Camera d’Arte

23
Mar

XVI Biennale Donna. SILENCIO VIVO – Artiste dall’America Latina

XVI Biennale Donna

SILENCIO VIVO
Artiste dall’America Latina

A cura di Lola G. Bonora e Silvia Cirelli

Ferrara, Padiglione d’Arte Contemporanea
17 aprile-12 giugno 2016

Dal 17 aprile al 12 giugno 2016, torna al Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara la Biennale Donna, con la presentazione della collettiva SILENCIO VIVO. Artiste dall’America Latina, curata da Lola G. Bonora e Silvia Cirelli. Organizzata da UDI – Unione Donne in Italia di Ferrara e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, la rassegna si conferma come uno degli appuntamenti più attesi del calendario artistico e dopo la forzata interruzione del 2014, a causa del terremoto che ha colpito Ferrara e i suoi spazi espositivi, può ora riprendere il proprio percorso di ricerca ed esplorazione della creatività femminile internazionale. Da sempre attenta al rapporto fra arte e la società contemporanea, la Biennale Donna intende concentrarsi sulle questioni socioculturali, identitarie e geopolitiche che influenzano i contributi estetici dell’odierno panorama delle donne artiste. In tale direzione, la rassegna di quest’anno ha scelto di spostare il proprio baricentro sulla multiforme creatività latinoamericana, portando a Ferrara alcune delle voci che meglio rappresentano questa eccezionale pluralità espressiva: Anna Maria Maiolino (Italia-Brasile, 1942), Teresa Margolles (Messico, 1963), Ana Mendieta (Cuba 1948 – Stati Uniti 1985) e Amalia Pica (Argentina, 1978).

SILENCIO VIVO riscopre le contaminazioni nell’arte di temi di grande attualità, interrogandosi sulla realtà latinoamericana e individuandone le tematiche ricorrenti, come l’esperienza dell’emigrazione, le dinamiche conseguenti alle dittature militari, la censura, la criminalità, gli equilibri sociali fra individuo e collettività, il valore dell’identità o la fragilità delle relazioni umane. L’esposizione si apre con l’eclettico contributo di Ana Mendieta, una delle più incisive figure di questo vasto panorama artistico. Nonostante il suo breve percorso (muore prematuramente a 36 anni, cadendo dal 34simo piano del suo appartamento di New York), Ana Mendieta si riconferma ancora oggi, a 30 anni dalla sua scomparsa, come un’indiscussa fonte ispiratrice della scena internazionale. La Biennale Donna le rende omaggio con un nucleo di opere che ne esaltano l’inconfondibile impronta sperimentale, dalle note Siluetas alla documentazione fotografica delle potenti azioni performative risalenti agli anni ’70 e ’80. Al centro, l’intreccio di temi a lei sempre cari, quali la costante ricerca del contatto e il dialogo con la natura, il rimando a pratiche rituali cubane, l’utilizzo del sangue – al contempo denuncia della violenza, ma anche allegoria del perenne binomio vita/morte – o l’utilizzo del corpo come contenitore dell’energia universale. Il corpo come veicolo espressivo è una caratteristica riconducibile anche nei primi lavori della poliedrica Anna Maria Maiolino, di origine italiana ma trasferitasi in Brasile nel 1960, agli albori della dittatura. L’esperienza del regime dittatoriale in Brasile e la conseguente situazione di tensione hanno influenzato profondamente la sua arte, spingendola a riflettere su concetti quali la percezione di pericolo, il senso di alienazione, l’identità di emigrante e l’immaginario quotidiano femminile. In mostra presentiamo una selezione di lavori che ne confermano la grande versatilità, dalle sue celebri opere degli anni ’70 e ’80, documentazioni fotografiche che lei definisce “photopoemaction” – di chiara matrice performativa – alle sue recenti sculture e installazioni in ceramica, dove emerge la sempre fedele attinenza al vissuto quotidiano, in aggiunta, però, all’esplorazione dei processi di creazione e distruzione alle quali l’individuo è inevitabilmente legato.Continue Reading..

22
Mar

Paolo Gioli

Peep-Hole presenta una mostra personale dell’artista Paolo Gioli

Inaugurazione sabato 9 aprile 2016, ore 18.00

Mostra dal 10 aprile al 28 maggio 2016

Paolo Gioli dalla fine degli anni Sessanta porta avanti una complessa ricerca attorno alla genesi delle immagini, alla natura dell’esperienza estetica e al funzionamento dei processi visivi.  Costantemente improntata alla sperimentazione tecnica e linguistica, la sua pratica artistica si muove con disinvoltura tra forme espressive differenti che spaziano dal disegno alla pittura, dal film alla fotografia, all’insegna di una contaminazione continua che impiega modalità di derivazione cinematografica per scopi fotografici, e un approccio marcatamente pittorico nell’utilizzo dei materiali e nella scelta dei supporti. Le sue complesse sperimentazioni sono diventate un punto di riferimento nell’ambito del cinema sperimentale e della fotografia contemporanea: dalla riscoperta e l’uso radicale del foro stenopeico all’impiego di strumenti auto-progettati o oggetti trovati per sottrarsi a qualsiasi legame con l’ottica e la meccanica, dall’utilizzo inconsueto dei materiali Polaroid trasferiti sui più svariati supporti come carta da disegno, tela, seta serigrafica, alle indagini sui processi di sviluppo o sulla tecnica del fotofinish. Tuttavia la complessità del suo lavoro non è circoscrivibile esclusivamente all’interno della sfera cinematografica o fotografica. La sua continua sfida verso le infinite possibilità di ricavare immagini da circostanze spontanee, legate alla natura, al corpo o a oggetti esistenti, è stata portata avanti all’interno di un campo d’indagine ampio in cui il cinema incontra la pittura, la pittura incrocia la fotografia e viceversa. La mostra presenta un corpo di opere che datano dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta, a rappresentare i nuclei fondanti e i temi ricorrenti della produzione di Paolo Gioli, attraverso una selezione che evidenzia il fondamentale spostamento dalla pittura al cinema e alla fotografia. Alcune serie chiave della sua produzione come le Autoanatomie, i Fotofinish e le Naturae, si affiancano in mostra a lavori più inediti come alcuni dipinti e disegni realizzati alla fine degli anni Sessanta. A un ordinamento cronologico la mostra preferisce un’articolazione dialogica che sottolinea i legami e i continui rimandi tra temi, tecniche e linguaggi, in un percorso che attraversa in modo trasversale la vasta produzione dell’artista e dimostra come il passaggio da un linguaggio a un altro, da un medium o da una tecnica all’altra sia sempre fluido, biunivoco e  senza soluzione di continuità.Continue Reading..

21
Mar

Ugo Mulas. La Photographie

January 15 – April 24, 2016

The photographer’s task is to identify his own reality; that of the camera is to record it in its entirety.

Ugo Mulas (1928-1973) was a major figure of twentieth century Italian photography. Nevertheless, his work remains little known in France. This solo exhibition is the first of its kind and pays homage to this great observer and interpreter of the novelty that appeared in the art world in Italy and in the United States in the 1960s. It brings together, for the most part, the photographs selected by Mulas for publication in La Fotografia (Einaudi, 1973), his last, now legendary, book, an essential testimony of his work and his reflections.

When he arrived in Milan in 1948, Ugo Mulas associated with the artistic and literary circles that gathered at Bar Jamaica and he quickly began to photograph the city. Turned professional photographer, he developed more personal projects simultaneously. Official photographer of the Venice Biennale beginning in 1954, he documented the Italian and New York art scene of the 1960s. From 1968 onwards, he devoted himself to the Verifications, his last project, which questions photography and its practices.

With a title that is both simple and ambitious, La Photographie is a unique work. Through brief sequences of images introduced by text, Mulas analyzed the art of his time and made portraits of artists with whom he associated while creating their work as an intimate relationship with time. For Mulas, all moments are fleeting, they are all worthy, and the least significant moment can be in fact the most exceptional. Besides its documentary value, this group of work has a strong autobiographical tone. This selection closes with the Verifications, the final seminal chapter, which will forever establish the speculative dimension of his work.

The exhibition, composed of some sixty black-and-white vintage prints, is presented in collaboration with the Ugo Mulas Archives (Milan) and Giuliano Sergio, associate curator. It is co-produced with the Point du Jour, art center / editor (Cherbourg), which published Ugo Mulas’s book La Photographie in French, reproducing the format, text, and photographs of the Italian first edition.

Fondation Henri Cartier-Bresson
2, Impasse Lebouis, 75014 Paris
Tel : 01 56 80 27 00
Fax : 01 56 80 27 01
contact@henricartierbresson.org

Image: Ugo Mulas, Jasper Johns, New York, 1967

 

19
Mar

Giuseppe Penone. Scultura

19 MARZO 2016 / 26 GIUGNO 2016
Il Mart dedica un’importante mostra a Giuseppe Penone (Garessio – CN, 1947), uno tra i maggiori protagonisti dell’arte italiana.
Fin dagli esordi Penone costruisce un discorso sulla scultura a partire dal rapporto con l’universo vegetale.  In occasione della mostra personale al Mart vengono presentate opere inedite e significative riletture di lavori storici in stretta relazione con gli ambienti del Museo. Sin dall’ingresso architettura e scultura si intrecciano esaltando le caratteristiche dell’una e dell’altra: l’espressività dello spazio e quella della materia, l’esperienza della luce e quella del volume. Nel cuore del Mart si inerpica un grande tronco bronzeo quasi a sfondare la struttura del Museo, mentre un marmo di quasi venti metri segna il centro di un percorso negli ampi spazi del secondo piano che per la prima volta vengono presentati come pura architettura libera da ogni muro. Attorno cresce un paesaggio empatico fatto di cortecce di bronzo, forme antropomorfe e gesti di piante, impronte degli alberi, vene del marmo, calchi di terra.

Si offre così al pubblico il denso vocabolario poetico di un artista che ha segnato un passaggio fondamentale nella storia dell’arte.

Inaugurazione
Sabato 19 marzo, ingresso gratuito dalle 18 alle 21
Info: eventi@mart.tn.it

MART Museo di Arte contemporanea di Trento e Rovereto
Corso Bettini 43
38068 Rovereto (TN)
Infoline 800 397760

ORARI
Mar-Dom 10-18
Venerdì 10-21
Lunedì chiuso

Immagine: Sigillo, 2012

18
Mar

L’occhio cinematico. Arti visive e cinema oltre la soglia del visibile

A Arte Invernizzi

Inaugurazione martedì 15 marzo 2016 ore 18.30

La galleria A arte Invernizzi inaugura martedì 15 marzo 2016 alle ore 18.30 la mostra L’Occhio Cinematico a cura del regista cinematografico e filmmaker Francesco Castellani.
La mostra indaga, secondo la personale visione del regista, possibili affinità concettuali ed espressive tra arti visive e cinema, utilizzando elementi specifici del linguaggio cinematografico come strumenti di analisi e lettura delle opere e compiendo scelte iconografiche alla ricerca di possibili connessioni, di relazioni profonde e non meramente formali tra i diversi linguaggi. Il fotogramma, il campo e fuori campo, la luce e le dinamiche ottico-fotografiche, il piano sequenza, il flashback, l’ellissi di montaggio, sono “arnesi tecnici” abituali del lavoro del regista, che vengono messi in gioco per progettare e sostanziare un “sistema di visione” delle opere esposte.
“Le opere di Nicola Carrino, Enrico Castellani, Alan Charlton, Carlo Ciussi, Gianni Colombo, Dadamaino, Riccardo De Marchi, Lesley Foxcroft, François Morellet, Mario Nigro, Pino Pinelli, Niele Toroni e Michel Verjux – come scrive Francesco Castellani nel catalogo – danno corpo alla struttura di questo tentativo di racconto di connessioni, relazioni, e consonanze tra i linguaggi. Un tentativo che nel mio primo approccio è iniziato pensando istintivamente al concetto di materia oscura.” (…) “Quando rifletto sugli artisti riuniti in questo progetto e su loro possibili relazioni con il cinema, non posso fare a meno di immaginarli come sperimentatori che con mezzi diversi dagli strumenti di laboratorio, cercano anch’essi la materia oscura: tentano cioè con il loro agire artistico di dare una forma visibile a ciò che si muove al di là della soglia del visibile, oltre il tempo e lo spazio convenzionali, fuori e dentro di noi, nella vastità dell’Universo come nel complesso labirinto del mondo interiore. Una ricerca questa, che condividono con i registi più coraggiosi.”
Le opere sono proposte in un “sistema di visione” articolato sui due piani della galleria, in tre “piani sequenza” (elemento linguistico per eccellenza della tecnica cinematografica) con l’intento di offrire una fruizione delle stesse come parte, ciascuna nella sua singolarità, di un continuum coerente e fluido, proprio come nel cinema il piano sequenza identifica una dinamica di continuità narrativa non interrotta da tagli di montaggio.Continue Reading..