Camera d’Arte

16
Giu

Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933

Dipinti, fotografie, disegni e incisioni di artisti come Otto Dix, George Grosz, Christian Schad, August Sander e Max Beckmann, insieme a nomi meno noti tra cui Hans Finsler, Georg Schrimpf, Heinrich Maria Davringhausen, Carl Grossberg e Aenne Biermann.
a cura di Stephanie Barron
Con Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933 s’inaugura per la prima volta in Italia e negli Stati Uniti una mostra di grande respiro dedicata ai temi più rappresentativi delle tendenze artistiche dominanti della Repubblica di Weimar. Organizzata dal Los Angeles County Museum of Art (LACMA) in collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia e con il supporto di 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, la mostra è composta da circa centoquaranta opere tra dipinti, fotografie, disegni e incisioni di oltre quaranta artisti, molte delle quali poco conosciute sia in Italia che negli Stati Uniti.Accanto a figure di primo piano come Otto Dix, George Grosz, Christian Schad, August Sander e Max Beckmann, i cui percorsi eterogenei sono essenziali per comprendere la modernità dell’arte tedesca, l’esposizione consente di scoprire nomi meno noti al grande pubblico, tra cui Hans Finsler, Georg Schrimpf, Heinrich Maria Davringhausen, Carl Grossberg e Aenne Biermann. L’allestimento riserva una particolare attenzione al confronto tra pittura e fotografia, offrendo la rara opportunità di esaminare le analogie e le differenze tra i diversi ambiti espressivi del movimento.

Nei quattordici anni della Repubblica di Weimar (1919-1933), gli artisti tedeschi si confrontano con le devastanti conseguenze della Prima Guerra Mondiale; con gli effetti sociali, culturali ed economici del rapido processo di modernizzazione e urbanizzazione che muta il volto della Germania; con la piaga della disoccupazione dilagante e la disperazione di vasti strati della società; con i mutamenti delle identità di genere e gli sviluppi della tecnologia e dell’industria. Negli anni che vanno dalla fine della guerra all’avvento del nazismo, la prima democrazia tedesca è un fertile laboratorio di esperienze culturali che vede il tramonto dell’espressionismo, le esuberanti attività antiartistiche dei dadaisti, la fondazione del Bauhaus e l’emergere di un nuovo realismo.

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15
Giu

Lartigue, la vie en couleurs

The exhibit “La vie en couleurs” (life in color) offers viewers a unique opportunity to delve into an unrevealed period of Jacques Henri Lartigue’s work: his colour snapshots. Until now a scant few have only rarely been displayed and for the greater part they remain unknown. In the past century Lartigue was considered as a genius of black and white. He is nevertheless a true artist when it comes to colour. Thus, our former perception of his work is shaken, yet in the end, broadened.

Life and colour, to Lartigue the two are inseparable. His early autochromes (1912-1927) and the ektachrome process he took up in the 50’s were a means to express the passionate joy he exuded, and as he said himself, “best suited to portray that which is charming and poetic”. The colour in the photographs taken during the final and long period of Lartigue’s life reflects a sense of unhindered leisure and delight and an increasingly carefree man.

Exhibtion presented from June, 24th 2015 to August, 30th 2015
Maison Européenne de la Photographie
5-7 rue de Fourcy
75004 Paris – France

Image: Florette. Vence, mai 1954. Photographie J. H. Lartigue © Ministère de la Culture – France / AAJHL

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15
Giu

Other Places. Mario Daniele e Marco Maria Zanin

VisonQuesT Contemporary photography presenta, come ultimo progetto di fine stagione, “Other Places” di Mario Daniele e Marco Maria Zanin. I due artisti sono legati al tema del paesaggio ed entrambi, con mezzi differenti sia per tecnica sia per contenuto, affrontano questo tema “storico” della Fotografia in modo particolare e innovativo, staccandosi dagli schemi, scavando oltre quello che vediamo e facendoci entrare in luoghi dove i paesaggi continuano oltre i margini della fotografia.

Mario Daniele con “Quel sentiero per il lago” ci conduce subito a uno spazio aperto, a una vastità non precisamente misurabile, dove l’uomo sente il potenziale eterno della natura. È un sentiero quasi non visibile, più esistenziale che fisico, che porta in un posto connotato soggettivamente e non in un luogo. Osserviamo delle piccole porzioni di terra bagnata da grandi laghi, dove anche noi spettatori ci confrontiamo con il nostro sguardo, dove il soggetto non è il singolo: il lago, la persona o la terra, ma la loro relazione.

Marco Maria Zanin sviluppa la sua ricerca progetto “Sicilia” nell’analisi e confronto tra due poli : da una parte ciò che appartiene al mondo dalle radici e dall’altra i fenomeni delle sovrastrutture dell’epoca contemporanea.
Come un vecchio emigrante, alla ricerca delle sensazioni provate da generazioni che lasciavano il Veneto in cerca di fortuna, Zanin prima parte per il Brasile, poi decide, accettando una proposta, al tempo stesso una sfida, di spostare il suo interesse verso sud. Attraversa il mare e parte per la Sicilia dove realizza questo lavoro, ancora una volta affrontando la storia di una terra dura, contadina, dove ritrova gli stessi temi e gli stessi elementi che hanno caratterizzato la sua ricerca.

Entrambi gli artisti ci suggeriscono che non ha importanza sapere dove siano questi posti, perché essi sono dappertutto, dentro e fuori, archetipi di un possibile paesaggio spirituale, tappe di un “atlante delle emozioni”, sono appunto “altri luoghi”.Continue Reading..

14
Giu

FORCELLA. Jean-Marc Caimi – Valentina Piccinni

“Nell’osservare le foto di ‘Forcella’, sembra esserci un’equazione geometrica che connette il caos di quel quartiere, al modo di fotografare di Caimi e Piccinni. Il primo sguardo è un pugno nello stomaco, richiede un approccio puro, autentico, non filtrato. ‘Forcella’ è un invito ad accettare questa sfida e guardare al di là”. Maria Teresa Salvati

In occasione della settima edizione di “Cascina Farsetti”, il CSF Adams presenta la mostra di Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni: “Forcella”. L’esposizione si compone di una selezione di quaranta fotografie analogiche in b&w, realizzate dal duo a Napoli, che racconta il quotidiano vivere dei suoi abitanti tra l’ordinario e lo straordinario, attraverso un’immediata prossimità ai soggetti fotografati che si offrono alla camera scevri da inibizioni.

Gli autori raccontano: “Forcella è conficcata nelle viscere di Napoli. E’ il rione più vecchio e ristretto della città. Forcella è nota per essere la roccaforte delle gang camorristiche più violente e sanguinarie, che hanno imposto le loro leggi per decenni. A Forcella il tempo è sospeso in un’epoca indefinita, che ha trattenuto il fiato dal dopoguerra agli Anni Ottanta; modernizzazione e globalizzazione non sono riuscite a mutare il quotidiano vivere della gente comune. Un luogo dimenticato dalle istituzioni, abbandonato all’incurie ma dove i rapporti e le amicizie fra le persone passano per ritualità antiche. Forcella è l’archetipo della citta di Napoli. Cominciando da questi luoghi, abbiamo esplorato altri rioni dall’atmosfera simile, i Quartieri Spagnoli, Sanità e le spiagge cittadine adiacenti al lungomare Caracciolo. Luoghi dove la povertà è la regina. La camorra il re.“Continue Reading..

13
Giu

At first light

Un progetto che prende avvio da una precisa volontà critica che vuole analizzare come tre significativi artisti si sono confrontati con una problematica originaria che si interroga sul rapporto fra luce e materia.

Luca Tommasi è lieto di annunciare il progetto espositivo “At first light”, progetto che prende avvio da una precisa volontà critica che vuole analizzare come tre significativi artisti, che iniziarono ad operare tra gli anni ottanta e gli anni novanta, si sono confrontati con una problematica originaria che, dalle riflessioni dell’Abate Sugerio a Saint-Denis, si interroga sul rapporto fra luce e materia e su come quest’ultima influenzi la nostra “percezione”. Ian Davenport, un giovane terribile alla ricerca del e sul colore, Anne Blanchet, candida incantatrice di luminosi grafemi diafani e Domenico Bianchi, eterno viaggiatore alla scoperta dell’eleganza del ritorno alla materia-pittura, ci accompagneranno verso una riscoperta di ciò che sta all’inizio, at first, della fruizione delle Arti Visive, Light.

Nella sede espositiva di Milano sarà presente un selezionato gruppo di opere realizzate a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, che ben illustrano come in un periodo complesso quale quello degli anni novanta, dove si intraprese una lenta metabolizzazione dello stravolgimento ontologico e percettivo che gli anni ottanta portarono con sé, artisti provenienti da ambiti culturali ed anagrafici diversi abbiano trattato una stessa tematica, quella della percezione dei fenomeni luminosi, con esiti differenti e complementari dati dalla diversità delle tecniche e dei materiali utilizzati.
La luce viene compresa da Domenico Bianchi come mezzo attraverso il quale far si che la materia (cera) trascenda sé stessa regalando morbide e avvolgenti sensazioni; Anne Blanchet parte da un’analisi più algida e scientifica degli indici di rifrazione del materiale (plexiglas) per giungere a ritrovare l’irriducibile varietà del genere umano quale centro di tutto il suo operare; Ian Davenport versa con consapevole leggerezza colore puro e caramelloso su superfici in MDF, lasciando che si espanda sino a creare delle superfici molto brillanti in cui lo spettatore ci si può specchiare.Continue Reading..