Category: fotografia

20
Apr

Taryn Simon. Paperwork and the Will of Capital

Gagosian Gallery

Questi fiori accompagnavano uomini di potere mentre decidevano le sorti del mondo.
—Taryn Simon

Gagosian Gallery è lieta di presentare la prima personale di Taryn Simon in Italia, la cui apertura segue la presentazione a New York appena conclusasi e la partecipazione dell’artista alla 56esima Biennale di Venezia nel 2015. Paperwork and the Will of Capital, la più recente serie di Simon, si compone di 12 sculture uniche e 36 fotografie in edizione. Le fotografie—di grande formato, con colori spettacolari, non lontani dalla Pop Art, e cornici artigianali in mogano che richiamano l’arredamento delle sale riunioni—dialogano con l’opulenza della simbologia nazionale e “corporate”; le sculture invece—stilizzate presse di cemento contenenti esemplari floreali preservati e la relativa documentazione—vivono in una sfera discreta e riservata.
Narratrice la cui forza si concentra nell’imprevedibilità della realtà, Simon ha basato il suo lavoro sulla ricerca producendo serie artistiche importanti quali The Innocents (2002); An American Index of the Hidden and Unfamiliar (2007); Contraband (2010); e A Living Man Declared Dead and Other Chapters I–XVIII (2008–11); come anche le più poetiche The Picture Collection (2013), e Birds of the West Indies (2013–14). Per Simon la fotografia è sempre stata il modo di veicolare concetti più ampi: in Paperwork and the Will of Capital avvicina il medium alla pittura attraverso la cura dettagliata degli aspetti estetici e formali, ed esplorando per la prima volta la scultura. Per questa nuova serie l’indagine di Simon è partita da due spunti di riflessione: le fotografie di archivio di trattati ufficiali e lo studio botanico compiuto nel 19esimo secolo da George Sinclair, contenente campioni di erba essiccata, esperimento sull’evoluzione e la sopravvivenza citato da Charles Darwin nella sua rivoluzionaria ricerca.

In Paperwork and the Will of Capital, Simon esamina accordi, trattati e decreti che hanno influenzato i sistemi del potere e dell’economia, dall’armamento nucleare alle negoziazioni sul petrolio, al commercio dei diamanti. Tutti coinvolgono gli Stati presenti alla Conferenza Monetaria e Finanziaria delle Nazioni Unite tenutasi nel 1944 a Bretton Woods, New Hampshire, in cui si affrontava la globalizzazione economica dopo la Seconda Guerra Mondiale, e che portò alla nascita del Fondo Monetario Internazionale (IMF) e della Banca Mondiale. Le fotografie d’archivio delle firme di questi documenti rappresentano uomini potenti in compagnia di composizioni floreali studiate per sottolineare l’importanza dei presenti e delle occasioni. Nei lavori di Simon, le immagini, insieme alle relative descrizioni, sottolineano il modo in cui la rappresentazione del potere politico ed economico sia creata, messa in scena, pubblicizzata e consolidata.
Ognuna delle riproduzioni di queste composizioni floreali rappresenta un “bouquet impossibile”, un concetto nato nel diciasettesimo secolo nella raffigurazione delle nature morte olandesi parallelamente al boom economico che diede poi inizio allo sviluppo del capitalismo moderno. Mentre allora il “bouquet impossibile” era un insieme di fiori che mai sarebbero potuti sbocciare naturalmente nella stessa stagione o zona geografica, adesso, grazie alla globalizzazione commerciale, è una fantasia diventata realtà sia nelle fotografie originali che in quelle di Simon.
Simon ha esaminato la documentazione d’archivio identificando tutti i fiori con la collaborazione di un botanico. L’artista ha poi importato più di 4000 esemplari da Aalsmeer, in Olanda, la più grande asta floreale del mondo, dove 20 milioni di fiori arrivano e ripartono ogni giorno verso destinazioni internazionali di vendita al dettaglio. Dopo aver ricostituito le decorazioni presenti ad ogni evento, le ha fotografate su straordinari campi bicolore ispirati agli ambienti delle immagini originali, accompagnando ogni composizione con la descrizione del relativo accordo. Per le sculture, invece, alcuni campioni tratti dalle 36 composizioni sono stati essiccati, pressati e cuciti su carta d’archivio. In seguito, un completo set di collage botanici è stato posto in ognuna delle presse di cemento, con lo stesso numero di fotografie e di testi narrativi, sigillati insieme in una corsa contro il tempo.
Paperwork and the Will of Capital esplora tanto l’instabilità del potere e la natura precaria della sopravvivenza, quanto l’affidabilità e la resistenza della documentazione d’archivio: i trattati e i loro effetti su vasta scala, le fotografie di Simon e i campioni botanici conservati nelle presse di cemento, il linguaggio stesso. Le nature morte fotografiche si stagliano vivide in contrasto con quelle scultoree.Continue Reading..

20
Apr

Anna Caruso. I Sillabari di Goffredo Parise

Studio d’Arte Cannaviello
5 maggio – 19 giugno 2016

L’esposizione presenta trenta opere – 15 tele, 1 libro disegnato e carte ad acrilico – dell’artista milanese dedicate al capolavoro dello scrittore veneto, nel trentennale della sua scomparsa.

Dal 5 maggio al 19 giugno 2016, lo Studio Cannaviello di Milano (piazzetta Bossi, 4) ospita la personale di Anna Caruso (Cernusco sul Naviglio, MI, 1980) che celebra Goffredo Parise (1929-1986), uno dei più lucidi intellettuali italiani del Novecento, a trent’anni dalla sua scomparsa. L’esposizione, curata da Flavio Arensi, propone trenta opere – 15 tele, 1 libro disegnato e carte ad acrilico – dell’artista milanese che s’ispirano e interpretano i Sillabari, il capolavoro dello scrittore vicentino, composto da una serie di racconti brevi dedicati a sentimenti umani “essenziali” che, disposti in ordine alfabetico, compongono una sorta di dizionario. La mostra di Anna Caruso prende spunto proprio da alcuni racconti di Parise, ma si muove intorno ai temi principali della sua produzione che contemplano la memoria, le immagini familiari, la rielaborazione della realtà come specchio dei sentimenti e delle esperienze personali. L’opera letteraria di Parise si fonde con le suggestioni pittoriche di Anna Caruso, prendendo spunto da alcuni stralci biografici dello scrittore, come il suo rapporto con l’artista e compagna Giosetta Fioroni, che compare anche in alcuni dipinti. La vita della Fioroni e di Parise si sommano dunque alle figure e alle apparizioni che da sempre animano il lavoro di Anna Caruso, arricchendola di elementi narrativi che sembrano riportar sempre a uno stato sospeso fra sogno e realtà.

Il catalogo, pubblicato dalle edizioni All around art, presenta i testi del curatore e di Lorenzo Respi.

Anna Caruso, nata a Cernusco sul Naviglio nel 1980 e laureata nel 2007 all’Accademia di Belle Arti di Bergamo, con indirizzo pittura e restauro, vive e lavora a Milano. Anna Caruso fa parte del gruppo “Nuova pittura italiana”, formatosi nell’ambito dello Studio d’Arte Cannaviello, che accoglie dieci promesse dell’arte italiana che, pur provenendo da differenti percorsi formativi, hanno trovato nella pittura la loro cifra espressiva più caratteristica. Nel 2015 è invitata al premio Fabbri “Un secolo di Amarena”; nel 2014 vince il premio speciale al Talent Prize ed è finalista al Premio Lissone, al Premio Terna e al Premio Arte Laguna; nel 2013 è finalista al Premio Arte Mondadori, al Premio Combat, e al Premio Bonatto Minella. Tra le personali più recenti si ricorda “Tetris” allo Studio d’Arte Cannaviello (Milano) nel 2014.

ANNA CARUSO. I Sillabari di Goffredo Parise
Milano, Studio d’Arte Cannaviello (piazzetta Bossi, 4)
5 maggio – 19 giugno 2016
Inaugurazione: 5 maggio ore 18.00
Orari: dal martedì al sabato, dalle 11.00 alle 19.00
Ingresso libero

Informazioni: tel. 02.84084647; info@cannaviello.net

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, tel. 02.36755700
anna.defrancesco@clponline.it

Immagine: Anna Caruso – ti chiamo io, acrilico su tela, 50x50cm, 2015

19
Apr

Thomas Demand: L’IMAGE VOLÉE

18 Mar – 28 Ago 2016
“L’image volée” è una mostra collettiva curata dall’artista Thomas Demand, ospitata in un ambiente allestitivo progettato dallo scultore Manfred Pernice. La mostra occupa i due livelli della galleria Nord e il Cinema della sede di Milano.

“L’image volée” include più di 90 lavori realizzati da oltre 60 artisti dal 1820 a oggi. L’intento di Thomas Demand è di indagare attraverso la mostra le modalità con cui tutti noi ci richiamiamo a modelli preesistenti e come gli artisti hanno sempre fatto riferimento a un’iconografia precedente per realizzare le proprie opere. Esplorando i limiti tra originalità, invenzioni concettuali e diffusione di copie, “L’image volée” si concentra sul furto, la nozione di autore, l’appropriazione e il potenziale creativo di queste ricerche. Il percorso espositivo presenta tre possibili direzioni d’indagine: l’appropriazione fisica dell’oggetto o la sua assenza, la sottrazione relativa all’immagine piuttosto che all’oggetto concreto e, infine, l’atto del furto attraverso l’immagine stessa. La mostra è stata concepita come un’esplorazione anticonvenzionale di questi temi, affrontati seguendo un approccio empirico. Piuttosto che una ricognizione enciclopedica, “L’image volée” offre una prospettiva inaspettata all’interno di un viaggio di scoperta e ricerca artistica. Nella prima sezione sono raccolte fotografie, dipinti e film in cui l’oggetto rubato o mancante diventa un corpo del reato o la scena del crimine. Ci sono opere che richiamano più direttamente l’immaginario criminale, come la denuncia incorniciata da Maurizio Cattelan – Senza titolo (1991) – a seguito di un furto di un’opera immateriale, o Stolen Rug (1969), un tappeto persiano rubato su richiesta di Richard Artschwager per la mostra “Art by Telephone” a Chicago. Inoltre sono presentati lavori che evocano l’assenza, risultato di un furto, come la tela di Adolph von Menzel Friedrich der Grosse auf Reisen (1854), mutilata per ricavarne ritratti di minori dimensioni. Altri lavori, invece, si basano su un processo di alterazione di opere d’arte preesistenti, come Richter-Modell (interconti) (1987), un quadro di Gerhard Richter trasformato in un tavolino da Martin Kippenberger e Unfolded Origami (2016) di Pierre Bismuth che realizza una nuova opera a partire da poster originali di Daniel Buren. Questi lavori approfondiscono la nozione del controllo dell’autore sulla propria opera. Nella seconda parte del percorso espositivo si analizzano le logiche dell’appropriazione all’interno del processo creativo. Si parte dall’idea di contraffazione e falsificazione, esemplificata dalle banconote riprodotte a mano dal falsario Günter Hopfinger, per poi approfondire le pratiche vicine alla cosiddetta Appropriation Art. In Duchamp Man Ray Portrait (1966) Sturtevant, ad esempio, rimette in scena il ritratto fotografico di Marcel Duchamp realizzato da Man Ray, sostituendosi sia all’autore sia al soggetto della fotografia. Altri artisti spingono la logica della contraffazione al limite, fino a impossessarsi dell’identità di un altro artista. Altre opere sono il risultato di alterazioni di lavori o immagini preesistenti come le défiguration di Asger Jorn o i collage di Wangechi Mutu, che includono illustrazioni mediche e disegni anatomici, e di artisti come Haris Epaminonda, Alice Lex-Nerlinger e John Stezaker che, nei loro lavori, inglobano cartoline, fotogrammi o immagini d’archivio. Altri autori come Erin Shirreff e Rudolf Stingel realizzano i loro dipinti o video usando come fonte una riproduzione fotografica di un’opera d’arte del passato. Questa sezione prosegue con un insieme di opere in cui gli artisti prendono in prestito l’elemento visivo da un altro medium o linguaggio, oppure realizzano un atto di decontestualizzazione dell’immagine stessa. Thomas Ruff in jpeg ib01 (2006) altera un’immagine estratta dal web, Anri Sala in Agassi (2006) esplora le potenzialità del mezzo filmico nel rivelare dinamiche temporali nascoste, Guillaume Paris nel video Fountain (1994) ripropone in loop una breve sequenza del film di animazione Pinocchio (1940). Il percorso espositivo al piano terra della galleria Nord include inoltre lavori scultorei di Henrik Olesen e nuove opere realizzate da Sara Cwynar, Mathew Hale, Oliver Laric e Elad Lassry. La terza parte della mostra è ospitata al livello interrato della galleria Nord, utilizzato per la prima volta come spazio espositivo. Continue Reading..

16
Apr

Dana de Luca | L’ineffabile gemito

a cura di Giovanna Gammarota

26 Aprile – 31 Maggio 2016

PROROGATA al 10 giugno 2016

inaugurazione martedì 26 aprile 2016 ore 18.30

Studio Masiero | Milano

Martedì 26 aprile inaugura la mostra “L’ineffabile gemito” di Dana de Luca, a cura di Giovanna Gammarota.

In concomitanza con l’apertura di MILANO PHOTOFESTIVAL e di MIA PHOTO FAIR, lo Studio Masiero propone per la prima volta una personale di fotografia, estendendo la proposta artistica anche a questo ambito delle arti visive.

Verranno esposte una serie di fotografie di diverse dimensioni realizzate tra il 2014 e il 2015 con tirature da 3 a 5 copie. Le opere presentate sono il risultato di un atto performativo che utilizza carta fotosensibile e agenti chimici e poiché le immagini, come spiega l’autrice stessa, “non sono immagini di qualcosa”, la sperimentazione che ne deriva, annullando il mezzo fotografico, raggiunge un‘immagine aniconica con una tecnica originale che può essere avvicinata al chimigramma. È questo il caso in cui “l’assenza del dispositivo fotografico – come scrive Giovanna Gammarota – mette in discussione il fare fotografia come la conosciamo nella sua forma più comune. Qui l’immagine è assenza di forma. Il che impone un confronto sul senso.” A rafforzare la tensione verso questa ricerca di senso, accanto alle opere, viene presentata anche una istallazione, prodotto di un processo performativo. L’artista dopo aver distrutto con il fuoco i propri diari e sue vecchie fotografie, ne espone i resti combusti, individuati, manipolati e suddivisi i quali, catturando l’osservatore, impongono una ulteriore riflessione sulle dinamiche del tempo. La complessa operazione artistica di Dana de Luca viene attraversata dalla suggestione della lettura del Libro XI delle Confessioni di Sant’Agostino e dall’elaborazione del significato di tempo, di forma e di desiderio. “Ciò che […] cogliamo nelle immagini di Dana de Luca è […] l’assenza di modello che rende il desiderio più autentico e sofferto e che conduce all’incapacità di registrare con le parole o con immagini consuete, quello che accade nell’atto tensivo che rivolgiamo all’ignoto che ci attrae.”(G.G.)

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15
Apr

Gilbert Garcin. Mister G.

Mister G.

16.4 > 18.6.2016

Per la prima volta a Roma, e a 9 anni dalla sua prima e unica mostra a Milano del 2007, a cura di Paola Stacchini Cavazza, la Galleria del Cembalo presenta un’ampia selezione di opere di Gilbert Garcin che coprono un arco temporale di circa vent’anni.
Realizzate in studio, utilizzando piccole sagome di cartoncino e una sapiente, quanto semplice, illuminazione, le sue immagini pongono domande universali sul senso dell’esistenza. Con rispetto, ma senza complessi, l’autore attinge all’opera di pittori, d’illustratori e di cineasti. E proprio al cinema, all’aspetto di Monsieur Hulot di Jaques Tatì, con indosso impermeabile e cappello, si ispira Gilbert per la creazione di Mister G.
Scrive di lui Yves Gerbal nella prefazione del libro Faire de son mieux (Filigranes Éditions, 2013): “Non capita tutti i giorni in effetti vedere un uomo consacrarsi alla vendita di apparecchiature per l’illuminazione e poi attendere il momento della pensione per dedicarsi all’arte della LUCE. Ed è altrettanto insolito che un dirigente d’azienda intraprenda una seconda carriera in campo artistico e superi di gran lunga il livello di dilettante”.

Gilbert Garcin nasce a La Ciotat, una località francese vicino a Marsiglia, nel 1929. Dopo essersi laureato in Economia, ha diretto una società di importazione di lampadari. All’età di 65 anni, una volta in pensione, vince un premio fotografico che gli consente di seguire un workshop in occasione di Rencontres Internationales di Arles, durante il quale scopre ed apprezza le potenzialità del fotomontaggio, che diventerà la base del suo lavoro fotografico.
Negli ultimi 15 anni, Garcin ha pubblicato diversi libri ed ha partecipato a numerosissime esposizioni. In linea con il suo desiderio di condividere con il grande pubblico le sue idee sulla vita e sul mondo, il suo lavoro è stato esposto in tutto il mondo ed è presente in numerose collezioni, pubbliche e private, tra le quali Fonds National pour l’art Contemporain, Francia, Fonds Communal pour l’art Contemporain de Marseille, Maison Européenne de la Photographie, Artothèque de Veendam, Artothèque de Nantes; Artothèque de Vitré; Médiathèque de Miramas, Fondation Regards de Provence, Galerie du Château d’Eau, e la West Collection a Philadelphia.

http://www.gilbert-garcin.com/Italie.htm

Galleria del Cembalo
Largo della Fontanella di Borghese, 19 – Roma
Tel. 06 83796619
16 aprile /18 giugno 2016
ORARIO
da martedì a venerdì: 16.00 – 19.00
sabato: 10.30 – 13.00 e 16.00 – 19.00
Ufficio stampa Galleria del Cembalo
Davide Macchia | ufficiostampa@galleriadelcembalo.it
tel. 06 83081425 | cel. 340 4906881

Immagine: Gilbert Garcin. Le coeur de la cible, 1998

 

 

11
Apr

La sfida di Aracne – Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi

La sfida di Aracne – Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi
a cura di Angela Madesani
NUOVA GALLERIA MORONE, Via Nerino 3, Milano
31 marzo | 13 maggio 2016
Inaugurazione: 31 marzo, ore 18
Orari: martedì – sabato, ore 11 – 19

Artisti: Mariella Bettineschi, Louise Bourgeois, Silvia Celeste Calcagno, Daniela Comani, Bruna Esposito, Inés Fontenla, Nan Goldin, Meri Gorni, Rebecca Horn, Julia Krahn, Maria Lai, Chiara Lecca, Annette Messager, Shirin Neshat, Gina Pane, Cindy Sherman, Chiharu Shiota, Fausta Squatriti

Nuova Galleria Morone presenta La sfida di Aracne Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi, curata da Angela Madesani. Da sempre, le donne sono state considerate le fedeli rappresentanti della Terra, nostra Madre Natura e origine feconda. Intuitivamente percepiamo questa analogia come vera, come qualcosa che incarna una realtà evidente e ci parla direttamente dell’Essenza del Femminile… Un’esposizione complessa, che indaga i diversi linguaggi della contemporaneità artistica attraverso il lavoro di 18 artiste. La rassegna, che prende in esame oltre quarant’anni di storia dell’arte, non deve essere intesa come una collettiva con i lavori di sole donne, ma come una riflessione sul lavoro di artiste che hanno indagato approfonditamente il tema in oggetto. Dai lavori di Body Art di Gina Pane a Louise Bourgeois, che ha fatto, nel corso degli anni, di questo tema il fulcro della sua ricerca. In mostra saranno i lavori di alcune delle più importanti protagoniste dell’arte internazionale da Annette Messager a Rebecca Horn, da Cindy Sherman, Shirin Neshat, Nan Goldin a Bruna Esposito, che ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1999. Una particolare attenzione sarà riservata a Maria Lai, una delle più intense artiste italiane della seconda parte del XX secolo, rappresentata dalla galleria, come pure Daniela Comani, che da oltre venticinque anni vive e lavora a Berlino e che si occupa di tematiche legate alla cultura di genere. Sono presenti opere di artiste di diverse generazioni, che hanno posto la loro attenzione su questo tema da Fausta Squatriti a Mariella Bettineschi ( con l’opera La vestizione dell’angelo del 1996), all’argentina Inès Fontenla, a Meri Gorni, il cui lavoro si pone a cavallo fra arte figurativa e letteratura, alle più giovani Chiara Lecca,Chiharu Shiota, Julia Krahn e Silvia Celeste Calcagno, vincitrice del Premio Faenza nel 2015. Il progetto deve essere inteso come dialogo tra i vari linguaggi espressivi della contemporaneità. Il titolo della mostra presenta un chiaro riferimento di natura mitologica, ad Aracne, abile tessitrice e ricamatrice che, conscia della sua bravura, ebbe l’ardire di sfidare la dea Atena in una pubblica gara. Un’ambiziosa e vittoriosa sfida, simile a quella proposta dalle artiste del mondo occidentale dal dopoguerra in poi, desiderose di conquistarsi un loro ruolo, ben al di là dei coercitivi limiti a loro attribuiti dalla società e dal mondo dell’arte sino a quel momento.

NUOVA GALLERIA MORONE
via Nerino n°3, 20123
Milano – Italy
T. 02 72001994
F. 02 72002163
info@nuovagalleriamorone.com

Reportage by amaliadilanno

 

29
Mar

Sarah Lucas – INNAMEMORABILIAMUMBUM

In occasione di miart 2016, la Fondazione Nicola Trussardi e miart presentano Sarah Lucas – INNAMEMORABILIAMUMBUM, un progetto speciale d’arte contemporanea della celebre artista inglese Sarah Lucas (Londra, 1962), a cura di Massimiliano Gioni e Vincenzo de Bellis. All’interno dell’Albergo Diurno Venezia, tempio dedicato alla bellezza e alla cura del sé, Sarah Lucas realizza un intervento espositivo site-specific studiato per l’ambiente. Sculture, installazioni, interventi sonori e performativi danno vita a una tre giorni di eventi espositivi, performance e happening live che hanno come tema principale il corpo, la sua rappresentazione, le sue storie e gli stereotipi di cui ancora si nutre la nostra società.

Irriverenti e disarmanti nella loro estrema semplicità, le opere di Sarah Lucas – fotografie, collage, sculture e disegni – danno vita a un teatro dell’ambiguità in cui materiali apparentemente banali si trasformano in oggetti d’affezione che rivelano desideri e pulsioni represse.

Venerdì 8 aprile apertura dalle 12.00 alle 19.00, opening ore 19.00 – 22.00

Sabato 9 e domenica 10 aprile dalle 12.00 alle 23.00
Ingresso libero – prenotazione obbligatoria
Prenotazioni aperte a partire da martedì 29 marzo

The FONDAZIONE NICOLA TRUSSARDI and MIART
in partnership with FAI and Comune di Milano
Sarah Lucas – INNAMEMORABILIAMUMBUM
by Massimiliano Gioni and Vincenzo de Bellis
Dall’8 al 10 aprile 2016
Albergo Diurno Venezia, Piazza Oberdan, Milano

 

25
Mar

Stanley Kubrick- Arancia Meccanica. Fotografie di DMITRI KASTERINE

Stanley Kubrick – Arancia Meccanica – Fotografie di Dmitri Kasterine
dal 19 marzo al 7 maggio 2016

«My wanting to take a photograph appears as fast as a bolt and without warning when I spot the subject. I enjoy exploring, looking for things that stop me, or frighten me. To fear to take a picture usually means you want to take it».

Dmitri Kasterine

ONO arte contemporanea, in occasione del 45° anniversario dell’uscita del film Arancia meccanica, presenta Stanley Kubrick – Arancia Meccanica. Fotografie di Dmitri Kasterine, personale del fotografo che ha immortalato Stanley Kubrick sui set di alcuni dei suoi film più significativi. Siamo nel 1961 quando Kasterine comincia la sua carriera come fotografo professionista, durante gli anni della Swinging London e della celebrazione della giovinezza in tutte le sue forme. E proprio in questo periodo Kasterine inizia a lavorare per diverse agenzie e per svariate riviste, come Queen e Radio Times e che sente nominare Kubrick per la prima volta da un agente che aveva lavorato per due dei suoi film: “Lei mi consigliò di vedere Paths of Glory (Orizzonti di gloria, 1957), che era appena uscito a Londra. Dopo averlo visto, chiesi all’editore di Queen se poteva essere interessata ad un articolo su di lui. Lei acconsentì, così andai giù agli Shepperton Studios dove stava girando Dr Strangelove (Il dottor Stranamore, 1964) […]”. E sarà proprio alla fine di quella giornata che Kubrick chiede a Kasterine di lavorare per lui, aggiungendo “You stand in the right place”. Così iniziò il loro sodalizio, che portò Kasterine a lavorare anche sui set di 2001: A Space Odyssey e A Clockwork Orange.
Di quest’ultima pellicola, le immagini che Kasterine ci lascia, sono un compendio della violenza di cui è permeato il film, che costò anche a Kubrick il ritiro della pellicola dalle sale inglesi nel 1974, e che di fatto solo nel 2007 venne mandato in onda in Italia in una TV pubblica. Tratto dall’omonimo romanzo di Anthony Burgess (1962), Arancia meccanica fa parte dei tre film fantascientifici girati da Kubrick (2001 Odissea nello Spazio e Il Dottor Stranaore) ma tra questi è sicuramente il più ancorato al reale: nonostante i costumi futuristici e l’ambientazione distopica, il setting è quello di un’Inghilterra dai contorni ben riconoscibili, fatta di droga, sesso e violenza, di ragazzi annoiati che per sopperire alla loro condizione di apatia, non fanno altro che organizzare stupri di gruppo, rapine e violenze gratuite. «Il Korova milkbar vende ” latte+ “, cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalinica, che è quel che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza». L’impatto visivo, la scenografie pop, le musiche classiche di Beethoven e Rossini, e i dialoghi metà strada tra il surreale e l’onirico, hanno contribuito a far diventare Arancia Meccanica non solo un film cult, ma anche uno dei migliori film di tutti i tempi.
La mostra (19 marzo – 7 maggio) è composta da 17 fotografie in diversi formati.

Ono arte contemporanea
VIA SANTA MARGHERITA 10 | 40123 BOLOGNA | +39 051 262465
vittoria@onoarte.com | maurizio@onoarte.com | beatrice@onoarte.com

 

23
Mar

XVI Biennale Donna. SILENCIO VIVO – Artiste dall’America Latina

XVI Biennale Donna

SILENCIO VIVO
Artiste dall’America Latina

A cura di Lola G. Bonora e Silvia Cirelli

Ferrara, Padiglione d’Arte Contemporanea
17 aprile-12 giugno 2016

Dal 17 aprile al 12 giugno 2016, torna al Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara la Biennale Donna, con la presentazione della collettiva SILENCIO VIVO. Artiste dall’America Latina, curata da Lola G. Bonora e Silvia Cirelli. Organizzata da UDI – Unione Donne in Italia di Ferrara e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, la rassegna si conferma come uno degli appuntamenti più attesi del calendario artistico e dopo la forzata interruzione del 2014, a causa del terremoto che ha colpito Ferrara e i suoi spazi espositivi, può ora riprendere il proprio percorso di ricerca ed esplorazione della creatività femminile internazionale. Da sempre attenta al rapporto fra arte e la società contemporanea, la Biennale Donna intende concentrarsi sulle questioni socioculturali, identitarie e geopolitiche che influenzano i contributi estetici dell’odierno panorama delle donne artiste. In tale direzione, la rassegna di quest’anno ha scelto di spostare il proprio baricentro sulla multiforme creatività latinoamericana, portando a Ferrara alcune delle voci che meglio rappresentano questa eccezionale pluralità espressiva: Anna Maria Maiolino (Italia-Brasile, 1942), Teresa Margolles (Messico, 1963), Ana Mendieta (Cuba 1948 – Stati Uniti 1985) e Amalia Pica (Argentina, 1978).

SILENCIO VIVO riscopre le contaminazioni nell’arte di temi di grande attualità, interrogandosi sulla realtà latinoamericana e individuandone le tematiche ricorrenti, come l’esperienza dell’emigrazione, le dinamiche conseguenti alle dittature militari, la censura, la criminalità, gli equilibri sociali fra individuo e collettività, il valore dell’identità o la fragilità delle relazioni umane. L’esposizione si apre con l’eclettico contributo di Ana Mendieta, una delle più incisive figure di questo vasto panorama artistico. Nonostante il suo breve percorso (muore prematuramente a 36 anni, cadendo dal 34simo piano del suo appartamento di New York), Ana Mendieta si riconferma ancora oggi, a 30 anni dalla sua scomparsa, come un’indiscussa fonte ispiratrice della scena internazionale. La Biennale Donna le rende omaggio con un nucleo di opere che ne esaltano l’inconfondibile impronta sperimentale, dalle note Siluetas alla documentazione fotografica delle potenti azioni performative risalenti agli anni ’70 e ’80. Al centro, l’intreccio di temi a lei sempre cari, quali la costante ricerca del contatto e il dialogo con la natura, il rimando a pratiche rituali cubane, l’utilizzo del sangue – al contempo denuncia della violenza, ma anche allegoria del perenne binomio vita/morte – o l’utilizzo del corpo come contenitore dell’energia universale. Il corpo come veicolo espressivo è una caratteristica riconducibile anche nei primi lavori della poliedrica Anna Maria Maiolino, di origine italiana ma trasferitasi in Brasile nel 1960, agli albori della dittatura. L’esperienza del regime dittatoriale in Brasile e la conseguente situazione di tensione hanno influenzato profondamente la sua arte, spingendola a riflettere su concetti quali la percezione di pericolo, il senso di alienazione, l’identità di emigrante e l’immaginario quotidiano femminile. In mostra presentiamo una selezione di lavori che ne confermano la grande versatilità, dalle sue celebri opere degli anni ’70 e ’80, documentazioni fotografiche che lei definisce “photopoemaction” – di chiara matrice performativa – alle sue recenti sculture e installazioni in ceramica, dove emerge la sempre fedele attinenza al vissuto quotidiano, in aggiunta, però, all’esplorazione dei processi di creazione e distruzione alle quali l’individuo è inevitabilmente legato.Continue Reading..

22
Mar

Paolo Gioli

Peep-Hole presenta una mostra personale dell’artista Paolo Gioli

Inaugurazione sabato 9 aprile 2016, ore 18.00

Mostra dal 10 aprile al 28 maggio 2016

Paolo Gioli dalla fine degli anni Sessanta porta avanti una complessa ricerca attorno alla genesi delle immagini, alla natura dell’esperienza estetica e al funzionamento dei processi visivi.  Costantemente improntata alla sperimentazione tecnica e linguistica, la sua pratica artistica si muove con disinvoltura tra forme espressive differenti che spaziano dal disegno alla pittura, dal film alla fotografia, all’insegna di una contaminazione continua che impiega modalità di derivazione cinematografica per scopi fotografici, e un approccio marcatamente pittorico nell’utilizzo dei materiali e nella scelta dei supporti. Le sue complesse sperimentazioni sono diventate un punto di riferimento nell’ambito del cinema sperimentale e della fotografia contemporanea: dalla riscoperta e l’uso radicale del foro stenopeico all’impiego di strumenti auto-progettati o oggetti trovati per sottrarsi a qualsiasi legame con l’ottica e la meccanica, dall’utilizzo inconsueto dei materiali Polaroid trasferiti sui più svariati supporti come carta da disegno, tela, seta serigrafica, alle indagini sui processi di sviluppo o sulla tecnica del fotofinish. Tuttavia la complessità del suo lavoro non è circoscrivibile esclusivamente all’interno della sfera cinematografica o fotografica. La sua continua sfida verso le infinite possibilità di ricavare immagini da circostanze spontanee, legate alla natura, al corpo o a oggetti esistenti, è stata portata avanti all’interno di un campo d’indagine ampio in cui il cinema incontra la pittura, la pittura incrocia la fotografia e viceversa. La mostra presenta un corpo di opere che datano dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta, a rappresentare i nuclei fondanti e i temi ricorrenti della produzione di Paolo Gioli, attraverso una selezione che evidenzia il fondamentale spostamento dalla pittura al cinema e alla fotografia. Alcune serie chiave della sua produzione come le Autoanatomie, i Fotofinish e le Naturae, si affiancano in mostra a lavori più inediti come alcuni dipinti e disegni realizzati alla fine degli anni Sessanta. A un ordinamento cronologico la mostra preferisce un’articolazione dialogica che sottolinea i legami e i continui rimandi tra temi, tecniche e linguaggi, in un percorso che attraversa in modo trasversale la vasta produzione dell’artista e dimostra come il passaggio da un linguaggio a un altro, da un medium o da una tecnica all’altra sia sempre fluido, biunivoco e  senza soluzione di continuità.Continue Reading..