Tag: amalia di Lanno

27
Mar

Shadi Harouni. An Index of Undesirable Elements

La galleria Tiziana Di Caro ospita la prima mostra personale in Italia di Shadi Harouni (Hamedan, Iran, 1985, vive e lavora a New York), intitolata An Index of Undesirable Elements (Un indice di elementi indesiderati), che inaugura sabato 25 marzo, 2017 alle ore 19:00, nella sede della galleria a Napoli in Piazzetta Nilo, 7.

Nel suo lavoro Shadi Harouni utilizza diversi mezzi, la scultura, il video, l’incisione, la scrittura, la fotografia. I temi che sviluppa sono radicati nella storia dell’Iran, suo paese di origine; spesso si serve della parola per connettere questa storia con una esperienza universale legata alla perdita, alla repressione, alla guarigione e all’audacia. Il suo lavoro riguarda la politica dello spazio e dello sguardo, e la tensione tra l’atto di rivelare e quello di occultare. Spesso evoca la relazione tra la pienezza e le cavità, la tensione a nascondere e il desiderio di rivelare.

An Index of Undesirable Elements (Un indice di elementi indesiderati) si apre con una scritta al neon non funzionante. L’opera rievoca un’insegna dimenticata, relativa ad un negozio di una città di provincia in Iran. Scritta in Farsi, essa cita il nome del popolare Primo Ministro iraniano, Mosadegh, un simbolo di speranza e progresso, spodestato nel 1953 attraverso un colpo di stato organizzato per volontà dei servizi segreti americani e britannici. La scritta però non è totalmente illuminata e la luce evidenzia solo una parte del nome, ovvero la desinenza “degh” che in Farsi significa morto di strazio. La mostra continua con una serie di cinque monotipi, selezionati da una più ampia serie. Le forme astratte ed eteree pressate sulla carta sono radicate in eventi e documenti d’archivio iraniani. Evocano racconti e persone, così come ambienti, paesaggi, monumenti. Rimandano alla storia di oggetti segreti creati per ri evocare ciò che non c’è piu. Ognuna è accompagnata da un testo scritto in prima persona, che funziona sia come narrazione che come commentario. Qui, il peso della politica è mescolato col poetico, facendo emergere toccanti temi, alla base dei quali troviamo un tentativo persistente di cancellare la storia, scansare il progresso, impedire il ricordo. Un elemento scultoreo situato sul pavimento ci conduce nell’ultima sala dove è proiettato il video “I Dream the Mountain is Still Whole”. Ambientato nell’isolato paesaggio di una cava nelle montagne del Kurdistan, il video mostra la narrazione in prima persona di un uomo che si impone come figura di resistenza politica dei valori degli individui emarginati dalla società. La natura monumentale di questo lavoro contrasta con un altro presentato come una miniatura. Qui il pretesto della narrazione è un’assurda partita di calcio giocata nel deserto roccioso, per la quale l’artista stessa si presta come raccattapalle. La presenza di questa donna sulla scena diventa esilarante, dal momento che i giocatori sono al contempo divertiti e imbarazzati dalla sua faticosa performance. La leggerezza del gioco smorza la rassegnazione dei protagonisti del progetto, che sono costretti a vivere in esilio, privati della loro vera vita, al fine di sopravvivere per rimanerne i testimoni

Shadi Harouni (nata nel 1985 ad Hamedan, Iran) è un’artista che vive e lavora tra New York e Teheran. La sua pratica include la video installazione, interventi architettonici, sculture, fotografia, incisioni. I suoi lavori recenti, sono ambientanti in cimiteri e cave in Kurdistan, e sono studi di una storia di dissenso e resistenza nella regione. Gli scritti e le opere di Harouni sono stati presentati, tra gli altri, sul New York Times, the Guardian, Shifter Magazine. Il suo lavoro è stato esposto al Queens Museum di New York, tra i riconoscimenti ricordiamo l’Harpo Foundation Grant, l’A.I.R. Fellowship. Ha svolto residenze alla Fondazione Ratti (IT), al SOMA (MX), alla Lower East Side Printshop (NY) e alla Skowhegan School of Painting and Sculpture (Maine). Harouni ha conseguito un master alla New York University (2011) e la laurea alla University of Southern California (2007). Insegna arte e teoria alla NYU and Parsons The New School.

Shadi Harouni. An Index of Undesirable Elements (Un indice di elementi indesiderati)
Inaugurazione: sabato 25 marzo, 2016 dalle 19:00

Galleria Tiziana Di Caro
piazzetta Nilo, 7 – 80134, Napoli
info@tizianadicaro.it
da martedì a sabato, dalle 15:00 alle 20:00 e su appuntamento sabato 10 giugno 2017, ore 20:00

27
Mar

Louise Bourgeois. Voyages Without a Destination

On Friday, March 24 at the Studio Trisorio, a retrospective exhibit of Louise Bourgeois entitled Voyages Without a Destination will be inaugurated.

On exhibit are four bronze sculptures and 34 drawings, half of which have never before been exhibited. Executed by the artist between 1940 and 2009, these works bear witness to the course of her poetics throughout her career.

An internationally renowned artist, Louise Bourgeois was born in Paris in 1911. Despite the fact that she lived in New York from 1938 to her death, most of her inspiration was drawn from her early childhood in France and family relations. Using the body as a primary form, she explored the entire range of human emotions. In her works, varying from drawings to large-scale installations, she has dealt with themes such as memories, sexuality, love and abandonment thus giving form to her fears in order to exorcize them.

The works of Louise Bourgeois have been exhibited the world over. In Italy her solo exhibits were held at the Venice Biennale where her work was presented at the US Pavilion (1993), the Prada Foundation (1997); the Bevilacqua La Masa Foundation (2000), the National Museum of Capodimonte (2008) and the Vedova Foundation (2010).

Louise Bourgeois (1911–2010) was nominated Officer of the Ordre des Arts et des Lettres by the French Minister of Culture (1983) and received numerous international recognitions: the Grand Prix National de la Sculpture from the French government (1991), the Lifetime Achievement Award from the International Sculpture Center in Washington D.C. (1991), the National Medal of Arts from the President of the United States (1997). Louise Bourgeois was elected member of American Academy of Arts and Science and was awarded the French Legion of Honour medal (2008).

Louise Bourgeois. Voyages Without a Destination
March 24–June 17, 2017

Studio Trisorio
Riviera di Chiaia, 215
80121 Naples
Italy
Hours: Monday–Friday 4–7:30pm,
Monday–Friday 10am–1:30pm,
Saturday 10:30am–1:30pm

T +39 081 414306
F +39 081 414306
info@studiotrisorio.com

27
Mar

Yayoi Kusama. Infinity Mirrors

Yayoi Kusama: Infinity Mirrors is a celebration of the legendary Japanese artist’s sixty-five-year career and promises to be one of 2017s essential art experiences. Visitors will have the unprecedented opportunity to discover six of Kusama’s captivating Infinity Mirror Rooms alongside a selection of her other key works, including a number of paintings from her most recent series My Eternal Soul that have never been shown in the US. From her radical performances in the 1960s, when she staged underground polka dot “Happenings” on the streets of New York, to her latest Infinity Mirror Room, All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, 2016, the Hirshhorn exhibition will showcase Kusama’s full range of talent for the first time in Washington, DC. Don’t miss this unforgettable sensory journey through the mind and legacy of one of the world’s most popular artists.

Infinity Mirror Rooms
Yayoi Kusama had a breakthrough in 1965 when she produced Infinity Mirror Room—Phalli’s Field. Using mirrors, she transformed the intense repetition of her earlier paintings and works on paper into a perceptual experience. Over the course of her career, the artist has produced more than twenty distinct Infinity Mirror Rooms, and the Hirshhorn’s exhibition—the first to focus on this pioneering body of work—is presenting six of them, the most ever shown together. Ranging from peep-show-like chambers to multimedia installations, each of Kusama’s kaleidoscopic environments offers the chance to step into an illusion of infinite space. The rooms also provide an opportunity to examine the artist’s central themes, such as the celebration of life and its aftermath. By tracing the development of these iconic installations alongside a selection of her other key artworks, Yayoi Kusama: Infinity Mirrors aims to reveal the significance of the Infinity MIrror Rooms amidst today’s renewed interest in experiential practices and virtual spaces.

Yayoi Kusama: Infinity Mirrors
February 23, 2017 – May 14, 2017
Hirshhorn Museum and Sculpture Garden
Independence Avenue at 7th Street, SW
Washington, DC
2nd Level

27
Mar

Robert Wilson. Tales

Il FAI ospita a Villa e Collezione Panza le opere di Robert Wilson. Il regista statunitense, drammaturgo, coreografo, pittore e scultore ha progettato per il FAI una mostra intensa che si muove all’interno e all’esterno della villa attraverso tematiche e capitoli corrispondenti a opere e tipologie di lavori differenti, alcuni pensati e realizzati proprio per questa occasione.
Villa Panza presenta la mostra “Robert Wilson for Villa Panza. Tales” a cura di Noah Koshbin, curatore dei progetti espositivi dello Studio Wilson, e di Anna Bernardini, direttore dell’antica dimora di Varese. Un’esperienza intensa e affascinante che si snoda all’interno della villa e del suo parco e che permette di conoscere meglio la poetica di Robert Wilson, uno dei maestri del teatro contemporaneo ed eclettico artista visuale, attraverso un’importante selezione di Video Portraits e l’installazione site specific A House for Giuseppe Panza.
Nelle opere esposte, così come nel carattere della collezione di Villa Panza, emerge un continuo confronto tra il mondo classico e quello contemporaneo, una tensione in grado di far dialogare differenti epoche, accompagnata da una profonda sensibilità per la luce e per il tempo interiore. Un comune sentire tra l’artista e il noto collezionista milanese che ha portato Robert Wilson a progettare un installazione site specific in omaggio a Giuseppe Panza di Biumo: posizionata nel parco, presenta una struttura semplice che ricorda il design tradizionale americano facendo da contrappunto alla grandiosa architettura della villa e, al suo interno, propone un tableau vivant accompagnato dalla registrazione di uno scritto di Rainer Maria Rilke, testo molto caro al mecenate d’arte.

I Video Portraits sono, invece, macchine tattili in lenta mutazione che amplificano le potenzialità narrative del ritratto avvicinandolo al racconto cinematografico, senza perdere la fissità che caratterizza il ritratto pittorico. I video ritraggono animali e personaggi famosi del mondo dell’arte e dello spettacolo: dall’attore Robert Downey Jr – che ci comunica con un impercettibile movimento degli occhi che sta assistendo alla dissezione del proprio corpo – allo scrittore Gao XingJian, dal ballerino Roberto Bolle al soprano Renée Fleming. Tra questi, per la prima volta in Italia, sarà possibile ammirare la serie dei “Lady Gaga Portraits”, realizzata nel 2013 e presentata nello stesso anno al Museo del Louvre. Il progetto si ispira a tre capolavori: il ritratto di Mademoiselle Caroline Rivière (1806) di Jean – Auguste Domenique Ingres, La morte di Marat (1793) di Jacques-Louis David e la Testa di San Giovanni Battista (1507) di Andrea Solari. L’opera Flying, che chiude il ciclo di Lady Gaga, ha invece un carattere più contemporaneo pur essendo ispirato all’antica pratica giapponese dello shibari.

Villa Panza
Piazza Litta, 1. Varese
Robert Wilson. Tales
a cura di Noah Koshbin
Dal 4 novembre 2016 al 15 ottobre 2017

27
Mar

EFFIMERA – Suoni, luci, visioni

Carlo Bernardini, Sarah Ciracì, Roberto Pugliese
a cura di Fulvio Chimento e Luca Panaro

18 marzo – 7 maggio 2017
MATA, Modena

Inaugura sabato 18 marzo alle ore 18.00 al MATA di Modena una nuova edizione di Effimera – Suoni, luci, visioni, a cura di Fulvio Chimento e Luca Panaro e in collaborazione con la Galleria Civica di Modena, che quest’anno propone opere di Carlo Bernardini, Sarah Ciracì e Roberto Pugliese. La mostra è realizzata con il supporto di Coptip e del Gruppo Fotografico Grandangolo BFI.
Effimera giunge dunque alla sua seconda edizione, coerente con l’intento dichiarato dai suoi curatori già nel 2016: individuare e valorizzare artisti, preferibilmente italiani e con esperienza all’estero, che fanno dell’utilizzo avanzato della tecnologia la cifra stilistica del proprio lavoro. Un evento espositivo che si propone quale indagine critica in relazione alle ultime tendenze artistiche caratterizzate dai “Nuovi Media”, momento di crescita e di aggregazione a livello nazionale intorno a parole chiave quali arte, tecnologia e comunicazione.

Nel 2016 Effimera aveva individuato il suo punto focale nel web, inteso come strumento di conoscenza artistica e relazionale grazie alla presenza degli artisti Eva e Franco Mattes, Carlo Zanni e Diego Zuelli. La nuova edizione si concentra sull’analisi della componente immateriale che è caratteristica della ricerca artistica dei nostri giorni, che trova trasposizione (e sintesi) all’interno di un percorso espositivo che prevede la creazione di un viaggio sensoriale interno alle tendenze artistiche recenti.

Nel 2017 i curatori hanno dunque strutturato i 500 mq del MATA in tre ambienti distinti. Punto di partenza di questo “attraversamento” è costituito dalla ricerca sonora del sound artist Roberto Pugliese, mentre l’approdo si identifica nelle installazioni luminose in fibra ottica di Carlo Bernardini, dipanando il percorso fra le immagini fluttuanti degli affreschi digitali di Sarah Ciracì.

Effimera – Suoni, luci, visioni è costruita intorno a un percorso spiccatamente immersivo, ideato e strutturato appositamente sul MATA: tre imponenti installazioni ambientali, separate ma contigue, marcano una distinzione linguistica e temporale, e al tempo stesso suggeriscono una linea di continuità all’interno del percorso evolutivo dell’arte. Arte intesa come esperienza totale e totalizzante, in grado di stimolare l’intelletto, ma anche di innescare un corto circuito a livello sensoriale.

Per rimarcare le distinte peculiarità d’approccio i curatori hanno coinvolto artisti appartenenti a tre generazioni differenti, nati rispettivamente negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, che riflettono altrettanti modi di intendere l’interazione tra arte e tecnologia. Il fil rouge che contraddistingue Effimera è sempre rappresentato dall’intento di indagare l’arte attraverso le sue componenti immateriali, al fine di far luce sullo statuto attuale dell’opera. I lavori degli artisti di ultima generazione, infatti, si caratterizzano per la spiccata componente effimera legata al procedimento artistico che rispecchia l’epoca nella quale viviamo. Non a caso il nome della rassegna si ispira anche a quello della specie animale che ha vita più breve sulla terra, l’Ephemera, un piccolo insetto acquatico (simile a una libellula) la cui esistenza dura all’incirca un’ora e mezza. Altro assioma fondante di Effimera è il constatare come l’unicità dell’opera non sia più un assunto dell’uomo contemporaneo: grazie alle tecnologie di cui disponiamo, ogni copia è riproducibile con la medesima qualità, e quindi è sempre potenzialmente identica all’originale.
Fa da corredo a Effimera un ricco calendario di incontri collaterali che prevede la presenza degli artisti coinvolti, ma anche di filosofi ed di esperti del settore “arte e tecnologia”.

BIOGRAFIE ARTISTI

Carlo Bernardini (Viterbo, 1966) vive e lavora a Milano; utilizza la fibra ottica dal 1996. Tra le mostre si segnalano nel 1996 a Roma la XII Quadriennale, nel 2002 la XX Triennale di Milano, Sculpture Space a Utica (NY), la XIV Quadriennale al Palazzo Reale a Napoli (2003), le installazioni al Museo Paço Imperial di Rio De Janeiro (2004), a Valencia (2008) alla Ciudad De Las Artes Y Las Ciencias, Event Orizon (2007) allo Swing Space di New York. Nel 2009 per Art First presenta a Bologna Codice Spaziale in Piazza S. Stefano, a New York viene invitato al D.U.M.B.O. Art Festival, e dai Musei della Lombardia al progetto Twister per il MAM di Gazoldo degli Ippoliti (MN) ed alla GAM di Gallarate. Nel 2010 realizza grandi installazioni per Luci d’Artista a Torino, La Scultura Italiana del XXI sec. alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, ad Amsterdam, all’Aja e all’Art Light Domaquarée a Berlino. Del 2011 sono le mostre alla Delloro Art Contemporary di Berlino, a Londra a The Arc Show e alla Kinetica Art Fair alla University of Westminister e al MACRO. Nel 2013 è invitato a Londra presso la House Peroni con l’installazione Infinity, a Metz nell’ambito della Nuit Blanche 06 con l’installazione Submerged Breath presso la Square du Luxembourg nelle acque del fiume che attraversa la città la Moselle Canalisée. Nel 2014 realizza per la città di Prato l’installazione permanente Il Passo della Luce in collaborazione con il Museo Pecci ed espone Invisible Dimensions alla IV Bienal del Fin del Mundo a Mar del Plata. Sempre nel 2014 è la volta della XVII edizione dell’Islamic art festival di Shariah, presso lo Sharjah Art Museum (Emirati Arabi). Nel 2015 è invitato alla Bienal de Curitiba al Museu Oscar Niemeyer con il progetto Invisible Dimensions, e nello stesso anno alla Pop Austin (Texas – USA) con Light Trasformation. Nel 2016 prende forma l’installazione Dimensioni Invisibili presso il Terminal 1 dell’Aeroporto di Malpensa e l’installazione pensata per la Global Innovator Conference all’898 Innospace di Pechino.

Sarah Ciracì (Grottaglie 1972) vive e lavora tra Grottaglie (Ta) e Milano. La sua ricerca si muove nella coerente ambiguità di antinomie e nella capacità di sollevare dubbi suggerendo riflessioni che traggono spunto dalle contraddizioni del presente, al fine di sollevare interrogativi ed evidenziarne i cortocircuiti. Nell’ultimo decennio Sarah Ciracì per descrivere il suo mondo visionario utilizza strumentazioni tecnologiche, fotografie digitali manipolate al computer, video registrazioni e installazioni. Le sue opere vengono popolate da dischi volanti e astronavi, che ripetono gli stereotipi proposti da TV, film, cartoni animati giapponesi e da una narrativa scientifica popolare, che l’artista contamina con il linguaggio alto dell’arte. La sua recente produzione si muove invece su un crinale fatto di equilibri sottili, dove l’interpretazione scientifica del mondo sconfina nella ricerca spirituale. In questa dimensione la suggestione per le teorie scientifiche si carica di implicazioni filosofiche, letterarie e fantastiche. Sarah Ciracì prende parte a numerose mostre collettive e personali in gallerie private e musei internazionali: partecipa a Campo 6, a cura di Francesco Bonami, Torino (1996); vince il New York Prize (2004); Oh my God is full of stars, MACRO, Roma (2004); Intramoenia Extrart, a cura di Achille Bonito Oliva e Giusy Caroppo, Castel del Monte, Bari (2005); Tangent, Aomori Contemporary Art Center, Giappone (2007): Apocalittici e integrati, MAXXI, Roma (2007); I paesaggi e la natura dell’arte, a cura di Danilo Eccher, Arcos, Benevento (2009). Nel 2013 presenta il suo video Watershed al MAXXI e nel 2016 espone alla Fondazione Museo Pino Pascali di Bari.

Roberto Pugliese (Napoli, 1982) vive e lavora a Bari. Consegue la laurea in Musica Elettronica presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli sotto la guida del Maestro Agostino di Scipio. A Napoli per alcuni anni divide la propria attività tra l’insegnamento (Sistemi Musicali Digitali, Laboratorio di Elettroacustica e Informatica e Sound art) presso il conservatorio in cui si è formato, l’attività compositiva e la produzione di installazioni sonore. La sua ricerca trae ispirazione principalmente da due correnti artistiche: la sound art e l’arte cinetica. Si serve con maestria di apparecchiature meccaniche pilotate da software in grado di interagire tra loro, con l’ambiente e il pubblico; intende esplorare nuovi punti di ricerca su fenomeni legati al suono e all’analisi dei processi psichici utilizzati dalla mente per differenziare le strutture di origine naturale da quelle di origine artificiale. Centrale nel suo lavoro è la dicotomia tra uomo e tecnologia, tra arte e tecnologia, senza perdere mai di vista l’aspetto visivo e strutturale dell’opera. Il suono diviene continuo oggetto di ricerca e mezzo espressivo, pura energia che anima l’inanimato, guida che analizza e stimola la percezione umana.

Attualmente è docente della cattedra di Multimedialità presso il Conservatorio Piccinni di Bari. Tre le mostre personali ricordiamo: Ivy Noise, IED, Madrid (2010); Unexpected Machines, Galerie Mazzoli, Berlino (2011); Gervasuti Mix, omaggio a Cage, Gervasuti Foundation, Venezia (2012); Volta NY, New York (2012); Concerto per natura morta, Muse, Trento (2014); [bo’loɲɲa], Villa delle Rose, MAMBO, Bologna (2016).

BIOGRAFIE CURATORI

Fulvio Chimento (1979) curatore con all’attivo l’organizzazione di oltre 30 eventi espositivi. Si interessa alle molteplici forme della comunicazione artistica e alla genesi dei processi creativi. Ideatore della residenza Italia-Oriente (2012-2015) e del progetto itinerante Ailanto (2016); cura Terzo Paradiso, una performance collegata al progetto internazionale di Michelangelo Pistoletto (2016). Nel 2014 pubblica Arte italiana del terzo millennio (Mimesis); scrive per le riviste Inside Art ed Espoarte. www.fulvio-chimento.it

Luca Panaro (1975) critico d’arte e curatore, insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Tra i suoi libri: L’occultamento dell’autore (2007), Tre strade per la fotografia (2011), Conversazioni sull’immagine (2013), Casualità e controllo (2014 – trad. inglese 2016), Visite brevi (2015), Photo Ad Hoc (2016). Ha pubblicato su Enciclopedia Treccani XXI Secolo (2010) e co-curato l’opera in più volumi Generazione critica (2014-2017) oltre a una serie di cataloghi e monografie su artisti contemporanei. www.lucapanaro.net

mostra: Effimera – Suoni, luci, visioni
sede MATA, via della Manifattura dei Tabacchi 83, Modena
a cura di Fulvio Chimento e Luca Panaro
periodo 18 marzo – 7 maggio 2017
inaugurazione 18 marzo ore 18
apertura alla stampa 16 marzo ore 11.30 (a seguire visita alla mostra con i curatori)
in collaborazione con
Comune di Modena e Galleria Civica di Modena

con il sostegno di
Coptip e Gruppo Fotografico Grandangolo BFI
catalogo APM Edizioni, Carpi (Italy), bilingue, contenente il testo critico dei curatori Fulvio Chimento e Luca Panaro, la riproduzione iconografica delle opere esposte a colori, e l’elenco completo delle opere in mostra.
orari
dal giovedì alla domenica 11.00-13.00 / 16.00-19.30 (ingresso libero)
ufficio stampa
ufficio stampa Pomilio Blumm
Irene Guzman tel. +39 349 1250956, email irene.guzman@comune.modena.it

informazioni bookshop in orario di mostra
Tel.059 4270657
www.visitmodena.it
mata@comune.modena.it
www.mata.modena.it

27
Mar

Leonardo Aquilino. Realtà aumentata

Realtà Aumentata: Arricchire con informazioni manipolate, attraverso input, la percezione umana. Solitamente questo processo viene effettuato attraverso manipolazione eletronica, ma nell’ambito della sua project room Aquilino prende in prestito la definizione per raccontare una diversa manipolazione visiva, in questo caso non elettronica ma del tutto analogica e manuale.
Leonardo presenta un progetto di mostra interamente realizzato in carta con soggetto principale la fotografia, osservata da diversi punti di vista. Tutti i supporti e le fotografie passano attraverso una lavorazione manuale fatta di piegatura e manipolazione per arrivare alla forma definitiva. Una realtà aumentata quindi, analogica, dove tutti i supporti (cornici e tavoli) sono realizzati in cartone per riproporre le fattezze e i volumi di strutture in legno godibili solo visibilmente, come fosse un’immagine. Le fotografie invece , raccontano di uno stesso soggetto ma da due punti di vista differenti. Nel primocaso in maniera classica, incorniciata, nel secondo caso la fotografia viene lavorata come fosse materia,spostata dal suo punto di vista naturale per diventare un paesaggio, una linea d’orizzonte immaginaria.

Leonardo Aquilino. Foggia 1989, concentra la sua ricerca sullo studio della fotografia e la sua successiva trasformazione, trasfigurazione e deformazione. La fotografia trattata come materia viene spesso accostata o sovrastata da altri materiali , viene mischiata o in altri casi l’immagine deformata per diventare qualcos’altro.

PROJECT ROOM #03
Leonardo Aquilino. Realtà aumentata
dal 14 marzo al 14 aprile 2017

DavidePaludetto ArteContemporanea
Via degli Artisti 10, 10124 Torino

27
Mar

Dalì and Schiaparelli

Dalì and Schiaparelli – presented in collaboration by The Dali Museum and Schiaparelli Paris – will feature haute couture gowns and accessories, jewelry, paintings, drawings, objects and photos, as well as new designs by Bertrand Guyon for Maison Schiaparelli. This will be the first exhibition dedicated to the creative relationship and works of Elsa Schiaparelli and Salvador Dali – friends and collaborators that set Paris and the world ablaze with their groundbreaking visions.

Elsa Schiaparelli was regarded as the most prominent figure in fashion between the two World Wars. Her designs deliberately subverted traditional notions of women’s roles and beauty, embracing and exaggerating the transgressive nature of fashion. Schiaparelli explored bold Surrealistic themes in her designs, heavily influenced by artists, especially Dali, with whom she often collaborated. The vibrant colors, experimental fabrics and elegant handmade decorations set her apart from other designers of the 1920s and 1930s. Some of the most notable clients for Schiaparelli’s haute couture designs included the Duchess of Windsor, Wallis Simpson; heiress Daisy Fellowes; and actresses Mae West and Marlene Dietrich.

Schiaparelli wrote that she “invented” her dresses, and the designs were known for their elegant and daring aesthetic combined with exquisite craftsmanship – a marriage of new ideas with traditional craft. Her designs were like the paintings of Dali in that they combined renaissance precision with wild imagination and dreamlike visions. Their fashion and art both delighted and shocked the senses and that approach was a trademark of their collaborations; their works embodied a sense of freedom and possibility that enlivened popular culture during a tumultuous time.

The Dali will be celebrating the exhibition with a grand fashion show and gala, bringing Paris chic to downtown St. Petersburg. The event will allow guests a glimpse into the secret world of haute couture. Held on Saturday October 14, 2017, the black tie affair will begin with a fashion show featuring contemporary Schiaparelli designs followed by an elegant dinner reception. A more casual yet equally celebratory Sunday brunch will be held the following day. A variety of other events and programs will also accompany the show.

The Dali and Schiaparelli exhibition will be accompanied by a catalog with essays by Dilys Blum, Curator of Costume and Textiles for the Philadelphia Museum of Art, Dali Museum Curator of Exhibitions William Jeffett, Dali Museum Director Hank Hine, and exhibition consultant John William Barger III.

The exhibition is organized by The Dali, St. Petersburg FL in collaboration with Schiaparelli, Paris with loans from the Philadelphia Museum of Art, the Metropolitan Museum and others.

The Dalì Museum
One Dali Blvd,
St. Petersburg, FL 33701

October 18, 2017 through January 18, 2018

27
Mar

Mario Nigro. Dal ‘ritmo verticale’ al ‘tempo totale’

La galleria A arte Invernizzi inaugura giovedì 23 febbraio 2017 alle ore 18.30 una mostra personale di Mario Nigro (Pistoia 1917 – Livorno 1992) che, in occasione del centenario dalla sua nascita, ripercorre il momento germinale di tutta la sua esperienza artistica, il ventennio che va dal 1948 al 1968. L’esposizione presenta il percorso fondamentale dell’artista, dal suo Ritmo verticale del 1948 fino alle opere esposte alla XXXIV Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 1968. Nella prima sala del piano superiore della galleria sono esposte opere realizzate a partire dal 1950. Questi lavori, dal ciclo “Scacchi”, testimoniano un momento di maturazione del linguaggio dell’artista, già orientato verso un interesse percettivo più dinamico e penetrante, che prelude, con l’accentuazione dell’elemento diagonale nel 1952, alla serie dello “Spazio totale”. Negli ambienti successivi dello stesso piano si trovano opere che ripercorrono l’evoluzione creativa di Mario Nigro, a partire dal Ritmo verticale del 1948, che elaborano e analizzano le sue prime suggestioni astratto-costruttive, fino al superamento della bidimensionalità del quadro in una nuova tensione tra spazio e forma che si risolve nell’intrecciarsi e accavallarsi dei piani negli “Spazi totali” del 1954.
All’ingresso della galleria è esposta Tempo e spazio: tensioni reticolari: simultaneità di elementi in lotta del 1954. Si tratta di un’opera fondamentale per comprendere i successivi sviluppi della pittura di Mario Nigro in relazione all’approfondimento dei concetti di tempo, simultaneità e progressività che diventeranno essenziali nelle opere degli anni seguenti.
Un’attenzione particolare viene inoltre riservata a un nucleo di opere del 1956. In seguito all’invasione sovietica dell’Ungheria in quell’anno, tutte le certezze politiche e ideologiche dell’artista vengono improvvisamente infrante. Con il crollo dell’utopia sociale che animava il suo lavoro, anche la fiducia nella purezza assoluta della geometria viene meno, lasciando il posto ad un progressivo accentuarsi e poi disgregarsi delle griglie spaziali, fino allo loro totale dissoluzione.
Il percorso espositivo si conclude al piano inferiore dove vengono presentate le opere esposte nella sala personale dell’artista alla XXXIV Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 1968. L’abisso prospettico delle opere precedenti esce dalla bidimensionalità della tela per diffondersi nello spazio, assumendo una dimensione ambientale nell’accumularsi in colonne o nel dispiegarsi lungo le pareti. Questo luogo vivo e pulsante si completa poi nel ritmo musicale sviluppato dal ripetersi dei piccoli tratti di colore che percorrono l’opera a terra dal titolo Le stagioni o dall’infinita tensione espansiva dei “Tralicci”. È in questa rinnovata sinergia tra spazio e tempo che le opere di Nigro raggiungono una totalità immersiva assoluta, nella quale, e durante la quale, lo spettatore si trova calato non tanto in una rappresentazione dell’esistenza ma in una sua concreta e drammatica manifestazione.

In occasione della mostra verrà pubblicato un volume bilingue con la riproduzione delle opere in mostra, un saggio introduttivo di Luca Massimo Barbero e un aggiornato apparato bio-bibliografico.

La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio Mario Nigro.

A arte Invernizzi
Mario Nigro. Dal ‘ritmo verticale’ al ‘tempo totale’
Inaugurazione giovedì 23 febbraio 2017 ore 18.30
CATALOGO CON SAGGIO DI: LUCA MASSIMO BARBERO
PERIODO ESPOSITIVO: 23 FEBBRAIO – 21 APRILE 2017
ORARI: DA LUNEDÌ A VENERDÌ 10-13 15-19, SABATO SU APPUNTAMENTO

Alessandra Valsecchi
Comunicazione & Ufficio stampa
ale.valsecchi@gmail.com
M: 340 340 5184

27
Mar

William Eggleston. Los Alamos

In William Eggleston – Los Alamos, Foam displays his portfolio of photographs that were taken on various road trips through the southern states of America between 1966 and 1974. The exhibition includes a number of iconic images, amongst which Eggleston’s first colour photograph.

The American photographer William Eggleston (1939, Memphis Tennessee, US) is widely considered one of the leading photographers of the past decades. He has been a pioneer of colour photography from the mid-1960s onwards, and transformed everyday America into a photogenic subject.

Los Alamos starts in Eggleston’s home town of Memphis and the Mississippi Delta and continues to follow his wanderings through New Orleans, Las Vegas and south California, ending at Santa Monica Pier. During a road trip with writer and curator William Hopps, Eggleston also passed through Los Alamos, the place in New Mexico where the nuclear bomb was developed in secret and to which the series owes its name.

Foam is supported by the BankGiro Loterij, De Brauw Blackstone Westbroek, Delta Lloyd, City of Amsterdam, Olympus and the VandenEnde Foundation.

The over 2200 images made for Los Alamos were originally intended to be published in parts, but were forgotten over the years. The photographs were rediscovered almost 40 years after the project started. They were published and exhibited for the first time in 2003. The vibrant photographs of traffic signs, run-down buildings and diner interiors distinctly betray the hand of the wayward autodidact. His early work evidences his penchant for the seemingly trivial: before the lens of Eggleston’s ‘democratic camera’, everything becomes equally important.

Eggleston began Los Alamos ten years before his contested solo exhibition at MoMA in 1976, which placed colour photography on the map as a serious art form. At the time, colour photography in the fine arts was regarded as frivolous, or even vulgar. It earned Eggleston the scorn of many. However, this did not stop him from experimenting with the no longer used dye-transfer process, a labour-intensive and expensive technique that was mainly used in advertising photography. The process allowed the photographer to control the colour saturation and achieve an unparalleled nuance in tonality; a quality that also characterizes the 75 dye-transfer prints exhibited at Foam.

William Eggleston – Los Alamos will be opened on Thursday 16 March, 2017

17 March – 7 June 2017

Foam Fotografiemuseum
Keizersgracht 609, Amsterdam
+31 (0)20 5516500
info@foam.org

27
Mar

Bruno Munari. Artista totale

Il percorso espositivo pone in evidenza la sua multiforme ricerca e l’originalità della sua sperimentazione offrendo alla fruizione del pubblico l’ampio arco delle sue operazioni creative: disegni, progetti, collage, dipinti, sculture, libri illeggibili, nuove tecniche di riproduzione delle immagini, oggetti di industrial design, esperienze di grafica editoriale, architettura, nonché nuove proposte di pedagogia, solo per indicare le discipline più rappresentative all’interno del suo progetto di sintesi delle arti. Partendo dalla convinzione che il lavoro a tutto campo di Munari non possa essere definito seguendo il meccanismo delle tendenze artistiche e delle tipologie stilistiche, la rassegna verte intorno all’idea di arte totale, somma di orientamenti e relazioni conoscitive che rivelano il piacere del comunicare, il rigore e la semplicità delle forme, la critica delle convenzioni artistiche, con l’ironia necessaria per esercitare l’immaginazione da molteplici prospettive.
«Arte è ricerca continua – ha scritto Munari – assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nella forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi».

Quest’approccio consente di cogliere la dialettica tra l’atto sperimentale e quello didattico, tra l’idea di fantasia e quella di creatività, tra la proposta innovativa e il suo carattere giocoso, soprattutto la consapevolezza di un universo di scelte possibili, una costante tensione a interpretare le immagini in modo sempre diverso. L’atto di osservare le cose della vita è fondamentale non solo per capire la loro genesi ma anche per valutare le possibili relazioni attraverso lo spostamento percettivo che esse suscitano nell’osservatore.

«Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita – ha scritto sempre Munari – vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare». L’artista non individualista si muove con lo sguardo rivolto verso la collettività, si propone di aiutarla a crescere culturalmente, a esprimersi con libera creatività. D’altro lato, Munari vede nella figura del designer la volontà di sperimentare i materiali più idonei a ottenere il massimo risultato con il minimo costo, un metodo di lavoro in grado di soddisfare la funzione degli oggetti in relazione alle esigenze della collettività. In tal senso, Munari ha dichiarato che la sua attività si svolge nei due canali principali della sperimentazione e della didattica, perseguendo idee svolte nel modo più semplice ed essenziale, al fine di curare non solo l’emissione dei messaggi ma anche la loro ricezione, secondo indicazioni dedotte dall’esperienza.
Mai trascurato è il rapporto tra la regola e il caso, due forze contrarie che tuttavia hanno bisogno di coesistere per garantire il flusso delle idee, il divenire delle forme sperimentate, soprattutto l’equilibrio della fantasia che ha bisogno della congiunzione tra queste due dimensioni della vita.Attraverso un’esemplare scelta di opere dagli anni Trenta agli anni Novanta, l’omaggio al genio creativo di Munari ripercorre le fasi iniziali che, dalle premesse futuriste delle “tavole tattili”, si sviluppano in modo provocatorio e ironico nei confronti delle logiche razionaliste con l’invenzione di “sculture aeree”, “macchine inutili”, oggetti di rete metallica appesi al soffitto “concavi-convessi” e successivamente “macchine aritmiche” fino alle “sculture da viaggio” che sfidano la retorica della scultura monumentale.

La ricerca pittorica è documentata da opere che dall’Astrattismo degli anni Trenta approdano all’importante ciclo dei Negativi-positivi degli anni Cinquanta, esempi di una ricerca che si protrae fino agli anni Novanta con varianti compositive caratterizzate da varietà di supporti e tecniche (disegni, bozzetti, progetti, collage, dipinti a olio, tempera, acrilico) realizzati nel corso del tempo su carta, su tela e su tavola, con superfici anche sagomate, con parti vuote che dialogano con la parete. La dinamica cromatica di queste opere determina un senso di instabilità ottica, ambivalenze tra il primo piano e lo sfondo, effetti che non permettono mai di fissare l’immagine in modo univoco.
Con la serie delle Curve di Peano (1974) Munari affronta il rapporto tra linea e quadrato interpretando l’ipotesi matematica che possano esistere linee curve senza tangenti, spingendo l’osservatore a «immaginare quale potrà essere il colore della superficie quadrata quando la curva, rimpicciolendosi e moltiplicandosi all’infinito, l’avrà riempita quasi tutta».
Su altri versanti di sperimentazione, Munari inventa Scritture illeggibili di popoli sconosciuti (1947), alfabeti ironici e scherzi grafici, Ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari (1955), e ancora giochi grafici, Ideogrammi, Variazioni sul viso umano, Antenati, Alberi, Nomi, e altri divertimenti come la serie delle “cartoline modificate”.
Sul piano dell’invenzione di nuovi spaziali tridimensionali si pongono opere come Salto mortale, Filipesi, Alta tensione, Flexy, costruzioni plastiche dotate di materiali metallici, lignei, filiformi: continui avvolgimenti di aerea leggerezza dove il peso del vuoto risulta determinante per il dialogo tra fantasia e immaginazione.

Per quanto riguarda il rapporto con le tecnologie Munari indaga la possibilità di usare in modo differente le caratteristiche degli strumenti a disposizione; nella serie delle Xerografie originali crea forme di vario tipo muovendo sul piano della fotocopiatrice l’immagine di base, in modo irripetibile.
Nel caso delle Proiezioni dirette la scelta dei materiali (Cellofan colorati, Rodhoid, Fibralin, carta sottile nera e due tipi di spugna artificiale) permette di comporre piccoli collage colorati trasparenti che possono essere proiettati con un comune proiettore per diapositive. Ognuno di questi materiali assume diversi aspetti secondo come viene trattato, garantendo gradi continui di sperimentazione. Nel Polariscop (1969) pellicole trasparenti disposte in una scatola di ferro e retroilluminate diventano – seguendo precisi accorgimenti –mezzi «per generare e animare il colore», osservando la sua nascita e la sua mutazione. Tetracono è un oggetto cinetico e programmato a quattro dimensioni dotato di motori che determinano la rotazione dei coni con combinazioni cromatiche sempre diverse, simili agli aspetti variabili del reale.
L’interesse per la dimensione ludica del comunicare porta Munari a frequentare il linguaggio della fantasia con forte senso ironico e umoristico nei confronti degli oggetti d’uso, trasformando la percezione del quotidiano con nuove morfologie (Forchette parlanti, Supplemento al dizionario italiano, Fossili del Duemila, Scimmietta Zizì, Sedia per visite brevi, Occhiali paraluce, Orologio Tempo Libero per Swatch). Celebri sono diventati gli oggetti di design, prodotti da Zanotta, Interflex, Robots e Danese (Lampada Falkland, Ora X, Portacenere cubico, Abitacolo, solo per citarne alcuni).

A queste tipologie si aggiungono anche esperienze nel campo delle arti cosiddette applicate con esempi di tessuti stampati, tessuti morbidi con composizioni astratte, piatti, gioielli e costellazioni.
Considerevole è infine il ruolo che nella mostra assume la documentazione intorno al libro, nelle sue molteplici identità di libri-oggetto, pre-libri, libri illeggibili, libri didattici, libri teorici, con varie ricerche di grafica editoriale, in particolare le prime idee, un prezioso repertorio che testimonia i rapporti con le case editrici con cui ha maggiormente collaborato: Einaudi, Scheiwiller, Zanichelli, Laterza, Lucini, Corraini.
Di quest’ultimo editore si segnalano tra gli altri i seguenti titoli: MN1 Libro illeggibile (1984); I negativi-positivi (1986); MN2 Libro illeggibile (1988); Simultaneità degli opposti (1989); Alla faccia! (1992); Viaggio nella Fantasia (1992); Saluti e baci (1992); MN3 Libro illeggibile, Luna Capricciosa (1992); MN4 Libro illeggibile (1993); Pensare confonde le idee (1993); La favola delle favole (1994); MN5 Libro illeggibile (1995); Il mare come artigiano (1995); Emozioni, (1995); Prima del disegno (1996); La Rana Romilda (1997); Il prestigiatore giallo (1997); Buona notte a tutti (1997); Cappuccetto Bianco (1999).
Nel corso della mostra è programmato un ciclo di attività didattiche che si svolgeranno nella sede del Museo con laboratori aperti ai bambini con la finalità di avvicinarli all’arte attraverso l’esperienza diretta del fare. Vedere, toccare, provare e fare sono infatti processi attraverso i quali sviluppare una sensibilità tattile che amplifica la conoscenza sensoriale.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo con la riproduzione delle opere esposte, introdotte da un saggio storico-critico del curatore Claudio Cerritelli (docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Brera), un’intervista a Gillo Dorfles e apparati bio-bibliografici

Bruno Munari nasce a Milano nel 1907. Appena ventenne viene a contatto con i Futuristi della cosiddetta seconda ondata, con i quali espone in diverse mostre alla Galleria Pesaro (tra il 1927 e il 1932) e in molte altre occasioni (Biennale di Venezia del 1930, 1934, 1936; Quadriennale di Roma del 1935; Triennale di Milano 1936 e 1940). Del 1930 è la sua prima “scultura aerea” che porterà successivamente (1933) alla famosa serie delle “macchine inutili”. Prosegue il lavoro di gra ca e di progettazione per uf ci, mentre nello stesso periodo collabora a numerose riviste («La lettura», «Natura», «Settebello», «Grandi Firme», «L’Uf cio moderno» ecc.), illustra libri futuristi, tra cui nel 1937 il Poema del vestito di latta di Marinetti e progetta lavori pubblicitari per la Campari. Nel 1942 esce per le edizioni Einaudi Le macchine di Munari, nel 1944 la rivista «Domus» pubblica le Fotocronache e nel 1945 Mondadori edita una serie di libri innovativi per bambini (lo stimolo è l’educazione del glio Alberto, nato nel 1940 da Dilma, sua moglie). Nel 1948 è tra i fondatori a Milano del MAC – Movimento Arte Concreta (con Gillo Dor es, Gianni Monnet e Atanasio Soldati), proposta di sintesi delle arti, posizione interdisciplinare tra pittura, architettura plastica e prodomi dell’industrial design. Per il MAC, che dura no al 1958, Munari progetta alcuni bollettini informativi, secondo le sue tipiche idee trasgressive sull’oggetto-libro e inoltre espone in numerose personali e collettive, per alcune delle quali progetta i suoi Libri illeggibili (1950). Dopo aver vinto nel 1954 e 1955 il prestigioso Compasso d’oro, nel 1957 inizia la collaborazione con la ditta Danese di Milano per la quale progetta oggetti di industrial design. Nel 1962 organizza, presso il negozio Olivetti di Milano, la celebre mostra Arte Programmata, mentre dal 1961 al 1965 realizza una serie di multipli, oggetti estetici prodotti serialmente. Nel 1967 è invitato dalla Harvard University a tenere un corso di comunicazione visiva presso il Carpenter Center for the Visual Arts di Cambridge, nel Massachusetts, e da quelle lezioni nasce il libro Design e Comunicazione Visiva. Del 1968 sono i primi Giochi didattici, ideati per Danese, che evidenziano l’attenzione per il mondo dell’infanzia. Proprio per i bambini progetta per la ditta Robots l’Abitacolo (1979-1981), struttura abitabile trasformabile, da cui deriva una serie di oggetti dalle caratteristiche simili (libreria, divanetto, tavolini, portalibri ecc,) prodotti no ad oggi. Questo interesse si conferma, oltre che nei Giochi, con collane di libri pensati per i bambini e per gli insegnanti e, in seguito, soprattutto con l’ideazione di laboratori che richiedono un lavoro di équipe cui Munari sovraintende per formare altri operatori. Riceve un altro Compasso d’oro per l’Abitacolo (1979), una menzione onorevole dell’Accademia delle Scienze di New York, il premio della Japan Design Foundation (1985), il premio Spiel Gut di Ulm (1971, 1973, 1987), il premio Andersen per il migliore autore per l’infanzia (1974), il premio Lego (1986) e il premio dell’Accademia dei Lincei per la gra ca (1988). Nel 1989 ottiene la laurea ad honorem in architettura dall’Università di Genova. Uno dei suoi ultimi progetti è l’orologio Tempo libero realizzato dalla Swatch nel 1997. La sua attività artistica è documentata in signi cative rassegne collettive (Biennale di Venezia del 1986) e in prestigiose personali (Milano, Gerusalemme, Tokyo, Parigi, Zurigo, Cantù). Nel corso del tempo si accrescono le collaborazioni editoriali e, oltre a Einaudi, Laterza, Zanichelli, Scheiwiller, Lucini, collabora a lungo con Corraini pubblicando gran parte dei suoi ultimi libri.

Muore a Milano il 30 settembre 1998 all’età di 91 anni.

MEF – Museo Ettore Fico
via Francesco Cigna 114, Torino

Bruno Munari. Artista totale
mostra e catalogo a cura di Claudio Cerritelli

16 febbraio – 11 giugno 2017
da mercoledì a venerdì ore 14 – 19 sabato e domenica ore 11 – 19