Camera d’Arte

18
Gen

Bill Viola

Dal 10 marzo al 23 luglio 2017 la Fondazione Palazzo Strozzi presenta al pubblico di Firenze Bill Viola, una grande mostra che celebra il maestro indiscusso della videoarte contemporanea attraverso opere della sua produzione dal 1973 a oggi esposte in dialogo con l’architettura di Palazzo Strozzi e in un inedito confronto con grandi capolavori del Rinascimento.

La rassegna, a cura di Arturo Galansino (direttore generale, Fondazione Palazzo Strozzi) e Kira Perov (direttore esecutivo, Bill Viola Studio), si pone come un evento unico per ripercorrere la carriera dell’artista, sempre segnata dall’unione tra ricerca tecnologica e riflessione estetica, dalle prime sperimentazioni con il video negli anni settanta fino alle grandi installazioni degli anni duemila che catturano l’attenzione del pubblico con forti esperienze sensoriali.
In modo totalmente inedito, nella cornice rinascimentale di Palazzo Strozzi, la mostra crea inoltre uno straordinario dialogo tra antico e contemporaneo attraverso il diretto confronto delle opere di Viola con quei capolavori di grandi maestri del passato, che sono stati fonte di ispirazione per l’artista americano e ne hanno segnato l’evoluzione del linguaggio.

Nato a New York nel 1951, Bill Viola è internazionalmente riconosciuto come uno dei più importanti artisti contemporanei, autore di videoinstallazioni, ambienti sonori e performance che propongono al pubblico straordinarie esperienze di immersione tra spazio, immagine e suono. Esplorando spiritualità, esperienza e percezione Viola indaga l’umanità: persone, corpi, volti sono i protagonisti delle sue opere, caratterizzate da uno stile poetico e fortemente simbolico in cui l’uomo è chiamato a interagire con forze ed energie della natura come l’acqua e il fuoco, la luce e il buio, il ciclo della vita e quello della rinascita.

L’artista dichiara: “Sono davvero felice di recuperare le mie radici italiane e di avere l’occasione di ripagare il mio debito con la città di Firenze attraverso le mie opere. Dopo aver vissuto e lavorato a Firenze negli anni settanta, non avrei mai immaginato di avere l’onore di realizzare una così grande mostra in una istituzione così importante come Palazzo Strozzi”.Continue Reading..

17
Gen

Giuseppe Penone. Equivalenze

Le vene d’acqua che sgorgano dal terreno scorrono in rivoli che confluiscono, come i rami nel tronco, come le dita nel palmo di una mano, come il bronzo nella matrice di un albero.
—Giuseppe Penone

Gagosian Roma è lieta di presentare Equivalenze, una mostra di nuove sculture di Giuseppe Penone.

 Fin dagli esordi nel movimento dell’Arte Povera, il lavoro di Penone si è contraddistinto per il coinvolgimento attivo con la natura e il tempo attraverso la consapevolezza del potere rivelatore dell’arte. Partendo dall’idea che la scultura abbia origine da impulsi primari—come riempirsi la bocca con dell’acqua, imprimere un segno sull’argilla con le mani, e così via, l’artista elabora e arricchisce le sue intenzioni attraverso una ricerca filosofica e un intenso processo estetico.

In Equivalenze Penone utilizza il processo scultoreo per rivelare le corrispondenze tra il corpo e la natura. Forme di terracotta modellate nel pugno dell’artista contengono l’impronta della sua energica presa. Penone le ha fissate su piastre di metallo dove l’ossidazione riproduce il contatto della pelle con la superficie. Questa ripetizione di segni dà vita ad una vivace astrazione che richiama le ombre tremolanti di una pianta rigogliosa o le macchie intermittenti di un paesaggio fauve: una zona di confine tra natura e arte.

Le opere di Penone sono memorie corporee, materializzate, testimoni della sua idea che anche noi, come le rocce, gli alberi, e l’acqua, siamo costantemente in trasformazione, e trasformati dall’ambiente circostante. I nostri gesti rispecchiano la tortuosità e la verticalità degli alberi che contengono testimonianze concentriche del tempo nel loro legno. Per l’opera Equivalenze (2016), Penone ha realizzato il calco in gesso di alcune parti di un albero, facendone poi una fusione in bronzo. Dalle radici emerge una spirale antropomorfa di corteccia che si trasforma in figura di fronte alla sua controparte vegetale, in un’equivalenza di forme tra il vuoto dell’albero e il vuoto della persona. Penone considera questi incontri come gesti vegetali. Nelle sue mani la forma umana viene liberata dall’albero e l’albero, a sua volta, rivela i tratti viscerali del corpo. Attraverso la scultura, Penone svela l’anima delle cose, creando un legame tra l’essenza della natura e la percezione del gesto umano.

Giuseppe Penone è nato nel 1947 a Garessio, Italia, e attualmente vive e lavora a Parigi e Torino. La sua opera è inclusa in collezioni istituzionali tra cui il Museum of Modern Art, New York; Tate Modern, Londra; Centre Georges Pompidou, Parigi; MOCA, Los Angeles; National Gallery of Canada, Ottawa, ON; Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; National Museum of Modern Art Tokyo; Royal Museums of Fine Arts of Belgium, Bruxelles; MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, Roma; Inhotim Centro de Arte Contemporânea, Brumadinho, Minas Gerais, Brasile; Fondation Louis Vuitton, Parigi; Sammlung Reinking, Amburgo; Neues Museum Weimar, Germania; Stedelijk Museum Amsterdam; Berardo Museum, Lisbona; MAMbo – Galleria d’Arte Moderna di Bologna, Italia; ARCO Collection, Madrid.

Tra le recenti mostre personali: “Retrospective Exhibition 1968–2004”, Centre Georges Pompidou, Parigi (2004, poi a CaixaForum, Barcellona); Museo d’Arte Moderna di Bologna, Italia (2008); Toyota Municipal Museum of Art, Giappone (2009); Musée des Arts Contemporains du Grand-Hornu, Belgio (2010); “Drawings and Sculptures”, Fondation De Pont, Tilburg, Noord-Brabant, Paesi Bassi (2010); “The Hidden Life Within”, Art Gallery of Ontario, Canada (2011); Centre d’arts et de nature, Parc du Château, Domaine de Chaumont-sur-Loire,

Continue Reading..

15
Gen

Vitriol. Disegni di Gillo Dorfles, 2016

VITRIOL è un personaggio fantastico, inventato da Gillo Dorfles, presente la prima volta nel dipinto del 2010, esposto in mostra, poi di nuovo protagonista di una serie di disegni e di appunti, realizzati nella seconda metà del 2016. VITRIOL è uno degli acronimi più utilizzati dagli alchimisti, le cui iniziali stanno al posto di “Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem”, ovvero “Visita l’interno della terra e, con successive purificazioni, troverai la pietra nascosta”, che è la vera medicina. Come afferma lo stesso Dorfles, nel dialogo con Aldo Colonetti e Luigi Sansone, “attraverso la figurazione, molto spesso si riesce ad andare al di là della propria “conoscenza cosciente”, per approdare a una sorta di figurazione dell’inconscio: alcuni mie disegni provengono dall’inconscio, e si affacciano sul foglio di carta attraverso elementi figurativi che ovviamente derivano da uno stato di coscienza, non razionalizzato”.
È il Dorfles pittore che parla, ma soprattutto lo studioso di psichiatria, lettore attento di Goethe, Jung e Rudolf Steiner, una sorta di filo conduttore presente in tutti suoi scritti, soprattutto là dove affronta il tema della “creatività”, accanto a quello dell’interpretazione. In totale, accanto al dipinto del 2010, sono esposti, per la prima volta, 18 disegni, che rappresentano un’ assoluta novità, in quanto sono altrettanto capitoli di una storia che è un viaggio, anche un po’ misterioso, alla ricerca della “pietra nascosta”.Continue Reading..

15
Gen

Ghadah Alkandari. UNTIL

Contemporary Art Platform (CAP) is pleased to announce the opening night of “UNTIL” exhibition by Ghadah Alkandari taking place on Wednesday the 11th of January 2017.

About the exhibition

Two years ago I constructed my first origami polyhedron. I was unaware that this one object would be instrumental in shaping many paintings and stories to come. And many, many polyhedra to follow. But such is the pattern that plays itself out in my life as an artist: creations are influenced by both the banal and the important in life, not imitating art but mirroring it.

As I prepared for this exhibition, the mood of my work kept shifting from purpose to purpose. Until love, until peace, until I’m settled in a place I want to be. Always waiting for the big Until.

About the artist

Ghadah Alkandari is a Kuwaiti artist born in Delhi in 1969. In 1992 she received a BA in Mass Communications from the American University in Cairo. But it was a six-week painting course at the School of Visual Arts that “shaped my current painting style, which was also influenced early on by both classical painters: Cezanne, Matisse, Schiele, Modigliani and Klimt, and comic books: Mad Magazine, Archie and Asterix.”

Her body of work ranges from large-scale acrylic paintings, primarily figurative, exploring the wide spectrum of human emotion and familial complexities, to smaller intimate pen and ink surreal drawings detached and focused on everyday happenings.

The artist had numerous solo exhibitions in Kuwait, and has participated in several group exhibitions locally and internationally, including the Arab Culture in Diaspora exhibition in Kuwait, Femmes Artistes Du Koweit at the Institut du Monde Arabe in Paris (2006), Approaches to Figurative Practices at the Third Line Gallery, Dubai (2007), and JAMM Contemporary Art Auction in Kuwait (2010).

Since 2009, Ghadah Alkandari uses her blog ‘prettygreenbullet’ as a platform to display her work on a daily basis.Continue Reading..

13
Gen

Elisa Bertaglia. Out of the blue

L’immaginario onirico e fiabesco di Elisa Bertaglia in mostra, dal 15 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017, presso Officine dell’Immagine di Milano (Via Atto Vannucci, 13). Curata da Matteo Galbiati, l’esposizione sarà inaugurata giovedì 15 dicembre alle ore 19.00.
Vincitrice del Premio Speciale Officine dell’Immagine ad Arteam Cup 2015, l’artista presenta in galleria una trentina di opere inedite, realizzate nel 2016 in America, durante la residenza d’artista promossa dalla ESKFF (Eileen S. Kaminsky Family Foundation) presso il MANA Contemporary di Jersey City.
Il titolo della mostra – “Out of the blue” – è tratto dall’omonima serie, esposta per la prima volta al pubblico. Un’espressione, parafrasabile in “Un fulmine a ciel sereno”, che Elisa Bertaglia ha rintracciato in un libro di Patricia Highsmith, letto durante il soggiorno americano. Da un lato il rimando alla letteratura, che da sempre accompagna il percorso dell’artista, dall’altro il colore blu, predominante nella sua nuova produzione.
Il progetto si articolerà in due sezioni: a piano terra, una selezione di opere pittoriche di medie e grandi dimensioni; al piano sottostante, lavori di piccolo formato progressivamente sostituiti da una pittura parietale site-specific che trasformerà il sotterraneo in un larario, luogo sacro, intimo e raccolto, dedicato alle divinità familiari. In questo contesto, saranno installate anche due opere tridimensionali, legate al vissuto dell’artista.
Un linguaggio lirico, evanescente ed altamente simbolico, quello di Elisa Bertaglia, che attraverso un vocabolario mitologico maturato negli anni propone una riflessione sul tema del doppio e della metamorfosi, alla ricerca di un’identità personale e collettiva. Protagonisti delle sue opere, tutte realizzate a tecnica mista e collage su carta, tavola e faesite, sono bambine in età preadolescenziale ed animali, immersi in un paesaggio straniante, dove le regole prospettiche e compositive lasciano campo all’immaginazione.
«I personaggi di queste narrazioni – spiega Elisa Bertaglia – stanno tra loro in relazioni atipiche, inconsuete, portatrici di molteplici valenze simboliche: piccole bimbe-tuffatrici, attorcigliate da serpi, irte su rocce o avviluppate da edere e piante carnivore, alludono al difficile passaggio dall’infanzia all’età adulta. Qui tutto è in metamorfosi; l’identità, e non solo il corpo, è in trasformazione e rinascita. Cani e lupi, corvi e aironi sono i garanti di quello stesso passaggio di crescita, protettori di un sottile squarcio di intimità».
Come sottolinea Matteo Galbiati, le opere della serie “Out of the blue” si differenziano dalla precedente produzione sia per la scelta cromatica che per l’impaginato: se i colori sono più intensi e nitidi, meno legati alla tradizione pittorica italiana, la composizione è più libera, svincolata da elementi paesaggistici, mentre il segno viene utilizzato in maniera pittorica, in dialogo con le campiture e gli inserti a collage.
Apparentemente semplice e piacevole allo sguardo, la pittura di Elisa Bertaglia nasconde significati profondi e particolari spiazzanti: elementi duri, a tratti violenti, che spingono la narrazione oltre il piano dell’immaginazione, riportandola alla società contemporanea.

La mostra è visitabile fino al 29 gennaio 2017

Officine dell’Immagine – Via Atto Vannucci, 13 – 20135 Milano
info@officinedellimmagine.it  +39 0331 898608
Orari: Martedì – Venerdì 15.00 – 19.00 Sabato 11.00 – 19.00 Altri orari, lunedì e giorni festivi su appuntamento.