Camera d’Arte

11
Nov

Michael Kenna. Forms of Japan

Le sue immagini sono caratterizzate da un bianco e nero essenziale. La mostra ‘Forms of Japan’ racconta un amore per il Giappone, da parte dell’autore, iniziato oltre 30 anni fa.

Michael Kenna è considerato uno dei più importanti ed influenti fotografi di paesaggio al livello internazionale. Le sue immagini sono caratterizzate da un bianco e nero essenziale. La mostra Forms of Japan racconta un amore per il Giappone da parte dell’autore iniziato oltre 30 anni fa. Un legame empatico per la filosofia e il paesaggio di una terra che esprime poesia visiva. Il linguaggio fotografico di Michael Kenna si appropria di questi elementi poetici che l’autore rende in forme poetiche e meditative in equilibrio con l’anima del Giappone. Un percorso di meditazione attraverso alberi solitari, profili delle montagne, ponti , giochi d’acqua, piccole isole, paesaggi sommersi dalla neve ma anche sagome di pesci e particolari di antiche pitture. I suoi scatti diventano Haiku e ne seguono la composizione e le strutture logiche.

L’Haiku consiste in tre versi costruiti in ordine verticale di solito con lo schema 7/5/7. Questa rappresentazione della natura come specchio dell’anima, come rappresentazione di una realtà interiore che si esprime con simboli e sillogismi ritorna nelle immagini dell’autore costruite con rigore e ordine apparente di un ‘equilibrio che in realtà genera emozioni profonde e contrastanti. D’altronde L’haiku (visto come anti-sillogismo) e il sillogismo stesso incarnano, a ben vedere, la doppia condizione della vita, che, per mantenersi, deve riuscire sia a rinnovarsi sia ad innovarsi. Se il rinnovamento esprime la riproduzione dei cicli vitali, l’innovazione deve realizzare quelle trasformazioni che permettono alla vita di affrontare e superare quei mutamenti dell’ambiente che ostacolano oppure rendono impossibili o inefficaci i processi ciclici di rinnovamento. Continue Reading..

10
Nov

STORIE SOVIETICHE

Tre mostre apriranno contemporaneamente al pubblico il 4 dicembre presso la Galleria del Cembalo, e proseguiranno fino al 13 febbraio per raccontare quasi un secolo di arte, di storia, di fotografia. Tre storie per tre voci soliste. Tre storie indipendenti, ma unite idealmente, per raccontare nell’arco di 85 anni, dal 1930 al 2015, la storia immensa dell’Unione Sovietica, nel suo farsi e disfarsi, tra illusioni, propaganda, disillusioni, memoria. Apre la trilogia Rozalija Rabinovič (Kiev, 1895 – Mosca, 1988), pittrice, allieva del VChUTEMAS e interprete originalissima della propaganda negli anni ’30 nel segno di Stalin. Segue Sergei Vasiliev (Čeljabinsk, 1937), nome di riferimento del fotogiornalismo oltre cortina, premiato cinque volte al World Press Photo, e autore di un intenso ritratto della vita quotidiana negli anni del primo “disgelo”, tra i carcerati e la follia dei loro tatuaggi, e i corpi morbidi e immacolati delle donne nella sauna e nelle fasi più emozionanti del parto in acqua. Chiudono le immagini compostissime di Danila Tkachenko (Mosca, 1989), enfant prodige della fotografia russa, che ha ritratto le zone off limits, militari e industriali, dell’ex Urss, simbolo della guerra fredda e della più ambiziosa tecnocrazia di regime. A distanza di quarant’anni uno dall’altro, e in assoluta autonomia artistica, Rozalija Rabinovič, Sergei Vasiliev e Danila Tkachenko si passano il testimone per narrare le stagioni di un paese straordinario e della sua ideologia, che mai come oggi torna a guardare indietro nel tempo.Continue Reading..

10
Nov

Daniele Contavalli. Spazio perentorio

11 novembre – 7 dicembre 2015

Inaugurazione (alla presenza dell’artista): mercoledì 11 novembre 2015, ore 19.00 – 22.00

Carlo Gallerati è lieto di presentare Spazio perentorio, una mostra personale di Daniele Contavalli a cura di Saveria Colosimo.

‘… e poi arriva il punto in cui l’immagine collassa’. (Daniele Contavalli)

“Da qui comincia la narrazione sospesa di Daniele Contavalli. Un racconto febbrile in continuo divenire, fatto di parole abbozzate, di segni apparentemente indecifrabili e immagini mai definitivamente compiute. Margini visivi di luoghi dove l’arte si mostra o dove la natura si cela; sedimenti poetici; orme di parole consunte. Una scrittura muta che non si lascia penetrare, ma che evoca un corrispondente discorso interno alla propria coscienza. Lo scritto nell’opera visiva sottintende la presenza attiva dell’artista in quello spazio, sia come persona che parla il linguaggio dell’inconscio, poiché il messaggio verbale che dialoga con il resto dell’immagine non svolge un ruolo meramente enunciativo, sia come mano che opera. In questa operatività inquieta e dallo spirito indomito si può scorgere non solo l’ideale artistico di continuità e ricerca scrupolosa dell’autore, ma anche il modello di un aspetto del pensiero individualista legato alla contemporaneità: il rifiuto imperativo dell’artista di identificarsi con un paradigma stilistico precostituito. L’opera di Contavalli, infatti, si evolve nel tempo ed è caratterizzata da un principio di libertà che la rende autonoma. Nel momento in cui l’immagine, in quanto tale, esibisce chiaramente i limiti della propria dimensione spaziale e temporale, Contavalli passa all’azione; non è però una scelta arbitraria, ma una necessità. È così che estende l’atto creativo a una multiforme contaminazione dei generi: poesia, pittura e fotografia coesistono nella stessa opera di figurazione narrativa, dando luogo a un processo di interazione tra le arti, un centro di forza pulsante che spinge verso la totalità. I segni della parola scritta e i segni della pittura prendono posto nello spazio circoscritto dell’immagine fotografica, distinti nel loro rapporto di valori significanti; ciò implica una lettura dell’opera di Contavalli come dialettica costante tra i mezzi dell’arte. Il parallelismo tra parola, segno e immagine fotografica e più specificatamente, tra elemento verbale, gestuale e visivo si compie attraverso diverse fasi che l’autore percorre e scopre solo a poco a poco, poiché è consapevole di poter giungere col tempo, e solo grazie a una coscienziosa concentrazione, alla sintesi dello spazio perentorio. Lo spazio perentorio è la conquista dello spazio del ‘sentire’ e ci mostra attraverso lo svuotamento degli elementi oggettivi e visivi dell’opera, la dimensione intima, totale e profonda in cui l’artista scava, dove il ‘togliere’ significa proprio dare voce alla complessità del lato interiore mai completamente esternato. Uno spazio assoluto in cui la parola diventa un segno silente sempre più scarnificato, la pittura si fa gesto essenziale e la fotografia è un vuotato frammento dell’universale; l’universale artistico di Daniele Contavalli.” (Saveria Colosimo)

Daniele Contavalli è nato a Siena nel 1964, vive e lavora a Roma. Nel 1983 conclude gli studi superiori al III Liceo Artistico di Roma. Nel 1987 si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Ha esposto in numerose mostre collettive e personali presso gallerie e spazi pubblici italiani. Alcune sue opere fanno parte di collezioni private.

Daniele Contavalli. Spazio perentorio
A cura di Saveria Colosimo
Galleria Gallerati (Via Apuania, 55 – I-00162 Roma – Tel. +39.06.44258243 – Mob. +39.347.7900049)
Inaugurazione: mercoledì 11 novembre 2015, ore 19.00-22.00
Fino a lunedì 7 dicembre 2015 (ingresso libero)
Orario: dal lunedì al venerdì: ore 17.00-19.00 / sabato, domenica e fuori orario: su appuntamento
Mezzi pubblici: bus: 61, 62, 310, 542; metro: linea B, ferm.Bologna (da P.Bologna: 400 m lungo V.Livorno o V.M.di Lando)

Ufficio stampa: Galleria Gallerati
Informazioni: info@galleriagallerati.it, www.galleriagallerati.it, www.danielecontavalli.com
Via Apuania, 55 – I-00162 Roma – Tel. +39.06.44258243 – info@galleriagallerati.it – www.galleriagallerati.it

10
Nov

Henri Cartier-Bresson e gli altri – I Grandi fotografi e l’Italia

A partire da Cartier-Bresson, lo sguardo dei più celebri fotografi del mondo, da List a Salgado, da Newton a McCurry, costruisce il racconto affascinante di una Italia necessaria alla storia della fotografia. Esposte oltre 200 immagini che sono spesso autentiche icone.

a cura di Giovanna Calvenzi

Il primo fu Henri Cartier-Bresson. A lui, indiscusso maestro, e al suo lavoro sull’Italia, è affidato il cuore della mostra e il compito di introdurre il primo itinerario fotografico attraverso 20 fotografie dagli anni ’30 in poi che, assieme a quelle di altri 35 autori presenti, contribuirà a restituirci l’”immagine” del nostro Paese visto con l’obiettivo dei più grandi fotografi internazionali.

Dall’11 novembre al 7 febbraio 2016, a Milano, Palazzo della Ragione Fotografia ospita “Henri Cartier-Bresson e gli altri – I Grandi fotografi e l’Italia”.
Per raccontare come i grandi fotografi internazionali hanno visto l’Italia in un arco di tempo di quasi ottant’anni, la mostra è divisa in sette ampie aree tematiche, all’interno delle quali si sviluppa una storia indiretta della fotografia e dell’evoluzione dei suoi linguaggi.

Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo della Ragione, con Civita, Contrasto e GAmm Giunti e curata da Giovanna Calvenzi la rassegna chiude il percorso dedicato all’Italia voluto nell’anno di Expo 2015 e iniziato lo scorzo marzo, con la mostra dedicata ai fotografi italiani. Lo spazio espositivo del Palazzo della Ragione, interamente dedicato alla fotografia, inaugurato a giugno 2014 nel cuore di Milano, arricchisce il suo palinsesto con una selezione di imperdibili immagini.

“Dopo Italia Inside Out, la mostra che nella primavera scorsa ha regalato al pubblico le immagini realizzate dai grandi fotografi italiani, apriamo ora, sempre a Palazzo della Ragione, la seconda parte di questo progetto che riproduce lo sguardo, al tempo stesso incantato e attento, dei grandi fotografi internazionali sul nostro Paese. Affascinati dal suo paesaggio, dalla sua gente, dalla sua storia, gli artisti in mostra ci rivelano, a noi che lo abitiamo, lo stupore che il nostro Paese suscita all’estero, in culture e sensibilità diverse dalla nostra, costringendoci a riflettere sul valore del nostro patrimonio naturale, artistico, storico e sociale. – ha dichiarato l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno – Un progetto perfetto per ExpoinCittà, che ha saputo offrire ai milanesi e ai visitatori, in questi sei mesi, il meglio del talento creativo italiano e internazionale”.

Il lungo viaggio in Italia inizia con un autoritratto di Henri Cartier-Bresson del 1933: il suo sogno umanista di fermare il tempo, di cogliere il momento decisivo nel flusso in divenire della realtà influenzerà a lungo la fotografia di tutto il mondo e sarà adottato da generazioni di fotografi.Continue Reading..

08
Nov

Jiri Kolar

In occasione della Notte delle Arti Contemporanee, la mostra presenta una serie di opere riferite al periodo che va dagli anni Cinquanta agli anni Novanta.
La Galleria d’arte Roccatre di Torino inaugura, in occasione della Notte delle Arti Contemporanee, una mostra del maestro Jiri Kolar, presentando una serie di opere riferite al periodo che va dagli anni Cinquanta agli anni Novanta.

“Scrittore poeta e artista visivo, Jiri Kolar è tra i massimi maestri ormai storici della grande e articolata area di ricerca d’avanguardia all’incrocio fra parole e immagini, quella che va da Mallarmé ai calligrammi di Apollinaire e alle “parolibere” futuriste, dalle sperimentazioni scritte e dai collage e poemi-oggetti dadaisti e surrealisti fino alla poesia visiva e concreta, e anche a certe elaborazioni concettuali, degli anni 1960/70.
Affascinato fin da giovane dalla tipografia, dalle pagine stampate, dai repertori di immagini provenienti dalle fonti più disparate (in particolare dal vastissimo archivio della storia dell’arte), Kolar ha elaborato la sua visione artistica utilizzando in modo magistrale tutte le potenzialità espressive e immaginifiche della tecnica del collage. Nel suo ben noto Dizionario dei metodi, ha fatto l’elenco di oltre un centinaio di differenti procedimenti combinatori di frammenti di testi scritti o di elementi iconici, sia su superfici bidimensionali sia nella dimensione tridimensionale degli oggetti. Ci sono tecniche già sperimentate e invenzioni geniali, con le più fantasiose variazioni formali e tematiche.
Di questo lungo elenco si possono citare per esempio i froissages (immagini e pagine scritte spiegazzate e incollate); i confrontages (confronti spiazzanti ); gli intercalages (con immagini variamente intercalate); i collage di fori, tattili o narrativi; gli anti-collage; e addirittura i pazzogrammi realizzati con tracciati di encefalogrammi. I suoi procedimenti forse più noti sono i chiasmages e i rollages, alla base anche di varie opere qui esposte.

I chiasmages sono realizzati ricoprendo delle superfici o degli oggetti con textures anche molto fitte di ritagli di testi stampati o di immagini. Questi elementi tipografici, grafici e iconici possono essere prelevati da pagine scritte in qualsiasi lingua, con caratteri latini,
arabi, ebraici, o ideogrammi cinesi; oppure da atlanti stellari, spartiti musicali, orari ferroviari, enciclopedie scientifiche e libri di storia dell’arte.Continue Reading..