Camera d’Arte

10
Apr

Third Identity – Al Dahkel

The majority of native Palestinians were dispersed, uprooted or exiled after the Nakba of 1948; as a result, their common history was fragmented between Al Dakhel Palestinians and the diaspora. Those who stayed–or could return home – came of age in a system where their culture and immediate past were erased. Their cultural education was further unique in the region, as it reflected the influences from western and eastern Europe of the newly emigrated people. This slowly changed after the 1970s, when the second generation started to claim their roots post-Nakba and question their unequal status in society. In parallel, artists such as Abed Abdi and Asad Azi, were working on the reconstruction of a local Palestinian collective memory. Therefore, the identity of Al Dakhel artists is suspended between citizenship, Israeli education, occidental influences, belonging to Palestinian culture and a strong attachment to their land.

Questions related to displacement, belonging, native culture and fragmentation recur in the work of Al Dakhel artists. By addressing these personal and highly specific questions within the context of a complex society, the artists touch upon more universal questions: who are we, and how does identity evolve when challenged?

THIRD IDENTITY explores the artistic (re)construction of the Al Dakhel identity and its evolution through three generations of artists. It is conceived as a journey through time that outlines common themes and concerns such as memory, post colonialism, hybridity, minority, and both the absence and cross-fertilization of cultures. It shows the richness and the diversity that flourished despite the traumas and “schizophrenic” living conditions, as one artist put it. This exhibition aims to shine a light on this group and give it its rightful place within the regional Arab culture.

Artists Bio
Six emerging and established artists of Al Dakhel, meaning Palestinians of the Interior. Al Dakhel sub-groups include Muslim Arabs, Christian Arabs and Druze, all whose roots are traced to historic Palestine and who live today on / close to their land, as both Palestinians and citizens of Israel. It is the first time that Al Dakhel artists will be shown in the Arab World.
Rula Alami is a Palestinian-Lebanese art collector and curator, based in Beirut and involved with the Palestinian Museum in Birzeit. She invited Valerie Reinhold, an art curator and advisor based in Amsterdam, to tell the story of these artists.

Contemporary Art Platform Kuwait
Industrial Shuwaikh, Block 2, Street 28
Life Center (same building as Eureka), Mezzanine
T: +965 2492 5636

Third Identity – Al Dahkel
08/03/2017 – 22/04/2017
Contemporary Art Platform / Main Exhibition

Third Identity is available in CAP till the 20th of May

gallery report by amaliadilanno

10
Apr

Santiago Sierra. Mea Culpa

Il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano presenta MEA CULPA, la prima grande antologica in Italia dedicata all’artista concettuale Santiago Sierra. Nato nel 1966 a Madrid, da quasi trent’anni il suo lavoro si muove sul terreno impervio della critica alle condizioni sociopolitiche della contemporaneità. Messaggero della cupa verità del nostro tempo, Sierra è spesso stigmatizzato per le sue performance intense ed ambigue. Eppure il loro linguaggio visivo, il simbolismo complesso ed energico, il loro essere calate nella realtà delle persone conferisce loro un raro impatto emozionale. Sierra ha esposto in prestigiosi musei ed istituzioni nel mondo e nel 2003 ha rappresentato la Spagna alla 50a Biennale di Venezia. La mostra al PAC riunisce per la prima volta le opere politiche più iconiche e rappresentative dell’artista, dagli anni Novanta a oggi, e la documentazione di sue numerose performance realizzate in tutto il mondo, insieme a nuove produzioni e riattivazioni di installazioni e azioni passate. Con la mostra di Santiago Sierra il PAC attiva la prima delle quattro linee di racconto sulle quali si muove il suo palinsesto annuale, proponendo in occasione di miart mostre di artisti conosciuti e affermati nel panorama artistico internazionale.

Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta dal PAC con Silvana Editoriale, la mostra apre il calendario di appuntamenti dell’Art Week, la settimana milanese dedicata all’arte contemporanea.

Santiago Sierra. Mea culpa
29 Marzo 2017 – 04 Giugno 2017
a cura di Diego Sileo e Lutz Henke
Pac Padiglione d’Arte  Contemporanea
Via Palestro, 14
20122 Milano
+39 02 8844 6359

 

10
Apr

Ettore Frani. Ricucire il cielo

La Nuova Galleria Morone presenta la prima personale milanese di Ettore Frani, artista tra le ultime generazioni già molto apprezzato, dal titolo Ricucire il cielo.

L’esposizione, realizzata appositamente per gli spazi della galleria, è composta dall’ultimo ciclo di opere attraverso le quali l’artista, come sempre nella sua ricerca pittorica, indaga il volto e il mistero della Natura, con la quale l’uomo è da sempre in comunione. Come dice lo stesso Frani, è proprio in essa che l’uomo vede riflessa la propria componente materiale e spirituale e, meglio di ogni altra cosa, può restituirci il senso del nostro essere al mondo.

In questa personale, Frani approfondisce la direzione pittorica del suo linguaggio, lavorando su alcuni elementi fondamentali che d sempre lo accompagnano: l’uomo in relazione e conflitto tra natura e spirito, la pittura come velatura, rivelazione e attesa dell’immagine, l’intento estetico come messaggio etico. E’ dal contingente, dal mondo più concreto, ci suggerisce l’artista, che passa ciò che è più sottile e spirituale.

Durante il corso della mostra verrà pubblicato e presentato un catalogo con testi di Ilaria Bignotti e Silvano Petrosino.

Tutti i dipinti che compongono Ricucire il cielo sono interconnessi e rivelano corrispondenze nascoste dove uomo e natura, terra e cielo, micro e macrocosmo creano una sorta di respiro, una danza che vibra tra luce e gravità, dove il movimento ascendente e discendente diviene atto simultaneo. Il cielo stesso, che si fa metafora del nostro cielo interiore, appare come ferito e bisognoso di cura e dedizione. Il gesto del cucire, o meglio, del ri-cucire, vuole sottolineare da un lato un azione anche umile, quotidiana, di lavoro sofferto, dall’altro un atto impossibile che si compie su un taglio perenne, ma forse, proprio per questo, quantomai necessario.

Ettore Frani Termoli (CB) 1978. Vive e lavora a Lido di Ostia. Si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino nel 2002 e si specializza all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2007. Nel 2010 vince il Premio Arti visive San Fedele “Il segreto dello sguardo”Castelli in occasione di Limen, ed è finalista al LXI Premio Michetti. Nel 2011 esce la sua prima monografia, edita da Vanilla edizioni, con testi di Massimo Recalcati e Stefano personale presso la Galleria L’Ariete di Bologna. Nello stesso anno è l’Evento Speciale del Padiglione Italia ‘Lo Stato dell’Arte|Padiglione Accademie’ alla 54^ Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, selezionato da Vittorio Sgarbi per invitato a Giorni Felici a Casa Testori 2011 e vince la 1^ edizione del Premio Ciaccio Broker per la Giovane Pittura Italiana. Nel 2012 invitato al MAR di Ravenna per l’evento Critica in Arte, a cura di Matteo Galbiati, e vince il Premio Opera CGIL-Le vie dell’acqua. Nel 2013 realizza la personale Attrazione Celeste, a cura di Umberto Palestini, esposta a Casa Raffaello/Bottega Giovanni Santi in Urbino e al Museo L’Arca-Lab di Teramo ed è invitato ad esporre nel Secondo Fienile del Campiaro a Grizzana Morandi per la mostra Un’Etica per la Natura curata da Eleonora Frattarolo. Nel 2014 è al Museo Nazionale di Ravenna con la personale Respiri a cura di Antonella Ranaldi. Nel 2015 prende parte al progetto internazionale Macrocosmi Ordnungen anderer Art Berlin<>Bologna, a cura di Martina Cavallarin e Pascual Jordan, e realizza la personale Composizioni. Ettore Frani e Lorenzo Cardi, a cura di Eli Sassoli de’Bianchi, presso il Complesso Monumentale di Santa Maria della Vita a Bologna. Nello stesso anno è finalista al 16° Premio Cairo.

Ettore Frani. Ricucire il cielo
NUOVA GALLERIA MORONE
Via Nerino 3, Milano
6 aprile | 1 giugno 2017 6 aprile 2017, ore 18
lun. – ven. ore 11 – 19 | sab. 15 -19
(la galleria dal mese di maggio resterà chiusa il sabato)
Tel 02 72001994 | Fax 02 72002163 |
info@nuovagalleriamorone.com

09
Apr

Tadashi Kawamata. The Shower

Valorizzare il patrimonio culturale sperimentando nuove vie per il rinnovamento dell’antica sapienza artigianale attraverso la visione di artisti e designer: è questa la mission di Fondazione Made in Cloister che quest’anno vede impegnato, nella creazione di una grande istallazione site-specific dal titolo “The Shower”, l’artista giapponese Tadashi Kawamata. L’opera di Kawamata, realizzata con l’intervento degli artigiani e coinvolgendo i ragazzi  del quartiere  di Porta Capuana, con la supervisione del curatore del progetto Demetrio Paparoni, sarà inaugurata  sabato 13 maggio 2017 alle ore 19,00.

Il progetto
Tadashi Kawamata – Made in Cloister è un’installazione site-specific curata dal critico Demetrio Paparoni. L’opera, che occuperà sia l’interno del chiostro che la facciata dell’attigua Chiesa rinascimentale di S. Caterina a Formiello, sarà realizzata dall’artista giapponese durante una permanenza a Napoli di due settimane. Su invito della Fondazione Made in Cloister, l’artista ha visitato Napoli e l’area di Porta Capuana nel Settembre del 2016, esplorandola con l’occhio del ricercatore e dello studioso.  In seguito a tale indagine Kawamata ha elaborato il suo intervento che sarà definito nei particolari durante la sua nuova permanenza a Napoli, prevista a partire dal 25 aprile 2017. Come spesso accade nelle sue opere, i materiali utilizzati saranno riciclati e scelti in quanto espressione dell’economia locale sia nella ricerca dei materiali che nella costruzione delle strutture in legno da lui disegnate: in questo caso cassette di legno comunemente usate nei mercati  di frutta e verdura. L’artista coinvolgerà  nella  realizzazione  artigiani e I ragazzi del quartiere di Porta Capuana, attraverso l’associazione Officine Gomitoli, per una grande opera collettiva. Il quartiere  diventa protagonista sia per l’estensione dell’opera e sia per le modalità collaborative e partecipative dell’ esecuzione artistica.

L’Ambasciata del Giappone in Italia, ha incluso l’evento nelle celebrazioni ufficiali del 150° anniversario delle relazioni tra il Giappone e l’Italia.

L’artista
“Visitare i luoghi, conoscerne gli abitanti, le loro abitudini e la loro economia è il primo passo dei miei progetti.”Tadashi Kawamata
“L’entusiasmo con cui Tadashi ha accettato di realizzare questo suo intervento nell’area di Porta Capuana  – dice Davide de Blasio, responsabile del programma artistico di Made in Cloister – è per noi un segno importante che rafforza la nostra convinzione che l’arte e la creatività possono dare una forte spinta al processo di rigenerazione e sviluppo sostenibile per le aree urbane segnate dal degrado”. Dopo il suo intervento del 2013 a Palazzo Strozzi, Tadashi Kawamata – Made in Cloister è la prima installazione che l’artista realizza in Italia utilizzando una struttura al tempo stesso pubblica e privata.Continue Reading..

09
Apr

Alfredo Pirri. I pesci non portano fucili

Martedì 11 aprile 2017 inaugura al MACRO Testaccio la prima antologica dedicata ad Alfredo Pirri, i pesci non portano fucili, curata da Benedetta Carpi De Resmini e Ludovico Pratesi.
La mostra, che resterà aperta fino al 4 giugno 2017, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e organizzata in collaborazione con le gallerie Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea ed Eduardo Secci Contemporary.

Quella del Macro Testaccio rappresenta la tappa conclusiva del progetto I pesci non portano fucili, un viaggio all’interno dell’opera, del pensiero e della ricerca dell’artista che è iniziato nel novembre 2016 con la prima mostra RWD / FWD, allestita presso lo Studio/Archivio dell’artista. Il titolo del progetto è stato scelto dallo stesso Pirri in omaggio all’opera The Divine Invasion di Philip K. Dick (1981), in cui l’autore immagina una società disarmata e fluida come il mare aperto dentro il quale immergersi e riemergere dando forma ad avvenimenti multiformi. Tutto il progetto viene proposto come un nuovo possibile modello di rete culturale, fortemente sostenuto da Pirri, in cui ogni istituzione coinvolta è autonoma ma in costante dialogo con le altre. L’esposizione riunisce 50 opere tra le più importanti e significative realizzate dall’artista nel corso della sua carriera dagli anni ‘80 ad oggi, sottolineando l’alternarsi ritmico di fluidità e fissità, dove i repentini mutamenti di tecnica diventano allegoria di un tempo mentale, scandito dagli elementi che da sempre contraddistinguono la ricerca dell’artista: lo spazio, il colore e la luce. “Questa mostra, come afferma il curatore Ludovico Pratesi, permette una lettura completa e ragionata della complessità della ricerca di Alfredo Pirri, attraverso un itinerario espositivo strutturato come un’opera in sé. Lo spazio del Macro Testaccio viene interpretato dall’artista in maniera da sottolineare le componenti fondamentali del suo pensiero, per invitare il visitatore a condividere un’esperienza immersiva giocata sull’armonia tra spazio, luce e colore”.

La mostra si snoda attraverso un percorso articolato in cui il tema della città, intesa non solo come agglomerato urbano ma come spazio aperto, luogo di condivisione e di incontro, è declinato in varie sfaccettature, attraverso una profonda rielaborazione dello spazio architettonico stesso e qui diviso in due sezioni principali. Apre la mostra l’opera che l’artista ha realizzato nei mesi di ricerca all’interno del laboratorio allestito alla Nomas Foundation: Quello che avanza (2017), prosecuzione dello studio sulla luce e il colore che da sempre caratterizza la sua poetica. Costituito da 144 stampe, il lavoro è frutto di una ricerca sulla tecnica della cianotipia, che consente di realizzare immagini fotografiche off-camera di grandi dimensioni, caratterizzate da intense variazioni di blu. Di queste stampe, 130 testimoniano le fasi di lavorazione di un’opera e i residui da essa prodotti, mentre 14 sono il risultato di una procedura unica, che vede l’uso di piume appoggiate direttamente a impressionare i fogli preparati con sostanze chimiche ed esposti ai raggi UV.

Tra le altre opere scelte, Gas (1990), lavoro che combina elementi concettuali e minimalisti, capace già nel titolo, di evocare una materia invisibile che attraversa e riempie lo spazio circostante; le Squadre plastiche (1987-88), con la loro immobilità di testimoni mute e contemporaneamente la loro pittura che si riverbera sulla parete come energia viva; Verso N (2003), installazione in cui i frammenti costruiscono un orizzonte immaginario, un paesaggio spirituale attraversato da fasci di luce che si irradiano nello spazio riflettendo i colori della pittura; La stanza di Penna (1999), costituita da copertine di libro disposte in modo da creare uno skyline urbano, paesaggio bagnato da una luce diffusa che ricorda i colori del tramonto. A fare da raccordo tra le due sezioni l’opera Passi, che assume la valenza di una soglia. Si tratta di un’installazione site specific costituita da pavimenti di specchi che si frantumano sotto i passi dell’artista e dell’osservatore, creando narrazioni deformate che promuovono un dialogo dialettico con lo spazio circostante, la sua natura e la sua storia.

Come spiega la curatrice Benedetta Carpi de Resmini: “Alfredo Pirri ha sperimentato negli anni molteplici linguaggi espressivi spaziando dalla pittura alla scultura, dal video alla performance, ma è soprattutto la sua concezione del rapporto spazio – temporale, mediato dal lavoro che genera l’opera, che si presenta allo spettatore come una palingenesi: una nuova visione della realtà e della città. Lo spazio architettonico si trasforma così in supporto-tela su cui Pirri “dipinge” vuoti e pieni, luci e ombre, in una meditata metamorfosi che ne esalta i valori cromatici, concettuali e simbolici”Continue Reading..