Camera d’Arte

19
Nov

Armida Gandini. Standing up – Coordinates of the identity

03/12/2016 – 07/01/2017
Vernissage: Saturday 3 December 2016 – 16:30 / 20:00
Curated by: Sonia Arata

Red Stamp Art Gallery is glad to present “STANDING UP – COORDINATES OF THE IDENTITY”, personal exhibition of the Italian artist Armida Gandini. The show, which will inaugurate on the 3rd of December 2016, features a series of very recent artworks, created specifically for this project, realized through various techniques such as graphite drawing on photography transferred or printed on paper, elaborations of magazine pages by means of mixed media, intervention on photography through cropping, (to produce three-dimensional pieces) or carving, layering of print on glass and on photo paper.

The works examine the theme of the personal identity, always at the heart of Armida Gandini’s research; the ideal starting point of the investigation is the video of 2009 “I say I can try”: the analysis of the relationship between the individual, the infinite field of circumstances of the existence and the possible meanings of the net of coordinates, grid of references and parameters with which the individuality of each one will have to confront, develops from the situation studied in the sequence and winds up till ideally end in the composition of various artworks which are placed, as in a sort of collection of paintings, on the background of a large network traced by the artist with pencil on an entire wall of the gallery, where virtually the various characters of this trip meet and a cycle closes with the acquisition of new points of view and the awareness born from the traveled road.

By overlapping the delicate and sure sign of the stroke of her hand to photography, the artist takes us through the stages of this peculiar study carried out with stylistic elegance, through subtle gradations and refined expressive nuances.

The figurative elements are those characteristic of Armida Gandini’s visual universe : the white space, site free of connotations, disorientating limbo, non-place theater of dynamics of the consciousness and experience area; the little girl, young character, figure of the researching person, of the mind openness towards the world and the new, of the purity of a psyche that inherently follows the own instinct; the braid, symbol of the organization of coordinates in a precise weaving, structure of the thought, dna code carrier of information that, such as the line of the drawing, is matrix which arranges and from which all forms branches off.

“STANDING UP – COORDINATES OF THE IDENTITY”, personal show of Armida Gandini, can be visited from the 3rd of December 2016 till the 7th of January 2017 at Red Stamp Art Gallery, located in the heart of the historical center of Amsterdam. The exhibition is introduced by a critical text by Sonia Arata, curator of the event and enriched by an interview with the artist conducted by Marco Nember.

More info >
http://tiny.cc/ftkvg
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16
Nov

FABRIZIO CORNELI. Flechas de sombra

Nell’ambito della XVI Settimana della Scienza di Madrid, l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid inaugura la mostra Schegge d’ombra di Fabrizio Corneli. Seguirà la conferenza Luce e Arte: un legame indissolubile, del Fisico e Responsabile del Laboratorio di Ergonomia della Visione del CNR, Alessandro Farini.

Fabrizio Corneli, artista fiorentino attivo dagli inizi degli anni ottanta, è stato, ed è, uno dei protagonisti dell’ estetica dell’oscurità. L’arte di Corneli dialoga, in piena attualità, con la scienza: le sue sorprendenti installazioni si basano su un attento studio dell’ottica e della geometria, delle regole prospettiche e della percezione per dare forma alla materia oscura – sconosciuta, inconoscibile? – dell’ombra.

Alessandro Farini è un fisico laureato presso l’università di Firenze dove ha conseguito anche la specializzazione in Ottica. E’ il responsabile del Laboratorio di Ergonomia della Visione del CNR-Istituto Nazionale di Ottica. Il Laboratorio di Ergonomia della visione è dedicato alla Psicofisica Applicata, ed in particolare allo studio dell’illuminazione e dell’ottica oftalmica. È docente di fotofisica del processo visivo e di psicofisica presso il corso di laurea in Ottica e Optometria dell’Università di Firenze.

Giovedì, 17 novembre 2016 alle ore 12.00
Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Si servirà un aperitivo.

Informazioni
Data: Gio 17 Nov 2016
Orario: Alle 12:00
Organizzato da : Istituto Italiano di Cultura di Madrid
In collaborazione con : Studio Trisorio
Ingresso : Libero
dal 17 novembre 2016 al 27 gennaio 2017

Istituto Italiano di Cultura
Calle Mayor, 86
28013 Madrid
tel: +34 915475205
iicmadrid@esteri.it
orari: lun-ven > 10.00 – 18.00

16
Nov

Geometria del disordine. Torbjørn Kvasbø – Carlo Zauli

Officine Saffi inaugura il 14 dicembre la mostra dedicata al grande artista faentino Carlo Zauli (1926-2002) e al norvegese Torbjørn Kvasbø (1953).

A cura di Flaminio Gualdoni

Realizzata in collaborazione con il Museo Zauli e con il patrocinio del reale consolato generale di Norvegia, la mostra rievoca così “nell’incrocio tra le esperienze ormai storiche di Carlo Zauli e quelle tutte contemporanee di Torbjørn Kvasbø, il titolo di una raccolta poetica tra le più intense degli ultimi decenni, Geometria del disordine di Maria Luisa Spaziani. Figli di generazioni e di geografie diverse, ma d’animo per molti versi affine, Zauli e Kvasbø muovono da uno snodo criticamente cruciale, la negazione della forma preventiva e l’idea di opera non come compimento di un processo fabrile, ma come affermazione della problematicità del processo stesso”. (Flaminio Gualdoni)

Il nucleo della ricerca di Carlo Zauli è il semplice “grumo” di argilla a cui dà forma esaltandone le misteriose tensioni interne, la sua memoria. Nascono così opere come le Zolle, Aratura o i Vasi sconvolti. Testimonianze del profondo legame che l’artista ha con la terra e di cui cerca di cogliere “il segno della e nella terra, della e nella natura capace di imprimere quel senso vitale e costruttivo sempre presente intorno a noi e in noi”.

Torbjørn Kvasbø celebra il legame con l’argilla partendo dall’archetipo della forma- contenitore e del suo ruolo nella storia dell’uomo. Una ricerca che vede rinnovare e rivivificare questo materiale in una serie colorata Stack che sarà esposta in mostra e che ha come riferimento la classica forma del vaso, costituito da stampi di cilindri composti a spirale. ”Forma che allo stesso tempo è un corpo a sé stante, un torso tridimensionale con i propri gesti e i propri stati d’animo”. Un lavoro consapevole della resistenza della materia sulla quale Kvasbø sa di non avere alcun controllo, e che attraverso il segno si fa interprete degli stati emotivi interiori dell’artista.

In entrambi gli artisti lo strappo e la frattura, la lacerazione e la compressione, la torsione e lo schianto, non sono tuttavia affermati come presa di posizione ideologica nell’orizzonte di un atteggiamento d’avanguardia che, fatto ormai blague ripetitiva, erge il negativo a valore. Sono invece, in modo estremo e intimamente sofferto, atti amorevoli di liberazione e di complicità più profonda, momenti di ricerca di uno strato più radicalmente decisivo della ragione di forma.” (Flaminio Gualdoni)

GEOMETRIE DEL DISORDINE

CARLO ZAULI | TORBJØRN KVASBØ
Officine Saffi I via Aurelio Saffi, 7 I Milano

dal 15 dicembre al 10 febbraio 2017
Inaugurazione: 14 dicembre 18.30
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.30, sabato dalle 11.00 alle 18.00.
Domenica su appuntamento.
Ingresso gratuito

Immagine: TORBJØRN KVASBØ_STACK, TURQUOISE, 2010, terracotta bianca, elementi tubulari estrusi, smalto egiziano blu, h75x ⌀50 cm

-english below-

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16
Nov

Flavia Bucci, Enrico Fico. NYCTOPHILIA

a cura di Tiziana Tommei

Inaugurazione venerdì 18 novembre 2016
Dalle ore 19.00 alle ore 21.00

In mostra da venerdì 18 novembre a domenica 18 dicembre 2016

Da martedì a sabato, 11.00 – 13.00 / 16.30 – 19.30
o su appuntamento

Galleria 33 presenta la doppia personale di Flavia Bucci ed Enrico Fico, Nyctophilia a cura di Tiziana Tommei.

Il progetto espositivo muove dalla volontà di mettere in dialogo i progetti personali di Flavia Bucci ed Enrico Fico: Esercizi d’igiene e À chacun son enfer. Nel primo caso si presenta una selezione d’archivio dell’artista abruzzese: una raccolta molto vasta, che conta un totale di 3.761 fotografie di oggetti domestici, ottenute mediante l’uso dello scanner. Un “esercizio” che ha impegnato Flavia Bucci nel corso di un anno e che ha visto successivamente la stampa su carta dell’immagine digitalizzata. In ultima istanza, è avvenuta la messa a punto di un sistema di presentazione delle opere in ordine al quale la scelta della cornice e il rapporto in termini di formato tra opera e immagine costituiscono elementi contingenti il lavoro sul piano concettuale prima ancora che materiale. Fotografia analogica e poesia visiva sono invece le componenti delle opere di Enrico Fico; in esse il paesaggio assume una veste cerebrale e solo di riflesso velatamente emotiva. Una natura matrigna, pungente e oscura, che viene colmata da un mondo tutto interiore, fino a divenire cassa di risonanza soggettiva. L’orizzonte viene frammentato, chiuso e annullato; gli alberi capovolti e le linee sinuose tagliate. Una voce contro un certo modo d’intendere la fotografia, in antitesi al quale egli sceglie di rappresentare il paesaggio in analogico per poi scomporlo, rovesciarlo, sporcarlo e subordinarlo alle parole. Entrambi seguono tempi ampi di metabolizzazione dei progetti – ambedue sono dispiegati nel corso di tre anni (2014-16) – e sono accomunati da un’inclinazione all’analisi scientifica del sé, mediante l’uso di ciò che sta all’esterno, in particolare luoghi e cose del mondo inanimato comunemente intesi come rassicuranti, quali la dimensione domestica e il paesaggio naturale. Non osannano l’estetica, non seguono canoni, ma cercano la verità con la consapevolezza che per avvicinarsi a questa occorra andare a fondo, in profondità, dove c’è oscurità e silenzio (come nella notte). In À chacun son enfer Enrico Fico tinge di nero la natura, disarticolandola senza in realtà toccarla. Ricorrendo ad una metafora, è come se l’autore avesse osservato il mondo attraverso uno specchio, per poi infrangere quest’ultimo a terra. Una superficie riflettente perché, se l’immagine impressa è quella di un spazio fisico, l’uso che se ne fa è quello di un luogo interiore, mentale e viscerale. Scatti realizzati nel 2014, ma letti, interpretati e decodificati nei due anni successivi attraverso la memoria e, infine, tradotti in versi. Il testo non risulta mai didascalico rispetto all’immagine, perché la poesia è più forte di ciò che si osserva. Sono opere che impongono di essere lette, non osservate: richiedono una chiave di lettura e in questo senso funzionano come un pentagramma. L’artista non vuole fornire soluzioni, perché egli stesso cerca “le risposte”. Questo lavoro deve essere ragionato in almeno due direzioni: il rapporto con la fotografia e quello tra immagine e testo. In riferimento al primo questi dichiara il rifiuto verso un uso realistico, oggettivo ed estetico del mezzo fotografico; per la seconda invece, egli sonda e investiga le possibili fusioni tra il verso e l’immagine. Quest’ultima non è mai descrittiva, ma sempre veicolo di concetti dichiaratamente non immediatamente intelligibili. Sono opere fredde attraverso le quali chi crea ragiona su di sé, utilizzando un soggetto classico, esterno ed aperto, per mettere in piedi un discorso fuori dai canoni, psichico e intellettuale, intimo e spirituale.

3.761 oggetti accumulati come “i frutti di una quotidiana apocalisse” e passati allo scanner in “una sorta di rituale”, per adempiere e condurre a termine Esercizi d’igiene. Flavia Bucci sottopone all’esame della macchina tutta la sua quotidianità materiale, ciò che la circonda, ma soprattutto quello che compone la sua dimensione domestica, intima, personale. Radiografie più che fotografie: opere di carattere scientifico e più specificatamente medico. Viviseziona la vita, quella vera, quella quotidiana, e lo fa con abnegazione, metodo e disciplina. Quello che la guida è un desiderio spasmodico di controllo, per giungere a ciò che lei chiama, citando il titolo, “igiene”. In realtà si tratta di “mettere da parte con la certezza di non aver tralasciato nulla”, ossia di risolvere, affrontare e superare paure, insicurezze e angosce. Quando si è estremamente mentali, infatti, si rischia di demonizzare la materia, il suo peso specifico, il volume e la fisicità. In linea con ciò, gli oggetti tridimensionali che occupano lo spazio fisico dell’artista vengono da essa ridotti in immagini bidimensionali, schiacciati ed esautorati da ogni possibile funzione e significato. Vengono archiviati, numerati, conservati e riproposti in forma di surrogati. Chiusi in teche fatte di cornici di riuso, sigillate con colla e carta; messi sotto vetro dopo essere state osservate al microscopio, analizzate ed etichettate. Oggetti che assumono le sembianze di entità macroscopiche, feticci rivelati dalla luce dello scanner, immersi e relegati in un fondo grigio, scuro e profondo.Continue Reading..

08
Nov

Olafur Eliasson. The parliament of possibilities

Curated by Hyesoo Woo, Chief Curator, Leeum, Samsung Museum of Art

September 28, 2016–February 26, 2017

Leeum, Samsung Museum of Art
60-16, Itaewon-ro, 55-gil
140-893 Yongsan-gu, Seoul
South Korea

T +82 2 2014 6900

Leeum, Samsung Museum of Art is pleased to host The parliament of possibilities, a major solo exhibition by Olafur Eliasson. Danish-Icelandic artist Olafur Eliasson is one of the most acclaimed artists working today. Eliasson’s practice expands our notion of art; his use of illusions produced by mirrors, machines that create pseudo-natural phenomena, and diverse visual experiments suggests new ways of perceiving, experiencing, and responding to our shared world.

This mid-career survey exhibition presents a unique opportunity to encounter a wide range of artworks by Eliasson. The 22 works in the exhibition range from those created at the beginning of the artist’s career, in the early 1990s, to works representative of his most recent activities. A tapestry of tightly woven Icelandic moss titled Moss wall (1994) and the gravity-defying Reversed waterfall (1998) are exemplary of his early works, while new productions include Your unpredictable path (2016), a work inspired by constellations and nebulae, and Rainbow assembly (2016), made of water droplets and light.

Olafur Eliasson says, “The parliament of possibilities celebrates the fact that the world and our feelings about it are constantly changing. When we see things as a continuous process of production and relation, we may also see their potential. We then have the opportunity to negotiate reality, to decide together what world to build. I would like to think that my works encourage people’s engagement and experience of being present with and in the world. The artworks function as mirrors, reflecting a not-yet-verbalised emotional need that we carry inside ourselves.”

Throughout his career, Eliasson has employed a wide range of media, including sculpture, installation, photography, and painting, to realize works that raise questions dealing with nature, philosophy, and science. The wide spectrum of Eliasson’s creative activity leaves a profound impression on viewers across the globe. For Eliasson, though, the viewers themselves compose the most important element—it is through their encounters with his work that it continues to produce new meaning. The parliament of possibilities is thus the perfect occasion to explore the dynamic relationship between art and life.

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