Camera d’Arte

16
Dic

Chiara Arturo. 18 miglia

Chiara Arturo
18 miglia

Venerdì 18 dicembre ore 18
Galleria Eloart – Forio d’Ischia (Napoli)

Venerdì 18 Dicembre la Galleria Eloart di Forio d’Ischia è lieta di presentare la prima mostra personale della fotografa Chiara Arturo (Ischia, 1984) dal titolo 18 miglia.

La mostra racconta attraverso 25 fotografie un viaggio liquido, fatto di sensazioni più che di distanze, tra l’isola e la terraferma. Visioni raccolte negli anni di andate e ritorni che diventano il punto di partenza della ricerca personale dell’artista. «Una foto per miglio – spiega l’artista – per raccontare una distanza che è anche un ricordo, una sensazione più che un percorso: il mio viaggio tra l’isola e la terraferma. Paesaggi ripescati in un immaginario consolidato da anni di andate e ritorni, che io sento come atmosfere interiori. Le visioni sono alterate dalla matericità del filtro/finestrino, aggredito dalla salsedine e dall’elemento acqua in tutte le sue forme, ma anche dalla luce, che spesso irrompe con violenza. Onde, promontori, fari, scorci, grandi navi: diventano i personaggi di una sorta di romanzo di formazione fatto al novantapercento d’acqua. In questo lavoro mi sono ri-percorsa. Da sempre per me lo stare in mezzo al mare rappresenta una geografia del pensiero. Inseguivo un’idea di paesaggio, in movimento, mai uguale. Alla fine mi sono ritrovata con un mondo intimo, fatto di sospensioni che duravano cinquantacinque minuti per volta. La mappatura del mio stare precario ed ondeggiante.
Il progetto 18 miglia è nato durante la prima edizione di LAB, il laboratorio irregolare di fotografia di Antonio Biasiucci. LAB risponde all’esigenza di creare un percorso per giovani artisti e di trasmettere un metodo per una costante azione critica sul proprio lavoro. «Il senso del “laboratorio” – spiega Biasiucci – è quello di scoprire un’urgenza, una autenticità attraverso il continuo confronto col soggetto scelto».Continue Reading..

14
Dic

Francesca Woodman. On Being an Angel

Foam ends 2015 with a retrospective exhibition featuring works from the exceptional oeuvre of American photographer Francesca Woodman (1958–1981).

The most significant subject in Francesca Woodman’s work was Francesca Woodman herself. She used photography as an extremely personal means of expression, as if wearing her skin inside out, making herself the only subject of her work. Her photographs were shown in a number of major international exhibitions and they have inspired artists all over the world. Before committing suicide at the age of twenty-two, Woodman explored themes such as gender, representation, sexuality and corporality. Her oeuvre consists of a large number of self-portraits. A striking aspect of her work is that she is either explicitly naked, or in contrast, attempts to hide her body: squeezed into a cupboard, behind the wallpaper, wrapped in plastic or material, or in a shroud of movement. She photographs herself in interiors punctuated by evidence of decay. Even when other people feature in Woodman’s photographs, they function purely as a stand-in for the artist. Woodman’s photographs showcase a range of symbolist and surrealist influences, and in many cases they evoke oppressive feelings. Francesca Woodman grew up in a family of artists and began taking photographs in her teens. From 1975 to 1978 she studied at the Rhode Island School of Design. Her oeuvre is usually divided into periods: the early work, her work as a student in Providence, work made in Italy (1977-1978) or at the MacDowell Colony and, finally, the work she produced from 1979 in New York until her death in 1981. She left several hundred gelatine silver prints, although she also experimented with other techniques. The first major travelling exhibition of Francesca Woodman’s work took place in 1986, some years after her death. Her first European exhibitions were held in the early 1990s. The Kunsthal in Rotterdam was the first to present her work in the Netherlands, in 1998.

The exhibition Francesca Woodman. On Being an Angel has been organized by the Moderna Museet in Stockholm in collaboration with the Estate of Francesca Woodman and consists of 102 photographs, mainly gelatine silver prints but including several large-format diazotype prints and six short videos.

Image: Francesca Woodman, From Space2, Providence, Rhode Island, 1976 © George and Betty Woodman

Foam Fotografiemuseum
Keizersgracht 609, Amsterdam
+31 (0)20 5516500
info@foam.org

18 December 2015 – 9 March 2016

11
Dic

Tristano di Robilant. L’immaginazione e il suo doppio

Tristano di Robilant

L’immaginazione e il suo doppio
Sculture in vetro, ceramiche, disegni

a cura di Pia Candinas e Tanja Lelgemann
12 dicembre 2015 – 12 febbraio 2016

Inaugurazione
sabato 12 dicembre dalle 18.00 alle 21.00
L’artista sarà presente

Con la mostra L’immaginazione e il suo doppio, Intragallery presenta l’artista Tristano di Robilant nella sua poliedrica attività, con sculture di vetro, piatti di ceramica e disegni. L’aspetto elegante e maestoso delle sculture che dominano lo spazio della galleria crea un contrasto con le loro irregolari e movimentate superfici che hanno un soffio di incompiutezza e casualità dalle forme rotonde apparentemente semplici e non classificabili. Questo aspetto ambivalente sorprende l’osservatore e rivela allo stesso tempo la fragilità della materia.
I disegni che riportano le stesse forme allo stadio puro, non lavorato, rivelano il percorso formale e intellettuale alla base delle sculture e dei piatti di ceramica. Per Tristano di Robilant la stretta collaborazione con artigiani, con i maestri vetrai di Murano e con ceramisti umbri è fondamentale: sono loro che riportano nella materia le sue idee in opere di una bellezza unica.
Il titolo della mostra L’immaginazione e il suo doppio si lega all’universo illuminato e poetico di Tristano di Robilant; nasce da tutte quelle spiagge del silenzio che le sculture in vetro qui esposte ci comunicano. Un titolo dettato dall’immaginazione che si realizza diventando la creatrice del reale e degli oggetti che l’artista ci mostra. Non a caso si tratta di forme enigmatiche, nate da sogni che attingono, come nel caso di Antonin Artaud, a un continente interiore, un mare originario, ma anche a un altro io, il doppio che abita dentro di noi.
Tutti i titoli delle opere di Tristano de Robilant appaiono a prima vista enigmatici ma hanno sempre un riferimento letterario, filosofico o storico.

Con la scultura “Assisi” l’artista non elabora solo l’omonima poesia incisiva e malinconica di Paul Celan. Un cono, che nella fragile trasparenza del vetro s’impone maestoso nello spazio diventando punto di gravità, accentuato dai piani cadenzati e dalle sfere all’interno, la cui struttura irregolare ricorda la primordialità della terra. La calda tonalità ocra richiama immediatamente l’architettura della cittadina umbra che si erge nel paesaggio, suscitando nella condensazione formale la mistica attrazione spirituale del luogo.
Tra le opere in mostra citiamo inoltre: “Soldato innamorato”: in questo caso il titolo è omonimo di una celebre canzone del 1915 e commemora i soldati caduti nella 1° Guerra Mondiale.
In “Sisifo smeraldo” l’artista elabora l’interpretazione che l’autore dell’assurdo Albert Camus ha fornito: dobbiamo immaginarci Sisifo felice. “La lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo.” Continue Reading..

10
Dic

Bill Viola. Inverted Birth

“Inverted Birth” is the gallery’s seventh solo exhibition by internationally acclaimed video artist. Featured are six major works created between 2012 and 2014: Ancestors, Inverted Birth and four pieces from the Martyrs series

James Cohan is pleased to present Inverted Birth, the gallery’s seventh solo exhibition by internationally acclaimed video artist Bill Viola, on view from December 10 through January 30.
Featured are six major works created between 2012 and 2014: Ancestors (2012), Inverted Birth (2014), and four pieces from the Martyrs series—Earth Martyr, Air Martyr, Fire Martyr, and Water Martyr (all 2014).
Regarded as a seminal figure in the development of video art, Viola has been celebrated throughout his 40-year career for combining state-of-the-art technology with universal humanistic themes—birth, death, and the unfolding of consciousness.
These themes continue in Viola’s Inverted Birth, which explores the life cycle as a continuum rather than a linear progression. Viola has remarked, “Birth is not a beginning, death is not an end.”
In the main gallery, Viola’s monumental video and audio installation Inverted Birth is projected onto a 15-foot-high screen anchored to the floor. The work depicts five stages of awakening through a series of violent transformations. The piece begins with a man standing in darkness, coated in black fluid. Gradually, the fluid begins to flow in reverse and rises upward with increasing velocity.
The fluids change from black to red to white, ultimately becoming clear like water. A soft mist covers the man for the final stage of awakening. The essential elements of human life—earth, blood, milk, water and air, and the passage from birth to death—here are inverted when darkness is transformed into light. In Ancestors, on view in Gallery 1, a mother and son make a journey on foot across the desert in the heat of summer. In the course of traversing this inhospitable landscape, a new consciousness unfolds when they become swallowed by a dust storm and emerge finding solace in one another.Continue Reading..

07
Dic

Letizia Battaglia. Qualcosa di mio

La mostra raccoglie immagini di donne, bambine, i loro sguardi, i gesti quotidiani catturati dalla fotografa nella crudezza del bianco e nero in una Sicilia fuori dal tempo.
a cura di Alberto Stabile e Laura Barreca

Il Museo Civico di Castelbuono è lieto di presentare la mostra Qualcosa di mio, pensata e realizzata attraverso le suggestioni di Letizia Battaglia, fotografa palermitana di fama internazionale. L’esposizione, a cura di Alberto Stabile e Laura Barreca, raccoglie immagini di donne, bambine, i loro sguardi, i gesti quotidiani catturati nella crudezza del bianco e nero in una Sicilia fuori dal tempo, eppure oggi inconfondibile. Presentata al pubblico per la prima volta lo scorso agosto presso l’Ex Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica, la personale è co-prodotta dal Museo Civico di Castelbuono.

Come scrive Alberto Stabile, “In quella Palermo che Letizia Battaglia ha fotografato nell’arco di tempo che va dalla metà dei ‘70 alla fine degli ‘80, di quella catena che ha immobilizzato la città alla logica della violenza e del malaffare, salvo rare eccezioni, le donne rappresentavano l’anello più debole. Donne inchiodate ad un ruolo primordiale, come le “spose bambine”, di cui parlava in quegli anni Mario Farinella in una sua memorabile inchiesta sui quartieri poveri. Donne tuttofare. Donne cui è negato il sorriso, il gioco, la felicità”. Soprattutto l’attenzione per l’infanzia, quello stato di purezza fragilissimo, e per questo temporaneo, nella carriera di Letizia Battaglia funziona come contraltare, o redenzione, al tanto, troppo dolore impresso negli scatti che l’hanno accompagnata negli anni di piombo a Palermo. Quella Palermo che lei stessa sente malata, e con cui ha intessuto un lunghissimo rapporto di “rabbia e di dolcissima disperazione”.

La fotografia di Letizia Battaglia è ricerca analitica verso di sé, strumento di “salvezza e verità”, come dice lei. Ha ritratto luoghi e decine di vittime di omicidi di mafia, ma in questa selezione di immagini l’obiettivo oltrepassa il dato di cronaca per diventare qualcos’altro, qualcosa di personale, di profondamente individuale, quello che lei stessa definisce qualcosa di mio. La spia di un dolore con cui convivere. La partecipazione struggente ad una condizione umana inaccettabile. L’indignazione che trascende nell’atto della denuncia. Perché, come scrive Stabile, “chiunque potrà vedere sullo sfondo di certe immagini, il sintomo visibile di un degrado generale cui non sono rimaste estranee le mani e le logiche della criminalità organizzata”.Continue Reading..