Camera d’Arte

29
Ott

Giulio Paolini. Del bello ideale

La Fondazione Carriero è lieta di presentare “Giulio Paolini. Del bello ideale”, a cura di Francesco Stocchi, mostra dedicata a uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale, con interventi della scenografa Margherita Palli, organizzata in stretta collaborazione con l’artista. Attraverso una nutrita selezione di lavori, scelti e allestiti dal curatore insieme all’artista torinese, Del bello ideale ripercorre l’intero arco dei suoi 57 anni di carriera, esponendo capisaldi della sua produzione, alcuni dei suoi celebri autoritratti, fino a tre nuove opere appositamente concepite per l’occasione. Paolini ha risposto all’invito della Fondazione Carriero facendosi coinvolgere in prima persona nella realizzazione della mostra e accettando di cimentarsi in un esercizio introspettivo, in un processo di lettura dall’interno, e in alcuni casi di rilettura, della sua produzione. Il dialogo con il curatore Francesco Stocchi ha dato vita a un percorso espositivo non cronologico, scandito da nuclei tematici che si articolano nello spazio entrando in relazione con l’architettura dell’edificio, consentendo al visitatore di mettere a fuoco la poetica di Paolini e di semplificarne la comprensione. Attraverso questo esercizio, la mostra “scompone” l’opera di Paolini in tre nuclei tematici, la seziona adottando lo stesso approccio teorico e formale utilizzato dall’artista nei suoi lavori e nel suo modo di affrontare l’arte.
La scenografa Margherita Palli è stata invitata a entrare in dialogo con il corpus di opere dell’artista, creando degli interventi che “mettano in scena” i nuclei tematici della mostra e che, attingendo alle stesse fonti di Paolini e ad alcune opere della sua collezione privata, offrano ai visitatori la possibilità di entrare nel suo mondo e di partecipare dall’interno a questo viaggio introspettivo.

La mostra è resa possibile grazie alla stretta collaborazione con Giulio Paolini e la Fondazione Giulio e Anna Paolini e a prestiti provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche e importanti collezioni private.

Giulio Paolini. Del bello ideale
fino al 10 febbraio 2019

Fondazione Carriero
via Cino del Duca 4 | 20122 Milano
+39 02 36747039 | info@fondazionecarriero.org
Aperto tutti i giorni con ingresso libero dalle 11:00 alle 18:00 (chiuso lunedì)

Immagine: Giulio Paolini, Mimesi, 1975 Calchi in gesso. © Giulio Paolini, Foto courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

report gallery by amaliadilanno

24
Ott

Simone Lingua. Preview

Sabato 27 ottobre dalle ore 19.00 alle ore 21.00 presso Golden View, in via de’ Bardi a Firenze avrà luogo PREVIEW, mostra personale dell’artista Simone Lingua a cura di Tiziana Tommei. L’evento, oltre a presentare per la prima volta nel capoluogo toscano le opere dell’artista, nome emergente dell’arte cinetica, vuole essere occasione d’incontro per anticipare il progetto ideato da Lingua per la città. La scelta del contesto fiorentino trova ragione nella biografia di Simone Lingua: i suoi esordi in ambito artistico, per quanto attiene alla pittura, alla scultura e alla fotografia, sono infatti legati alla realtà dell’Accademia fiorentina. Questo nesso, che l’artista ha da sempre avvertito come una radice forte e imprescindibile, oltre quella anagrafica – Lingua si definisce toscano per imprinting ed evoluzione – è alla base della volontà ferma di esporre il suo lavoro, nonché di dedicare un’opera unica alla città di Firenze.

Simone Lingua è nato Cuneo nel 1981. Avvia il suo percorso formativo all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Gli esordi della sua carriera artistica sono legati alla pittura. I primi studi inerenti l’arte cinetica risalgono al 2010 e sono applicati alla progettazione in ambito architettonico per le facciate di Prada. Ha esposto in gallerie e spazi istituzionali, in Italia e all’estero. Tra il 2016 e il 2017 ha esposto al Pan di Napoli, al Louvre, al Castello Estense a Ferrara, alla Galleria Mirabilia a Reggio Emilia, a Palazzo Bentivoglio Gualtieri a Reggio Emilia, alla Galleria Accorsi a Torino, al Museo di Villa Mazzucchelli a Brescia, al Castello di Bratislava, alla Fondazione De Nittis a Barletta, al Castello di Sarzana, alla Galleria Idearte a Ferrara, al Museo Fondazione Sorrento e alla galleria TAG a Lugano. Nel luglio del 2016, Palazzo Gagliardi a Vibo Valentia, ha ricevuto il Premio come miglior opera concettuale. Tra i più recenti progetti espositivi si citano: il group show Condizione, progetto curato da Roberto Baciocchi presso Dôme di Elephant Paname a Parigi (aprile 2018); il progetto esclusivo ideato e realizzato per Bagno Vignoni: Ninfea, installazione site specific e mostra personale diffusa a cura di Tiziana Tommei (aprile – giugno 2018). Tra i prossimi progetti vi è la proposta di un progetto speciale tra gli eventi collaterali della prossima Biennale d’Arte di Venezia. Il suo lavoro è seguito dal 2017 da Tiziana Tommei. Vive e lavora ad Arezzo.

Golden View è una realtà storica: avviata nell’aprile del 2002, è oggi un luogo di eccellenza della città. Una dimensione straordinaria: dalle sue vetrate è possibile ammirare Ponte Vecchio, il Corridoio Vasariano e gli Uffizi e il fiume Arno. Un spazio dal design minimalista e votato all’arte contemporanea; 650 metri quadri in cui cultura culinaria, enologica e artistica s’incontrano.

SIMONE LINGUA. PREVIEW
Mostra personale e presentazione del progetto per la città di Firenze
a cura di Tiziana Tommei

Opening 27 ottobre 2018, 19.00 – 21.00

GOLDEN VIEW
via de’ Bardi 54-58r Firenze

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Contatti_
Tiziana Tommei info@tizianatommei.it +39 339 84 38 565
Golden View info@goldenviewopenbar.com +39 055 21 45 02 / +39 333 47 57 400

22
Ott

Ryoji Ikeda

The exhibition Ryoji Ikeda, on show at ers an insightful perspective on the radical work of Japanese audiovisual artist Ryoji Ikeda. The selection ranges from sculptural pieces such as data.scan (2009) and grid.system (nº1-A)(2012) to newly adapted versions of large-scale projections like the radar [3 WUXGA version A] (2012-2018) and data.tron [3 SXGA + version] (2009-2018), and includes two new audiovisual installations made specially by Ikeda for Eye.

Sound artist, electronic composer and visual artist Ryoji Ikeda (born in Gifu in 1966) started in electronic music and now ranks as one of the pioneering artists who approach the fundamental elements of sound and image in a mathematical, physical and aesthetic manner. Ikeda’s career as an audiovisual artist transformed when he joined the multidisciplinary artist collective “dumb type” from Kyoto, which radically renewed theatre in the 1990s. By then, Ikeda had already defined the alphabet of his sonic language in the two fundamental elements of sound: the sine wave and white noise. Inspired by his experience with dumb type, Ikeda broadened his scope of work to encompass both sound and image. He applied a comparable reductionist approach in identifying the pixel as the elementary component of the image.

In his series “datamatics,” featuring data.tron [3 SXGA + version] (2009-2018) and data.scan(2009), both on show in the exhibition, Ikeda investigates how we can perceive and experience vast flows of data that go beyond our comprehension. Each pixel is determined by strict mathematical rules that are applied to the data sets that form the source material. The resulting works are not so much about the abstract data level but about representations of reality that we can generate with data. They are an ode to the scientific imagination and the enthralling exploration of uncharted worlds and aspects of reality that we can now access thanks to science. During his stay at CERN and Ars Electronica Futurelab in 2014-2015, Ikeda explored the world of particle physics and further refined his notion of (big) data. He examined dynamic data but defined his source material exclusively as static data: absolute facts, constant truths such as DNA code, galactic coordinates, or proteins, as in his spellbindingly immersive floor projection data.gram [n ° 1] (2018), which he developed specially for Eye. Here Ikeda also explores his interest in the micro-scale: identifying and isolating the smallest particle, the alphabet of all material. Also on show in the exhibition is 4’33” (2010), Ikeda’s celluloid homage to the iconic work of the American experimental composer John Cage. A framed and sliced strip of blank 16 mm film: the piece forms a conceptual introduction to Ikeda’s ongoing study of the contrast between the continuous and the discrete or discontinuous. In data.tron [3 SXGA + version], Ikeda explores his fascination for the concept of infinity and fundamental mathematical and philosophical questions. Is reality continuous or not? Is it continuous but can we do nothing but apply the modern scientific method of reducing it to elementary particles in order to understand it? The exhibition culminates with the second new piece specially made for the Eye exhibition: point of no return, which represents nothing but a black hole. A black circle is bordered by a clear white light. Shining from the other side is an extremely powerful lamp whose colour temperature approaches that of the sun on the projection screen. According to the general theory of relativity, a black hole in the universe swallows everything. Nothing can escape from it—no material, no information, not even light. There is no way back. In Ikeda’s own words: “This technically simple work is my most metaphysical to date.”

The exhibition is accompanied by films, talks and events in the cinemas at Eye.

On November 23, Ryoji Ikeda will perform a live audiovisual concert at Eye entitled datamatics [version 2.0]. In collaboration with Amsterdam Art Weekend and IDFA.

Ryoji Ikeda
Until December 2, 2018

EYE Filmmuseum
IJpromenade 1
1031 KT Amsterdam
The Netherlands

Image: Ryoji Ikeda photo by Ryuichi Maruo

15
Ott

Alfredo Jaar. Lament of the images

La Galleria Lia Rumma è lieta di annunciare la mostra personale dell’artista cileno Alfredo Jaar che inaugura giovedì 18 ottobre 2018, presso la sede di Milano. La mostra è preceduta, il 17 ottobre alle ore 18.00, da una lecture dell’artista alla Fondazione Gian Giacomo Feltrinelli di Milano.
A 10 anni dall’intervento pubblico Domanda, Domanda per le strade di Milano e dalla personale all’Hangar Bicocca It Is Difficult, Alfredo Jaar torna a Milano con una personale rigorosa e poetica che si sviluppa sui tre piani della Galleria. Al piano terra, l’artista presenta una nuova installazione site-specific WHAT NEED IS THERE TO WEEP OVER PARTS OF LIFE? THE WHOLE OF IT CALLS FOR TEARS (Che bisogno c’è di piangere momenti della vita? La vita intera è degna di pianto), una citazione di Seneca tratta dal “De Consolatione ad Marciam”. L’opera, una scritta al neon rosso, le cui lettere sono disposte come una pioggia di lacrime a cui il testo allude, è l’unica fonte di luce nello spazio che si presenta completamente rosso. Il lavoro è un riferimento poetico al progetto pubblico che Jaar sta realizzando per la città di Milano curato da Roberto Pinto: un grande cubo di cemento, attraverso la cui vetrata rossa il visitatore può osservare la città “filtrata” dal colore rosso. Un gesto nostalgico e malinconico e insieme un omaggio, secondo l’artista, alla sinistra italiana che sta scomparendo.
Al primo piano, Lament of the Images, che dà il titolo alla mostra, è composta da due tavoli fotografici luminosi, di solito usati nei laboratori fotografici per guardare i negativi.  Il tavolo superiore, montato al contrario e sospeso al soffitto, lentamente si avvicina a quello inferiore, fino a lasciare solo una sottile linea di luce proveniente dalla fessura tra le due superfici che poi, come per dare inizio a un nuovo ciclo di visioni, si allontanano. Volutamente non è presente nessuna immagine. Dice infatti Jaar: “Credo che abbiamo perso la capacità di vedere ed essere scossi dalle immagini”. La mostra si completa al secondo piano con Shadows che fa parte della trilogia – iniziata con The Sound of Silence, esposta nel 2008 all’Hangar Bicocca di Milano – in cui Jaar indaga il potere e la politica delle immagini iconiche. Entrando in un corridoio buio si incontrano sei piccoli lightbox, una sequenza di immagini del fotoreporter olandese Koen Wessing scattate in Nicaragua nel 1978 che documentano gli eventi che seguono la morte di un contadino ucciso dalla Guardia Nazionale del regime di Somoza nei giorni della guerra civile. Si passa poi in una stanza più grande, anch’essa completamente oscurata, dove è presentata l’immagine di due donne, le figlie del contadino, nel momento in cui vengono a sapere dell’uccisione del padre. Le donne, devastate dal dolore, alzano le braccia al cielo. L’immagine lentamente diventa una luce accecante. Per Jaar quest’immagine è “la più potente espressione del dolore” che abbia mai visto.

Alfredo Jaar è artista, architetto e regista. Vive e lavora a New York. Nato a Santiago del Cile (1956), il lavoro di Jaar è stato esposto in tutto il mondo. Ha partecipato alle Biennali di Venezia (1986, 2007, 2009, 2013), São Paulo (1987, 1989, 2000) e a Documenta a Kassel (1987, 2002). Sue importanti mostre personali includono il New Museum of Contemporary Art, New York; Whitechapel, Londra; il Museum of Contemporary Art, Chicago; il Museo di Arte Contemporanea (MACRO) di Roma e al Moderna Museet di Stoccolma. Un’ampia retrospettiva sul suo lavoro è stata ospitata nell’estate del 2012 in tre spazi istituzionali a Berlino: la Berlinische Galerie, la Neue Gesellschaft fur bildende Kunst e.V. e la Alte Nationalgalerie. Nel 2014 il Museum of Contemporary Art Kiasma di Helsinki gli ha dedicato la più completa restrospettiva della sua carriera. Jaar ha realizzato più di sessanta interventi pubblici nel mondo. Sono state pubblicate oltre cinquanta monografie sul suo lavoro. È diventato Guggenheim Fellow nel 1985 e MacArthur Fellow nel 2000. Il suo lavoro fa parte delle collezioni del MAXXI e del MACRO di Roma, del Museum of Modern Art e del Guggenheim Museum di New York, del MCA di Chicago, del MOCA e del LACMA di Los Angeles, della TATE di Londra, del Centre Georges Pompidou di Parigi, del Centro Reina Sofia di Madrid, del Moderna Museet di Stoccolma, del Louisiana Museum of Modern Art di Humlebaek e in molte altre collezioni pubbliche e private del mondo.

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03
Ott

SARAH SZE

In the age of the image, a painting is a sculpture. A sculpture is a marker in time.
—Sarah Sze

Gagosian is pleased to present new works by American artist Sarah Sze. This is Sze’s first gallery exhibition in Italy, following her participation in the Biennale di Venezia in 2013 (Triple Point, US Pavilion) and 2015.

Sze’s art utilizes genres as generative frameworks, uniting intricate networks of objects and images across multiple dimensions and mediums, from sculpture to painting, drawing, printmaking, and video installation. She has been credited with changing the very potential of sculpture. Working from an inexhaustible supply of quotidian materials, she assesses the texture and metabolism of everything she touches, then works to preserve, alter, or extend it. Likewise, images culled from countless primary and secondary sources migrate from the screen to manifest on all manner of physical supports—or as light itself. A video installation, the latest of Sze’s Timekeeper series begun in 2015, transforms the oval gallery of Gagosian Rome into a lanterna magica, an immersive environment that is part sculpture, part cinema. In these studies of the image in motion, at once expansive and intimate, time, place, distance, and the construction of memory are engaged through a mesmerizing flux of projected images, both personal and found. A sort of Plato’s Cave, the new work confronts the viewer from simultaneous points of view: moving pictures of people, animals, scenes, and abstractions unfold, flickering and orbiting randomly like thought, or life itself. In an in-situ gesture that links the darkened video gallery with the adjoining room of new panel paintings, Sze materializes light as a spill of paint applied directly to the stone floor. In the paintings, her nuanced sculptural language adapts to the conditions of the flat support. In delicate yet bold layers of paint, ink, paper, prints, and objects, the three dimensions of bricolage are parsed into the two dimensions of collage. Here, color draws its substantive energies as much from the innate content of found images as from paint and ink. Fields of static, blots, and cosmic vortices emerge out of archival material drawn from the studio and its daily workings in endless visual permutations that collide and overlap in an abundance of surface detail. In November, Sze will add her first outdoor stone sculpture to the exhibition, a natural boulder split open like a geode. Each of the two revealed cuts has a sunset sky embedded in its flat surface, alluding to both the images perceptible in gongshi (scholar’s rocks) and the heavenly subjects of Renaissance paintings. From November 19, Sze’s large-scale installation Seamless (1999) will be on view at Tate Modern, London.

SARAH SZE
Inaugurazione: sabato 13 ottobre, 18:00 – 20:00
13 ottobre 2018–12 gennaio 2019

Gagosian
Via Francesco Crispi 16
00187 Rome
T. 39.06.4208.6498
roma@gagosian.com
Hours: Tue–Sat 10:30-7

Ufficio Stampa PCM Studio
Federica Farci | federica@paolamanfredi.com | +39 342 05 15 787

Karla Otto
Lissy Von Schwarzkopf | lissy.vonschwarzkopf@karlaotto.com| +44 20 7287 9890

Ottavia Palomba | ottavia.palomba@karlaotto.com | +33 6 67 88 32 29
Michel Hakimian | michel.hakimian@karlaotto.com | +33 6 12 59 41 93

Gagosian
Matilde Marozzi | pressrome@gagosian.com | +39 06 4208 6498

Image: Sarah Sze, Untitled, 2018(dettaglio), olio,acrilico, cartad’archivio, stabilizzatori UV, adesivo, scotch, inchiostro e polimeri acrilici, gommalacca, e vernice ad acqua su legno, 213.4×266.7×8.9cm©SarahSze