Camera d’Arte

16
Mar

Yayoi Kusama. Infinity Mirrors

Yayoi Kusama: Infinity Mirrors is a celebration of the legendary Japanese artist’s sixty-five-year career and promises to be one of 2017s essential art experiences. Visitors will have the unprecedented opportunity to discover six of Kusama’s captivating Infinity Mirror Rooms alongside a selection of her other key works, including a number of paintings from her most recent series My Eternal Soul that have never been shown in the US. From her radical performances in the 1960s, when she staged underground polka dot “Happenings” on the streets of New York, to her latest Infinity Mirror Room, All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, 2016, the Hirshhorn exhibition will showcase Kusama’s full range of talent for the first time in Washington, DC. Don’t miss this unforgettable sensory journey through the mind and legacy of one of the world’s most popular artists.

Infinity Mirror Rooms
Yayoi Kusama had a breakthrough in 1965 when she produced Infinity Mirror Room—Phalli’s Field. Using mirrors, she transformed the intense repetition of her earlier paintings and works on paper into a perceptual experience. Over the course of her career, the artist has produced more than twenty distinct Infinity Mirror Rooms, and the Hirshhorn’s exhibition—the first to focus on this pioneering body of work—is presenting six of them, the most ever shown together. Ranging from peep-show-like chambers to multimedia installations, each of Kusama’s kaleidoscopic environments offers the chance to step into an illusion of infinite space. The rooms also provide an opportunity to examine the artist’s central themes, such as the celebration of life and its aftermath. By tracing the development of these iconic installations alongside a selection of her other key artworks, Yayoi Kusama: Infinity Mirrors aims to reveal the significance of the Infinity MIrror Rooms amidst today’s renewed interest in experiential practices and virtual spaces.

Yayoi Kusama: Infinity Mirrors
February 23, 2017 – May 14, 2017
Hirshhorn Museum and Sculpture Garden
Independence Avenue at 7th Street, SW
Washington, DC
2nd Level

Image: Yayoi Kusama, “Aftermath of Obliteration of Eternity,” 2009. Collection of the artist. Courtesy of Ota Fine Arts, Tokyo/Singapore; Victoria Miro, London; David Zwirner, New York. © Yayoi Kusama

15
Mar

Nick Devereux

Nick Devereux, la prima personale dell’artista presso una pubblica istituzione a Roma, prosegue al Museo Pietro Canonica di Villa Borghese il ciclo espositivo dal titolo Fortezzuola, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.L’arte di Nick Devereux in mostra a Villa Borghese

La splendida cornice del Museo Pietro Canonica di Villa Borghese dal 10 marzo ospiterà la prima personale dell’artista Nick Devereux presso una pubblica istituzione a Roma. Prosegue così il ciclo espositivo dal titolo Fortezzuola, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

Il progetto, ideato e a cura di Pier Paolo Pancotto, è volto a far riflettere sul rapporto tra protagonisti dell’arte contemporanea internazionale e l’Italia e offre al pubblico l’opportunità, per la prima volta, di apprezzare la produzione di esponenti particolarmente rappresentativi della creatività odierna ma scarsamente presenti, se non del tutto assenti, nella scena espositiva pubblica italiana. Ancora oggi molti artisti stranieri si confrontano con il contesto storico e culturale italiano, rinnovando un’antica tradizione e reinterpretandone canoni e modalità esecutive. Ciascun autore è chiamato a realizzare un intervento originale concepito espressamente per le sale del museo, in stretta relazione alle loro caratteristiche storiche e strutturali.

In sintonia con le linee guida generali di Fortezzuola. Nick Devereux, dopo aver soggiornato a più riprese a Roma (ove lo scorso anno ha preso parte alla mostra Folies d’hiver all’Accademia di Francia-Villa Medici nell’ambito del programma “Art Club” ideato e curato da Pier Paolo Pancotto), ha concepito un progetto ispirato al contesto storico e culturale del Museo Canonica che si sviluppa attraverso alcuni dei sistemi espressivi più ricorrenti nel suo percorso creativo: pittorico, plastico, grafico, installativo. A far loro da comune denominatore la figura umana, ideale omaggio al lavoro di Pietro Canonica che attorno a questo soggetto ha incentrato buona parte della sua produzione. Il tema costituisce per l’artista uno spunto di riflessione sull’idea di pittura e di scultura e il significato che tali pratiche possiedono oggi e, al tempo stesso, sul concetto di identità culturale e sociale che esse sono in grado di esprimere, nel passato come nel presente. A tale scopo Devereux rielabora alcuni antichi dipinti (Known Unknown VII – XIV, 2016)

rieinterpretandone l’impianto pittorico originale attraverso un sistema di stratificazione e integrazione cromatica che ne modifica sensibilmente la struttura primitiva fin quasi a cancellarla del tutto. Allo stesso modo procede su alcune cartoline postali (The turn of the century, 2010) attraverso degli interventi grafici che ne rinnovano struttura prospettica e iconografica donando loro e alle figure che riproducono maggiore rilievo e movimento. La figura umana è anche il soggetto di alcune sculture in vetro simili a dei busti/ritratto classici (Untitled, 2016) e di un gruppo di stampe fotografiche raffiguranti dei danzatori, anch’esse oggetto di un originale riadattamento grafico e compositivo da parte dell’artista (Fixed Rhythm I – IV, 2017).

Altro tema centrale nell’intervento di Devereux è lo spettacolo ispiratogli dalla teatralità presente, a suo avviso, in buona parte della produzione di Canonica e nella sua presentazione negli ambienti a Villa Borghese. A tal fine elabora una serie di dipinti tridimensionali simili a paraventi (False Perspective I – V, 2017) che dispone in dialogo con le opere del museo al fine di enfatizzarne il carattere scenografico e plastico. Le loro superfici riproducono particolari di alcuni bozzetti teatrali firmati da Adolphe François Appia (Ginevra, 1862 – Nyon,1928) tra i più significativi interpreti del Gesamtkunstwerk wagneriano, sui quali Devereux interviene pittoricamente e graficamente assimilandosi a essi e dando luogo a una sequenza di scenari in sintonia con la spettacolarità del contesto che li accoglie. Come Martin Soto Climent, Alfredo Aceto e Claire Tabouret, Tillman Kaiser, Claire Fontaine, Ciprian Mureşan anche Nick Devereux dà luogo a un percorso visivo site specific sviluppato mantenendo un atteggiamento quasi “performativo” (operando di giorno in giorno all’interno del museo, abbandonandosi alle suggestioni del luogo) il cui esito finale sarà noto solo al termine della sua realizzazione, vale a dire a ridosso della data di inaugurazione della mostraContinue Reading..

11
Mar

Pino Pinelli. La pittura disseminata

La mostra, dal titolo La pittura disseminata, presenta un’ampia selezione di 21 opere che ripercorrono la sua vicenda artistica, dagli anni settanta a oggi.

Dal 4 febbraio al 1° aprile 2017, il MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro, diretto da Rocco Guglielmo, ospita l’antologica che analizza il percorso creativo di Pino Pinelli (Catania, 1938), tra i maggiori esponenti dell’arte italiana del dopoguerra e gli interpreti principali dell’Arte Analitica.

La mostra, curata da Giorgio Bonomi, organizzata dalla Fondazione Rocco Guglielmo e dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, in collaborazione con l’Archivio Pino Pinelli di Milano, presenta 21 opere, realizzate dall’artista siciliano dagli anni settanta a oggi, sia di grandi dimensioni sia di misure più contenute, che delineano in maniera esaustiva le diverse sfumature della sua poetica.

A partire dagli anni sessanta in Italia abbiamo assistito alla nascita di una vera e propria rivoluzione stilistica. Gli artisti avvertirono il limite del quadro, inteso come insieme di tela e cornice: le superfici videro la comparsa di estroflessioni, come nel caso di Bonalumi e Castellani, così come era stato nel decennio precedente per i tagli di Lucio Fontana.
Dal canto suo, Pino Pinelli, che nasce pittore utilizzando i classici mezzi del mestiere, respirò la temperie culturale di quel periodo e giunse alla “disseminazione” – per utilizzare un termine proprio dell’arte di Pinelli – “frammentando” l’oggetto quadro negli elementi che lo compongono (tela e telaio) e coinvolgendo in questo processo l’elemento estraneo al quadro stesso: la parete che, perdendo la sua condizione di neutralità, ne diventa coprotagonista capace di accogliere elementi di colore puro, declinati in forme ora corrucciate, ora raggrumate, ora lineari e asciutte, ora a frattali e libere, raccolte in genere in un percorso leggermente arcuato, quasi a voler imitare il gesto del seminatore.
Dapprima le “disseminazioni” sono composte di pochi elementi, poi nel corso degli anni, fino a oggi, i “pezzi” si moltiplicano anche in modo considerevole.
I suoi lavori usano in prevalenza i colori fondamentali (rosso, blu, giallo, nero, bianco e grigio), ma anche i complementari. La pluralità della disseminazione, a volte, si riduce, ma mai a meno di due “parti” e, anche quando non tutta l’opera è monocroma, lo sono i singoli componenti.
Quella di Pinelli è una pittura “materica”, una sorta di concentrazione atomica del colore (realizzato con una tecnica molto personale) per cui le sue opere che con la “frammentazione” hanno una forza centrifuga, poi nella totalità dell’opera acquistano una forza, uguale e contraria, cioè centripeta: la parete così, da passivo elemento di appoggio, diviene il vero e proprio supporto, come lo sono la tela o il legno nella pittura più tradizionale, e su di essa l’artista, novello “seminatore” “sparge le parti dell’opera.
Accompagna l’esposizione un catalogo bilingue (italiano e inglese) Silvana editoriale, con una lunga conversazione tra Pino Pinelli e Giorgio Bonomi, a cura di Lara Caccia.
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10
Mar

William Eggleston. Los Alamos

In William Eggleston – Los Alamos, Foam displays his portfolio of photographs that were taken on various road trips through the southern states of America between 1966 and 1974. The exhibition includes a number of iconic images, amongst which Eggleston’s first colour photograph.

The American photographer William Eggleston (1939, Memphis Tennessee, US) is widely considered one of the leading photographers of the past decades. He has been a pioneer of colour photography from the mid-1960s onwards, and transformed everyday America into a photogenic subject.

Los Alamos starts in Eggleston’s home town of Memphis and the Mississippi Delta and continues to follow his wanderings through New Orleans, Las Vegas and south California, ending at Santa Monica Pier. During a road trip with writer and curator William Hopps, Eggleston also passed through Los Alamos, the place in New Mexico where the nuclear bomb was developed in secret and to which the series owes its name.

Foam is supported by the BankGiro Loterij, De Brauw Blackstone Westbroek, Delta Lloyd, City of Amsterdam, Olympus and the VandenEnde Foundation.

The over 2200 images made for Los Alamos were originally intended to be published in parts, but were forgotten over the years. The photographs were rediscovered almost 40 years after the project started. They were published and exhibited for the first time in 2003. The vibrant photographs of traffic signs, run-down buildings and diner interiors distinctly betray the hand of the wayward autodidact. His early work evidences his penchant for the seemingly trivial: before the lens of Eggleston’s ‘democratic camera’, everything becomes equally important.

Eggleston began Los Alamos ten years before his contested solo exhibition at MoMA in 1976, which placed colour photography on the map as a serious art form. At the time, colour photography in the fine arts was regarded as frivolous, or even vulgar. It earned Eggleston the scorn of many. However, this did not stop him from experimenting with the no longer used dye-transfer process, a labour-intensive and expensive technique that was mainly used in advertising photography. The process allowed the photographer to control the colour saturation and achieve an unparalleled nuance in tonality; a quality that also characterizes the 75 dye-transfer prints exhibited at Foam.

William Eggleston – Los Alamos will be opened on Thursday 16 March, 2017

17 March – 7 June 2017

Foam Fotografiemuseum
Keizersgracht 609, Amsterdam
+31 (0)20 5516500
info@foam.org

 

07
Mar

EFFIMERA – Suoni, luci, visioni

Carlo Bernardini, Sarah Ciracì, Roberto Pugliese
a cura di Fulvio Chimento e Luca Panaro

18 marzo – 7 maggio 2017
MATA, Modena

Inaugura sabato 18 marzo alle ore 18.00 al MATA di Modena una nuova edizione di Effimera – Suoni, luci, visioni, a cura di Fulvio Chimento e Luca Panaro e in collaborazione con la Galleria Civica di Modena, che quest’anno propone opere di Carlo Bernardini, Sarah Ciracì e Roberto Pugliese. La mostra è realizzata con il supporto di Coptip e del Gruppo Fotografico Grandangolo BFI.
Effimera giunge dunque alla sua seconda edizione, coerente con l’intento dichiarato dai suoi curatori già nel 2016: individuare e valorizzare artisti, preferibilmente italiani e con esperienza all’estero, che fanno dell’utilizzo avanzato della tecnologia la cifra stilistica del proprio lavoro. Un evento espositivo che si propone quale indagine critica in relazione alle ultime tendenze artistiche caratterizzate dai “Nuovi Media”, momento di crescita e di aggregazione a livello nazionale intorno a parole chiave quali arte, tecnologia e comunicazione.

Nel 2016 Effimera aveva individuato il suo punto focale nel web, inteso come strumento di conoscenza artistica e relazionale grazie alla presenza degli artisti Eva e Franco Mattes, Carlo Zanni e Diego Zuelli. La nuova edizione si concentra sull’analisi della componente immateriale che è caratteristica della ricerca artistica dei nostri giorni, che trova trasposizione (e sintesi) all’interno di un percorso espositivo che prevede la creazione di un viaggio sensoriale interno alle tendenze artistiche recenti.

Nel 2017 i curatori hanno dunque strutturato i 500 mq del MATA in tre ambienti distinti. Punto di partenza di questo “attraversamento” è costituito dalla ricerca sonora del sound artist Roberto Pugliese, mentre l’approdo si identifica nelle installazioni luminose in fibra ottica di Carlo Bernardini, dipanando il percorso fra le immagini fluttuanti degli affreschi digitali di Sarah Ciracì.

Effimera – Suoni, luci, visioni è costruita intorno a un percorso spiccatamente immersivo, ideato e strutturato appositamente sul MATA: tre imponenti installazioni ambientali, separate ma contigue, marcano una distinzione linguistica e temporale, e al tempo stesso suggeriscono una linea di continuità all’interno del percorso evolutivo dell’arte. Arte intesa come esperienza totale e totalizzante, in grado di stimolare l’intelletto, ma anche di innescare un corto circuito a livello sensoriale.

Per rimarcare le distinte peculiarità d’approccio i curatori hanno coinvolto artisti appartenenti a tre generazioni differenti, nati rispettivamente negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, che riflettono altrettanti modi di intendere l’interazione tra arte e tecnologia. Il fil rouge che contraddistingue Effimera è sempre rappresentato dall’intento di indagare l’arte attraverso le sue componenti immateriali, al fine di far luce sullo statuto attuale dell’opera. I lavori degli artisti di ultima generazione, infatti, si caratterizzano per la spiccata componente effimera legata al procedimento artistico che rispecchia l’epoca nella quale viviamo. Non a caso il nome della rassegna si ispira anche a quello della specie animale che ha vita più breve sulla terra, l’Ephemera, un piccolo insetto acquatico (simile a una libellula) la cui esistenza dura all’incirca un’ora e mezza. Altro assioma fondante di Effimera è il constatare come l’unicità dell’opera non sia più un assunto dell’uomo contemporaneo: grazie alle tecnologie di cui disponiamo, ogni copia è riproducibile con la medesima qualità, e quindi è sempre potenzialmente identica all’originale.
Fa da corredo a Effimera un ricco calendario di incontri collaterali che prevede la presenza degli artisti coinvolti, ma anche di filosofi ed di esperti del settore “arte e tecnologia”.Continue Reading..