Category: pittura

12
Mag

Ettore Spalletti

“Quando fai una passeggiata sul mare, vedi l’azzurro che diventa sempre più profondo, e, verso sera, diventa tutto d’argento, la linea dell’orizzonte si perde e il mare si congiunge con il cielo”
Ettore Spalletti

A partire dalla metà degli anni Settanta, Ettore Spalletti si è dedicato ad una ricerca tesa a valorizzare il risalto emotivo del tono cromatico, indagato sia in pittura che in scultura. La pratica artistica si identifica in Spalletti con un processo interamente manuale di elaborazione della superficie (il supporto ligneo del dipinto, ma anche il marmo o l’alabastro della scultura), trattata con molteplici stesure di pigmenti. Dalla apparente monocromia delle sue opere, traspare un colore intriso di materia e di luce, in armonica interrelazione con lo spazio circostante. La superficie pittorica infatti si pone in rapporto con l’ambiente espositivo in senso fisico, fino al punto di rinunciare alla propria integrità tramite la rastrematura dei bordi o l’aggetto del piano di supporto, travalicando il confine tra pittura e scultura. L’opera scultorea si presenta come forma fortemente sintetizzata in senso geometrico e spesso si fa allusiva ad immagini riconoscibili (colonna, vaso, coppa, che valgono come archetipi del linguaggio della scultura). Nella galleria Vistamare, Spalletti espone alcune delle ultime opere realizzate – Muro, azzurro 2016, Come l’acqua 2016, Grigio oro, orizzonte 2016 – insieme ad altre meno recenti – Scatola di colore 1991, Così com’è 2006. Le pareti della sala più grande della galleria saranno scompaginate dall’opera Carte, sottili fogli di legno di grande formato, dipinti sul fronte e sul retro, che si muovono liberamente; un lavoro che si pone in continuità con le prime carte di colore realizzate nel 1974.Continue Reading..

07
Mag

INTUITION

In concomitanza con la Biennale d’Arte di Venezia 2017, Intuition è la sesta mostra co-prodotta dalla Axel & May Vervoordt Foundation e la Fondazione Musei Civici di Venezia per Palazzo Fortuny. Una serie di esposizioni di grande successo di pubblico e critica, curata da Daniela Ferretti e Axel Vervoordt, Artempo (2007), In-finitum (2009), TRA (2011), Tàpies. Lo Sguardo dell’artista (2013) e, più recentemente, Proportio (2015), che giunge ora al suo ultimo capitolo. Intuizione, dal latino intueor, è una forma di conoscenza non spiegabile a parole, che si rivela per “lampi improvvisi”, immagini, suoni, esperienze.

L’intuizione è la capacità di acquisire conoscenze senza prove, indizi, o ragionamento cosciente: un sentimento che guida una persona ad agire in un certo modo, senza comprendere appieno il motivo. Una mostra che intenda esplorare il tema dell’intuizione non può che iniziare dunque dai primi tentativi di creare una relazione immediata tra terra e cielo: dall’erezione di totem allo sciamanismo, alle estasi mistiche, dagli esempi di illuminazione nell’iconografia religiosa (Annunciazione, Visitazione, Pentecoste…) alla capacità di rivelazione divina del sogno dimostrando come l’intuizione ha, in qualche modo, plasmato l’arte in aree geografiche, culture e generazioni diverse. Un’esposizione che riunisce artefatti antichi e opere del passato affiancate ad altre più moderne e contemporanee tutte legate al concetto di intuizione, di sogno, di telepatia, di fantasia paranormale, meditazione, potere creativo, fino all’ipnosi e all’ispirazione. Il campo d’indagine si sposta quindi verso la modernità: nel XIX secolo le tematiche dello spirituale, del sogno, del misticismo, il sentimento panico della natura avranno nuovi sviluppi e, agli albori del secolo successivo, giocheranno un ruolo determinante nella nascita dell’astrattismo con Vassily Kandinsky, Paul Klee, Hilma af Klint. L’arte etnica, apportatrice di forme ed energie nuove, avrà anch’essa una forte influenza sullo sviluppo dei nuovi linguaggi artistici. Particolare attenzione è accordata agli aspetti più “sperimentali” del Surrealismo: scrittura e disegno automatici, creazione collettiva, stati di alterazione dell’Io saranno rappresentanti in mostra dai ‘dessins communiqués’ e ‘cadavres exquis’ di André Breton, André Masson, Paul Eluard, Remedios Varo, Victor Brauner – tra gli altri – insieme agli esperimenti fotografici di Raoul Ubac e Man Ray, e alle opere su carta di Henry Michaux, Oscar Dominguez e Joan Miró. Questa eredità si rifletterà in una serie di opere di artisti contemporanei come Robert Morris, William Anastasi, Isa Genzken, Renato Leotta e Susan Morris che, dal 1960, hanno ravvivato, sviluppato e modernizzato l’interesse per l’automatismo, portando a nuovi risultati formali e tecnici. L’importanza della ricerca spaziale e temporale intrapresa dai gruppi Gutai, Cobra, Zero, Spazialismo e Fluxus sarà illustrata con opere di Kazuo Shiraga, Pierre Alechinsky, Günther Uecker, Lucio Fontana, Mario Deluigi e Joseph Beuys. Altre opere contemporanee di artisti come Marina Abramovic, Chung Chang-Sup, Ann Veronica Janssens e Anish Kapoor, si ispirano ad esperienze soggettive o stati d’animo, per colpire lo spettatore con le proprie preoccupazioni e coinvolgerlo empaticamente. Durante i giorni di apertura i visitatori saranno invitati a esplorare e sperimentare la fantasia paranormale degli artisti attraverso quattro rappresentazioni legate al sogno, la telepatia, e l’ipnosi – della mente e del corpo – realizzate da giovani artisti: Marcos Lutyens, Yasmine Hugonnet, Angel Vergara e Matteo Nasini. L’intuizione si propone di suscitare domande sulle origini della creazione, ed è destinata ad essere vista come un ‘work in progress’, grazie ai lavori dei più importanti artisti contemporanei posti in dialogo con le opere storiche e con il carattere unico della residenza di Mariano e Henriette Fortuny. Kimsooja, Alberto Garutti, Kurt Ralske, Maurizio Donzelli, Berlinde De Bruyckere, Gilles Delmas e Nicola Martini creeranno installazioni site-specific, parte integrante della mostra negli spazi di Palazzo Fortuny.

Museo di Palazzo Fortuny
13 Maggio – 26 Novembre 2017
Co-produced with Axel & May Vervoordt  Foundation
Curated by Daniela Ferretti e Axel Vervoordt
Co-curated by Dario Dalla Lana, Davide Daninos and Anne-Sophie Dusselier

Immagine: Bernardi Roig, “An Illuminated Head for Blinky P.”, 2010, Resina di poliestere polvere di marmo, luce fluorescente 177,8 x 64,77×30,48 cm,Courtesy Galerie KEWENIG, Berlin, Palma, © Silvia León

24
Apr

Andrea Chiesi. Parallelo

Dopo La Casa del 2004 e Elogio dell’ombra del 2009, Andrea Chiesi torna nelle sale espositive della OTTO Gallery con la mostra personale Parallelo, a cura di Luca Panaro. La ricerca artistica di Andrea Chiesi è nota per la particolare attenzione a spazi industriali destinati alla riconversione, rappresentati in modo minuzioso attraverso la pittura e in seguito a una serie di incursioni del luogo. Il dipinto è la manifestazione finale della sua ricerca ma un ruolo significativo lo svolge la fase processuale che la precede (realtà, fotografia, disegno).
La mostra, allestita nelle sale della galleria, è concepita come una grande installazione composta prevalentemente di dipinti a olio su lino, disegni a inchiostro e pennarello su carta, pastelli a olio, che alludono però al comportamentismo dell’artista: esplora luoghi abbandonati, strizza l’occhio all’automatismo fotografico, riproduce in velocità per favorire la contemplazione in studio. La realtà si trasforma mediante la pittura che permette a Chiesi di modificare ciò che vede, alterando i micro e macro particolari che ritiene più significativi. Anche la cromia delle sue opere merita una riflessione: il nero e il grigio si mescolano a una serie di gradazioni di azzurro, il dipinto così ottenuto prende le distanze dal bianco e nero di certa fotografia di documentazione architettonica, così come dalla visione a colori tipica del nostro sistema percettivo. In questo modo l’artista instaura un dialogo differente col suo interlocutore, spostando l’attenzione dalla realtà a un piano personale e immaginario.

Il titolo della mostra, Parallelo, si riferisce al dialogo tra le opere esposte, in cui il tempo sembra azzerato per lasciare spazio al confronto tra dipinti e disegni di epoche differenti: la seconda metà degli anni Novanta, i primi Duemila, gli anni Dieci, fino ai lavori nuovi terminati negli ultimi mesi. L’esposizione però non segue questo ordine, quello cronologico, volutamente si è deciso di saltare da un decennio all’altro, trovando in ogni sala della galleria l’occasione per fare convivere opere di periodi diversi ma accomunate da un unico approccio, quello che Chiesi dimostra fin dagli esordi. Le sue visioni giovanili, le vedute di certi luoghi deserti, l’ossessione per i corridoi, ma anche alcune serie dove affronta la figura umana, i disegni erotici, tematiche che appaiono precocemente nella sua ricerca, si affermano nel corso degli anni e si manifestano con forza nei dipinti odierni. Alcuni di questi lavori recenti sono ispirati a fotografie di Roberto Conte, amico dell’artista e compagno di esplorazioni. L’allestimento è pensato per essere a-cronologico ma anche a-temporale, manifesta cioè la necessità di Andrea Chiesi di prescindere dal “qui e ora”, proponendo senza timore luoghi vissuti in passato, da lui fotografati e archiviati, oggi pronti per essere rimessi in circolo attraverso il medium della pittura.

OTTO Gallery
ANDREA CHIESI Parallelo
a cura di Luca Panaro
21 aprile – 20 giugno 2017

OTTO Gallery
via d’Azeglio 55
40123 – Bologna
t. +39 051 6449845
info@otto-gallery.it

10
Apr

Third Identity – Al Dahkel

The majority of native Palestinians were dispersed, uprooted or exiled after the Nakba of 1948; as a result, their common history was fragmented between Al Dakhel Palestinians and the diaspora. Those who stayed–or could return home – came of age in a system where their culture and immediate past were erased. Their cultural education was further unique in the region, as it reflected the influences from western and eastern Europe of the newly emigrated people. This slowly changed after the 1970s, when the second generation started to claim their roots post-Nakba and question their unequal status in society. In parallel, artists such as Abed Abdi and Asad Azi, were working on the reconstruction of a local Palestinian collective memory. Therefore, the identity of Al Dakhel artists is suspended between citizenship, Israeli education, occidental influences, belonging to Palestinian culture and a strong attachment to their land.

Questions related to displacement, belonging, native culture and fragmentation recur in the work of Al Dakhel artists. By addressing these personal and highly specific questions within the context of a complex society, the artists touch upon more universal questions: who are we, and how does identity evolve when challenged?

THIRD IDENTITY explores the artistic (re)construction of the Al Dakhel identity and its evolution through three generations of artists. It is conceived as a journey through time that outlines common themes and concerns such as memory, post colonialism, hybridity, minority, and both the absence and cross-fertilization of cultures. It shows the richness and the diversity that flourished despite the traumas and “schizophrenic” living conditions, as one artist put it. This exhibition aims to shine a light on this group and give it its rightful place within the regional Arab culture.

Artists Bio
Six emerging and established artists of Al Dakhel, meaning Palestinians of the Interior. Al Dakhel sub-groups include Muslim Arabs, Christian Arabs and Druze, all whose roots are traced to historic Palestine and who live today on / close to their land, as both Palestinians and citizens of Israel. It is the first time that Al Dakhel artists will be shown in the Arab World.
Rula Alami is a Palestinian-Lebanese art collector and curator, based in Beirut and involved with the Palestinian Museum in Birzeit. She invited Valerie Reinhold, an art curator and advisor based in Amsterdam, to tell the story of these artists.

Contemporary Art Platform Kuwait
Industrial Shuwaikh, Block 2, Street 28
Life Center (same building as Eureka), Mezzanine
T: +965 2492 5636

Third Identity – Al Dahkel
08/03/2017 – 22/04/2017
Contemporary Art Platform / Main Exhibition

Third Identity is available in CAP till the 20th of May

gallery report by amaliadilanno

10
Apr

Ettore Frani. Ricucire il cielo

La Nuova Galleria Morone presenta la prima personale milanese di Ettore Frani, artista tra le ultime generazioni già molto apprezzato, dal titolo Ricucire il cielo.

L’esposizione, realizzata appositamente per gli spazi della galleria, è composta dall’ultimo ciclo di opere attraverso le quali l’artista, come sempre nella sua ricerca pittorica, indaga il volto e il mistero della Natura, con la quale l’uomo è da sempre in comunione. Come dice lo stesso Frani, è proprio in essa che l’uomo vede riflessa la propria componente materiale e spirituale e, meglio di ogni altra cosa, può restituirci il senso del nostro essere al mondo.

In questa personale, Frani approfondisce la direzione pittorica del suo linguaggio, lavorando su alcuni elementi fondamentali che d sempre lo accompagnano: l’uomo in relazione e conflitto tra natura e spirito, la pittura come velatura, rivelazione e attesa dell’immagine, l’intento estetico come messaggio etico. E’ dal contingente, dal mondo più concreto, ci suggerisce l’artista, che passa ciò che è più sottile e spirituale.

Durante il corso della mostra verrà pubblicato e presentato un catalogo con testi di Ilaria Bignotti e Silvano Petrosino.

Tutti i dipinti che compongono Ricucire il cielo sono interconnessi e rivelano corrispondenze nascoste dove uomo e natura, terra e cielo, micro e macrocosmo creano una sorta di respiro, una danza che vibra tra luce e gravità, dove il movimento ascendente e discendente diviene atto simultaneo. Il cielo stesso, che si fa metafora del nostro cielo interiore, appare come ferito e bisognoso di cura e dedizione. Il gesto del cucire, o meglio, del ri-cucire, vuole sottolineare da un lato un azione anche umile, quotidiana, di lavoro sofferto, dall’altro un atto impossibile che si compie su un taglio perenne, ma forse, proprio per questo, quantomai necessario.

Ettore Frani Termoli (CB) 1978. Vive e lavora a Lido di Ostia. Si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino nel 2002 e si specializza all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2007. Nel 2010 vince il Premio Arti visive San Fedele “Il segreto dello sguardo”Castelli in occasione di Limen, ed è finalista al LXI Premio Michetti. Nel 2011 esce la sua prima monografia, edita da Vanilla edizioni, con testi di Massimo Recalcati e Stefano personale presso la Galleria L’Ariete di Bologna. Nello stesso anno è l’Evento Speciale del Padiglione Italia ‘Lo Stato dell’Arte|Padiglione Accademie’ alla 54^ Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, selezionato da Vittorio Sgarbi per invitato a Giorni Felici a Casa Testori 2011 e vince la 1^ edizione del Premio Ciaccio Broker per la Giovane Pittura Italiana. Nel 2012 invitato al MAR di Ravenna per l’evento Critica in Arte, a cura di Matteo Galbiati, e vince il Premio Opera CGIL-Le vie dell’acqua. Nel 2013 realizza la personale Attrazione Celeste, a cura di Umberto Palestini, esposta a Casa Raffaello/Bottega Giovanni Santi in Urbino e al Museo L’Arca-Lab di Teramo ed è invitato ad esporre nel Secondo Fienile del Campiaro a Grizzana Morandi per la mostra Un’Etica per la Natura curata da Eleonora Frattarolo. Nel 2014 è al Museo Nazionale di Ravenna con la personale Respiri a cura di Antonella Ranaldi. Nel 2015 prende parte al progetto internazionale Macrocosmi Ordnungen anderer Art Berlin<>Bologna, a cura di Martina Cavallarin e Pascual Jordan, e realizza la personale Composizioni. Ettore Frani e Lorenzo Cardi, a cura di Eli Sassoli de’Bianchi, presso il Complesso Monumentale di Santa Maria della Vita a Bologna. Nello stesso anno è finalista al 16° Premio Cairo.

Ettore Frani. Ricucire il cielo
NUOVA GALLERIA MORONE
Via Nerino 3, Milano
6 aprile | 1 giugno 2017 6 aprile 2017, ore 18
lun. – ven. ore 11 – 19 | sab. 15 -19
(la galleria dal mese di maggio resterà chiusa il sabato)
Tel 02 72001994 | Fax 02 72002163 |
info@nuovagalleriamorone.com

09
Apr

Tadashi Kawamata. The Shower

Valorizzare il patrimonio culturale sperimentando nuove vie per il rinnovamento dell’antica sapienza artigianale attraverso la visione di artisti e designer: è questa la mission di Fondazione Made in Cloister che quest’anno vede impegnato, nella creazione di una grande istallazione site-specific dal titolo “The Shower”, l’artista giapponese Tadashi Kawamata. L’opera di Kawamata, realizzata con l’intervento degli artigiani e coinvolgendo i ragazzi  del quartiere  di Porta Capuana, con la supervisione del curatore del progetto Demetrio Paparoni, sarà inaugurata  sabato 13 maggio 2017 alle ore 19,00.

Il progetto
Tadashi Kawamata – Made in Cloister è un’installazione site-specific curata dal critico Demetrio Paparoni. L’opera, che occuperà sia l’interno del chiostro che la facciata dell’attigua Chiesa rinascimentale di S. Caterina a Formiello, sarà realizzata dall’artista giapponese durante una permanenza a Napoli di due settimane. Su invito della Fondazione Made in Cloister, l’artista ha visitato Napoli e l’area di Porta Capuana nel Settembre del 2016, esplorandola con l’occhio del ricercatore e dello studioso.  In seguito a tale indagine Kawamata ha elaborato il suo intervento che sarà definito nei particolari durante la sua nuova permanenza a Napoli, prevista a partire dal 25 aprile 2017. Come spesso accade nelle sue opere, i materiali utilizzati saranno riciclati e scelti in quanto espressione dell’economia locale sia nella ricerca dei materiali che nella costruzione delle strutture in legno da lui disegnate: in questo caso cassette di legno comunemente usate nei mercati  di frutta e verdura. L’artista coinvolgerà  nella  realizzazione  artigiani e I ragazzi del quartiere di Porta Capuana, attraverso l’associazione Officine Gomitoli, per una grande opera collettiva. Il quartiere  diventa protagonista sia per l’estensione dell’opera e sia per le modalità collaborative e partecipative dell’ esecuzione artistica.

L’Ambasciata del Giappone in Italia, ha incluso l’evento nelle celebrazioni ufficiali del 150° anniversario delle relazioni tra il Giappone e l’Italia.

L’artista
“Visitare i luoghi, conoscerne gli abitanti, le loro abitudini e la loro economia è il primo passo dei miei progetti.”Tadashi Kawamata
“L’entusiasmo con cui Tadashi ha accettato di realizzare questo suo intervento nell’area di Porta Capuana  – dice Davide de Blasio, responsabile del programma artistico di Made in Cloister – è per noi un segno importante che rafforza la nostra convinzione che l’arte e la creatività possono dare una forte spinta al processo di rigenerazione e sviluppo sostenibile per le aree urbane segnate dal degrado”. Dopo il suo intervento del 2013 a Palazzo Strozzi, Tadashi Kawamata – Made in Cloister è la prima installazione che l’artista realizza in Italia utilizzando una struttura al tempo stesso pubblica e privata.Continue Reading..

09
Apr

Alfredo Pirri. I pesci non portano fucili

Martedì 11 aprile 2017 inaugura al MACRO Testaccio la prima antologica dedicata ad Alfredo Pirri, i pesci non portano fucili, curata da Benedetta Carpi De Resmini e Ludovico Pratesi.
La mostra, che resterà aperta fino al 4 giugno 2017, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e organizzata in collaborazione con le gallerie Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea ed Eduardo Secci Contemporary.

Quella del Macro Testaccio rappresenta la tappa conclusiva del progetto I pesci non portano fucili, un viaggio all’interno dell’opera, del pensiero e della ricerca dell’artista che è iniziato nel novembre 2016 con la prima mostra RWD / FWD, allestita presso lo Studio/Archivio dell’artista. Il titolo del progetto è stato scelto dallo stesso Pirri in omaggio all’opera The Divine Invasion di Philip K. Dick (1981), in cui l’autore immagina una società disarmata e fluida come il mare aperto dentro il quale immergersi e riemergere dando forma ad avvenimenti multiformi. Tutto il progetto viene proposto come un nuovo possibile modello di rete culturale, fortemente sostenuto da Pirri, in cui ogni istituzione coinvolta è autonoma ma in costante dialogo con le altre. L’esposizione riunisce 50 opere tra le più importanti e significative realizzate dall’artista nel corso della sua carriera dagli anni ‘80 ad oggi, sottolineando l’alternarsi ritmico di fluidità e fissità, dove i repentini mutamenti di tecnica diventano allegoria di un tempo mentale, scandito dagli elementi che da sempre contraddistinguono la ricerca dell’artista: lo spazio, il colore e la luce. “Questa mostra, come afferma il curatore Ludovico Pratesi, permette una lettura completa e ragionata della complessità della ricerca di Alfredo Pirri, attraverso un itinerario espositivo strutturato come un’opera in sé. Lo spazio del Macro Testaccio viene interpretato dall’artista in maniera da sottolineare le componenti fondamentali del suo pensiero, per invitare il visitatore a condividere un’esperienza immersiva giocata sull’armonia tra spazio, luce e colore”.

La mostra si snoda attraverso un percorso articolato in cui il tema della città, intesa non solo come agglomerato urbano ma come spazio aperto, luogo di condivisione e di incontro, è declinato in varie sfaccettature, attraverso una profonda rielaborazione dello spazio architettonico stesso e qui diviso in due sezioni principali. Apre la mostra l’opera che l’artista ha realizzato nei mesi di ricerca all’interno del laboratorio allestito alla Nomas Foundation: Quello che avanza (2017), prosecuzione dello studio sulla luce e il colore che da sempre caratterizza la sua poetica. Costituito da 144 stampe, il lavoro è frutto di una ricerca sulla tecnica della cianotipia, che consente di realizzare immagini fotografiche off-camera di grandi dimensioni, caratterizzate da intense variazioni di blu. Di queste stampe, 130 testimoniano le fasi di lavorazione di un’opera e i residui da essa prodotti, mentre 14 sono il risultato di una procedura unica, che vede l’uso di piume appoggiate direttamente a impressionare i fogli preparati con sostanze chimiche ed esposti ai raggi UV.

Tra le altre opere scelte, Gas (1990), lavoro che combina elementi concettuali e minimalisti, capace già nel titolo, di evocare una materia invisibile che attraversa e riempie lo spazio circostante; le Squadre plastiche (1987-88), con la loro immobilità di testimoni mute e contemporaneamente la loro pittura che si riverbera sulla parete come energia viva; Verso N (2003), installazione in cui i frammenti costruiscono un orizzonte immaginario, un paesaggio spirituale attraversato da fasci di luce che si irradiano nello spazio riflettendo i colori della pittura; La stanza di Penna (1999), costituita da copertine di libro disposte in modo da creare uno skyline urbano, paesaggio bagnato da una luce diffusa che ricorda i colori del tramonto. A fare da raccordo tra le due sezioni l’opera Passi, che assume la valenza di una soglia. Si tratta di un’installazione site specific costituita da pavimenti di specchi che si frantumano sotto i passi dell’artista e dell’osservatore, creando narrazioni deformate che promuovono un dialogo dialettico con lo spazio circostante, la sua natura e la sua storia.

Come spiega la curatrice Benedetta Carpi de Resmini: “Alfredo Pirri ha sperimentato negli anni molteplici linguaggi espressivi spaziando dalla pittura alla scultura, dal video alla performance, ma è soprattutto la sua concezione del rapporto spazio – temporale, mediato dal lavoro che genera l’opera, che si presenta allo spettatore come una palingenesi: una nuova visione della realtà e della città. Lo spazio architettonico si trasforma così in supporto-tela su cui Pirri “dipinge” vuoti e pieni, luci e ombre, in una meditata metamorfosi che ne esalta i valori cromatici, concettuali e simbolici”Continue Reading..

06
Apr

Gerhard Richter. The Editions

In the spring of 2017, Gerhard Richter celebrated his 85th birthday. To mark this occasion, the entirety of Richter’s editioned work created since 1965 will be on view at the Museum Folkwang from April 7 until July 30, 2017. The exhibition Gerhard Richter. The Editions is the most comprehensive that the editions, currently numbering more than 170, have been given to date, and brings the artist’s most famous motifs together with many of his works that are rarely shown.

Gerhard Richter’s editioned works—prints, photographs, objects, and paintings—form an important group within the artist’s complex oeuvre. At the same time, they offer an overview of his more than five decades of extensive artistic work. Richter has used the concept of editioning since the early years of his artistic career to interpret his works and ideas anew and simultaneously to extend their reach through wider dissemination.

Richter’s earliest editions already show a new formulation of the same questions that occupy him in painting: questions about the meaning of original and copy, about the idiosyncrasies of photography, painting, and printing, and about the interpretation of his chosen subjects. As his painting has changed and evolved, his editions also reflect new subjects, concepts, and artistic strategies. In addition to found family portraits and photographs from newspapers and magazines—for example, Flugzeug II (Airplane II), 1966—he increasingly uses his own snapshots as the starting point for new artwork. Thus, for the edition Ella (2014), he returned to a photograph of his own daughter taken in 2006. Abstraction also plays a central role in the editions. Not only does Richter use abstract paintings as templates for photographs, excerpts from which he combines to make new works; he also creates editions with unique characteristics, as in Fuji, a series of 110 abstract paintings, of which the exhibition will feature two selections.

The exhibition is a collaboration with the Olbricht Collection.

Supported by Merck Finck Privatbankiers.

Press conference
Wednesday, April 5, 11am

Press contact
Anna Littmann: T +49 201 8845 160 / anna.littmann@museum-folkwang.essen.de

Public program
The exhibition will be accompanied by a range of public and educational programs. For the dates, please visit www.museum-folkwang.de or subscribe to our newsletter by clicking here.

Lecture
Thursday, June 22, 7pm, CONCEPTION – PRODUCTION – EDITION. with Mike Karstens, Print workshop, Münster

Gerhard Richter. The Editions
April 7–July 30, 2017

Opening: April 6, 7–10pm

Museum Folkwang
Museumsplatz 1
45128 Essen
Germany

Image: Kerze I, 1988. Candle I. Offset print and chalk on paper, 89,3 x 94,5 cm. Courtesy Olbricht Collection© Gerhard Richter, 2017

01
Apr

Italian Pavilion at the Venice Biennale

Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi, Adelita Husni-Bey
Il mondo magico
May 13–November 26, 2017

Italian Pavilion at the Venice Biennale
Arsenale
Venice
Italy

www.ilmondomagico2017.it

Commissioned by the Ministry of Cultural Heritage and Activities and Tourism
DGAAP – Directorate-General for Contemporary Art and Architecture Urban Peripheries
Commissioner: Federica Galloni, Director General DGAAP
Realized by the Venice Biennale

Curated by Cecilia Alemani

Il mondo magico is the exhibition for the Italian Pavilion at the Venice Biennale 2017, and it presents ambitious new projects by Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi, and Adelita Husni-Bey. These artists—all born in Italy between the 1970s and the 1980s—emerged on the scene in the first decade of the new millennium and, despite many stylistic differences, share a fascination with the transformative power of the imagination and an interest in magic.

In their works, Andreotta Calò, Cuoghi, and Husni-Bey construct parallel universes that teem with references to magic, fancy, and fable, creating complex personal cosmologies. They see themselves not just as producers of artworks, but as active interpreters and creators of the world, which they reinvent through magic and the imagination. For the invited artists, magic is not an escape into the depths of irrationality but rather a new way of experiencing reality: it is a tool for inhabiting the world in all its richness and multiplicity.

The title of the exhibition is borrowed from Ernesto de Martino’s book Il mondo magico; this Neapolitan scholar developed seminal theories about the anthropological function of magic, which he studied for decades, describing its rituals as devices through which individuals try to regain control in times of uncertainty and reassert their presence in the world.

Within the landscape of contemporary Italian art, Andreotta Calò, Cuoghi, and Husni-Bey use magic as a cognitive instrument for reconstructing and reinventing reality, sometimes through fantasy and play, sometimes through poetry and imagination. This approach allows them to create complex aesthetic universes that eschew the documentary-style narrative found in much recent art, relying instead on an alternative form of storytelling woven from myths, rituals, beliefs, and fairy tales.

Like the rituals described by de Martino, the works of Andreotta Calò, Cuoghi, and Husni-Bey stage situations of crisis that are resolved through processes of aesthetic and ecstatic transfiguration. If one looks closely, these works offer up the image of a country—both real and fanciful—where ancient traditions coexist with new global languages and vernaculars, and where reality and imagination melt together into a new magical world.

Il mondo magico will be accompanied by a bilingual catalogue published by Marsilio with essays by Giovanni Agosti, Cecilia Alemani, Giuliana Bruno, Barbara Casavecchia, Fabio Dei, Brian Dillon, Silvia Federici, Marina Warner, and Chris Wiley.

Image: Adelita Husni-Bey, 2017. Production still, 5k video. Courtesy the artist and Galleria Laveronica

31
Mar

Hermann Nitsch – O.M.T. Colore dal Rito

“Il mio teatro delle orge e dei misteri concentra l’esperienza intensa, il rituale nel senso della forma, creando un festival dell’esistenza, un’esperienza concentrata, consapevole e sensuale, del nostro esser(ci)”, Hermann Nitsch.

Il CIAC Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno ospita dal 25 marzo prossimo sino al 9 luglio la mostra Hermann Nitsch O.M.T Orgien Mysterien Theatre (Teatro delle Orge e dei Misteri) – Colore dal Rito, personale dedicata al grande maestro austriaco, esponente dell’Azionismo viennese, dell’Informale e quindi creatore di performance e installazioni molto discusse e rimaste memorabili.

Curata da Italo Tomassoni e da Giuseppe Morra, dal 1974 storico gallerista ed editore degli scritti di Nitsch cui ha dedicato nel 2008 un Museo a Napoli, la mostra raccoglie circa 40 opere, divise in 9 diversi cicli di lavori, realizzati tra il 1984 e il 2010 e allestite come fossero un’unica grande opera aperta negli spazi del CIAC, che diversifica nuovamente la propria offerta espositiva offrendo l’opportunità di incontrare uno tra i maggiori protagonisti dell’arte internazionale della seconda metà del Novecento.

Hermann Nitsch (1938) massimo esponente dell’Azionismo viennese, elabora già dal 1957-1960 la sua idea di Orgien Mysterien Theatre (Teatro delle Orge e dei Misteri): esperienza di arte totale legata al concetto psicanalitico di Abreaktion, cioè la scarica emozionale che consente ad un soggetto di rimuovere gli effetti di accadimenti drammatici. L’esecuzione di atti orgiastici e onanistici con la messinscena di riti sacrificali consente, secondo l’artista, la liberazione catartica da tabù religiosi, moralistici, sessuali. Nel frattempo Nitsch dipinge seguendo il movimento del tachisme cioè l’immediatezza del gesto che versa o schizza colori sulla tela, anche usando direttamente le mani. Dal 1961 si intensificano le azioni in cui Nitsch comincia ad utilizzare gli animali macellati, il cui sangue viene usato come colore, così come aumenta il numero di partecipanti alle sue azioni con attori passivi crocefissi e cosparsi di sangue e attori attivi che utilizzano interiora di animali, si diversificano i materiali e gli apparati scenici. La provocazione si fa sempre più spinta tanto che nel 1965 Nitsch andrà in carcere per due settimane, ma si allarga anche il giro delle sue relazioni internazionali, specie con la Germania e gli Stati Uniti. Nel 1971 acquista il castello di Prinzerdorf in Austria che diventa la sede del suo Orgien Mysterien Theatre. Nel 1974 entra in contatto a Napoli con Giuseppe Morra e il suo Studio che diviene la sua galleria e il suo editore di riferimento, pubblicando l’O.M. Theatre 2, sua opera teorica fondamentale e gli spartiti musicali delle sue molteplici azioni sceniche. Nel corso degli anni Settanta-Ottanta si intensificano le partecipazioni alle grandi rassegne internazionali, gli interventi in prestigiosi musei e le esecuzioni musicali. Nel 1984 la sua 80.ma azione dura tre giorni e tre notti consecutive e dieci anni dopo Morra ne pubblica la partitura integrale. Dagli anni Novanta prevalgono in tutto il mondo le esposizioni dotate di forte energia espressiva, in cui Nitsch installa i relitti, gli oggetti, le grandi tele, le partiture, i progetti grafici che hanno dato vita alla sua personalissima esperienza artistica, in cui confluiscono teatro, pittura, musica, fotografia, video, performance.

La mostra presenta alcune celebri installazioni di Nitsch come 18b.malaktion, 1986 Napoli Casa Morra. Si tratta di grandi tele dove domina il colore rosso versato o schizzato, “una pittura d’azione – afferma Nitsch – che assolve una funzione drammatica, coinvolgendo gli spettatori, come un accadere drammatico che si manifesta a mò di litania, all’interno del mio teatro, attraverso una esibizione pittorica”. Oppure azioni dimostrative-teoriche come 108.lehration, 2001 Roma Galleria d’Arte Moderna, dove in altre grandi tele Nitsch evidenzia elementi base del suo teatro, cercando “il segreto profondo del colore” e dando precise indicazioni sulla propria teoria estetica, le sue speculazioni filosofiche e la sua idea del cosmo.

E 130.aktion installazione di relitti, 2010 Museo Nitsch Napoli, dove l’artista costruisce opere autonome ma al tempo stresso tracce rielaborate delle sue precedenti azioni sceniche con elementi che provengono dall’azione stessa come grandi teli bianchi e camici macchiati di sangue, barelle servite per trasportare corpi che divengono tavoli o altari, attrezzi chirurgici come bisturi o divaricatori, provette e alambicchi che rimandano al corpo e ai suoi umori, zollette di zucchero e fazzolettini di carta messi in file perfettamente regolari, che suggeriscono sensazioni di freschezza e purezza. Relitti come installazioni di quanto è già avvenuto, testimonianza di un evento sacrificale assente, segni rituali e formali di fatti fisici e carnali.Continue Reading..