Tag: amalia di Lanno

16
Apr

Dana de Luca | L’ineffabile gemito

a cura di Giovanna Gammarota

26 Aprile – 31 Maggio 2016

PROROGATA al 10 giugno 2016

inaugurazione martedì 26 aprile 2016 ore 18.30

Studio Masiero | Milano

Martedì 26 aprile inaugura la mostra “L’ineffabile gemito” di Dana de Luca, a cura di Giovanna Gammarota.

In concomitanza con l’apertura di MILANO PHOTOFESTIVAL e di MIA PHOTO FAIR, lo Studio Masiero propone per la prima volta una personale di fotografia, estendendo la proposta artistica anche a questo ambito delle arti visive.

Verranno esposte una serie di fotografie di diverse dimensioni realizzate tra il 2014 e il 2015 con tirature da 3 a 5 copie. Le opere presentate sono il risultato di un atto performativo che utilizza carta fotosensibile e agenti chimici e poiché le immagini, come spiega l’autrice stessa, “non sono immagini di qualcosa”, la sperimentazione che ne deriva, annullando il mezzo fotografico, raggiunge un‘immagine aniconica con una tecnica originale che può essere avvicinata al chimigramma. È questo il caso in cui “l’assenza del dispositivo fotografico – come scrive Giovanna Gammarota – mette in discussione il fare fotografia come la conosciamo nella sua forma più comune. Qui l’immagine è assenza di forma. Il che impone un confronto sul senso.” A rafforzare la tensione verso questa ricerca di senso, accanto alle opere, viene presentata anche una istallazione, prodotto di un processo performativo. L’artista dopo aver distrutto con il fuoco i propri diari e sue vecchie fotografie, ne espone i resti combusti, individuati, manipolati e suddivisi i quali, catturando l’osservatore, impongono una ulteriore riflessione sulle dinamiche del tempo. La complessa operazione artistica di Dana de Luca viene attraversata dalla suggestione della lettura del Libro XI delle Confessioni di Sant’Agostino e dall’elaborazione del significato di tempo, di forma e di desiderio. “Ciò che […] cogliamo nelle immagini di Dana de Luca è […] l’assenza di modello che rende il desiderio più autentico e sofferto e che conduce all’incapacità di registrare con le parole o con immagini consuete, quello che accade nell’atto tensivo che rivolgiamo all’ignoto che ci attrae.”(G.G.)

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15
Apr

Gilbert Garcin. Mister G.

Mister G.

16.4 > 18.6.2016

Per la prima volta a Roma, e a 9 anni dalla sua prima e unica mostra a Milano del 2007, a cura di Paola Stacchini Cavazza, la Galleria del Cembalo presenta un’ampia selezione di opere di Gilbert Garcin che coprono un arco temporale di circa vent’anni.
Realizzate in studio, utilizzando piccole sagome di cartoncino e una sapiente, quanto semplice, illuminazione, le sue immagini pongono domande universali sul senso dell’esistenza. Con rispetto, ma senza complessi, l’autore attinge all’opera di pittori, d’illustratori e di cineasti. E proprio al cinema, all’aspetto di Monsieur Hulot di Jaques Tatì, con indosso impermeabile e cappello, si ispira Gilbert per la creazione di Mister G.
Scrive di lui Yves Gerbal nella prefazione del libro Faire de son mieux (Filigranes Éditions, 2013): “Non capita tutti i giorni in effetti vedere un uomo consacrarsi alla vendita di apparecchiature per l’illuminazione e poi attendere il momento della pensione per dedicarsi all’arte della LUCE. Ed è altrettanto insolito che un dirigente d’azienda intraprenda una seconda carriera in campo artistico e superi di gran lunga il livello di dilettante”.

Gilbert Garcin nasce a La Ciotat, una località francese vicino a Marsiglia, nel 1929. Dopo essersi laureato in Economia, ha diretto una società di importazione di lampadari. All’età di 65 anni, una volta in pensione, vince un premio fotografico che gli consente di seguire un workshop in occasione di Rencontres Internationales di Arles, durante il quale scopre ed apprezza le potenzialità del fotomontaggio, che diventerà la base del suo lavoro fotografico.
Negli ultimi 15 anni, Garcin ha pubblicato diversi libri ed ha partecipato a numerosissime esposizioni. In linea con il suo desiderio di condividere con il grande pubblico le sue idee sulla vita e sul mondo, il suo lavoro è stato esposto in tutto il mondo ed è presente in numerose collezioni, pubbliche e private, tra le quali Fonds National pour l’art Contemporain, Francia, Fonds Communal pour l’art Contemporain de Marseille, Maison Européenne de la Photographie, Artothèque de Veendam, Artothèque de Nantes; Artothèque de Vitré; Médiathèque de Miramas, Fondation Regards de Provence, Galerie du Château d’Eau, e la West Collection a Philadelphia.

http://www.gilbert-garcin.com/Italie.htm

Galleria del Cembalo
Largo della Fontanella di Borghese, 19 – Roma
Tel. 06 83796619
16 aprile /18 giugno 2016
ORARIO
da martedì a venerdì: 16.00 – 19.00
sabato: 10.30 – 13.00 e 16.00 – 19.00
Ufficio stampa Galleria del Cembalo
Davide Macchia | ufficiostampa@galleriadelcembalo.it
tel. 06 83081425 | cel. 340 4906881

Immagine: Gilbert Garcin. Le coeur de la cible, 1998

 

 

15
Apr

Jan Fabre. Spiritual Guards

Firenze, 2016
Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio, 15 aprile – 2 ottobre

Forte Belvedere, 14 maggio – 2 ottobre

Direzione artistica Sergio Risaliti

Mostra a cura di Joanna De Vos e Melania Rossi

Si rinnova l’appuntamento annuale con la grande arte al Forte Belvedere di Firenze. Dopo le mostre internazionali di Giuseppe Penone e Antony Gormley, i bastioni dell’antica fortezza medicea ospiteranno le opere di Jan Fabre, uno degli artisti più innovativi e rilevanti del panorama contemporaneo. Artista totale, Fabre (Anversa, 1958) sprigiona la sua immaginazione nei diversi linguaggi della scultura, del disegno e dell’installazione, della performance e del teatro.

La grande mostra Jan Fabre. Spiritual Guards , promossa dal Comune di Firenze, si svilupperà tra Forte Belvedere, Palazzo Vecchio e Piazza della Signoria. Si tratta di una delle più complesse e articolate mostre in spazi pubblici italiani realizzata dall’artista e regista teatrale fiammingo. Per la prima volta in assoluto un artista vivente si cimenterà contemporaneamente in tre luoghi di eccezionale valore storico e artistico.  Saranno esposti un centinaio di lavori realizzati da Fabre tra il 1978 e il 2016: sculture in bronzo, installazioni di gusci di scarabei, lavori in cera e film che documentano le sue performance. Fabre presenterà anche due opere inedite, pensate appositamente per questa occasione. L’anteprima sarà un evento di straordinario impatto visivo e dai forti connotati simbolici. La mattina del 15 aprile, infatti, ben due sculture in bronzo di Fabre entreranno a far par parte – temporaneamente – di quel museo a cielo aperto che è Piazza Signoria. Una di queste, Searching for Utopia, di eccezionali dimensioni, dialogherà con il monumento equestre di Cosimo I, capolavoro rinascimentale del Giambologna; mentre la seconda, The man who measures the clouds (American version, 18 years older), si innalzerà sull’Arengario, o Ringhiera, di Palazzo Vecchio, tra le copie del David di Michelangelo e della Giuditta di Donatello. In entrambe le opere si riconoscerà l’autoritratto dell’artista, nella doppia veste di cavaliere e guardiano, come tramite tra terra e cielo, tra forze naturali e dello spirito. Ad una storia dell’arte che si è messa anche a disposizione del potere politico ed economico – come quella di Piazza Signoria con i suoi giganti di marmo (David, Ercole, Nettuno) e con le sue rappresentazioni bibliche, mitologiche o del genius loci (Giuditta, Perseo, Marzocco) – Jan Fabre oppone un’arte che vuole rappresentare e incarnare il potere dell’immaginazione, la missione dell’artista come “spiritual guard”. E lo fa in una piazza che dal rinascimento in poi è stata pensata e usata come agorà e palcoscenico figurativo, che da allora è diventata luogo paradigmatico del rapporto tra arte e spazio pubblico, e dove è stata configurata in modo esemplare la funzione simbolica-spettacolare del monumento moderno.  Sempre dal 15 aprile saranno visibili in Palazzo Vecchio una serie di sculture che andranno a dialogare con gli affreschi e i manufatti conservati in alcune sale del percorso museale del palazzo, in particolare quelle del Quartiere di Eleonora, assieme alla Sala dell’Udienza e alla Sala dei Gigli. Tra le opere esposte anche un grande mappamondo (2.50 m di diametro) rivestito interamente di scarabei dal carapace cangiante, la cui forma e dimensione dialoga perfettamente con il celebre globo conservato nella Sala delle Mappe geografiche, opera cinquecentesca di Ignazio Danti.Continue Reading..

13
Apr

Carlo Alfano. La pienezza dell’assenza

Venerdì 15 aprile, alle ore 19, presso lo Studio Trisorio, in via Riviera di Chiaia 215 a Napoli, sarà inaugurata una mostra di Carlo Alfano dal titolo La pienezza dell’assenza, con opere di grandi dimensioni realizzate nel decennio 1980 -1990. In tutta l’opera di Alfano è costante una tensione a interrogarsi, a porre domande sul significato della rappresentazione, del dipingere e, in senso più filosofico, dell’esistenza umana. Nei suoi lavori la “temporalità” è intesa come autoriflessione della durata, come ricerca di uno spazio aperto dell’essere che divida il sé dall’altro. Questo tema è affrontato in particolare nei cicli Eco-Narciso, Eco-Discesa e Figure, di cui fanno parte le opere esposte in mostra. In Eco-Narciso, l’artista isola la figura di Narciso e, prescindendo dall’edonistico autocompiacimento del mito, cerca di cogliere l’esatto momento in cui, rispecchiandosi, la figura si scinde e diviene altro da sé, perdendo i propri confini spazio-temporali. La duplicità è infatti un concetto fondamentale nel lavoro di Alfano, come mostrano le figure spezzate di Eco-Discesa, il primo ciclo degli anni Ottanta. Qui il doppio non è mai inteso come somma, ma come condizione di ambiguità in cui giocano il reale e il suo riflesso. Tutto oscilla fra queste due dimensioni. L’eco è una voce che va oltre la sua sorgente d’origine ma che ha sempre bisogno di una fonte: così nel quadro le due parti staccate non possono agire autonomamente. Lo spazio nero ricorrente in queste opere dà forma visibile al concetto di profondità e sulla soglia insondabile compare la figura umana. La tela tagliata sembra indicare la frattura dell’individuo, poi ricomposta attraverso una fitta trama di fili. La scissione e la perdita di centralità dell’individuo sono rimarcate anche nei lavori successivi del ciclo Figure, dove i corpi si sdoppiano specularmente, si dividono o sono spesso rappresentati di spalle nell’atto di varcare una metaforica soglia, fino a smaterializzarsi in spazi cromaticamente densi, grigi e blu saturi, che li avvolgono.

La mostra si potrà visitare fino al 3 giugno 2016.Continue Reading..

12
Apr

Gabriella Ciancimino. La Stanza dello Scirocco

a cura di Daniela Bigi
dal 17 marzo al 12 maggio 2016

Prometeogallery di Ida Pisani è lieta di presentare la prima mostra personale di Gabriella Ciancimino, dal titolo LA STANZA DELLO SCIROCCO (THE ROOM OF SIROCCO).

“I wish I could’ve been a bird, so I could have flown back and forth between here and there to be with everyone”*. Lo scriveva intorno al 1920 una donna del Sud Italia che frequentava i più radicali ambiti politici newyorkesi. Gabriella Ciancimino, siciliana, prende in prestito queste righe anonime per introdurci alla sua Stanza dello Scirocco.

L’architettura settecentesca annoverava in Sicilia, nelle dimore aristocratiche di campagna, dei confortevoli ambienti sotterranei, spesso decorati, che nei periodi estivi costituivano il più accogliente rifugio per sfuggire al caldo torrido portato dai venti di sud-est. Erano dette “camere dello scirocco”, ove la temperatura si abbassava grazie alle correnti di aria fresca che si generavano con lo scorrere dell’acqua, reso possibile dal sistema idraulico arabo dei qanat. Erano stanze che offrivano un refrigerio e che Ciancimino richiama oggi come metafora di una condizione di libertà. L’artista conduce da tempo un’indagine intorno alle dinamiche di adattamento, di interazione e di auto-organizzazione dei flussi migratori di esseri umani e piante che legge come fenomeni di modificazione del paesaggio in virtù del loro oltrepassare i confini territoriali dei luoghi. Il paesaggio al quale pensa è essenzialmente un “luogo” di riflessione, ma anche di salvaguardia della memoria storica e insieme di azione collettiva. Il suo lavoro ha avuto luogo in paesaggi differenti, il Marocco, la Sicilia, la Turchia e racconta di “coloro che vengono da lontano” e arrivano in quelle città portuali che lungo i secoli hanno mantenuto la funzione di gate d’ingresso per i flussi migratori. Ad affascinarla è l’atteggiamento libertario di uomini, donne e organismi vegetali, dei quali cerca di rintracciare quelle micro-storie che, nel passato come nel presente, si possano ricollegare alla grande storia della resistenza, storica per gli uni, biologica per gli altri. A guidare questo nuovo progetto intervengono in particolare due input, il concetto di “ecologia sociale” formulato da Murray Bookchin nei primi anni settanta e perfezionato nei decenni successivi con progressivi sviluppi, e lo specifico concetto di “furor” che Giordano Bruno teorizza nei suoi Eroici Furori. È in queste pagine che Ciancimino incontra la spiegazione di quella concezione dell’amore “eroico”, dell’amore dell’uomo per la natura, che più si avvicina alla sua idea di “amore furioso”, quello che permette ai liberty flowers di resistere. I fiori resistenti, i Liberty Flowers, sono da anni al centro del suo operare, in termini sia di concentrazione figurale che di rimando simbolico. Sono i fiori delle piante endemiche, i fiori delle erbacce, che migrano, attecchiscono e crescono rigogliosi in terre sconosciute, lontani dai terreni di origine, in condizioni per lo più inospitali. Sono gli stessi fiori del terzo paesaggio, portatori di istanze di libertà e di resistenza. Un banner di seta con su scritto “The Liberty Flowers love to resist, the Resistant Flowers resist for love” accoglie lo spettatore all’ingresso della mostra e fornisce la chiave di lettura dei wall drawings, delle tele, dei disegni, della proiezione e delle sculture de La Stanza dello Scirocco (The room of Sirocco). L’artista l’ha pensata come una sintesi di pensiero ecologico, antropologico e libertario e l’ha realizzata attraverso un linguaggio che si muove contemporaneamente su più livelli, frutto a sua volta della contaminazione tra disegno, graffiti, graphic design, video e gli stilemi architettonici e decorativi che hanno intriso la cultura visiva siciliana dalla tradizione arabo-normanna fino al Liberty – uno stile, quest’ultimo, che nel suo ispirarsi alla natura e agli elementi strutturali che la intessono, viene assunto quasi con il valore dello slogan, viene scelto come angolazione privilegiata dalla quale guardare all’uomo. Le contaminazioni, le stratificazioni, le coesistenze si ritrovano innanzitutto nei disegni, The Flow of Flowers, in cui la sovrapposizione di differenti livelli grafici – ottenuti con matite, acquarelli, con texture derivate da inchiostro su bottoni di metallo come fossero timbri su carta – restituisce la ricchezza dei segni e degli immaginari delle tante culture che più o meno pacificamente si sono sedimentate in terra siciliana, ma anche, e su altri piani, nel bagaglio biografico dell’artista. Ma The Flow of Flowers non si può considerare soltanto un insieme di disegni, dobbiamo leggerlo come unpaesaggio storico, costruito accostando alcuni tra i più famosi poster delle rivolte susseguitesi tra il 1968 e la rivoluzione in Egitto. L’artista modifica l’iconografia del pugno chiuso che è presente nella maggior parte dei poster ruotandola in un gesto di offerta dell’adonis annua l., un fiore rosso proveniente dall’area mediterranea comunemente conosciuto come “Red Morocco”, un’erbaccia dissidente, che l’uomo ha combattuto fin quasi a portarla all’estinzione.

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11
Apr

La sfida di Aracne – Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi

La sfida di Aracne – Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi
a cura di Angela Madesani
NUOVA GALLERIA MORONE, Via Nerino 3, Milano
31 marzo | 13 maggio 2016
Inaugurazione: 31 marzo, ore 18
Orari: martedì – sabato, ore 11 – 19

Artisti: Mariella Bettineschi, Louise Bourgeois, Silvia Celeste Calcagno, Daniela Comani, Bruna Esposito, Inés Fontenla, Nan Goldin, Meri Gorni, Rebecca Horn, Julia Krahn, Maria Lai, Chiara Lecca, Annette Messager, Shirin Neshat, Gina Pane, Cindy Sherman, Chiharu Shiota, Fausta Squatriti

Nuova Galleria Morone presenta La sfida di Aracne Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi, curata da Angela Madesani. Da sempre, le donne sono state considerate le fedeli rappresentanti della Terra, nostra Madre Natura e origine feconda. Intuitivamente percepiamo questa analogia come vera, come qualcosa che incarna una realtà evidente e ci parla direttamente dell’Essenza del Femminile… Un’esposizione complessa, che indaga i diversi linguaggi della contemporaneità artistica attraverso il lavoro di 18 artiste. La rassegna, che prende in esame oltre quarant’anni di storia dell’arte, non deve essere intesa come una collettiva con i lavori di sole donne, ma come una riflessione sul lavoro di artiste che hanno indagato approfonditamente il tema in oggetto. Dai lavori di Body Art di Gina Pane a Louise Bourgeois, che ha fatto, nel corso degli anni, di questo tema il fulcro della sua ricerca. In mostra saranno i lavori di alcune delle più importanti protagoniste dell’arte internazionale da Annette Messager a Rebecca Horn, da Cindy Sherman, Shirin Neshat, Nan Goldin a Bruna Esposito, che ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1999. Una particolare attenzione sarà riservata a Maria Lai, una delle più intense artiste italiane della seconda parte del XX secolo, rappresentata dalla galleria, come pure Daniela Comani, che da oltre venticinque anni vive e lavora a Berlino e che si occupa di tematiche legate alla cultura di genere. Sono presenti opere di artiste di diverse generazioni, che hanno posto la loro attenzione su questo tema da Fausta Squatriti a Mariella Bettineschi ( con l’opera La vestizione dell’angelo del 1996), all’argentina Inès Fontenla, a Meri Gorni, il cui lavoro si pone a cavallo fra arte figurativa e letteratura, alle più giovani Chiara Lecca,Chiharu Shiota, Julia Krahn e Silvia Celeste Calcagno, vincitrice del Premio Faenza nel 2015. Il progetto deve essere inteso come dialogo tra i vari linguaggi espressivi della contemporaneità. Il titolo della mostra presenta un chiaro riferimento di natura mitologica, ad Aracne, abile tessitrice e ricamatrice che, conscia della sua bravura, ebbe l’ardire di sfidare la dea Atena in una pubblica gara. Un’ambiziosa e vittoriosa sfida, simile a quella proposta dalle artiste del mondo occidentale dal dopoguerra in poi, desiderose di conquistarsi un loro ruolo, ben al di là dei coercitivi limiti a loro attribuiti dalla società e dal mondo dell’arte sino a quel momento.

NUOVA GALLERIA MORONE
via Nerino n°3, 20123
Milano – Italy
T. 02 72001994
F. 02 72002163
info@nuovagalleriamorone.com

Reportage by amaliadilanno

 

08
Apr

Carsten Höller. Doubt

dal 07.04 al 31.07.2016 – Spazio: NAVATE
Carsten Höller
Doubt / A cura di Vicente Todolí

Pirelli HangarBicocca presenta “Doubt”, la mostra personale di Carsten Höller, artista tedesco tra i più riconosciuti a livello internazionale per la sua approfondita riflessione sulla natura umana. La pratica di Höller è fondata sulla ricerca di nuovi modi di abitare il mondo in cui viviamo e prevede il coinvolgimento diretto del pubblico con l’opera d’arte. Il suo lavoro suscita diversi stati d’animo nel visitatore: gioia, euforia, allucinazioni e, appunto, “dubbi” dando vita a nuove possibili interpretazioni del reale. La mostra, a cura di Vicente Todolí, si espande attraverso due percorsi speculari e paralleli, che richiedono la partecipazione sensoriale del pubblico. Sono i visitatori a poter scegliere come affrontare la mostra e quale percorso intraprendere.
Per Carsten Höller la scelta, infatti, è insita nell’opera d’arte e sin dall’inizio della mostra l’installazione Y (2003), formata da numerose lampadine che si accendono a intermittenza, pone il dubbio sulla direzione da scegliere.
“Doubt” presenta oltre venti opere, sia storiche che nuove produzioni, collocate sull’asse centrale dello spazio, in modo da creare un muro divisorio che permette di vedere le opere solo a metà. Il pubblico deve ricordarle così fino al momento in cui incontra l’altra metà, percorrendo il lato opposto. Grandi installazioni, video e fotografie giocano con le coordinate spaziali e temporali del luogo espositivo, sviluppando un viaggio tra simmetria, duplicazione e ribaltamento.
Il percorso espositivo alterna lavori che rimandano a esperimenti ottici – tra cui Upside-Down Goggles (1994 – in corso), con i quali l’artista invita il pubblico a vedere il mondo capovolto – a quelli legati a una dimensione ludica – come Two Flying Machines (2015), con le quali si può sperimentare la sensazione del volo o Double Carousel (2011), una giostra per adulti che provoca sentimenti di euforia e stupore.
La mostra include anche Two Roaming Beds (Grey) (2015), formata da due letti che vagano ininterrottamente nello spazio, eYellow/Orange Double Sphere (2016), un dispositivo luminoso sospeso composto da due sfere concentriche e lampeggianti, che interagisce con l’opera di Philippe ParrenoMarquee (2015), parte della mostra “Hypothesis” precedentemente ospitata in Pirelli HangarBicocca.Continue Reading..

31
Mar

Shin il Kim. Observing That Gap

Preview 31 marzo 2016, ore 18.30

1 Aprile  – 7 maggio 2016

PROROGATA al 21 maggio 2016

La Galleria Riccardo Crespi presenta la terza personale dell’artista sudcoreano Shin il Kim, Observing That Gap. Partito da una riflessione sullo stato di passività, d’intorpidimento dei sensi, che caratterizza per molti aspetti la nostra vita quotidiana, Shin il Kim cerca di risvegliare una condizione attiva, un nostro sguardo sul mondo più consapevole e partecipato, recuperando l’influenza della filosofia buddista, in particolar modo nella pratica della meditazione analitica. L’invito dell’artista si concentra ad osservare lo spazio tra le cose, poiché “se le cose fossero state collegate l’una all’altra senza interruzioni, non avremmo potuto qualificarle, neppure nominarle. Le cose e gli spazi tra esse infatti coesistono, e il vuoto ha il suo proprio ruolo.” In mostra una serie di disegni su policarbonato, alcune sculture e video installazioni il cui elemento principale è la luce che rivela e sostanzia le opere.

Shin Il Kim, nato a  Seul, Corea del Sud, nel 1971, vive e lavora tra Seul e New York.

Alcune mostre: 2015 Active Anesthesia, SCAD Museum of Art, Savannah, Georgia, USA; In Between, Seeing Gallery Simon, Seoul 2014 Ready-known, Space Cottonseed, Singapore 2013 Grand Narrative Part II, Korean Art from the Museum Collection, National Museum of Modern and Contemporary Art, Seul, Sud Corea; Dove non si tocca, Museo Tornielli, Ameno, Novara 2012 Object, Seeing, Gallery Simon, Seul 2011 Shin il Kim, Kim Chong Yung Sculpture Museum, Seul; Mediascape In Nam June Paik’s Wake, Nam June Paik Art Center, Gyeonggi-do, Sud Corea; Shin il Kim, Kim Chong Yung Sculpture Museum, Seul; Bad Romanticism, ARKo Art Center, Seul 2010 Into, Galleria Riccardo Crespi, Milano; Oh! Masterpiece, Gyeonggi Museum of Modern Art, Korea 2009 Gana Art Gallery, Project Room, New York; Media-Faces&Facts: Korean Contemporary Art in New York, Queens Museum of Art, New  York 2008 Anesthesia, Galleria Riccardo Crespi; BIACS, International Biennial of Contemporary Art of Seville, Siviglia; Decoded Love, Smack Mellon, Brooklyn, New York; Video Lounge Show, Hiroshima City Museum of Contemporary Art, Hiroshima, Giappone 2007 Imagem Nao-Imagem, Galeria do Lago / Museu da Republica, Rio de Janeiro; Invisible Masterpiece, Pei Ling Chan Gallery at SCAD, Savannah, USA; 2006 Shin il Kim, Kunstlerhaus Bethanien, Berlino, ARKO Art Center-Arts Council Korea, Seul 2005 Inbetween, Saltworks Gallery, Atlanta; Ilju ArtHouse, Seul 2004 Insa Art Space-the Korean Culture and Arts Foundation, Seul 2002 Video Works, Saltworks Gallery, Atlanta.

Galleria Riccardo Crespi
Via Mellerio, 1
20123 Milano
Telefono:+39 02 8907 2491 +39 02 3656 1618
FAX:+39 02 9287 8247
info@riccardocrespi.com
Lunedi – sabato: 11 -13 | 15 – 19.30

 

30
Mar

Tensioni strutturali #1

Tensioni strutturali #1 curata da Angel Moya Garcia

CARLO BERNARDINI
MONIKA GRZYMALA
ROBERTO PUGLIESE
ESTHER STOCKER

TENSIONI STRUTTURALI, a cura di Angel Moya Garcia, si articola come un progetto organico suddiviso in tre mostre, indipendenti ma interconnesse tra di loro, che saranno presentate gradualmente nei nuovi spazi della galleria. Se la prima si focalizza sul ruolo centrale dell’individuo nella costruzione dello spazio percepito, la seconda analizzerà successivamente le diverse possibilità della materia come elemento di rappresentazione e, infine, la terza studierà i processi entropici dell’ambiente quotidiano.
La prima parte di questa trilogia viene sviluppata dai quattro artisti invitati, Carlo Bernardini, Monika Grzymala, Roberto Pugliese e Esther Stocker, come un tentativo di esaminare, attraverso metodologie, poetiche e visioni diverse, lo spazio esperienziale della realtà e il ruolo dell’individuo nella sua costituzione. Una successione di equilibri effimeri, processi sonori che costringono lo spazio rendendolo una sintesi formale delle sue caratteristiche intrinseche, esplosioni sospese che originano uno spaesamento dirompente, segmenti rettilinei di luce e ombre che segnano una sottile differenza tra il visibile e l’illusorio e strutture anomale che incrementano le possibilità della percezione. Tracce residue di una sequenza di dispositivi in tensione, depositate e stratificate nello spazio, che si svelano gradualmente delimitate, sospese, ordinate e modulate e che vengono avvertite solo nel momento in cui lo spettatore ne fa esperienza. Un invito ad attraversare i diversi interventi, sommersi da singolarità, deformazioni, soglie e punti di fuga in un ambiente in cui i perimetri vengono completamente annullati, la stabilità definitivamente perduta e le coordinate di riferimento irrimediabilmente dimenticate. In particolare, nella prima sala Roberto Pugliese proietta le tensioni strutturali verso lo spettatore, che si trova di fronte a una composizione elaborata tramite la traduzione di tutte le misure della stanza in frequenze sonore. Nella seconda sala, Monika Grzymala disegna tridimensionalmente una drammatica deflagrazione, con filamenti di nastro nero che trafiggono lo spazio, ingannando la gravità e paralizzando lo sguardo dello spettatore. Nella terza sala, Carlo Bernardini presenta un’installazione permeabile in fibra ottica, in cui è la stessa luce a generare lo spazio attraverso un disegno geometrico in negativo, che rimbalza fra il pavimento, le pareti e il soffitto. Infine, nell’ultima sala, Esther Stocker, attratta dai paradossi formali e dagli “errori”, realizza un’installazione ambientale configurata tramite elementi di disturbo e interferenze che sfidano i limiti e le possibilità della percezione e modulano lo spazio architettonico.
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30
Mar

Jorge Eleison. Bridging the gap

A cura di Davide Sarchioni

Opening: giovedì 31 marzo 2016 ore 18

Dal 1° aprile al 13 maggio 2016

Dal lunedì al venerdì dalle 10.30 alle 18

Sabato su appuntamento

MAAB Gallery. Michael Biasi, via Nerino 3, 20123 Milano

MAAB Gallery di Milano è lieta di presentare “Bridging the gap” la mostra dedicata a Jorge Eduardo Eielson (Lima 1924 – Milano 2006), quale omaggio a uno dei più grandi artisti peruviani contemporanei, visionario e poliedrico, che è riuscito ad abbracciare i linguaggi e gli strumenti delle arti visive e della letteratura, spaziando dalla performance all’assemblage, dall’installazione alla fotografia, al cinema, per esprimere la molteplicità del mondo.

Il progetto espositivo è incentrato sull’immagine e il significato dei celebri “nodi” che egli introduce progressivamente nei suoi lavori a partire dal 1963,  attraverso i quali approda a una vera e propria sintesi culturale, plastica, magica e simbolica. I nodi di Eielson, derivati da una personalissima elaborazione dell’antico linguaggio incaico dei “quipus”, costituiscono il punto di congiunzione fra la contemporaneità e il passato storico-artistico e antropologico precolombiano, diventando l’imprescindibile fondamento costitutivo del proprio sistema espressivo, quale nucleo estetico e semantico di un codice linguistico nuovo ed estremamente attuale. Essi sono il risultato di una torsione, del piegarsi della tela su se stessa, di una  tensione fisica che è prodotta da un gesto esistenziale, dando luogo ad un complesso insieme di significati e di simbologie. In ogni lavoro il “nodo” è formulato attraverso molteplici e sorprendenti variazioni che esercitano  altrettante tensioni per descrivere possibili traiettorie e creare spazi dinamici ed estroflessioni, ora acquietati nella calma del monoscromo, ora più complicati e perturbati da una successione di annodamenti, con fasci di tessuti attorcigliati, che producono interessanti e vivaci giochi plastici e cromatici. Il “nodo”, l’antico segno quechua, diventa così epicentro di energie e qualità differenti, struttura archetipica capace di suscitare forme spaziali in cui elementi diversi sono legati in un processo in continua evoluzione per congiungere gli opposti e colmare le distanze tra ambiti apparentemente inconciliabili, tra ricerca materiale e quella metafisica, ovvero tra la componente oggettuale e concreta del suo lavoro, che occupa lo spazio della superficie della tela, e quella mentale, metaforica e filosofica. In mostra una scelta di lavori diversi per tipologia, forme e dimensioni, fra i quali “Camicia” del 1963, alcuni “Quipus” monocromi e colorati degli anni ’60 / ’70, gli annodamenti della serie “Amazzonia” del 1978-79, fino al grande “Disco Terrestre” del 1989.

Sarà disponibile una pubblicazione con testo Italiano / Inglese di Davide Sarchioni.Continue Reading..