In occasione della ventiseiesima edizione di Cantine Aperte, Tenuta la Pineta ospita la mostra La Dolcezza può far perdere il senno, progetto speciale di Alessandro Bernardini e Francesco Alpini, curato da Tiziana Tommei. Da sabato 26 maggio, gli ambienti in e outdoor della tenuta vinicola di Luca Scortecci a Castiglion Fibocchi, ad Arezzo, saranno aperti all’arte contemporanea. Non è la prima volta che il vino e l’arte s’incontrano in questi spazi: per questo evento è stato ideato un concept espositivo che unisce un’eterogeneità di media e linguaggi, lasciando costantemente al centro il contesto. Le opere realizzate, tutte create in esclusiva per questa iniziativa, muovono infatti dal luogo che le accoglie, con il quale conducono un dialogo silenzioso e puntuale. In casi come il nostro, una mostra può rivelarsi tanto gravida di componenti, stimoli, sfumature, ma anche di ambiguità, ambivalenze e contraddizioni, che trovarsi a percorrerla può portare ad immergersi in una dimensione a sé stante, scissa, indipendente dal reale e tuttavia così incredibilmente autentica e indissolubilmente legata al vissuto. S’invita il visitatore a compiere un percorso, diviso in quattro capitoli, muovendosi dall’esterno verso l’interno. La teatralità di Meteorite, installazione site specific di Alessandro Bernardini, apre questa sorta di cammino, mettendo in scena una realtà allucinata e distorta, annichilita e devastata a seguito della collisione con una roccia ricoperta da una coltre di catrame: è l’incipit del racconto che ci si accinge a narrare. Questo scenario esorta a cercare rifugio all’interno, dove nell’immediato si avverte un senso d’incertezza: infatti, tutto appare frammentato (Vinum Senescens), incerto (Pause – play – forward) e intorbidito (A me – n). Il trittico fotografico di Francesco Alpini, Pause – play – forward, sebbene mostri come soggetto una natura morta omaggio a Bernardini (come rivelano il manichino, la superficie nera e lucida che rimanda al catrame, i volumi di cemento, il minimalismo e il rigore della composizione), in esso lo still life risulta essere un mero pretesto per ragionare su questioni formali, tecniche e di percezione. Inoltre, dalla scelta del titolo, egli non contempla dichiaratamente la possibilità di tornare indietro (come risulta del resto insanabile la cesura tra i due elementi, quello umano e quello meccanico, in Vinum Senescens), innestando dunque un ulteriore germe di realismo in immagini esteriormente stranianti e avulse da una qualsivoglia forma di logica tangibile. Improvvisamente, questo stato di sospensione viene interrotto da un episodio di violenta rottura: Fratture immanenti, installazione site specific realizzata dai due artisti, giunge all’osservatore come un’immagine destrutturata e ricomposta attraverso i frammenti di uno specchio ideale che riflette un intero perfettamente intellegibile. Alla crisi segue la ricostruzione: a partire dalle fondamenta (il filo rosso del cemento in blocchi), la forza fisica e in misura superiore la mente umana, sia come ratio (Ombra libera) che come forza immaginifica, (From darkness to light) riconducono a nuova vita (Innesto 2.0 – Equilibrio variabile). Le ultime due opere citate fissano la ricerca della stabilità a tema centrale in corrispondenza della chiusura della mostra: se Bernardini resta ben ancorato a terra, suggerendo che l’equilibrio sia di fatto indirettamente proporzionale alla distanza dal suolo, Alpini sceglie l’utopia e rappresenta innesti in sospensione nei quali è la componente umana a simboleggiare la vita, annullando ogni effetto di gravità, in forza delle infinite capacità della mente umana.Continue Reading..