Camera d’Arte

17
Mag

Yoko Ono: One Woman Show, 1960–1971

Yoko Ono: One Woman Show, 1960–1971
Curated by Christophe Cherix, and Klaus Biesenbach, with Francesca Wilmott

The Museum of Modern Art presents its first exhibition dedicated exclusively to the work of Yoko Ono, taking as its point of departure the artist’s unofficial MoMA debut in late 1971. At that time, Ono advertised her “one woman show,” titled Museum of Modern [F]art. However, when visitors arrived at the Museum there was little evidence of her work. According to a sign outside the entrance, Ono had released flies on the Museum grounds, and the public was invited to track them as they dispersed across the city. Now, over 40 years later, Yoko Ono: One Woman Show, 1960–1971 surveys the decisive decade that led up to Ono’s unauthorized exhibition at MoMA, bringing together approximately 125 of her early objects, works on paper, installations, performances, audio recordings, and films, alongside rarely seen archival materials. A number of works invite interaction, including Painting to Be Stepped On (1960/1961) and Ono’s groundbreaking performance, Bag Piece (1964). The exhibition draws upon the 2008 acquisition of the Gilbert and Lila Silverman Fluxus Collection Gift, which added approximately 100 of Ono’s artworks and related ephemera to the Museum’s holdings.

During the first 11 years of her extensive career, Ono moved among New York, Tokyo, and London, serving a pioneering role in the international development of Conceptual art, experimental film, and performance art. Her earliest works were often based on instructions that Ono communicated to viewers in verbal or written form. Painting to Be Stepped On (1960/1961), for example, invited viewers to tread upon a piece of canvas placed directly on the floor. Though easily overlooked, the work radically questioned the division between art and the everyday by asking viewers to participate in its completion. At times poetic, humorous, sinister, and idealistic, Ono’s early text-based works anticipated the objects that she presented throughout the decade, including Grapefruit (1964), her influential book of instructions; Apple (1966), a solitary piece of fruit placed on a Plexiglas pedestal; and Half-A-Room (1967), an installation of bisected domestic objects.Continue Reading..

16
Mag

Zhang Xiao. About My Hometown

The exhibition features five latest photography and mixed media works about Zhang’s reflections on his homecoming to Yantai.

Blindspot Gallery is pleased to present “About My Hometown”, the third solo exhibition of Mainland artist Zhang Xiao at Blindspot Gallery, featuring the six latest photography and mixed media series from the artist. Revolving around the theme of “hometown”, it highlights Zhang’s shifting focus from the portrayal of life in contemporary China in his previous series such as Coastline (2009-­‐2013) and They (2006-­‐2008) to reflections on his homecoming, and the experiences and presences that surround it in his new works. It also demonstrates the artist’s use of a wider range of media in his creative repertoire.

Featuring instant films taken in his home, i.e. Yantai in Shandong province, the black and white photo collage series Shift was created through a process of detachment and reassembly that echoes Zhang’s relationship with his hometown. In a delicate and time-­‐consuming process, the artist created the instant film emulsion lifts and manually assembled them into works of photo collage. The faint, painting-­‐like images not only mirror the shifting homeland in Zhang’s perception, but also hint at the changing landscapes from China’s ongoing transformation.

Memories of home life ring in the mixed media series Home Theater (2015), which draws on Zhang’s recollection of watching TV and films on VHS during his childhood, a symbol of luxury in China in the 1990s. The artist selected eight of his favourite films and TV shows from the 1980s-­‐1990s, and made a screen capture of the most notable scene in each film or show for the label for the VHS tape. The film soundtracks are played simultaneously alongside the exhibit, weaving an intricate web of sounds that denote the re-­‐ creation of the bygone eras.Continue Reading..

16
Mag

Adrianna Wallis. U, UV, WX, X

Una riflessione delicata sull’universo intimo e sensibile dei ricordi familiari facendo uso dell’universo del sogno e dell’incosciente come di una materia e terreno fertili.
a cura di Giulia Bortoluzzi

La Galleria 3D è lieta di presentare U, UV, WX, X, mostra personale dell’artista francese Adrianna Wallis. Terzo capitolo di un ciclo espositivo dedicato al tema della memoria, la mostra U, UV, WX, X presenta una riflessione delicata sull’universo intimo e sensibile dei ricordi familiari facendo uso dell’universo del sogno e dell’incosciente come di una materia e terreno fertili, e tessendo quindi le fila di una storia condivisa. Wallis, con sguardo attento, evoca allo stesso tempo la dimensione d’abisso e imprevedibilità sulla quale si tendono le nostre vite e la presenza di costanti ricorrenti nel tempo che diventano costellazioni rassicuranti. La precisione romantica e l’interesse per il dettaglio che caratterizzano la sua ricerca artistica, si concretizzano nello spazio espositivo in un’installazione onnicomprensiva, al tempo stesso delicata e monumentale.

L’opera presentata, Alphabet pour réécrire l’histoire des familles (incomplet) – Alfabeto per riscrivere la storia di famiglia (incompleto) – è un organismo in divenire, in attesa di essere ricevuto e accolto dal pubblico. L’opera funziona come una domanda sulla natura della storia attraverso l’utilizzo di oggetti di uso comunque e quotidiano, i quali a loro volta fanno eco all’universo domestico e familiare tradizionale. Il passato è quindi riportato al presente da Wallis grazie a racconti di storie personali, a volte secondarie, ma nella loro essenza universali. Come scriveva Walter Benjamin, la storia non si costituisce esclusivamente nel discorso ufficiale ma anche e soprattutto in ciò che è stato dimenticato. Allo stesso modo, Adrianna Wallis ha cercato di riscotruire l’alfabeto attraverso le iniziali di famiglia ricamate sulle lenzuola di corredo. Appartenenti a famiglie di status eterogeneo o provenienti da diversi paesi, esse sono state recuperate dall’artista presso mercatini dell’antiquariato o su Internet.Continue Reading..

16
Mag

Lucilla Catania / Lucia Rotundo. Tra le pieghe del sacro

La scultura in queste opere manifesta anche uno stato ideale della materia, la quale, per attingere a ciò che in noi è piu’ alto, entra in dialogo con il sacro.
a cura di Paolo Aita

Sabato 16 maggio p.v. nel Centro Internazionale di ricerca per la Cultura e le Arti Visive Vertigo Arte di Cosenza avrà luogo l’ inaugurazione della mostra, intitolata, Tra le pieghe del Sacro. Due presenze femminili nell’arte contemporanea: Lucilla Catania / Lucia Rotundo.

La mostra, curata dal critico prof. Paolo Aita, ospita le opere realizzate site specific da Lucilla Catania e da Lucia Rotundo due note artiste italiane appartenenti a generazioni, formazioni, geografie e linguaggi artistici diversi, accomunate in questa mostra per una particolare sensibilità alla visione del sacro. «Troviamo nelle opere delle due artiste – scrive il critico nella presentazione in catalogo – un particolare raccoglimento che si condensa in forme geometriche ideali.
La scultura in queste opere manifesta anche uno stato ideale della materia, la quale, per attingere a ciò che in noi è più alto, superiore, entra in dialogo con il sacro.
Le forme pure di Lucilla Catania in genere manifestano una formatività che, al di là della materia, si rapporta dialetticamente, concretamente, con la natura. In questa installazione, al contrario, tutto è rastremato, essenzializzato, tendendo ad eliminare qualsiasi parvenza di umano, aspirando a un dialogo col divino. Vengono utilizzate le forme geometriche anche per denotare lo sforzo di allontanamento dal sensibile, dunque arrivare a ciò che è ideale, e portare l’umano a un livello che non abbia più contatti col quotidiano.(…)
L’essenziale incontra la trasparenza nell’opera di Lucia Rotundo. Ferma restando l’aspirazione al bello, positivamente cercata attraverso la forma, con un senso di pace nell’aver trovato il mezzo opportuno per coniugarlo in umani volumi, in Lucia Rotundo tutto tende all’essenza. Rimane dunque la bellezza, a dare indici esatti ed eterni per articolare il dialogo col divino. Ma la tensione non è verso la definizione, ma verso una spoliazione sempre più riuscita, nella quale non rimanga niente dell’umano, e tutto venga trasfigurato diventando divino.(…)».

Accompagna la mostra un significativo catalogo realizzato dalle Edizioni Favia, per la Collana di Arte Contemporanea, “Arte, Territorio e Società”, contenente testo del curatore, apparato iconografico e note bio-bibliografiche sulle artiste.

Inaugurazione 16 maggio

Vertigoarte
via Rivocati, 63 Cosenza
ingresso libero

LUCILLA CATANIA E LUCIA ROTUNDO
dal 16 maggio al  22 giugno 2015

16
Mag

Bob Dylan. Like a Rolling Stone

Le immagini di Barry Feinstein, Joe Alper e Tony Frank. A questi si aggiungono le opere grafiche di Bob Masse, che lavorò alle locandine dei primi concerti di Dylan.
ONO arte contemporanea presenta Bob Dylan: “LIKE A ROLLING STONE” una retrospettiva che ripercorre i primi anni della carriera di Bob Dylan attraverso le immagini di tre tra i più importanti fotografi che lo hanno immortalato: Barry Feinstein, le cui opere sono presentate per la prima volta in Italia, Joe Alper e Tony Frank. A questi si aggiungono le opere grafiche di Bob Masse, che lavorò alle locandine dei primi concerti di Dylan, quando ancora era pressoché sconosciuto. Gli anni Sessanta rappresentano probabilmente il periodo più controverso, creativo e vitale di Bob Dylan che, a 73 anni, è oggi considerato una delle figure che più hanno influenzato la cultura popolare americana del XX secolo.

Cinquant’anni fa veniva pubblicata, nel disco Highway 61 Revisited la canzone “Like a Rolling Stone” che, con i suoi cinquanta versi della stesura iniziale, cambiò le regole della composizione della musica popolare. Ispirato dalla musica folk e politicamente impegnata di Woody Guthrie, Robert Zimmerman (il nome d’arte è un omaggio al poeta gallese Dylan Thomas) lascia la nativa Duluth in Minnesota per approdare nella New York in cui i poeti della beat generation avevano già scritto pagine memorabili della cultura moderna e il fermento creativo era al suo apice. Sarà proprio Allen Ginsberg ad ammettere che con l’avvento di Bob Dylan il testimone viene passato alla generazione successiva. Le prime canzoni di protesta sociale che Dylan compose furono talmente incisive da proiettarlo, dallo sconosciuto ragazzo di campagna quale era, a “paladino” dei diritti sociali. Dylan suonò con l’allora compagna Joan Baez alla March on Washington for Jobs and Freedom del 28 agosto 1963 durante la quale poté assistere al discorso di Martin Luther King Jr. nel quale pronunciò lo storico “I Have a Dream”, che il cantante accrediterà come passaggio fondante del proprio pensiero. Le foto in mostra ripercorrono i primi anni della carriera di Dylan, dai concerti al Caffè Lena – una storica Coffe House nello stato di New York -, in cui presentava sul palco le prime canzoni di protesta fino alla svolta elettrica che, pur alienandogli numerosi fan della prima ora, lo farà assurgere a figura chiave della scena musicale e culturale di quel periodo.

Tra gli scatti presentati per la prima volta in Italia quelli di Barry Feinstein relativi al secondo tour inglese, considerato da molti non solo il miglior live di Bob Dylan ma con ogni probabilità uno dei migliori della storia della musica popolare contemporanea.

In occasione della mostra, la Fondazione Cineteca di Bologna organizzerà, il 27 maggio 2015, alle ore 21.30, la proiezione della bio pic su Dylan No direction Home (Scorsese; 2005; 208”).

La mostra (14 maggio – 13 giugno 2015) si compone di una trentina di scatti di Barry Feinstein, Joe Alper e Tony Frank. Con il patrocinio del Comune di Bologna, Fondazione Cineteca di Bologna, Consolato Americano di Firenze. Sponsor: Moscot.

Inaugurazione 14 maggio ore 18.30

Ono Arte Contemporanea
via S. Margherita, 10 Bologna
mar-gio 10-13 e 15.19.30, ven 10-13 e 15-21.30, sab 10-21.30
ingresso libero