Camera d’Arte

03
Feb

Alexander Calder. Performing Sculpture

11 November 2015 – 3 April 2016
Tate Modern, Level 3
Open daily from 10.00 – 18.00 and until 22.00 on Friday and Saturday

Tate Modern presents the UK’s largest ever exhibition of Alexander Calder (1898-1976). Calder was one of the truly ground-breaking artists of the 20th century and as a pioneer of kinetic sculpture, played an essential role in shaping the history of modernism. Alexander Calder: Performing Sculpture will bring together approximately 100 works to reveal how Calder turned sculpture from a static object into a continually changing work to be experienced in real time.

Alexander Calder initially trained as an engineer before attending painting courses at the Arts Students League in New York. He travelled to Paris in the 1920s where he developed his wire sculptures and by 1931 had invented the mobile, a term first coined by Marcel Duchamp to describe Calder’s motorised objects. The exhibition traces the evolution of his distinct vocabulary – from his initial years captivating the artistic bohemia of inter-war Paris, to his later life spent between the towns of Roxbury in Connecticut and Sachéin France.

The exhibition will feature the figurative wire portraits Calder created of other artists including Joan Miró 1930 and Fernand Léger c.1930, alongside depictions of characters related to the circus, the cabaret and other mass spectacles of popular entertainment, including Two Acrobats 1929, The Brass Family 1929 and Aztec Josephine Baker c.1929. Following a visit to the studio of Piet Mondrian in 1930,where he was impressed with the environment-as-installation, Calder created abstract, three-dimensional, kinetic forms and suspended vividly coloured shapes in front of panels or within frames hung on the wall. Red Panel 1936, White Panel 1936 and Snake and the Cross 1936 exemplify the artist’s continuous experimentation with forms in space and the potential for movement to inspire new sculptural possibilities. They will be shown together with a selection of other panels and open frames for the first time, illustrating this important moment in Calder’s development.

Continue Reading..

02
Feb

DPI – Darkness Per Inch. Mustafa Sabbagh e Milena Altini

DPI – Darkness Per Inch
doppia personale di Mustafa Sabbagh e Milena Altini
dal 6 febbraio al 19 marzo 2016
Galleria Marcolini – Forlì

Il titolo accenna al monopolio cromatico del Nero nel lavoro presentato dai due artisti in Galleria Marcolini, dal 6 febbraio al 19 marzo 2016.
Le fotografie dalla matericità pittorica di Mustafa Sabbagh hanno quasi tutte una composizione tradizionale dalle reminiscenze religiose; l’artista italo-giordano ritrae contemporanee Madonne con Bambino e Pietà i cui corpi sporchi, imbevuti spesso di un materico colore petrolio, pulsano anche nell’immobilità delle loro pose.
Una donna bionda, di cui conosciamo il nome – come Francis Bacon ci confessava l’identità di chi ritraeva all’interno delle camere d’albergo, così Sabbagh ci fa conoscere i nomi dei suoi modelli, quasi sempre esplicitandoli nei titoli dei files – maneggia lo strumento ginecologico di dilatazione vaginale come se fosse una pistola. Ci ricorda che corpo e battaglia spesso sono sinonimi, e di come dolore e sofferenze siano connaturati e acquisiti tramite una condizione di genere, sessuale.
Paesaggi sublimi e romantiche contemplazioni naturali si alternano a ritratti non solo dall’invadente potenza estetica, ma anche provocatori. Innocenza e consapevolezza. William Blake e Bill Henson.  Ugualmente innocenti, indipendenti da ogni giudizio, e parimenti consapevoli, avvolgendosi potentemente su loro stesse, le Waiting Souls di Milena Altini sono un gruppo scultoreo di anime perfette, collegate nella loro unità di forme e di fine. Lembi di pelle di vitello e di agnello, sacri o sacrificali a seconda della loro latitudine di provenienza, dal movimento di una spirale e tono di un’ascesa. La Altini, percorrendo i gradienti di nero del derma delle sue anime, ne onora una immensa composta da mille altre sue simili, sul solco di una cucitura e di una necessità contingente, ma ancora incomprensibile.  Attraverso il linguaggio che più le si confà: la scultura. Parlando la lingua che meglio conosce: quella della pelle. Sfiorando corde note ad ogni essere umano, ma soprattutto ad ogni donna: quelle dell’attesa. Berlinde de Bruyckere ed Eva Hesse.
Fil rouge tra i due artisti, oltre al riferimento cromatico, è ovviamente il corpo o – ricordando Malaparte – la pelle, corpo livido e materia evocativa, e – parafrasando Bulgakov – la carne, il cui odore che si sente da lontano toglie significato anche all’atto di imparare a leggere.

Galleria Marcolini
via Francesco Marcolini 25/A – 47121 Forlì
Orari: mercoledì e giovedì, dalle 16.30 alle 19.30
venerdì e sabato, dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30
visitabile anche su appuntamento
Info: +39 388 3711896 – info@galleriamarcolini.it

01
Feb

Percezione Instabile

Percezione Instabile
Mostra d’Arte Contemporanea

Opening venerdì 29 Gennaio 2016, ore 19:00

La mostra Percezione Instabile, a cura di Sonia Belfiore, presso Palazzo Malipiero Venezia dedica, dal 30 gennaio al 28 febbraio 2016, una riflessione sulla tendenza dell’arte contemporanea ad essere sempre più inclusiva nei confronti dello spettatore. L’esposizione intende restituire e corroborare il ruolo del pubblico come elemento fondante, relazionale ed attivo nell’arte contemporanea, auspicandone una recezione partecipativa e non soltanto passiva.
Riconoscendo il corpo come condizione necessaria dell’esperienza, il percorso di mostra esprime il primato ontologico della percezione – Merleau-Ponty – elevandola a momento topico ed essenziale della conoscenza. Lo spettatore viene coinvolto grazie all’aspetto sensoriale e poetico delle opere; esse sfruttano elementi seducenti per attrarlo, attraverso meccanismi di sinestesie e finzione, per giungere ad una completa sovversione ricettiva che lo rende, appunto, instabile. L’iter espositivo propone sfide percettive all’interno delle quali sono presenti sensazioni immediate e spontanee, che devono essere riorganizzate e decodificate dallo spettatore, arrivando a coinvolgerlo ed a permettergli di sperimentare nuove situazioni e riflessioni.

Il percorso all’interno di Percezione Instabile si snoda attraverso le opere di cinque artisti, che coinvolgono interamente le capacità percettive del pubblico.

Sono le fotografie di Filippo Armellin, della serie Land Cycles, ad aprire la mostra, poichè innescano nel fruitore un cortocircuito percettivo, collocandosi tra la sfera della realtà e quella della finzione.  L’installazione di Tamara Repetto, Oniria, si rivela un omaggio alla Natura. Creando un percorso sinestetico che si snoda attraverso componenti sonore ed olfattive, Oniria, attivandosi solo al passaggio dello spettatore, sprigiona una mappa olfattiva che evoca spazi e situazioni ‘altre’. Continue Reading..

28
Gen

Gabriele Croppi. Metafisica del Paesaggio Urbano

Per tutto il XX secolo decine di geniali fotografi hanno stampato ogni forma di paesaggio, di nudo, e ogni altro genere di fotografia in bianco e nero, rendendo molto difficile un rinnovamento stilistico che interessasse il XXI secolo. Trovare poi un artista capace di immortalare New York – probabilmente la città più fotografata e documentata al mondo – e di produrre un lavoro in bianco e nero che fosse insieme nuovo ma anche emozionante, sembrava una sfida ancora più estrema.

La singolarità del lavoro di Gabriele Croppi sta nel fatto che riesce a raggiungere una forma spoglia e fortemente evocativa calando figure solitarie in alcune delle zone più frequentate e caotiche della città.  Croppi stesso sembra percepire la debolezza del mondo oggettivo e la risonanza interiore che i toni scuri e il vuoto sono in grado di raggiungere. Il colore nero, piuttosto dominante in questa serie dedicata a New York City, lungi dall’essere un mero elemento stilistico, agisce come un processo drammatico. La visione di queste immagini ci obbliga a soffermarci con ostinazione sui particolari delle stesse, generando un effetto straniante ottenuto nella convinzione – sottolineata dall’artista stesso – che “nella fotografia la dimensione metafisica sia rafforzata da un linguaggio estremamente realistico o addirittura iperrealistico”. Fedele come sempre a un’estetica che rifiuti il formalismo tradizionale, Croppi ribadisce questa capacità di cogliere molteplici fenomenologie costruite su momenti di riferimento alla pittura e alla letteratura, con un senso di temporalità applicato mediante sovrapposizioni e collisioni di momenti contrastanti. Queste fotografie appaiono come microcosmi contenenti le nostre preoccupazioni sulla condizione umana: fantasmi con volti sfuggenti, passanti pietrificati, inghiottiti dalle ombre in uno spazio in cui sono entrambi vittime e sconosciuti al tempo stesso.

Marla Hamburg Kennedy

Gabriele Croppi (1974) si diploma in Fotografia presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano. La sua ricerca è incentrata sul rapporto tra fotografia e altre arti, come la pittura, la letteratura, il cinema e l’architettura. La sua ricerca “Metafisica del Paesaggio Urbano” ha ricevuto numerosi premi internazionali fra cui l’IPA (International Photography Awards 2012, 2013 e 2014) e il Golden Camera Awards (2013). Vive in Italia a Milano lavorando nel settore dell’editoria, del collezionismo fotografico, e dedicandosi all’insegnamento presso l’Istituto Italiano di Fotografia.

Gabriele Croppi. Metafisica del Paesaggio Urbano
Leica Store Bologna
Strada Maggiore, 8b. 40126 Bologna
dal 16 marzo al 3 aprile 2016

26
Gen

Marisa Albanese. Sentieri di mani

Roma, Istituto centrale per la grafica, Palazzo Poli Via Poli, 54 (Fontana di Trevi)

inaugurazione 23 gennaio 2016 ore 12,00

23 gennaio – 8 marzo 2016

Dal 23 gennaio all’8 marzo 2016 l’Istituto centrale per la grafica organizza la mostra “Sentieri di mani” di Marisa Albanese che nasce da un progetto condiviso con Maria Antonella Fusco, Antonella Renzitti e Angela Tecce.

La produzione di Marisa Albanese è ampia e comprende diverse modalità espressive. L’artista nelle sue installazioni fa convivere sculture ambientali con il disegno, la fotografia e le tecnologie analogiche e digitali.
Nelle tre sale di Palazzo Poli si presentano due grandi installazioni: la prima, dal titolo “Mare chiuso”, evocazione del “nostro” Mediterraneo oggi teatro di fughe e disperazione, è una macchina disegnante programmata per tracciare segni su di una distesa di sale marino.
La seconda installazione, “Cosa ferma le altalene?”, è composta da cinque altalene di cristallo che, tracciando grazie a dei magneti delle linee casuali di polvere di ferro, alludono al flusso nomade di popoli non sempre mossi da una libera scelta.
Nella terza sala, insieme ad alcuni disegni dell’artista, viene presentato “Diariogramma India” dove l’esperienza di viaggio diviene punto di incontro tra il movimento della matita sulla carta e i sussulti incontrollati che i mezzi di locomozione producono sul corpo dell’artista.

I temi che stimolano la curiosità della Albanese, dalle trasformazioni del paesaggio naturale alle mutazioni socio politiche, non rimangono dunque nell’ambito del concettuale, ma vengono costantemente elaborati in un fare, individuale e collettivo insieme. L’artista esorta il visitatore a percorrere insieme a lei degli itinerari, a compiere dei gesti.
Il tema di fondo rimane il viaggio, il rivelarsi attraverso lo spostamento, l’incontro con l’altro.
Le riflessioni e le azioni sono ambientate in quella zona del mondo divenuta ormai cruciale per le migrazioni di popoli che dal Medio Oriente cercano rifugio in Occidente. Camuffando con eleganza e sarcasmo l’angoscia per le sorti dei nostri fratelli e sorelle del Mediterraneo, Marisa Albanese punta il dito sulle strategie che sovrastano il Mare nostrum.Continue Reading..