Category: fotografia

17
Ott

BILL VIOLA E GIOVANNI LANFRANCO. Eterne visioni tra presente e passato

Dal 17 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016 la Fondazione Palazzo Magnani presenta un’imperdibile edizione di “Arte in agenda. A tu per tu con….”. L’ appuntamento è con due opere straordinarie: l’Ascensione di Isotta (La forma della luce nello spazio dopo la morte), 2005 di Bill Viola – uno dei massimi artisti contemporanei di video art – e la Santa Maria Maddalena Portata in cielo dagli angeli, 1616 – 1618 ca del maestro emiliano Giovanni Lanfranco, in un evento espositivo dal forte potere evocativo reso possibile dalla collaborazione tra Palazzo Magnani e due prestigiose Istituzioni italiane, il Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli e Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino.

Per l’occasione sarà pubblicato il saggio inedito “Un pittore per il nostro tempo: Bill Viola” a firma di Salvatore Settis che terrà a Reggio Emilia, per la Fondazione Palazzo Magnani, martedì 17 novembre alle ore 18.30 presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, una lectio su Bill Viola.

Il progetto Arte in Agenda. A tu per tu con… ideato e promosso dalla Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia, attraverso il dialogo tra due opere, così lontane nel tempo eppure così vicine per forza espressiva, intende esaltare il rapporto inscindibile tra arte antica e moderna, generato dal fascino che l’arte del passato ha esercitato sugli artisti a partire dalle avanguardie del Novecento fino alla contemporaneità.

La relazione e il dialogo tra l’Ascensione di Isotta di Bill Viola e l’Assunzione di Lanfranco sono ravvisabili su due piani: quello compositivo e quello semantico. Del resto è noto come Bill Viola, nella costruzione della sua narrazione per immagini, tragga chiara ispirazione stilistica e compositiva propriamente dalle opere degli artisti italiani del Rinascimento e non solo, “colpevoli”, forse, l’origine italiana della sua famiglia e la sua permanenza tra Los Angeles e il nostro paese.
È lo stesso Viola a dirci “Alla fine degli anni Ottanta la distanza che mi aveva separato dai vecchi maestri del passato si è completamente dissolta. Tempo e spazio, passato e presente, erano la stessa cosa. Così il mio profondo legame con la pittura italiana — nato nel periodo in cui vivevo a Firenze — è ritornato a galla come un amore perduto. Ho capito che i cosiddetti vecchi maestri non erano altro che giovani radicali. Masaccio, Michelangelo, Raffaello, erano artisti influenzati da nuove idee tecniche e scientifiche, provenienti da centri di ricerca e da università. Avevano tutti circa 20 anni quando hanno creato i primi grandi lavori. Il parallelo con l’epoca attuale delle videocamere digitali, della computer graphic, della videoarte e di internet, è indiscutibile. Una volta stabilita questa relazione, e cioè che tutta l’arte a quel tempo era avanguardia, si colgono solo connessioni e affinità, non fratture. Dopo tutto, c’è un unico filo che attraversa la scienza ottica, dalla prospettiva del XV° secolo fino all’era digitale. Così un intero nuovo paesaggio, che aspettava di essere esplorato, mi si è aperto davanti. Naturalmente non ero interessato ad appropriarmi o a parodiare, non volevo semplicemente riprodurre o citare la storia dell’arte. Ho guardato a loro come modelli per la mia concezione dell’immagine, costruendola grazie a un’esperienza lunga 700 anni”.
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17
Ott

Tina Modotti: la nuova rosa. Arte, storia, nuova umanità

Attrice di teatro e di cinema, artista di avanguardia, ma anche protagonista dei grandi movimenti politici e sociali della prima metà del Novecento. Sono molte le lenti attraverso cui è possibile guardare la vita di un personaggio poliedrico e straordinario come Tina Modotti. A 36 anni dall’ultima grande esposizione dedicata alla celebre fotografa udinese, l’assessorato alla Cultura del Comune di Udine e il comitato Tina Modotti presentano “Tina Modotti: la nuova rosa. Arte, storia e nuova umanità”, una retrospettiva allestita a Casa Cavazzini dal 18 ottobre. L’esposizione, che sarà inaugurata sabato 17 ottobre alle 18, presenterà al pubblico la raccolta più vasta delle foto di Tina Modotti tratte dai negativi originali e arricchita dalle le più recenti acquisizioni riferibili sia alla storia familiare, sia all’arte fotografica, sia all’impegno politico e sociale di Tina Modotti.

“La scelta che l’amministrazione comunale ha operato con questa retrospettiva, prestigiosa anche perché si avvale di materiali fotografici inediti, è indicativa di una precisa volontà – sottolinea l’assessore alla Cultura, Federico Pirone –, cioè quella di far coincidere l’identità della città di Udine con Tina Modotti (così come con Arturo Malignani, un altro grandissimo), una donna della propria storia, moderna perché già allora internazionale, curiosa, aperta rispetto ai cambiamenti del mondo. Un orgoglio per Udine e per la sua amministrazione, senza retroguardie o giudizi di alcun tipo, ma con la convinzione di rendere merito innanzitutto a una propria concittadina davvero illustre. Tutto questo – prosegue – è stato possibile a cominciare dall’attività instancabile ed encomiabile del comitato Tina Modotti e del suo fondatore e animatore principale, il compianto Riccardo Toffoletti, i quali non hanno mai smesso in questi ultimi quarant’anni di credere e amare Tina Modotti: a loro, anche per questa collaborazione che ha reso concreta e qualificata questa mostra, va il nostro sincero ringraziamento”.
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13
Ott

Francesco Jodice. AMERICAN RECORDINGS

Francesco Jodice. AMERICAN RECORDINGS

a cura di Massimo Melotti
inaugurazione 16 ottobre 2015
periodo: 17 ottobre 2015 – 24 gennaio 2016
Sala Manica Lunga

Il Novecento visto come il “secolo americano” è il tema che Francesco Jodice ha pensato per il progetto New Media del Museo.

Per la Sala Multimediale della Manica Lunga – che consente una proiezione simultanea sincrona o asincrona su cinque megaschermi – l’artista ha ideato l’installazione AMERICAN RECORDINGS, 2015 (20’), una vera e propria sinfonia per immagini grazie alla quale Francesco Jodice percorre il Novecento, secolo di miti ed eroi made in USA che hanno creato l’immaginario collettivo delle generazioni non solo di quel tempo.

Dall’ultimo discorso del presidente Eisenhower alla nazione sulla minaccia della corsa agli armamenti, alle immagini degli esperimenti nucleari; dal dilagante potere dell’informazione raccontato in Network, il film di Sidney Lumet; dalla nascita del genere horror con Texas Chainsaw Massacre, film di Tobe Hooper a Society (1989) diretto da Brian Yuzna; dalla lettura da libero pensatore di Gore Vidal in The United States of Amnesia di Nicholas Wrathall a End of the Century: The Story of the Ramones, film-documentario sulla band punk Ramones, e ancora con l’affermarsi della televisione, il mito storico-immaginario americano preannuncia la società dei giorni nostri. L’artista ha realizzato un’opera che, utilizzando materiali del tempo, ci dà una visione coinvolgente che affascina per la potenza delle immagini e fa riflettere sull’influenza profonda dei miti e dell’immaginario nei processi culturali.

Completa la rassegna il film ATLANTE, 2015 (9’) proiettato in Sala Polivalente.

Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda di Savoia – 10098 Rivoli – Torino
Tel +39 011 9565222 fax +39 011 956 5230

 

07
Ott

The Body As Language : Women And Performance

On the 40th anniversary of Lea Vergine’s seminal book Body Art and Performance: The Body as Language (1974), Richard Saltoun Gallery presents The Body As Language: Women And Performance.

The exhibition, curated by Paola Ugolini, examines the birth and development of performance art in relation to gender, the body, language and the expression of the self. Focusing on women artists working in Italy during the 70s, the exhibition features work by Gina PANE, Ketty La ROCCA, Suzanne SANTORO and Renate BERTLMANN, together with the archival photographs of the dance performances of Trisha BROWN, Simone FORTI and Yvonne RAINER.

In addition, the exhibition looks at the enduring influence of these artists on a younger generation: Silvia GIAMBRONE, Alice SCHIVARDI and Sara GOLDSCHMIED & Eleonora CHIARI.

Gina PANE (b.1939 – d.1990): her performances have been pivotal for generations of performance artists who have explored the body in extreme situations and actions. In Action II Caso n°2 sul Ring (1976), she simulates a boxing match of four rounds in which she is the only fighter, alternating between self-wounding, gesturing, interacting with her reflection in the mirror and playing with a toy horse.

Ketty La ROCCA (b.1938 – d.1976) gives to linguistic expression her personal ‘feminine’ form, by breaking down the stereotypes of communication. In Le mie parole, e tu? (1975) her hands are symbolically connected to female labour as she performs a choreographed form of visual poetry.

Suzanne SANTORO (b.1946) was born in New York and settled in Rome, where she participated actively in Carla Lonzi’s Rivolta Femminile feminist movement. Her studies in classical art and Roman sculptures led her to publish Towards New Expression in 1974; an iconological examination of the depiction of female genitalia in classical statuary. The work was famously censored in the Artist’s Books exhibition held at the ICA in 1976.

At the 1977 premiere edition of the International Week of Performance in Bologna, Viennese artist Renate BERTLMANN (b.1943) presented her Deflorazione in 14 Stazioni. The artist penetrated 14 paper sheets wearing silicone pacifiers and fake plastic breasts, with scalpels replacing the nipples. The act of rupturing the paper replicated the sexual act of losing one’s virginity and the subsequent feelings of pain, joy, fear, and aggression.Continue Reading..

06
Ott

Andreas Gursky

With an objective and precise eye, he captures the burning issues of modern life and global reality. The exhibition forms an arc between Gursky’s older, iconic works and his latest and most current visual inventions.

Curator: Udo Kittelmann

He is considered one of the most important contemporary artists: the Dusseldorf-based photographer Andreas Gursky (born in 1955 in Leipzig). With an objective and precise eye, he captures the burning issues of modern life and global reality. Each overall composition is a technical and visual masterpiece that has long inscribed itself on the collective visual memory of the art world.

In addition to his commitment to colour photography, Gursky’s typical forms of expression are to be found in digital processing and extremely large-scale formats. In the process, his works always bear visual testimony to his decades of travel around the globe. Hence, behind his pictures is an imaginary map that traces the artist’s travels. There is hardly another artist of our time so devoted to travel and it is becoming increasingly clear that Gursky has always had an eye on an exact depiction of the world, its construction and its condition. His images always reflect on both the inward and outward appearance of the world. The apparent beauty and perfection of his pictures is deceptive – it is not until after the first glance that it becomes obvious that they conceal the wealth of thought in the depicted. Gursky’s images seduce through that which is portrayed but at the same time, they insist that the viewer think about the reasons behind them.

From ancient sites through contemporary scenes and political debates to fictitiously arranged fantasy worlds: Andreas Gursky’s pictures also turn out to be subtle observations of the state of our globalised world. Cairo and the Cheops pyramids, Prada shops and Toys“R“Us, production facilities and garbage dumps, mass spectacles in the North Korean capital, Pyongyang, or at national church conferences, the subversive demonstration of power structures and global world orders, internationally active stock markets, museums as places of supposed reflection and comic heroes used to portray future worlds – all this belongs to the artist’s repertoire of visual compositions.

The exhibition in Museum Frieder Burda, which is being developed in close co-operation with the artist himself, allows the viewer to rediscover Gursky’s fascinating cosmos of images in a kind of overview. The strict “involvement” of these pictures, which serve our worldly concepts and imaginations, is put up for exploration and discussion. The exhibition, curated by Udo Kittelmann for the Museum Frieder Burda, forms an arc between Andreas Gursky’s older, iconic works and his latest and most current visual inventions. This presentation opens up a rich pictorial panorama to the visitor, which simultaneously provides a precise analysis of our complex reality and formulates great joy in the seeing and discovering of pictures.Continue Reading..

06
Ott

Alice Schivardi. Ero figlia unica

ALICE SCHIVARDI
Ero figlia unica

a cura di Ludovico Pratesi e Paola Ugolini

Pesaro, Centro Arti Visive Pescheria

10 ottobre-29 novembre 2015

Il 10 ottobre 2015 alle ore 19 si inaugura presso il Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Ero figlia unica, la prima mostra personale in un’istituzione pubblica italiana dell’artista Alice Schivardi (Erba, 1976), in occasione della Giornata del Contemporaneo promossa da Amaci.

Curata da Ludovico Pratesi e Paola Ugolini, la mostra è dedicata all’indagine della delicata trama delle relazioni familiari che l’artista conduce da diversi anni.
Il progetto della Schivardi propone una riflessione sulla natura della famiglia nella società attuale, attraverso un confronto tra nuclei familiari diversi per etnia, ceto sociale e religione. Con ognuno di essi l’artista ha avviato un processo artistico e sociale per integrarsi non solo nella famiglia, ma anche nella sua visione del mondo e nel suo modo di vivere. Un’inclusione nel “mondo altro e dell’altrove” catturata in uno scatto fotografico. Alice, vestita e truccata secondo i codici culturali e sociali della famiglia che l’accoglie, si trasforma in una soggettività sociale emergente in bilico fra l’“Altro”, la famiglia e il suo “Io”.

Ogni famiglia è un mondo a sé fatto di tradizioni, modi di dire, dialetti e fedi in cui l’artista riesce ogni volta ad entrare nel suo tessuto relazionale in modo empatico.

La mostra, che occupa l’intero spazio espositivo della Pescheria, è pensata come una sorta di percorso all’interno del progetto appositamente concepito dall’artista. Sulla parete principale del Loggiato, una serie di disegni a ricamo che costruiscono una mappatura delle emozioni vissute dall’artista in occasione degli incontri che ha avuto con le diverse famiglie. Un’introduzione rarefatta e sensibile al cuore della mostra, allestito nell’ex chiesa del Suffragio. Qui Alice Schivardi presenta una quadreria contemporanea, composta da una ventina di ritratti fotografici incorniciati, differenti per dimensioni e formato, come a voler significare la diversità culturale delle famiglie fotografate.

Il punto di partenza della ricerca di Alice Schivardi è sempre la realtà e il materiale umano ovvero la sua storia personale, i suoi incontri, le sue relazioni, raccontati e interpretati attraverso diversi medium come fotografia, disegno a ricamo, installazioni, video e audio.
La pratica artistica di Alice Schivardi è un’evoluzione dell’Arte Relazionale, teorizzata da Nicolas Bourriaud, in quanto prende in esame non solo la storia e le storie delle persone che incontra ma cerca di costruire nuove relazioni interpersonali, o meglio offrire una piattaforma in cui queste interazioni umane, apparentemente lontane, possano avvenire.Continue Reading..

30
Set

Alex Webb. Where tomorrow is yesterday: Fotografie dall’India

Contrasto Galleria ospita la personale del noto autore e membro dell’agenzia Magnum. In mostra, una selezione di immagini a colori firmate da Alex Webb, realizzate in India e proposte nel Cluster delle spezie a Expo 2015.

La mostra è aperta dal 24 settembre al 21 novembre 2015

Immagine: Kochi, India, 2014

Biografia
Nato nel 1952 a San Francisco, California, Alex Webb si laurea a Harward in Storia e Letteratura e prosegue la sua formazione iscrivendosi al Carpenter Center for the Visual Arts. Nel 1974, a soli ventidue anni, inizia la sua carriera di fotoreporter professionista e nel 1976 è già un associato dell’agenzia fotografica Magnum. Comincia a pubblicare su importanti testate: Life, Geo, Stern e National Geographic realizzando lunghi e accurati reportage nel Sud degli Stati Uniti. Lavora nei Caraibi e in Messico e poi in America latina e Africa.

Contrasto Galleria
Milano, Via Ascanio Sforza, 29
tel 02 89075420
Martedì – Sabato 15 – 19, e su appuntamento
Chiuso domenica e lunedì
contrastogalleria@contrasto.it
www.contrastogalleria.com

 

29
Set

Jonny Briggs. The reconstructed past

Appassionato di sculture-oggetto, Briggs le trasforma in protagoniste della sua storia all’interno di un diario personale di immagini.
a cura di Claudio Composti ed Emanuele Norsa

mc2gallery è orgogliosa di ospitare la mostra del fotografo inglese Jonny Briggs (Londra, 1985). Jonny Briggs, fotografo e artista concettuale, ripercorre con il suo lavoro il proprio passato, attraverso il quale ci restituisce una nitida immagine del difficile rapporto vissuto con la famiglia nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

Appassionato di sculture-oggetto, Jonny le eleva a principali protagoniste della sua opera e tramite queste ci racconta la sua storia: l’infanzia tra i boschi del Berkshire, la famiglia con il suo fardello di affetti, apprensioni, conflitti, un padre autoritario, la madre tollerante, quattro sorelle maggiori a salvaguardare il piccolo Jonny che tuttavia non può imitarle; il tutto riletto attraverso qualche sforamento o sottili perversità in stile Gothic Novel. Un vero diario personale d’immagini che, attraverso un’autoanalisi continua, conduce lo spettatore in un viaggio coinvolgente, a volte perturbante, che avvicina la dimensione del reale a quella dell’irreale. Appare chiaro, fin dal primo sguardo, come il grande formato faccia risaltare al meglio le sue composizioni, create con una precisione quasi maniacale.

In questi set autobiografici tuttavia c’è sempre qualcosa fuori posto o che disturba queste così rigorose visioni, trasformando l’immagine in un teatro d’inquietudini, tensioni emotive e disagi, provocati dal soffocante ambiente della classe media britannica. Assistiamo quindi ad autoanalisi figurate, incentrate sul rapporto con i membri della propria famiglia e con il mondo che lo circonda. Spicca l’abilità di far riemergere sentimenti ormai metabolizzati, riproposti e filtrati attraverso il gusto per la finzione, che sembra celare la storia autobiografica dell’artista all’interno di una visione onirica che lascia presagire la testimonianza di un’esistenza che, in fondo, è vicina al trascorso di ciascuno di noi. Jonny Briggs, formatosi al Royal College of Art, è un artista pluripremiato, esponente della scuderia Saatchi, inserito nella prestigiosa Catlin Guide e ritenuto fra i talenti promettenti nell’Inghilterra post Damien Hirst.

Inaugurazione 29 settembre ore 18,00

Immgine: A Destruction Reconstructed, 2014 — Portrait of self as a child screwed-up and re-photographed on top of original photograph, 80 x 102cm, Photography: C-Type lambda print mounted and framed in dark brown

MC2 Gallery
via Malaga, 4. 20143 Milano
mar-ven 14.30-20, sab su appuntamento
ingresso libero

JONNY BRIGGS
dal 29 settembre al 29 ottobre 2015

28
Set

SGUARDO DI DONNA. Da Diane Arbus a Letizia Battaglia La passione e il coraggio

La Casa dei Tre Oci inaugura giovedì 10 settembre 2015 la mostra SGUARDO DI DONNA a cura di Francesca Alfano Miglietti. Lo spazio espositivo sull’isola della Giudecca, al centro del bacino di San Marco, ospita fino al 10 gennaio 2016 le fotografie di venticinque autrici, pensate e scelte per orientare lo sguardo e la mente verso un mondo che parla di diversità, responsabilità, compassione e giustizia.
Antonio Marras firma l’allestimento con una scenografia capace di trasportare il visitatore all’interno delle storie che si leggono sulle pareti: un’esperienza nell’esperienza, in cui anche l’allestimento diventa parte fondamentale della narrazione e crea la relazione tra gli spazi della Casa e le opere fotografiche.
SGUARDO DI DONNA è una mostra potente, che parla della cura delle relazioni, del rapporto con l’altro, dello sguardo sul mondo, a partire dal proprio senso di responsabilità. Un progetto ambizioso che rimarca come la fotografia negli ultimi decenni ha scelto di divenire una sorta di coscienza del mondo, facendosi testimone anche di quello che spesso viene occultato. L’essere che ama è per antonomasia la donna, capace del “dono totale dell’anima e del corpo” (Nietzsche, La gaia scienza), con una dedizione incondizionata. Ed è per questo che la curatrice ha scelto delle artiste, delle autrici che usano la fotografia come mezzo per esprimersi, tutte donne, di ogni parte del mondo, tutte sensibili a cogliere la stessa umanità, unicità, in-differenza delle infinite varietà dei soggetti ritratti, nell’intento di sottrarsi alla paura della diversità.

SGUARDO DI DONNA è anche un racconto a più voci delle molteplici forme del corpo – fisico, mitico, spirituale e glorioso – dalla duplice valenza: intima e universale, alla ricerca dell’esistenza, al di là del sistema anonimo della maschera.
Ogni opera diventa la provocazione di un dialogo profondo e intimo tra i soggetti delle foto e lo spettatore, raccontando uno scorcio indefinito della comune condizione umana, un “invito alla consapevolezza” dell’esistenza di mondi differenti e spesso estranei uno all’altro.
Francesca Alfano Miglietti ha scelto 25 autrici, 25 storie, 25 sguardi singolari sul mondo, sull’altro, sulla relazione, selezionando circa 250 lavori di Diane Arbus, Martina Bacigalupo, Yael Bartana, Letizia Battaglia, Margaret Bourke-White, Sophie Calle, Lisetta Carmi, Tacita Dean, Lucinda Devlin, Donna Ferrato, Giorgia Fiorio, Nan Goldin, Roni Horn, Zanele Muholi, Shirin Neshat, Yoko Ono, Catherine Opie, Bettina Rheims, Tracey Rose, Martha Rosler, Chiara Samugheo, Alessandra Sanguinetti, Sam Taylor-Johnson, Donata Wenders, Yelena Yemchuk. Le autrici con le loro opere e le loro immagini affrontano i temi profondi dell’esistenza umana, la vita, la morte, l’amore, il corpo mettendo in luce differenze, conflitti, sofferenze, relazioni, paure, mutazioni.Continue Reading..

25
Set

Josef Koudelka. Uncertain Nationality

Fundación MAPFRE, Madrid
10 September – 29 November 2015

FUNDACIÓN MAPFRE presents the most complete retrospective exhibit up to this day dedicated to the Czech photographer of French nationality Josef Koudelka (b. 1934), member for the past forty years of Magnum Photos agency.

Engineer by profession, Koudelka became committed to the photographic medium in the middle of the sixties and became one of the most influential authors of his generation. Halfway between the artistic and documentary, Josef Koudelka is now a living legend. He has received prestigious awards in recognition of his work, among others, the Grand Prix National de la Photographie (1989), the Grand prix Cartier-Bresson (1991), and the International Award in Photography of the Hasselblad Foundation (1992).

This exhibition goes through his entire trajectory that covers more than five decades of work. The extensive selection with more than 150 works reflects his first experimental projects produced at the end of the fifties and during the sixties, as well as his historic series “Gypsies, Invasion and Exiles” and reaching the great panoramic landscapes produced in the last years. In addition the exhibition includes important documentary material, the majority unpublished—layouts, pamphlets, magazines of the period, among others—that allows us to delve into the work as well as the creative process of this author.

The title of the exhibition is Uncertain Nationality, which describes the sense of not belonging to a place, a sense of disorientation so present in his work since his exile from Czechoslovakia after the invasion of Prague, and his permanent interest in territories in conflict.Continue Reading..