Camera d’Arte

10
Mag

MICHEL VERJUX. Staccato Stabile

Inaugurazione martedi 24 maggio 2016 ore 18.30

La galleria A arte Invernizzi inaugura martedì 24 maggio 2016 alle ore 18.30 una mostra personale dell’artista francese Michel Verjux che presenterà una serie di interventi pensati appositamente per gli spazi della galleria. Come scrive Michel Verjux nel testo in catalogo “Queste illuminazioni, proiezioni di luce, orientate, incorniciate e messe a fuoco, svelano chiaramente ciò che abbiamo davanti ai nostri occhi. Esse producono, distribuiscono e diffondono questo agente fisico chiamato “luce” su qualcosa d’altro da se stesso (materia, forma, spazio, etc.). E generano e provocano, non solamente la luce riflessa, ma l’ombra (differenti generi di ombre), la rifrazione, la diffrazione e la dispersione, e alcuni altri fenomeni o epifenomeni. A seconda di come sono orientate, inquadrate e focalizzate, queste proiezioni di luce creano, a contatto con lo spazio e i suoi elementi costitutivi (piani, volumi, etc.) delle rotture di continuità, dei frammenti, dei tocchi e delle forme libere le une in rapporto alle altre…”. In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo bilingue con la riproduzione delle opere in mostra, un saggio introduttivo di Tommaso Trini, un testo di Michel Verjux, una poesia di Carlo Invernizzi e un aggiornato apparato bio-bibliografico.

MICHEL VERJUX. Staccato Stabile
Catalogo con saggio di Tommaso Trini

A arte Studio Invernizzi
via D. Scarlatti, 12 Milano
lun-ven 10-13 e 15-19, sab su appuntamento
ingresso libero

dal 24 maggio al 15 luglio 2016

 

09
Mag

PROLOGUE

a cura di Alessia Carlino

Annalù,  Michelangelo Bastiani, Blue and Joy – Daniele Sigalot, Emanuela Fiorelli,  Micaela Lattanzio, Alessandro Lupi, Paolo Radi

Opening 17 maggio 2016 ore 19

18 maggio › 17 giugno 2016

SpazioMR arte e architettura presenta il nuovo progetto espositivo, sotto la curatela di Alessia Carlino, intitolato Prologue, che inaugurerà il prossimo 17 maggio.

Le opere di Annalù, Michelangelo Bastiani, Blue and Joy – Daniele Sigalot, Emanuela Fiorelli, Micaela Lattanzio, Alessandro Lupi e Paolo Radi saranno messe a confronto in un dialogo che analizza le molteplici declinazioni della materia organica, inorganica e digitale. Prologue è un itinerario visivo dedito alla narrazione di inediti metodi espressivi che creano il ritratto di un’inedita contemporaneità a cui afferiscono l’utilizzo eterogeneo di strumenti materici consacrati alla rappresentazione di un corollario estetico di matrice plastico – spaziale. Il corpus di opere selezionato costituisce un unicum nel suo genere, la nozione stessa di scultura viene declinata nella descrizione di forme originali, di materiali dalle molteplici funzioni e duttilità. Fili elastici, alluminio, supporti cartacei, pvc, perspex, resina, ologrammi digitali, ciascun elemento porta con sé l’idea di plasmare dimensioni percettive di una realtà formatasi all’interno di contesti sintetici dove vi è una sostanziale smaterializzazione del dato concreto. Al di là del visibile, ogni opera, genera l’occasione di articolare la materia attraverso la riproduzione di un dato sensibile mai univoco o scontato. L’ambiente viene decostruito attraverso assemblaggi di matrice architettonica, scrive Robert Morris nel suo celebre saggio intitolato Antiform: “La forma non è perpetuata dai mezzi ma dal mantenimento di fini idealizzati e separabili. È un’impresa antientropica e conservatrice. Essa spiega l’architettura greca che evolve dal legno al marmo e appare identica. La preservazione della forma è una sorta di idealismo funzionale”. In questo idealismo funzionale della forma è insita la ricerca estetica degli artisti coinvolti nel progetto espositivo. Micaela Lattanzio, nelle sue installazioni cartacee, dona al materiale una dignità scultorea, ogni suo lavoro è caratterizzato dalla forte duttilità a cui viene sottoposta la carta, nelle mani dell’artista essa diviene un tassello musivo, negli intagli, nelle geometrie assunte, ciascun frammento genera forme esclusive di un vocabolario corporeo ed unitario che dà vita a strutture molecolari, tessuti connettivi di conoscenza. I segni tridimensionali di Emanuela Fiorelli compongono identità plastiche che investono la superficie, la rendono tangibile allo sguardo. I fili elastici sviluppano intricati sentieri, labirinti percettivi che narrano la dialettica di una forma duratura e di un “pensiero indissolubilmente legato” che garantisce all’opera la “possibilità della sua esistenza”. Il diaframma siliconico è il campo d’indagine che investe l’opera di Paolo Radi.Continue Reading..

07
Mag

Mona Hatoum

Mona Hatoum creates a challenging vision of our world, exposing its contradictions and complexities. Hot Spot is a steel cage-like neon globe which buzzes with an intense, mesmerising yet seemingly dangerous energy. Elsewhere electricity crackles through household objects, making the familiar uncanny.
This is the first major survey of Hatoum’s work in the UK, covering 35 years from her early radical performances and video pieces, to sculptures and large-scale installations.
Born in Beirut in 1952 to a Palestinian family, Mona Hatoum settled in England in 1975 after war broke out in Lebanon. She is represented in major collections around the world, has shown at the Venice Biennale in 1995 and 2005, was nominated for the Turner Prize in 1995, received the Joan Miró Prize in 2011 and will be awarded the Hiroshima Art Prize in 2017.
Through the juxtaposition of opposites such as beauty and horror, Hatoum engages us in conflicting emotions of desire and revulsion, fear and fascination.
Immerse yourself in the work of one of the most important artists working today.

“One of the most important and powerful artists of her generation finally gets the big British show she deserves”
–The Sunday Time

Mona Hatoum
May 4–August 21, 2016

Artist’s talk: Mona Hatoum: May 10, 6:30–8pm
Mona Hatoum: Piercing the Object—Inventing the Self: June 1, 6:30–8:30pm, speakers include Layal Ftouni and Adania Shibli in a panel discussion
Curator’s tour: June 27, 6:30–8:30pm, led by Clarrie Wallis, Curator of Modern and Contemporary British Art

Tate Modern
Bankside
London SE1 9TG
United Kingdom

Image: Mona Hatoum. Impenetrable 2009 © Mona Hatoum Photo Florian Kleinefenn Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris

 

04
Mag

Anish Kapoor

Lisson gallery
Anish Kapoor
13 May – 22 July 2016
Via Zenale 3, Milan, 20123

For his first exhibition with Lisson Gallery Milan, Anish Kapoor presents a new series of 14 stainless steel sculptures, the forms of which have been twisted through an unspecified number of degrees, never amounting to more than a quarter of a turn, or 90°. Shown together for the first time as an entire group, these small-scale, abstract works nevertheless contain different, recognisable ‘footprints’ – ranging from an L-shape, a W-shape and an oval, to a crescent moon, an equilateral triangle and a figure-eight, among others. These twists (measuring 30cm or one foot in height) are mounted on plinths, sharing space and interacting with one another, but will also be accompanied by one larger twist (100cm, 3.2 feet), located outside on the terrace.
The highly polished surfaces of the twist sculptures create fleeting, fluid reflections that dissipate or disrupt any stable imagery, denying viewers the certainty of either the form’s pre-twisted state – which may also be symbolic, scientific or spiritual in origin – or their own, familiar and fixed likeness beaming back at them. The artist has referred to similar bodies of work as ‘non-objects’, when the internal geometry and perfectly reflective material carry the conditions of their own disappearance.
Many of Kapoor’s best-known mirrored steel pieces, such as the monumental Cloud Gate (2004) in Chicago’s Millennium Park and C-Curve (2007) at the Chateau de Versailles in 2015, have concentrated on the curve – on the sinuous surface, both convex and concave, both enfolding and expanding. The twist, however, relies on the rotational pull around a central, vertical fulcrum to keep its outermost reaches within gravitational orbit. Indeed, every one of the twisted forms seems to be held just at the optimum moment, mid-spin. Kapoor’s contorting forms provide a lens for seeing the universe as it really is, where light is warped on its way through space and our intuition is turned inside out, or in this case, on its side and then vertiginously up or down as if being flung through a chute.Continue Reading..

27
Apr

2050. Breve storia del futuro

La mostra prende il nome dall’omonimo libro di Jacques Attali, pubblicato nel 2006, nel quale l’autore ipotizza il futuro del mondo e della nostra società. Precedente presentata ai Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique a Bruxelles, la collettiva percorre le tematiche illustrate nel saggio di Attali in otto stazioni e attraverso circa 50 opere di artisti contemporanei internazionali.

Dipinti, sculture, foto, video, installazioni: 50 opere d’arte contemporanea di 46 grandi artisti internazionali, indagano il nostro futuro in una esposizione ispirata al saggio Breve storia del futuro di Jacques Attali (pubblicato nel 2006 e rieditato nel 2016 aggiornato ai nuovi scenari globali). La mostra, a cura di Pierre-Yves Desaive e Jennifer  Beauloye, presenta attraverso una selezione di opere recenti, il modo in cui gli artisti contemporanei osservano il presente per condurre una riflessione sul futuro così come esso si delinea ai nostri occhi. Conflitti globali, mutazioni genetiche, diseguaglianze sociale ed economiche, sfruttamento delle risorse naturali compongono il complesso panorama dei prossimi decenni; gli artisti di ‘’2050’’ interpretano queste tematiche complesse e invitano a ri-pensare il tempo che verrà con visioni anche costruttive e talvolta ironiche.

La mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e la casa editrice Electa, in collaborazione con i Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique a Bruxelles dove il progetto ha preso vita con una doppia esposizione (Musées Royaux – Louvre) terminata a gennaio 2016. L’iniziativa fa parte del programma di ‘Ritorni al futuro’, il palinsesto culturale pensato per la primavera 2016 dal Comune di Milano che propone oltre cento appuntamenti tra mostre, concerti, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche e incontri, con l’obiettivo di portare al centro della riflessione pubblica l’idea di futuro che abbiamo oggi, confrontandola con quelle che hanno abitato il pensiero creativo in altre stagioni della storia. Il percorso di mostra, diviso in 8 sezioni, è articolato intorno a diversi nuclei, liberamente ispirati agli interrogativi sviluppati nel saggio di Attali. Tutto ha inizio negli anni Ottanta a Los Angeles (evocata nei lavori di Chris Burden, Edward Burtynsky, Edward Ruscha, Tracey Snelling…), la città natale del microprocessore che, in arte, ha ispirato le sperimentazioni con il computer di Charles Csuri e Masao Kohmura. Al fermento della modernità della Silicon Valley, al consumismo e al capitalismo segue poi il declino dell’Impero americano, identificato in mostra con gli attentati dell’11 settembre 2001 nelle immagini di Wolfgang Staehle e Hiroshi Sugimoto; la tragica vicenda segna uno sconvolgimento politico su scala planetaria di cui ci parlano i lavori di Mark Napier, Alighiero Boetti, Mona Hatoum. Jacques Attali descrive in questa fase storica l’avvento di un “iperimpero” nel quale le diseguaglianze economiche diventano la norma, una tematica testimoniata nelle opere in mostra di AES+F, Andres Serrano, Aaron Koblin o Gavin Turk. L’iperimpero, nel quale anche il tempo diventa merce (con le opere di Gustavo Romano, Roman Opalka, On Kawara) e dove il corpo umano si trasforma per incontrare la macchina (i lavori di Stelarc, Hans Op de Beeck), si deve confrontare con molteplici calamità: sovraconsumo (John Isaacs), sovrapopolazione (Michael Wolf, Yang Yongliang) e sovrasfruttamento delle risorse naturali e inquinamento (Olga Kisseleva, Robert Mundt). Quando le tensioni nate da tali disequilibri diventano insostenibili, sopraggiunge l’“iperconflitto”, sempre nel pensiero di Attali, agevolato da un crescente accesso alle armi di distruzione di massa (Gregory Green) e sostenuto da ideologie religiose distorte (Al Farrow). A fianco di questa visione catastrofica, l’esposizione propone anche opere che fanno eco alla “iperdemocrazia” definita da Jacques Attali, la quinta ondata del futuro che potrebbe sfociare in un mondo migliore, così come lo evocano i lavori di Bodys Isek Kingelez, Mark Titchner, Gonçalo Mabunda, Jean Katembayi Mukendi o il progetto Little Sun.Continue Reading..