Category: ceramica

08
Mag

Mise en place, il sapore ritualizzato nell’opera di Nordine Sajot e nel design

 

«Un designer dovrebbe sapere che gli oggetti  possono diventare lo strumento di un rito esistenziale»Ettore Sottsass

Fino a luglio 2024 da SUBSTRATUM, studio di architettura nel rione Monti di Roma, Mise en Place, quarto progetto quadrimestrale tra arte contemporanea e design. Il disegno allestitivo, concepito dallo studio, ci accoglie in uno degli ambienti più relazionali e aggreganti di un abitativo domestico, la cucina.

In questa forma mentis contemporanea si assiste a una dilatazione dello spazio fisico tradizionalmente inteso. Iniziamo a viaggiare verso il centro di questa simbolica terra-isola, il fuoco è velato, raffinatamente custodito in questo affascinante monolite nero che ci attrae e, al contempo, inghiotte. La riflessione progettuale accoglie un’idea più estesa di angolo cottura, inglobando difatti l’intero processo preparatorio che predispone la commensalità, quel ritrovamento identitario e culturale che accade intorno a un tavolo e ci riunisce nell’atto di mangiare attraverso il corpo, pieno e vuoto, della memoria personale e collettiva.

Et voilà…Mise en Place.  La ritualità è servita e si concretizza nella gestuale ‘messa a disposizione’, pronti ad accogliere, dentro, altri mondi e modi di vita. Siamo nella camera alchemica dove si cuoce e attua antropologicamente un rito simbolico, culturale e sociale per antonomasia, laddove si alimentano corpo, culture e tradizioni, ma anche atmosfere ed esperienze condivise che travalicano l’atto fisiologico, rientrando altresì in quella sfera puramente di piacere. In questo spazio ‘sacro’, nutrito di simboli e vissuti, la riappropriazione dell’uso abitativo e, nel caso specifico, del ‘consumo’ del cibo riconducono al senso ancestrale della valenza sociale. Al centro dello spazio tutto è apparecchiato ad arte. Sul monolite nero opaco le opere P.G.R., in ceramica e porcellana smaltata, di Nordine Sajot accendono e stimolano i sensi; l’artista compone un tableau vivantche aziona differenti appetiti per entrare, riflettere e metabolizzare la profondità sensibile del corpo gestuale. Quella dell’artista è una pratica rituale e performativa di consapevolezza esistenziale della propria presenza, di acquisizione di ‘sapore’ e sapere cosa si è e si vuole. Attraverso la complessità di cui siamo fatti e di cui ci nutriamo, la relazione tra vissuto personale e collettivo, l’oggetto-soggetto, anche nella sua parte assente o volutamente sezionata, rappresenta la nostra impronta, quell’azione che, solo sentita, può davvero alimentare noi e gli altri. Come, nella serie di dittici analogici SENZA TITOLO in bianco e nero, che, nella loro unicità ed elegante minimalismo, ci riconducono al rito nella sua tradizionale e valenza estetica. Ogni oggetto-utensile ritrova la sua forma, così lo spostamento del piano visivo genera e trasmette un’altra comunicazione, dal corpo destrutturato orizzontale l’ordine compositivo si verticalizza nella Mise en Place. E così il sottile esprime l’essenziale, la presenza e la sua negazione, percepita e poi lentamente deglutita.

E si ritorna al fuoco, oro di questa cucina. GOLD, il monolite nero, di Situazione Architettura è frutto dell’arte “semi artigianale” del brand italiano Time For Kitchen; l’isola rivestita con il sofisticato e resistentefenix nero ingo, ci catalizza e ingoia nella sua abbuiante monocromia e con il piacevole effetto soft touch. Ma nessuna impronta è trattenuta, se non quella artistica, la straordinaria opacità è garantita dall’innovativa tecnologia di questo gioiello di design ed estetica sublime. Nella visione microscopica del suo fenix, l’isola rivela la fascinazione di un paesaggio irregolare di cime e avvallamenti, sulle quali una fenice sembra davvero risorgere dal nero e riflettere la luce ravvivando l’ambiente circostante. Completano questo simbolico ‘angolo cottura’ due elementi a giorno realizzati con il caldo e accogliente laminato abete bruno, allestiti nella nicchia come dispensa-arredo necessario all’organizzazione di qualsiasi Mise en Place.

E così…la cucina ci trasforma in un’unica comune presenza, commestibile. Baricentro sociale della casa dove l’arte contemporanea e il design si confermano alimenti essenziali alla riattivazione di processi preparatori che ricongiungono l’originario al collettivo.

Substratum è uno studio di architettura con sede a Roma dal 2017, costituito da Giorgia Castellani e Giovanni Tamburro. Il principale oggetto di interesse dello studio è la materia storica, antica o più recente, che si traduce in lavori di restauro di beni storico-artistici, ristrutturazioni di edifici residenziali, disegno di arredi e allestimenti. Si relazionano con l’esistente urbano anche attraverso la progettazione di nuovi edifici. In un senso arcaico Substratum è ciò che sta sotto, talora nascosto, ma pur sempre ciò che tiene, materia fatta di relazioni solide, connessioni costanti, collegamenti persistenti. Esige uno sguardo acuto, dinamico, capace di leggere dal basso verso l’alto e ritorno, di lato e di traverso, fuori e dentro. Un’indagine attenta non solo alle luci ma soprattutto alle ombre, perché sono queste a dare spessore e sostanza, capace di rintracciare segni e disegni, di ricostruire tessuti e trame, di connettere idee ad altre idee, colori a forme, gesti a corpi, sensi a sogni, suoni a forme, forme a idee, e da capo. La filosofia di SUBSTRATUM può essere sintetizzata nelle loro parole: osserviamo il basso per guardare l’alto, ricuciamo il sotto per tessere un sopra.

Nordine Sajot è un’artista visiva pluridisciplinare. Nata a Parigi, si forma in Francia presso l’Accademia del Louvre e l’Accademia delle Belle Arti di Nantes. In seguito consegue un master in Design presso l’Accademia delle Belle Arti di Saint-Etienne. Nel 2005, dopo aver vissuto e lavorato fra Olanda, Italia e Francia, si traferisce a Roma dove attualmente vive. Il suo lavoro si concentra sugli aspetti antropologici della società collegati, in particolare, alle dinamiche del consumo su scala globale. L’indagine si focalizza su cibo, corpo, linguaggi, con una particolare attenzione alle questioni di uguaglianza a matrice femminile. Attraverso disegno, fotografie, sculture, installazioni, video, scrittura e performance, la sua ricerca produce una visione d’insieme che le serve per approfondire le caratteristiche più complesse della società e dei nostri sistemi identitari e culturali radicati nell’inconscio collettivo. La riflessione investe anche l’idea stessa di arte all’interno di uno schema che rimanda ancora a dei riferimenti e modalità dominanti di sistemi maschilisti e colonialisti.Il suo lavoro è stato presentato in diverse gallerie, spazi istituzionali e festival in Italia e all’estero. Le sue opere sono state acquisite in collezioni private e pubbliche quali: UNICREDIT Group Torino, AksoNobelArt Foundation Amsterdam, SEAT Pagine Bianche Torino, Co.Re.Ve Consorzio Recupero Vetri Milano, Saint-Gobain vetri Savona, Museo d’Arte Contemporanea ex-manifattura tabacchi, MLAC Museo d’Arte Contemporanea La Sapienza Rome.

Mise en Place
Il sapore ritualizzato nell’opera di Nordine Sajot e nel design

Visite su appuntamento lun-ven 10-19 Tel. 3384038423
progetto quadrimestrale, visitabile fino a luglio 2024

SUBSTRATUM
Via in Selci, 84b, 00184 – Roma

064823658 www.substratum.it
g.tamburro@substratum.it- g.castellani@substratum.it

Communication Manager
Amalia Di Lanno
www.amaliadilanno.com – info@amaliadilanno.com

progetto in collaborazione con Situazione Architetturadi Stefano Corona, via Carlo Felice, 95 – 00185 Roma

02
Set

ASSONANZE CROMATICHE

In occasione della Milano Design Week 2021, Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili propone un focus sulle recenti realizzazioni di Simone Negri, un progetto espositivo pensato e costruito per esperire un dialogo ravvicinato tra la ceramica contemporanea e gli antichi paraventi giapponesi presenti nella collezione della galleria.
Dal 6 settembre verrà proposta, presso gli spazi espositivi di via Marsala, una selezione di nuove opere dell’artista. La produzione si concentra sulla ricerca di una sintesi tra forma e colore ed è caratterizzata dall’esordio di una palette di pigmenti che, dal nero e dal ruggine precedenti, vira ad una gamma sofisticata di blu.

La mostra sarà visitabile fino al 2 ottobre con i consueti orari di apertura e nel rispetto delle disposizioni ministeriali sulla salute dovute all’emergenza epidemiologica.

Simone Negri nei mesi di settembre ed ottobre, parallelamente ad ASSONANZE CROMATICHE, partecipa a FITTILE: una mostra a cura di Ugo La Pietra, realizzata grazie alla collaborazione tra Triennale Milano e Fondazione Cologni, finalizzata a presentare negli spazi della stessa Triennale una panoramica odierna della realtà ceramica artistico-artigianale presente sul territorio nazionale.

ASSONANZE CROMATICHE
Focus sulla nuova produzione di Simone Negri in dialogo con antichi paraventi giapponesi

Periodo: 6 Settembre – 2 Ottobre 2021
Orari: lunedì 15.30 – 18.30 | da martedì a sabato 11.00 – 18.30

Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili
+ 39 02 655 1681
via Marsala, 4 – Milano

16
Feb

Ornaghi & Prestinari – Toccante

Galleria Continua è lieta di presentare nei suoi spazi espositivi di Roma “Toccante”, la mostra personale di Ornaghi & Prestinari. Tra i più interessanti rappresentanti della giovane generazione di artisti italiani, Valentina Ornaghi e Claudio Prestinari iniziano a lavorare insieme nel 2009 con la volontà di sviluppare ogni progetto attraverso il dialogo e la condivisione. La mostra presenta un gruppo di opere inedite realizzate appositamente per questa occasione espositiva che riflettono sul tema dell’incontro.

L’approccio multidisciplinare che Ornaghi & Prestinari hanno perfezionato durante l’esperienza formativa e l’interesse per il design, l’architettura e la storia dell’arte sono diventati parte della loro ricerca. Il lavoro degli artisti esplora la dimensione domestica, fragile e intima delle cose. La pratica di Ornaghi & Prestinari si muove tra concetto e azione con una particolare attenzione ai materiali e alla loro manipolazione. La delicatezza, la cura, il tempo, la leggerezza e l’ironia sono temi ricorrenti nelle loro opere. “Mescolando insieme figurazione pittorica e plastica, riflessioni sull’arte concettuale e esperienze di vita personale, invitiamo in un universo intimo (…) attraverso la nostra poetica, cerchiamo di dare un nuovo valore agli atti familiari. Ci sforziamo di pensare le cose come unite, per non privarle della loro complessità: per far convivere le cose piuttosto che separarle. Cerchiamo di realizzare la convivenza e l’equilibrio, di sposare mondi apparentemente lontani, di preservare la polisemia. Con la pratica, attraverso la conoscenza quotidiana dei materiali, ci sfidiamo ad acquisire nuove abilità. La forma finale è sempre il risultato di un processo di raffinamento, di lavorare su una cosa specifica finché non inizia a parlare”, spiegano gli artisti.

Le opere che Ornaghi & Prestinari concepiscono per questa mostra sono accomunate dalla tematica dell’incontro e della relazione con l’altro. Un incontro che presuppone desiderio di avvicinamento e di contatto come si evince in “Rintocco”, i calici in cristallo posti su una mensola che nel corso della giornata si avvicinano fino a toccarsi, piuttosto che in “Sfiorare”, il dittico in cui due tele si inclinano così tanto l’una verso l’altra da sfiorarsi in un angolo. “L’etimologia latina della parola pensare significa pesare. Il pensiero soppesa e può farsi pesante così come c’è una relazione tra il toccare sensoriale e ciò che ci tocca emotivamente, dichiarano gli artisti e proseguono. Come si legge in un’intervista a Jean-Luc Nancy: “Un peso non è necessariamente qualcosa di pesante. Può essere leggero. Ad esempio un petalo di un fiore sulla mia mano non pesa quasi nulla, ma io sento questo quasi nulla. Io percepisco la sua quasi assenza di peso, so bene che se volto la mano il petalo cadrà in terra, lentamente, seguendo i movimenti dell’aria. Ma questo petalo non sfuggirà comunque alla gravità, anche se una corrente d’aria o il calore lo facesse risalire, si tratterebbe ancora di un gioco del suo peso. Per quanto riguarda il pensiero, il pensiero più pesante è sempre il più leggero… per esempio “l’essere”… o “il tempo”…” (in “Sfiorarsi. Intervista a Jean- Luc Nancy”, di Gianfranco Brevetto, EXagere). “Ritrovarsi”, i grandi piatti in ceramica smaltata che gli artisti realizzano per la mostra riportano all’aspetto conviviale del condividere la tavola e il cibo insieme. Ciascun piatto, apparentemente costituito da frammenti di diversa provenienza, è stato in realtà riportato alla sua forma originaria dopo un intervento di smaltatura di alcuni dei suoi cocci. Un processo, quello che mettono in atto gli artisti, che sottintende la volontà di ritrovare un disegno già insito nel piatto; un disegno che si rivela soltanto con la sua rottura sottolineando come l’unità iniziale non fosse la fine ma l’inizio di un viaggio. Concludono il percorso espositivo “Appendimarmi”, due scarti di marmo come ritagli avanzati appesi alla parete su un supporto in metallo; il paesaggio silente e immobile di una fotografia, “Sentimento”; e “Vuoti”, il disegno di tre vasi ricavati in negativo dipingendo lo spazio attorno ai profili delle forme.

Nell’ottica di avvicinare il mondo dell’infanzia all’arte contemporanea partendo dall’esposizione di Ornaghi & Prestinari, all’interno dell’iconico hotel The St. Regis Rome si terranno, per tutta la durata della mostra, dei workshop dedicati ai bambini.

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20
Mar

Miart 2019

A Milano dal 5 al 7 aprile 2019 torna miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano e diretta per il terzo anno da Alessandro Rabottini. 186 gallerie provenienti da 19 paesi esporranno opere di maestri moderni, artisti contemporanei affermati ed emergenti e designer storicizzati e sperimentali. In occasione di miart 2019, fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano, una nuova edizione della Milano Art Week coinvolgerà visitatori, collezionisti e professionisti.

Concepita da miart in collaborazione con il Comune di Milano, la Milano Art Week conferma lo status di capitale culturale e creativa di Milano mettendo in scena una gamma incredibilmente diversificata di posizioni artistiche – sia storiche sia contemporanee – attraverso nuove commissioni artistiche, mostre monografiche e collettive tematiche. A partire dal 1 aprile, ogni giornata della Milano Art Week ospiterà opening e visite straordinarie presso mostre e progetti artistici tra cui, fra gli altri:

– Sheela Gowda, a cura di Nuria Enguita e Lucia Aspesi; Giorgio Andreotta Calò, a cura di Roberta Tenconi presso Pirelli HangarBicocca
– Lizzie Fitch / Ryan Trecartin presso Fondazione Prada
– Ibrahim Mahama alla Fondazione Nicola Trussardi, a cura di Massimiliano Gioni
– Anna Maria Maiolino presso PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea, a cura di Diego Sileo
– XXII Triennale di Milano. Broken Nature: Design Takes on Human Survival a cura di Paola Antonelli presso La Triennale di Milano
– Lygia Pape alla Fondazione Carriero, a cura di Francesco Stocchi
The Unexpected Subject. 1978 Art and Feminism in Italy presso FM – Centro per l’Arte Contemporanea, a cura di Marco Scotini e Raffaella Perna
– Renata Boero, a cura di Anna Daneri e Iolanda Ratti; Marinella Pirelli, a cura di Lucia Aspesi e Iolanda Ratti al Museo del Novecento
– Antonello da Messina, a cura di Giovanni Carlo Federico Villa; Jean-Auguste-Dominique Ingres, a cura di Florence Viguier a Palazzo Reale
– Carlos Amorales alla Fondazione Adolfo Pini, a cura di Gabi Scardi
– Sophia Al-Maria presso Fondazione Arnaldo Pomodoro, a cura di Cloé Perrone
– Jamie Diamond presso Osservatorio Fondazione Prada, a cura di Melissa Harris
– Morbelli (1853-1919) alla GAM – Galleria d’Arte Moderna, a cura di Paola Zatti
Hyper Visuality. Film & Video Art from the Wemhöner Collection a Palazzo Dugnani e curata da Philipp Bollmann
– Hans Josephsohn presso ICA, a cura di Alberto Salvadori
– Anj Smith presso il Museo Poldi Pezzoli
The Last Supper After Leonardo alla Fondazione Stelline e curata da Demetrio Paparoni

La Milano Art Week porterà in scena anche la performance attraverso alcune prestigiose commissioni, fra cui mk e Linda Fregni Nagler presso Triennale Teatro dell’Arte e Anna Maria Maiolino al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea.

La Milano Art Week 2019 culminerà con la Art Night di sabato 6 aprile – una serata di inaugurazioni e performance diffuse nei numerosi spazi non profit e di sperimentazione della città – e con l’ apertura straordinaria delle gallerie milanesi prevista per domenica 7.

miart vi aspetta a Milano dal 5 al 7 aprile 2019 (con anteprima VIP il 4 aprile)!

Main Partner : Intesa Sanpaolo – Intesa Sanpaolo Private Banking
Partner : Herno, Fidenza Village, Snaporazverein, LCA Studio Legale
miartalks powered by : In Between Art Film
Sponsor : Ruinart, Flos, Nava press
Media Partner : Elle Decor
International Media Partner: The New York Times
Official Guide : My Art Guides
Online exclusively on : Artsy

La campagna visiva Horizon è un racconto per immagini dal sapore cinematografico che celebra il tema dell’arte come luogo di esplorazione, scoperta e mutamento.

Horizon è stata realizzata da:
fotografo Jonathan Frantini
Art Direction di Francesco Valtolina per Mousse
Assistente Art Direction: Anita Poltronieri (Mousse)
Assistente fotografo: Francesca Gardini, Giacomo Lepori
Casting: Semina Casting
Modelli: Amelie, Lorenzo, Clara, Federico, Alessandro, Mohamed, Sara, Angela, Martina, Alessandro, Nicolo’, Davide, Loreley, Mehdi
14
Set

Irina Razumovskaya. Inner geometry

Dal 26 settembre al 26 ottobre Officine Saffi è lieta di presentare la prima mostra personale in galleria di Irina Razumovskaya.

Irina Razumovskaya nasce a Leningrado, in URSS, nel 1990. Pur se troppo giovane per appartenere alla generazione della Ostalgia, la ventisettenne scultrice sembra subirne un fascino discreto. L’attrazione per una bellezza non comune, per l’inatteso, la portano a descrivere nelle sue opere i profili essenziali di oggetti domestici, di parti di macchinari, o ancora dettagli di edifici con tutte le loro possibili sfumature di granulosità. Nella sua prima personale milanese intitolata Inner Geometry, Irina Razumovskaya presenta un corpus di nuovi lavori in ceramica che arricchiscono la sua riflessione sul tema del deperimento della materia, cercando di far emergere i sottili legami emozionali che pervadono la sua pratica artistica volutamente anti narrativa. «Sperimento molto con le superfici – dice l’artista – nell’intento di riprodurre l’invecchiamento delle strutture architettoniche, evocando la sensazione di strati di vernice scrostata o della pietra che si sgretola lentamente».

Proprio per rafforzare il legame concettuale con l’architettura, sperimenta materiali per lei nuovi come il cemento; nella serie Construct combina forme in ceramica sabbiata con superfici in calcestruzzo, creando una tavolozza monocroma di grigio. In questo lavoro riecheggia l’intima impressione che si può avere di un paesaggio urbano«quando questo muta in un’esperienza tangibile grazie alla stratificazione di dettagli e sfumature».

Con Inner Geometry, Irina Razumovskaya colleziona immaginari reperti provenienti da oniriche rovine contemporanee, edificate su visione di forme e simboli inconsci, ribadendo così la sua ferma convinzione che il lirismo consista più nel celare che nello svelare e che l’arte trovi la sua massima espressione “tra le linee” di una poesia, tra le crepe della ceramica, nel mistero, nel suo pieno senso etimologico di ciò che non deve – o non dovrebbe – essere rilevato.*

*Estratto dal testo critico di Fabrizio Meris

IRINA RAZUMOVSKAYA
Irina Razumovskaya nasce nel 1990 a Leningrado, URSS (poi San Pietroburgo). All’età di cinque anni entra nella Kustodiev Art School e da allora non ha mai smesso di dedicarsi all’arte. Nel 2008 si iscrive al dipartimento di Fine Art Ceramic and Glass della State Academy of Art and Design e partecipa all’Hermitage Museum Lecture Art Program. Irina si diploma al prestigioso Royal College of Art di Londra nel 2017 e nel frattempo ha vinto diverse residenze in Cina, Germania, Spagna, Svizzera, USA, Ungheria e Taiwan. Irina è rappresentata da diverse gallerie internazionali e le sue opere sono esposte al Design Museum di Londra in occasione del Loewe Craft Prize 2018, a Chatsworth House, all’Yingge Ceramics Museum di Taiwan e all’Icheon World Ceramic Center in Corea e presso il Modern Art Museum di Yerevan, Armenia.

OFFICINE SAFFI
Officine Saffi è un centro di ricerca specializzato nella ceramica contemporanea. Il progetto comprende la Galleria che organizza e promuove mostre personali e collettive di artisti contemporanei e maestri del passato. Il Laboratorio dove vengono organizzati corsi e workshop, oltre ad accogliere produzioni di artisti e designer, le Residenze d’artista e la Casa Editrice che pubblica cataloghi d’arte e la rivista trimestrale Fragile. Completa il progetto il concorso biennale Open to Art, dedicato alla ceramica contemporanea d’arte e di design.

Milano | Officine Saffi
Irina Razumovskaya
INNER GEOMETRY

26 settembre – 26 ottobre 2018
Press preview e Inaugurazione: martedì 25 settembre 2018, 18.30-21.30

Orari di apertura:
Dal lunedì al venerdì  10–13, 14-18.30
Sabato 11-18
Domenica su appuntamento
Ingresso gratuito

Info:
+39 02 36 68 56 96
info@officinesaffi.com
press@officinesaffi.com

05
Set

Ornaghi & Prestinari. Keeping Things Whole

Una strana malinconia.
Un desiderio inappagato.
Due figure dormienti, lari della casa, circondati da cose.
Tenere assieme (unite e complesse) le cose. Frammenti, a volte contraddittori, di mondo: il lavoro, l’invenzione, il nuovo e lo scarto, l’antico e il tecnologico, la natura. Non c’è un altrove, non ci sono categorie distinte. Sono tutti aspetti, parti, di una stessa complessità.
Un piccolo giro, una passeggiata nella casa, tra elementi e materiali, tecniche e situazioni, quasi dei microracconti di una realtà concreta e paradossale tesa tra il quotidiano e il vuoto.
Ornaghi & Prestinari

Alla Galleria Continua in corso Keeping Things Whole, mostra personale di Ornaghi & Prestinari. Tra i più interessanti rappresentanti della giovane generazione di artisti italiani, Valentina Ornaghi e Claudio Prestinari negli ultimi anni hanno consolidato la loro posizione anche a livello internazionale grazie ad una serie di mostre in spazi pubblici e musei stranieri.

Nel progetto che concepiscono per San Gimignano l’intimità domestica della casa si incontra con la visione museale dello spazio allestito in cui gli oggetti sono esibiti. Il percorso si compone di un nutrito gruppo di opere: sculture, quadri e collage appositamente realizzati per la mostra e una selezione di lavori frutto della più recente ricerca. Attraverso queste opere gli artisti articolano riflessioni sul senso del lavoro manuale in un’epoca post-artigianale caratterizzata dall’automazione del processo lavorativo; sulle connessioni tra produzione e consumo; sui processi di trasformazione di materiali e oggetti; sui mutamenti antropologici che si determinano nella nostra società stretta tra etica del lavoro ed estetica del consumo.

Il titolo della mostra preso a prestito da una poesia di Mark Strand, Keeping Things Whole (‘Tenere assieme le cose’), è già una dichiarazione di intenti. Le “cose” (contrazione dal latino “causa”, quanto ci sta a cuore e per cui ci si batte) sono al centro del progetto. A questo proposito Ornaghi & Prestinari dichiarano “Attraverso la nostra poetica cerchiamo di conferire agli atti familiari un valore nuovo. L’aspetto quotidiano del prendersi cura della casa o degli oggetti, del ripararli o del ricostruirli, trasmuta le cose indistinte a un livello di realtà più elevato. Ci sforziamo di pensare alle cose come unite per non privarle della loro complessità: far coesistere piuttosto che separare. Proviamo a generare convivenze ed equilibri, coniugare mondi apparentemente distanti, preservare la polisemia (…). Attraverso l’esercizio, la frequentazione quotidiana dei materiali, ci sfidiamo ad acquisire nuove abilità. La forma finale è sempre la risultante di un processo di affinamento. Lavorare su una certa cosa finché non inizia a parlare”. Gli artisti concludono la loro riflessione consegnandoci un passaggio di Remo Bodei da La vita delle cose (Roma-Bari, Laterza, 2009): “Dagli utensili preistorici in pietra, osso o legno alle prime produzioni ceramiche, dalle macchine ai computer, le cose hanno percorso una lunga strada assieme a noi. Cambiando con i tempi, i luoghi e le modalità di lavorazione, discendendo da storie e tradizioni diverse, ricoprendosi di molteplici strati di senso, hanno incorporato idee, affetti, simboli di cui spesso non siamo consapevoli (…). Le cose rappresentano nodi di relazioni con la vita degli altri, anelli di continuità tra le generazioni, ponti che collegano storie individuali e collettive, raccordi tra civiltà umane e natura. Il loro rapporto con noi somiglia, in tono minore, a quello dell’amore tra persone, dove il legame convive con la reciproca autonomia e nessuno è proprietà esclusiva dell’altro.”

Nelle loro opere Ornaghi & Prestinari elaborano e integrano influenze formali e riferimenti storico- artistici: gli “Inerti”, sculture che includono l’impronta di motivi floreali e vegetali ispirati ai disegni di William Morris iniziatore del movimento Art and Craft e pioniere del design; “Paolina” una scultura rovesciata rielaborazione della celebre scultura del Canova; “Oltremarino (S. Martini)” un’opera che parte da una riflessione sul rapporto di compresenza e distanza tra realtà e immagine, tra la fisicità minerale del blu di lapislazzuli delle tavole di Simone Martini e le sue riproduzioni sui libri, sono solo alcuni esempi. La ricerca degli artisti si concentra sulle varie sfaccettature della “cultura materiale” intesa come rapporto tra l’uomo e gli oggetti e su come questo rapporto sia legato alla storia dei materiali, alle loro potenzialità, alla progettazione, alle tecniche di produzione e al consumo. In mostra sculture realizzate con materiali naturali come la pietra (sodalite e alabastro), il legno, l’argilla diventata ceramica dialogano con strutture ed elementi in metallo che somigliano a oggetti ordinari e seriali della vita quotidiana.Continue Reading..

28
Giu

Silvia Celeste Calcagno. La plasticità del sé – Room 60

Continua la collaborazione del Museo Carlo Zauli con AICC Associazione Italiana Città delle Ceramiche su progetti formativi contemporanei ed inediti pensati per i ceramisti, in particolare rivolti ai residenti delle Città della Ceramica. I laboratori che furono di Carlo Zauli, dal 2002 sono teatro di sperimentazioni ceramiche promosse dal museo a lui intitolato attraverso residenze con artisti contemporanei internazionali e workshop con maestri della ceramica e rappresentano il luogo ideale e naturale sul territorio per creare incontri ed esperienze, generare idee innovative, approfondire temi attuali legati al mestiere del ceramista. Per questo progetto formativo l’invito del museo va a  Silvia Celeste Calcagno, che conduce i partecipanti del workshop di tre giorni in un viaggio alla scoperta della propria identità, acquisendo gli strumenti tecnici legati alla stampa su ceramica.  Dopo il lavoro in laboratorio, il workshop apre al pubblico, per restituire a tutti i risultati del lavoro, all’interno del calendario MCZ Padiglione Estate 2018, in concomitanza con l’opening dell’installazione di Silvia Celeste Calcagno, visitabile fino al 25 luglio 2018.

«È lei! È proprio lei! Finalmente l’ho trovata!», esultava Roland Barthes quando, nel suo celebre saggio “La camera chiara”, racconta di avere rinvenuto in uno scatolone, durante una giornata di novembre, il “Giardino d’inverno”, la fotografia che ritrae sua madre bambina. L’unica, fra tante, a restituire in modo autentico la sensazione sicura del ricordo della donna da lui tanto amata. Quel “reale che non si può più toccare”, la fotografia, che è anche “agente della Morte, l’alibi che nega lo smarrimento del vivente”.
Il fulcro del workshop sarà l’ampio e complesso tema dell’identità e il senso del doppio, da sempre affrontati nel percorso dell’artista. Tra “Uno, nessuno, centomila” di Luigi Pirandello e la stereotipata moda del selfie, indagheremo con complessa solennità il tema dell’autoritratto fotografico allo specchio, il senso del doppio e le innate potenzialità della materia, forti della consapevolezza di non essere né fotografi e né necessariamente ceramisti. Attraverso queste due negazioni, proveremo ad affermare e codificare un nostro personale alfabeto mediante un preciso metodo.

“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Le parole di Lavoisier sembrano rievocarsi come un mantra illuminista davanti alle immagini proposte per il Solo Show dedicato da Silvia Celeste Calcagno alla Plasticità del sé. È un’indagine scientifica dell’anima, quella operata dall’artista utilizzando video in sequenza e immagini in dissolvenza, un percorso evocativo che invita ciascuno ad oltrepassare la soglia di ciò che crede di conoscere per giungere alle profondità insondabili della propria coscienza, da cui rinascere mutato. Room 60, elaborato per questa specifica occasione, si presenta come un progetto volto a porre chi guarda in relazione con le sensazioni suscitate dall’ineluttabilità dell’esistere in rapporto al non esistere: un’installazione spiazzante in cui la ciclicità e la fissità guidano attraverso un’interiorità specchiante. All’interno degli spazi emotivi il cambiamento resta, perno paradossalmente saldo, unica garanzia di continuo equilibrio.Continue Reading..

30
Mar

SHIO KUSAKA

Gagosian è lieta di presentare la prima mostra in Italia dell’artista giapponese Shio Kusaka.

Kusaka, nota per i suoi lavori in continua tensione tra astratto e figurativo, ha sviluppato per Roma un progetto fortemente incentrato sulle geometrie dell’astrazione. Le ceramiche in mostra, variazioni sulla forma del vaso, sono disegnate e incise con linee geodetiche continue tramite un processo contemporaneamente sistematico e intuitivo. Ripetizioni minimaliste si estendono lungo i volumi stondati riecheggiando le griglie di Agnes Martin o i disegni a muro di Sol LeWitt, e rivelando le irregolarità della linea disegnata a mano per creare terreni sinuosi oscillanti. Nella sua opera Kusaka fonde la raffinata lavorazione tradizionale della ceramica con dettagli e soggetti giocosi quali palloni da basket, frutta, dinosauri, gocce di pioggia e venature del legno. I lavori geometrici offrono una dimostrazione più immediata della padronanza tecnica dell’artista che, ​concentrandosi sull’elaborazione di un singolo processo ne scopre le infinite varianti. Nei precedenti lavori astratti Kusaka spesso “terminava” una linea o un motivo a griglia appena questi venivano distorti dalla curvatura del vaso, producendo motivi frammentati, come dei disegni sovrapposti, che contraddicevano il volume tridimensionale dello stesso. In queste nuove opere, invece, l’artista assume un approccio quasi topografico, sviluppando la manualità tattile necessaria per lavorare al tornio intagliando o disegnando linee intricate lungo ogni superficie del vaso. Lasciando che la tridimensionalità di ciascun vaso determini le curve concentriche delle linee, Kusaka fonde i primordiali atti creativi del disegno e della scultura. Mentre alcune linee appaiono sottili e parallele, altre assomigliano a delle onde e a schemi topografici. Saranno presenti in mostra i vasi più grandi mai realizzati dall’artista disposti su un piedistallo lungo e curvo, e smaltati in vari colori, dal blu pallido, al rosa, al giallo fino ad un placido bianco sporco. Il liquido denso si ferma al di sopra della base di ognuno: una precauzione necessaria per la cottura a fuoco, e un sottile ricordo delle trasformazioni alchemiche tipiche di questa tecnica. In una selezione di vasi più piccoli, Kusaka ripropone molti dei motivi a incisione come disegni a matita su fondo bianco, creando echi più intimi, quasi degli schizzi, dei lavori più grandi. L’artista ribadisce così la tecnica dei Minimalisti basata sul metodo, e sottolinea anche l’infinito potenziale della forma stessa che varia da grande a piccola, da liquida a solida, da due a tre dimensioni.

Un catalogo illustrato verrà pubblicato in occasione della mostra.

Shio Kusaka nasce nel 1972 a Morioka, in Giappone e vive e lavora a Los Angeles. Ha conseguito la laurea in Belle Arti nel 2001 all’Università di Washington,  Seattle. Il suo lavoro è incluso nelle seguenti collezioni: Museum Voorlinden, Wassenaar, Olanda; The Broad, Los Angeles; Allen Memorial Art Museum, Oberlin, Ohio; e Nerman Museum of Contemporary Art, Overland Park, Kansas. Tra le mostre personali recenti: Whitney Biennial del 2014, New York; “Jonas Wood and Shio Kusaka: Blackwelder”, Gagosian, Hong Kong (2015); e “Shio Kusaka and Jonas Wood”, Museum Voorlinden, Wassenaar, Olanda (2017–18).

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11
Dic

A Cortona il progetto artistico #newgeneration by Art Adoption

L’Associazione culturale Art Adoption, sotto la direzione di Massimo Magurano, presenta e inaugura a Cortona domenica 17 dicembre 2017 il progetto artistico New Generation a cura di Tiziana Tommei.
L’evento, patrocinato dal Comune di Cortona, avrà luogo nel centro storico della città e vedrà il coinvolgimento di 27 luoghi espositivi, spazi pubblici e privati e attività commerciali, con i quali 29 artisti, nazionali e internazionali, si relazioneranno ad hoc.

In calendario, con qualche giorno in anticipo dalla data di inaugurazione, sono previsti importanti interventi artistici che arricchiranno il palinsesto di questa edizione New Generation. La prima anticipazione è prevista l’8 dicembre 2017, in arrivo direttamente dal Padiglione Bolivia della Biennale di Venezia, 57esima Esposizione d’Arte Internazionale, la maestosa installazione di Jannis Markopoulos. L’opera sarà allestita nell’Auditorium di Sant’Agostino, complesso del XIII secolo situato nel centro storico di Cortona. Seconda sorpresa di respiro internazionale è la partecipazione dell’artista Alfredo Rapetti Mogol, poeta, compositore e personalità poliedrica del mondo dell’arte, che il 9 dicembre 2017 per New Generation presenterà una proiezione visiva sulla facciata del Comune. L’opera visiva di Mogol vede il contributo artistico di Mirko Pagliacci, altro maestro protagonista di questa edizione che esporrà un importante corpus di opere della sua produzione artistica in una personale unica. Last but not least l’opera simbolo scelta per rappresentare questa edizione New Generation by Art Adoption è firmata Qwerty. Lo street artist con la sua ‘rivoluzione’ visiva e poetica sicuramente a Cortona ‘lascerà il segno’.
Una edizione davvero speciale che intende valorizzare l’Arte attraverso un percorso espositivo lineare, diversificato e stimolante che possa in una modalità alternativa e non ordinaria avvicinare il pubblico ai nuovi linguaggi espressivi.

Tutti gli eventi in programma sono a INGRESSO LIBERO

Artisti
Manuel Mampaso (Spagna), Giuseppe Chiari (Italia), Daniel Argimon (Spagna), Massimiliano Luchetti (Italia), Mario Consiglio (Italia), Clara Turchi (Italia/Inghilterra), Fabio Savoldi (Italia), Vittore Baroni (Italia), MBU (Italia), Caruso Pezzal (Italia), Flavia Bucci (Italia), Qwerty Street Art (Italia), Sam Francis (USA), Mirko Pagliacci (Italia), Massimiliano Roncatti (Italia), Pierre Fernandez Arman (Francia), Simone Lingua (Italia), Giulia Ronchetti (Italia), Alessandro Bernardini (Italia), Andrea Barbagallo (Italia), Enrico Fico (Italia), Sandro del Pistoia (Italia), Luigi Merola (Italia), Alice Paltrinieri (Italia), Giuseppe Negro (Italia), Cesare Vignato (Italia), Alfredo Rapetti Mogol (Italia), Jannis Markopoulos (Grecia), Fernanda Marangoni (Italia).

Spazi pubblici e attività commerciali
Palazzo Magini, Auditorium Sant’Agostino, Enoteca Enotria, Dolce Vita, Bam Boutique, Beerbone, Touscher, Castellani Antiquari, La Nicchia, Eliana Boutique, Giolielli Caneschi, Pasticceria Banchelli, Ristorante il Cacciatore, Caffè Signorelli, Il Papiro, Nais Profumeria, Il Pozzo Galleria, Caffè Degli Artisti, La Saletta, Nocentini Libri, Terra Bruga, Karma, Jacente Store, Galleria Nazionale, Agenzia Alunno, Antonio Massarutto, Hotel San Luca
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26
Set

Silvia Celeste Calcagno. Il pasto bianco (mosaico di me)

In un rincorrersi di rimandi e citazioni, da The Naked Lunch (il pasto nudo), capolavoro letterario di William Burroughs alla libera e omonima versione cinematografica firmata da David Cronenberg, Silvia Celeste Calcagno mette a punto un nuovo importante progetto realizzato per la personale a cura di Davide Caroli negli spazi della Biblioteca Classense di Ravenna, nell’ambito della Biennale di mosaico. La mostra nasce in collaborazione con il MIC Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza.

L’artista utilizza ancora una volta la ceramica, linguaggio con il quale ha da tempo trovato la sua cifra distintiva e originale ponendolo in dialogo con performance, installazione e fotografia. In questo caso l’indagine si arricchisce di un ulteriore elemento che chiama in causa il mosaico. Silvia Celeste Calcagno, che nel 2015 ha vinto il 59 Premio Faenza con Interno 8 La fleur coupée, composta da infinite tessere, aveva già intuito la potenzialità di questa espressione frammentaria, quasi un cut and up per riprendere ancora il riferimento a Burroughs e al suo modo sperimentale di utilizzare la scrittura. Mosaico come frammento, particolare infinitesimo, dove unendo le tessere si ricompone alla fine l’immagine, ma non la narrazione e neppure l’identità. E SCC lavora, da una parte con il consueto atteggiamento introspettivo, dall’altra con visceralità talora dura e spietata, sulla sua identità di donna, alle prese con l’eterna contraddizione tra corpo, oggetto costringente, limitato, e l’aspirazione a liberarsi dal peso, evadere dal limite, farsi altro. Corpo che è innanzitutto materia, e come tale viene trattato, eppure sfugge dalla tentazione descrittiva, a cominciare dalla rinuncia al colore. L’universo del “mosaico di me” è bianco, acromatico, inessenziale e sfuggente. Ogni volta che tenta l’ascesa verso l’alto, qualcosa di fisico lo riporta a terra. Ne intravvediamo solo i frammenti, altro non è dato. Da qui, dunque, il pasto bianco, installazione che ricompone tessere di corpo, un corpo che si pone innanzitutto come cibo, un banchetto cui chiunque potrà sedersi e mangiare, come nelle tavole imbandite dal maestro del cinema surreale Luis Bunuel. Dice SCC, “bianco come il colore della mia carne, privo del peso specifico di un corpo senza volto -che dunque perde l’identità dell’io per trasformarsi in archetipo- a pezzi, senza un luogo, perso nel vuoto, a volte protetto a volte sporcato dalla manipolazione e dal lavoro sul materiale”. Il pasto bianco, installazione site specific, copre come una pelle parte dello spazio attraverso lastre in gres di vari formati che sviluppano una tecnica che vede la fusione tra fotografia e materia. Altra installazione in mostra Una storia privata, ulteriore riflessione sul rapporto tra noi e gli altri, con segni ancor più sfuggenti e minimi, di un corpo destinato a lasciare la propria fisicità.Continue Reading..