anche come uno strumento per organizzare le idee attraverso la costruzione della conoscenza e delle tecniche mnemoniche. L’Ars memorativa getta le basi della memoria artificiale estendendo e sviluppando la memoria naturale attraverso visualizzazioni complesse che richiamano informazioni specifiche. L’influenza di questa macro-struttura risuona nella mostra “To the Son of Man Who Ate the Scroll”, in cui sono inclusi riferimenti all’arte della retorica e alle tecniche mnemoniche. Continue Reading..

14
Feb

ALFREDO JAAR. Napoli, Napoli

Galleria Lia Rumma NAPOLI
Inaugurazione: giovedì 11 febbraio 2016, ore 19.00
Orari galleria: martedì-sabato 11-13.30 / 14.30-19.00
La Galleria Lia Rumma è lieta di presentare al pubblico “Napoli, Napoli” la prima mostra personale dell’artista cileno Alfredo Jaar a Napoli.

“Napoli è senza dubbio una delle città più stimolanti del mondo, uno tsunami di gioia esuberante e caos malsano, la versione reale della Divina Commedia di Dante, tutto insieme: Inferno, Paradiso e Purgatorio. Quando Gramsci scrisse: “ Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri” stava pensando all’Italia o a Napoli? Quando Giuseppe Ungaretti scrisse la magnifica poesia “M’illumino d’immenso” stava pensando a Napoli? Ma per favore ditemi chi ha creato Napoli? E per chi? E a quale scopo? Perché Napoli? Solo una città come Napoli innesca queste domande esistenziali perché Napoli non è una città, Napoli è un universo dove ci si perde appena vi si entra e da cui non c’è ritorno”.
Alfredo Jaar, gennaio 2016

Alfredo Jaar è artista, architetto e regista. Vive e lavora a New York. Nato a Santiago del Cile, il lavoro di Jaar è stato esposto in tutto il mondo. Ha partecipato alle Biennali di Venezia (1986, 2007, 2009, 2013), São Paulo (1987, 1989, 2000) e a Documenta a Kassel (1987, 2002). Sue importanti mostre personali includono il New Museum of Contemporary Art, New York; Whitechapel, Londra; il Museum od Contemporary Art, Chicago; il Museo di Arte Contemporanea di Roma e al Moderna Museet di Stoccolma. Un’ampia retrospettiva sul suo lavoro è stata ospitata nell’estate del 2012 in tre spazi istituzionali a Berlino: la Berlinische Galerie, la Neue Gesellschaft fur bildende Kunst e.V. e la Alte Nationalgalerie. Nel 2014 il Museum of Contemporary Art Kiasma di Helsinki gli ha dedicato la più completa restrospettiva della sua carriera. Jaar ha realizzato più di sessanta interventi pubblici nel mondo. Sono state pubblicate oltre cinquanta monografie sul suo lavoro. È diventato Guggenheim Fellow nel 1985 e MacArthur Fellow nel 2000. Il suo lavoro fa parte delle collezioni del MAXXI e del MACRO di Roma, del Museum of Modern Art e del Guggenheim Museum di New York, del MCA di Chicago, del MOCA e del LACMA di Los Angeles, della TATE di Londra, del Centre Georges Pompidou di Parigi, del Centro Reina Sofia di Madrid, del Moderna Museet di Stoccolma, del Louisiana Museum of Modern Art di Humlaebeck e in dozzine di altre collezioni pubbliche e private del mondo.

Galleria Lia Rumma
Via Vannella Gaetani, 12
Tel.+39.081.19812354
Fax +39.081.19812406
info@liarumma.it

orario:
lunedì-venerdì
11:00-13:30 / 14.30-19:00

La mostra sarà visitabile fino al 31 marzo 2016

 

11
Feb

Keziat | La città delle donne e altre storie

MAT Museo dell’Alto Tavoliere
San Severo – Foggia

21 febbraio 2016 ore 18,30

Keziat | La città delle donne e altre storie
a cura di Elena Antonacci

«L’unico vero realista è il visionario»
Federico Fellini

Il 2016 sarà un anno intenso per l’artista pugliese Keziat. Dal 21 febbraio al 21 ottobre è in programma infatti un nuovo straordinario ciclo internazionale di mostre personali intitolato Hybrids, con testo critico unico a cura di Amalia di Lanno. La serie partirà, anche questa volta, dal MAT – Museo dell’Alto Tavoliere di San Severo (Foggia), città natale dell’artista. Dal 21 febbraio al 3 aprile il Museo presenterà in anteprima l’esposizione “La città delle donne e altre storie”, a cura di Elena Antonacci, direttrice del MAT. La mostra è un chiaro omaggio alla visione onirica di Federico Fellini e alla figura dell’artista Andrea Pazienza, autore del manifesto del film dal quale, in parte, il titolo di questa mostra è ripreso. Dal 19 maggio al 23 giugno Keziat sarà negli Stati Uniti con “Stralunata”, a cura di Sabiana Paoli, presso la Società Dante Alighieri di Miami, in Florida. L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Consolato d’Italia a Miami, molto attivo nel campo delle arti visive in una città in fermento anche grazie alla presenza di Art Basel. Dal 21 luglio al 13 agosto sarà la volta del Museo Tuscolano Scuderie Aldobrandini di Frascati, in provincia di Roma. Nel bellissimo spazio espositivo del Museo, ristrutturato dall’architetto Massimiliano Fuksas, si terrà “Attraversamenti in punta di penna”, a cura di Barbara Pavan. Hybrids si chiuderà a Bangkok con “On a biro”, dal 30 settembre al 21 ottobre. La mostra farà parte del cartellone del prestigioso festival italiano organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Bangkok; manifestazione di assoluto valore che porta ogni anno i migliori artisti italiani in Thailandia. Hybrids è il secondo ciclo espositivo internazionale di Keziat; segue quello del 2012-2014 intitolato Visionaria, con mostre al MAT, Museo dell’Alto Tavoliere di San Severo (Foggia), Casa Italiana Zerilli-Marimò di New York, Centro Culturale Elsa Morante di Roma, Sabiana Paoli Art Gallery di Singapore e all’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam. Continue Reading..

10
Feb

FAIG AHMED – Points of Perception

a cura di Claudio Libero Pisano

10 febbraio – 29 marzo 2016

MACRO Testaccio
Padiglione 9A
Piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma

Il MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma ospita la prima personale italiana presso un museo dell’artista azero Faig Ahmed (Baku, 1982). Nel padiglione 9A del MACRO Testaccio si svolge infatti, dal 10 febbraio al 29 marzo 2016, la mostra Points of Perception, a cura di Claudio Libero Pisano, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia, e realizzata in collaborazione con la galleria Montoro12 Contemporary Art di Roma.

L’artista espone al MACRO Testaccio una serie di opere site-specific che hanno come filo conduttore il Sufismo. Attraverso questa forma di ricerca mistica, l’artista crea la relazione tra la coscienza e tutto quanto esiste al di fuori di essa. L’arte è uno strumento per ampliare i sensi, e l’artista il tramite della condivisione. Sperimentando tecniche diverse e collegandole a pratiche mistiche, Ahmed trova una sua peculiare soluzione all’interrogativo sulla percezione della verità. L’arte è una disciplina senza confini e serve a comprendere la storia dell’essere umano, dei suoi percorsi inerpicati sul confine stretto tra coscienza e percezione. Tra misticismo e realtà. L’artista, per paradosso, utilizza l’ascetismo Sufi proprio per interpretare la realtà nei suoi aspetti più concreti. L’arte, secondo Ahmed, è un passepartout eccellente per riconnettere passato e presente, tradizione e modernità. La sua natura e le sue tecniche non hanno confini, e tutto ciò che è dentro e fuori la percezione può essere interpretato attraverso i suoi infiniti linguaggi. L’artista è un esploratore attivo che, come uno sciamano, mette in relazione la mente e il corpo. Le sue opere sono un messaggio di condivisione che pone interrogativi e sollecita stupore e meraviglia. L’aspetto estetico ha un ruolo decisivo solo se accostato al processo che l’ha maturato e reso possibile. La mostra è composta da numerose opere, tra cui grandi installazioni, video, e i suoi noti “carpet works”, con i quali l’artista trasforma oggetti dalla tradizione secolare in imponenti opere d’arte contemporanea, creando manufatti che sembrano proiettati nel futuro grazie a un’estetica azzardata e fuori dal tempo, nonostante l’esecuzione fedele ad antichissimi procedimenti. Partendo infatti dal design dei tradizionali tappeti dell’Asia centrale, Ahmed li manomette e li riprogetta in forma digitale sul computer. Il risultato è trasportato su disegni a grandezza naturale, che, come nella realizzazione dei tappeti tradizionali, vengono poi realizzati da artigiani locali su telai tradizionali, dando vita ad oggetti nei quali si è portati a perdersi, dove il segno viene continuamente spostato, pixellato, liquefatto. Al centro della sala, è posta una monumentale installazione che sfida le leggi fisiche e dispone il pavimento tessuto di una moschea in una sorta di onda che travolgere lo spettatore.Continue Reading..

09
Feb

Heinz Hajek-Halke

Inaugurazione sabato 6 febbraio 2016
Dalle ore 15.00 alle ore 20.00

In mostra da domenica 7 febbraio a domenica 3 aprile 2016
Tutti i giorni, 10.30 – 19.30
Mercoledi e giovedì, 10.30 –21.00

La Galleria Carla Sozzani, in collaborazione con l’Archiv der Akademie der Künste di Berlino e con Eric Franck Fine Art di Londra, presenta per la prima volta in Italia una mostra di Heinz Hajek-Halke. Una selezione delle sue più straordinarie fotografie vintage, manipolazioni di forma, luce e movimento stampate tra gli anni Trenta e gli anni Settanta.

“Due aspetti difficili hanno sempre dominato il mio carattere: provocazione e curiosità; in termini più raffinati: una sete di conoscenza. E così sono diventato un fotografo a dispetto della pittura accademica, ma sono rimasto un pittore a dispetto della fotografia.” Heinz Hajek-Halke, nato a Berlino nel 1898, poco conosciuto al grande pubblico, è tra i pionieri della fotografia tedesca del XX secolo che hanno marcato con una forte personalità la trama del secolo scorso. Dopo aver trascorso l’infanzia in Argentina, nel 1910 torna nella sua città natale dove si ricongiunge con il padre Paul Halke, pittore e vignettista, suo primo maestro di disegno, e inizia a studiare arte presso l’Accademia di Belle Arti. Costretto a lasciare gli studi per arruolarsi nel 1916 nella Prima guerra mondiale, li riprende dopo due anni frequentando prima i corsi del pittore Emil Orlik e quindi le lezioni di Hans Baluschek, da lui ritenute più progressiste e meno convenzionali. Dal 1923 lavora come fotoreporter per l’agenzia di stampa Press-Photo, sperimentando, fin dai suoi esordi, diverse tecniche: fotomontaggi, doppie esposizioni, collage. Collabora con i grandi fotografi Willi Ruge e Else Neuländer (Yva) allo sviluppo di immagini sempre più complesse. I suoi lavori saranno richiesti dalle riviste più note della Repubblica di Weimar. Durante la Seconda guerra mondiale si ritira sul Lago di Costanza in Svizzera, dove inizia a occuparsi di fotografia scientifica nel campo della biologia degli insetti. Attraverso un grande banco ottico esplora diverse tecniche di manipolazione chimica, di distorsione della luce e di ingrandimento sui piccoli soggetti. Nel 1949 diventa membro di “Fotoform”, gruppo d’avanguardia dei fotografi della Germania occidentale fondato da Otto Steinert; sei anni più tardi inizia a insegnare fotografia e grafica presso l’Università delle Arti di Berlino. Continue Reading..

07
Feb

KENGIRO AZUMA. MU YU – il vuoto e il pieno

a cura di Susanne Capolongo e Stefano Cortina
Dal 9 febbraio al 12 marzo 2016. Inaugurazione: martedì 9 febbraio, ore 18.30

La Galleria Cortina Arte celebra l’artista Kengiro Azuma nell’anno del suo 90° compleanno dedicandogli una mostra dal titolo MU – YU, il vuoto e il pieno che riassume in sé il pensiero di tutta la ricerca di Azuma basata fondamentalmente sulla sua personale filosofia riconducibile ai principi dello ZEN, sia in arte che nella vita.
Nato nel 1926 a Yamagata in una famiglia di artigiani del bronzo, a 17 anni abbandona gli studi per arruolarsi e combattere nella Seconda Guerra Mondiale come pilota kamikaze dell’esercito giapponese. Due giorni prima della sua missione “sacrificale” esplode la prima bomba atomica. Persa la guerra, caduto il mito del Dio-Imperatore segue un periodo di profonda sofferenza per il giovane Azuma che ha termine quando decide di approciarsi alle arti figurative per colmare il vuoto lasciato dalla perdita della fede nel suo imperatore.
Dopo la laurea in scultura all’Università di Tokyo, con una borsa di studio giunge a Milano nel 1956, dove a Brera diventa prima allievo e poi assistente del suo più grande mito artistico: Marino Marini. È dal 1961 con la creazione della prima opera MU (in giapponese “vuoto”, con cui intitolerà tutte le opere successive) che Azuma giunge ad una completa autonomia artistica avvicinandosi all’espressione astratta e imperniata indistricabilmente alla cultura giapponese, dove gli opposti come il pieno e il vuoto hanno lo stesso valore e che da ora in poi saranno i due elementi caratterizzanti i suoi lavori. E nella sua scultura questi due opposti sono sempre presenti come lo sono la Natura – maestra di vita di cui seguire i ritmi senza forzarli – e l’impegno di riuscire a trasmettere emozioni invisibili (come quelle stimolate dalla musica) trasformandole in percezioni scultoree visibili alla sensibilità dell’osservatore, perché come disse una volta lo stesso Azuma: “Immaginare senza avere la possibilità di vedere e toccare è meraviglioso. Da qui nasce l’arte”.
La mostra presenterà un breve excursus antologico con dipinti, disegni e sculture dal 1960 a oggi e alcune opere su carta inedite mai esposte sino a ora.
Catalogo Cortina Arte Edizioni con una introduzione di Stefano Cortina e un’intervista di Susanne Capolongo.

La mostra proseguirà fino al 12 marzo con i seguenti orari:
10.00-12.30 / 16.30-19.30
Chiuso lunedì mattina e domenica.

Associazione Culturale Renzo Cortina, Via Mac Mahon 14/7, Milano
Tel: 0233607236 e-mail: artecortina@artecortina.it

03
Feb

Alexander Calder. Performing Sculpture

11 November 2015 – 3 April 2016
Tate Modern, Level 3
Open daily from 10.00 – 18.00 and until 22.00 on Friday and Saturday

Tate Modern presents the UK’s largest ever exhibition of Alexander Calder (1898-1976). Calder was one of the truly ground-breaking artists of the 20th century and as a pioneer of kinetic sculpture, played an essential role in shaping the history of modernism. Alexander Calder: Performing Sculpture will bring together approximately 100 works to reveal how Calder turned sculpture from a static object into a continually changing work to be experienced in real time.

Alexander Calder initially trained as an engineer before attending painting courses at the Arts Students League in New York. He travelled to Paris in the 1920s where he developed his wire sculptures and by 1931 had invented the mobile, a term first coined by Marcel Duchamp to describe Calder’s motorised objects. The exhibition traces the evolution of his distinct vocabulary – from his initial years captivating the artistic bohemia of inter-war Paris, to his later life spent between the towns of Roxbury in Connecticut and Sachéin France.

The exhibition will feature the figurative wire portraits Calder created of other artists including Joan Miró 1930 and Fernand Léger c.1930, alongside depictions of characters related to the circus, the cabaret and other mass spectacles of popular entertainment, including Two Acrobats 1929, The Brass Family 1929 and Aztec Josephine Baker c.1929. Following a visit to the studio of Piet Mondrian in 1930,where he was impressed with the environment-as-installation, Calder created abstract, three-dimensional, kinetic forms and suspended vividly coloured shapes in front of panels or within frames hung on the wall. Red Panel 1936, White Panel 1936 and Snake and the Cross 1936 exemplify the artist’s continuous experimentation with forms in space and the potential for movement to inspire new sculptural possibilities. They will be shown together with a selection of other panels and open frames for the first time, illustrating this important moment in Calder’s development.

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02
Feb

DPI – Darkness Per Inch. Mustafa Sabbagh e Milena Altini

DPI – Darkness Per Inch
doppia personale di Mustafa Sabbagh e Milena Altini
dal 6 febbraio al 19 marzo 2016
Galleria Marcolini – Forlì

Il titolo accenna al monopolio cromatico del Nero nel lavoro presentato dai due artisti in Galleria Marcolini, dal 6 febbraio al 19 marzo 2016.
Le fotografie dalla matericità pittorica di Mustafa Sabbagh hanno quasi tutte una composizione tradizionale dalle reminiscenze religiose; l’artista italo-giordano ritrae contemporanee Madonne con Bambino e Pietà i cui corpi sporchi, imbevuti spesso di un materico colore petrolio, pulsano anche nell’immobilità delle loro pose.
Una donna bionda, di cui conosciamo il nome – come Francis Bacon ci confessava l’identità di chi ritraeva all’interno delle camere d’albergo, così Sabbagh ci fa conoscere i nomi dei suoi modelli, quasi sempre esplicitandoli nei titoli dei files – maneggia lo strumento ginecologico di dilatazione vaginale come se fosse una pistola. Ci ricorda che corpo e battaglia spesso sono sinonimi, e di come dolore e sofferenze siano connaturati e acquisiti tramite una condizione di genere, sessuale.
Paesaggi sublimi e romantiche contemplazioni naturali si alternano a ritratti non solo dall’invadente potenza estetica, ma anche provocatori. Innocenza e consapevolezza. William Blake e Bill Henson.  Ugualmente innocenti, indipendenti da ogni giudizio, e parimenti consapevoli, avvolgendosi potentemente su loro stesse, le Waiting Souls di Milena Altini sono un gruppo scultoreo di anime perfette, collegate nella loro unità di forme e di fine. Lembi di pelle di vitello e di agnello, sacri o sacrificali a seconda della loro latitudine di provenienza, dal movimento di una spirale e tono di un’ascesa. La Altini, percorrendo i gradienti di nero del derma delle sue anime, ne onora una immensa composta da mille altre sue simili, sul solco di una cucitura e di una necessità contingente, ma ancora incomprensibile.  Attraverso il linguaggio che più le si confà: la scultura. Parlando la lingua che meglio conosce: quella della pelle. Sfiorando corde note ad ogni essere umano, ma soprattutto ad ogni donna: quelle dell’attesa. Berlinde de Bruyckere ed Eva Hesse.
Fil rouge tra i due artisti, oltre al riferimento cromatico, è ovviamente il corpo o – ricordando Malaparte – la pelle, corpo livido e materia evocativa, e – parafrasando Bulgakov – la carne, il cui odore che si sente da lontano toglie significato anche all’atto di imparare a leggere.

Galleria Marcolini
via Francesco Marcolini 25/A – 47121 Forlì
Orari: mercoledì e giovedì, dalle 16.30 alle 19.30
venerdì e sabato, dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30
visitabile anche su appuntamento
Info: +39 388 3711896 – info@galleriamarcolini.it