Il percorso espositivo pone in evidenza la sua multiforme ricerca e l’originalità della sua sperimentazione offrendo alla fruizione del pubblico l’ampio arco delle sue operazioni creative: disegni, progetti, collage, dipinti, sculture, libri illeggibili, nuove tecniche di riproduzione delle immagini, oggetti di industrial design, esperienze di grafica editoriale, architettura, nonché nuove proposte di pedagogia, solo per indicare le discipline più rappresentative all’interno del suo progetto di sintesi delle arti. Partendo dalla convinzione che il lavoro a tutto campo di Munari non possa essere definito seguendo il meccanismo delle tendenze artistiche e delle tipologie stilistiche, la rassegna verte intorno all’idea di arte totale, somma di orientamenti e relazioni conoscitive che rivelano il piacere del comunicare, il rigore e la semplicità delle forme, la critica delle convenzioni artistiche, con l’ironia necessaria per esercitare l’immaginazione da molteplici prospettive.
«Arte è ricerca continua – ha scritto Munari – assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nella forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi».
Quest’approccio consente di cogliere la dialettica tra l’atto sperimentale e quello didattico, tra l’idea di fantasia e quella di creatività, tra la proposta innovativa e il suo carattere giocoso, soprattutto la consapevolezza di un universo di scelte possibili, una costante tensione a interpretare le immagini in modo sempre diverso. L’atto di osservare le cose della vita è fondamentale non solo per capire la loro genesi ma anche per valutare le possibili relazioni attraverso lo spostamento percettivo che esse suscitano nell’osservatore.
«Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita – ha scritto sempre Munari – vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare». L’artista non individualista si muove con lo sguardo rivolto verso la collettività, si propone di aiutarla a crescere culturalmente, a esprimersi con libera creatività. D’altro lato, Munari vede nella figura del designer la volontà di sperimentare i materiali più idonei a ottenere il massimo risultato con il minimo costo, un metodo di lavoro in grado di soddisfare la funzione degli oggetti in relazione alle esigenze della collettività. In tal senso, Munari ha dichiarato che la sua attività si svolge nei due canali principali della sperimentazione e della didattica, perseguendo idee svolte nel modo più semplice ed essenziale, al fine di curare non solo l’emissione dei messaggi ma anche la loro ricezione, secondo indicazioni dedotte dall’esperienza.
Mai trascurato è il rapporto tra la regola e il caso, due forze contrarie che tuttavia hanno bisogno di coesistere per garantire il flusso delle idee, il divenire delle forme sperimentate, soprattutto l’equilibrio della fantasia che ha bisogno della congiunzione tra queste due dimensioni della vita.Attraverso un’esemplare scelta di opere dagli anni Trenta agli anni Novanta, l’omaggio al genio creativo di Munari ripercorre le fasi iniziali che, dalle premesse futuriste delle “tavole tattili”, si sviluppano in modo provocatorio e ironico nei confronti delle logiche razionaliste con l’invenzione di “sculture aeree”, “macchine inutili”, oggetti di rete metallica appesi al soffitto “concavi-convessi” e successivamente “macchine aritmiche” fino alle “sculture da viaggio” che sfidano la retorica della scultura monumentale.
La ricerca pittorica è documentata da opere che dall’Astrattismo degli anni Trenta approdano all’importante ciclo dei Negativi-positivi degli anni Cinquanta, esempi di una ricerca che si protrae fino agli anni Novanta con varianti compositive caratterizzate da varietà di supporti e tecniche (disegni, bozzetti, progetti, collage, dipinti a olio, tempera, acrilico) realizzati nel corso del tempo su carta, su tela e su tavola, con superfici anche sagomate, con parti vuote che dialogano con la parete. La dinamica cromatica di queste opere determina un senso di instabilità ottica, ambivalenze tra il primo piano e lo sfondo, effetti che non permettono mai di fissare l’immagine in modo univoco.
Con la serie delle Curve di Peano (1974) Munari affronta il rapporto tra linea e quadrato interpretando l’ipotesi matematica che possano esistere linee curve senza tangenti, spingendo l’osservatore a «immaginare quale potrà essere il colore della superficie quadrata quando la curva, rimpicciolendosi e moltiplicandosi all’infinito, l’avrà riempita quasi tutta».
Su altri versanti di sperimentazione, Munari inventa Scritture illeggibili di popoli sconosciuti (1947), alfabeti ironici e scherzi grafici, Ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari (1955), e ancora giochi grafici, Ideogrammi, Variazioni sul viso umano, Antenati, Alberi, Nomi, e altri divertimenti come la serie delle “cartoline modificate”.
Sul piano dell’invenzione di nuovi spaziali tridimensionali si pongono opere come Salto mortale, Filipesi, Alta tensione, Flexy, costruzioni plastiche dotate di materiali metallici, lignei, filiformi: continui avvolgimenti di aerea leggerezza dove il peso del vuoto risulta determinante per il dialogo tra fantasia e immaginazione.
Per quanto riguarda il rapporto con le tecnologie Munari indaga la possibilità di usare in modo differente le caratteristiche degli strumenti a disposizione; nella serie delle Xerografie originali crea forme di vario tipo muovendo sul piano della fotocopiatrice l’immagine di base, in modo irripetibile.
Nel caso delle Proiezioni dirette la scelta dei materiali (Cellofan colorati, Rodhoid, Fibralin, carta sottile nera e due tipi di spugna artificiale) permette di comporre piccoli collage colorati trasparenti che possono essere proiettati con un comune proiettore per diapositive. Ognuno di questi materiali assume diversi aspetti secondo come viene trattato, garantendo gradi continui di sperimentazione. Nel Polariscop (1969) pellicole trasparenti disposte in una scatola di ferro e retroilluminate diventano – seguendo precisi accorgimenti –mezzi «per generare e animare il colore», osservando la sua nascita e la sua mutazione. Tetracono è un oggetto cinetico e programmato a quattro dimensioni dotato di motori che determinano la rotazione dei coni con combinazioni cromatiche sempre diverse, simili agli aspetti variabili del reale.
L’interesse per la dimensione ludica del comunicare porta Munari a frequentare il linguaggio della fantasia con forte senso ironico e umoristico nei confronti degli oggetti d’uso, trasformando la percezione del quotidiano con nuove morfologie (Forchette parlanti, Supplemento al dizionario italiano, Fossili del Duemila, Scimmietta Zizì, Sedia per visite brevi, Occhiali paraluce, Orologio Tempo Libero per Swatch). Celebri sono diventati gli oggetti di design, prodotti da Zanotta, Interflex, Robots e Danese (Lampada Falkland, Ora X, Portacenere cubico, Abitacolo, solo per citarne alcuni).
A queste tipologie si aggiungono anche esperienze nel campo delle arti cosiddette applicate con esempi di tessuti stampati, tessuti morbidi con composizioni astratte, piatti, gioielli e costellazioni.
Considerevole è infine il ruolo che nella mostra assume la documentazione intorno al libro, nelle sue molteplici identità di libri-oggetto, pre-libri, libri illeggibili, libri didattici, libri teorici, con varie ricerche di grafica editoriale, in particolare le prime idee, un prezioso repertorio che testimonia i rapporti con le case editrici con cui ha maggiormente collaborato: Einaudi, Scheiwiller, Zanichelli, Laterza, Lucini, Corraini.
Di quest’ultimo editore si segnalano tra gli altri i seguenti titoli: MN1 Libro illeggibile (1984); I negativi-positivi (1986); MN2 Libro illeggibile (1988); Simultaneità degli opposti (1989); Alla faccia! (1992); Viaggio nella Fantasia (1992); Saluti e baci (1992); MN3 Libro illeggibile, Luna Capricciosa (1992); MN4 Libro illeggibile (1993); Pensare confonde le idee (1993); La favola delle favole (1994); MN5 Libro illeggibile (1995); Il mare come artigiano (1995); Emozioni, (1995); Prima del disegno (1996); La Rana Romilda (1997); Il prestigiatore giallo (1997); Buona notte a tutti (1997); Cappuccetto Bianco (1999).
Nel corso della mostra è programmato un ciclo di attività didattiche che si svolgeranno nella sede del Museo con laboratori aperti ai bambini con la finalità di avvicinarli all’arte attraverso l’esperienza diretta del fare. Vedere, toccare, provare e fare sono infatti processi attraverso i quali sviluppare una sensibilità tattile che amplifica la conoscenza sensoriale.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo con la riproduzione delle opere esposte, introdotte da un saggio storico-critico del curatore Claudio Cerritelli (docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Brera), un’intervista a Gillo Dorfles e apparati bio-bibliografici
Bruno Munari nasce a Milano nel 1907. Appena ventenne viene a contatto con i Futuristi della cosiddetta seconda ondata, con i quali espone in diverse mostre alla Galleria Pesaro (tra il 1927 e il 1932) e in molte altre occasioni (Biennale di Venezia del 1930, 1934, 1936; Quadriennale di Roma del 1935; Triennale di Milano 1936 e 1940). Del 1930 è la sua prima “scultura aerea” che porterà successivamente (1933) alla famosa serie delle “macchine inutili”. Prosegue il lavoro di gra ca e di progettazione per uf ci, mentre nello stesso periodo collabora a numerose riviste («La lettura», «Natura», «Settebello», «Grandi Firme», «L’Uf cio moderno» ecc.), illustra libri futuristi, tra cui nel 1937 il Poema del vestito di latta di Marinetti e progetta lavori pubblicitari per la Campari. Nel 1942 esce per le edizioni Einaudi Le macchine di Munari, nel 1944 la rivista «Domus» pubblica le Fotocronache e nel 1945 Mondadori edita una serie di libri innovativi per bambini (lo stimolo è l’educazione del glio Alberto, nato nel 1940 da Dilma, sua moglie). Nel 1948 è tra i fondatori a Milano del MAC – Movimento Arte Concreta (con Gillo Dor es, Gianni Monnet e Atanasio Soldati), proposta di sintesi delle arti, posizione interdisciplinare tra pittura, architettura plastica e prodomi dell’industrial design. Per il MAC, che dura no al 1958, Munari progetta alcuni bollettini informativi, secondo le sue tipiche idee trasgressive sull’oggetto-libro e inoltre espone in numerose personali e collettive, per alcune delle quali progetta i suoi Libri illeggibili (1950). Dopo aver vinto nel 1954 e 1955 il prestigioso Compasso d’oro, nel 1957 inizia la collaborazione con la ditta Danese di Milano per la quale progetta oggetti di industrial design. Nel 1962 organizza, presso il negozio Olivetti di Milano, la celebre mostra Arte Programmata, mentre dal 1961 al 1965 realizza una serie di multipli, oggetti estetici prodotti serialmente. Nel 1967 è invitato dalla Harvard University a tenere un corso di comunicazione visiva presso il Carpenter Center for the Visual Arts di Cambridge, nel Massachusetts, e da quelle lezioni nasce il libro Design e Comunicazione Visiva. Del 1968 sono i primi Giochi didattici, ideati per Danese, che evidenziano l’attenzione per il mondo dell’infanzia. Proprio per i bambini progetta per la ditta Robots l’Abitacolo (1979-1981), struttura abitabile trasformabile, da cui deriva una serie di oggetti dalle caratteristiche simili (libreria, divanetto, tavolini, portalibri ecc,) prodotti no ad oggi. Questo interesse si conferma, oltre che nei Giochi, con collane di libri pensati per i bambini e per gli insegnanti e, in seguito, soprattutto con l’ideazione di laboratori che richiedono un lavoro di équipe cui Munari sovraintende per formare altri operatori. Riceve un altro Compasso d’oro per l’Abitacolo (1979), una menzione onorevole dell’Accademia delle Scienze di New York, il premio della Japan Design Foundation (1985), il premio Spiel Gut di Ulm (1971, 1973, 1987), il premio Andersen per il migliore autore per l’infanzia (1974), il premio Lego (1986) e il premio dell’Accademia dei Lincei per la gra ca (1988). Nel 1989 ottiene la laurea ad honorem in architettura dall’Università di Genova. Uno dei suoi ultimi progetti è l’orologio Tempo libero realizzato dalla Swatch nel 1997. La sua attività artistica è documentata in signi cative rassegne collettive (Biennale di Venezia del 1986) e in prestigiose personali (Milano, Gerusalemme, Tokyo, Parigi, Zurigo, Cantù). Nel corso del tempo si accrescono le collaborazioni editoriali e, oltre a Einaudi, Laterza, Zanichelli, Scheiwiller, Lucini, collabora a lungo con Corraini pubblicando gran parte dei suoi ultimi libri.
Muore a Milano il 30 settembre 1998 all’età di 91 anni.
MEF – Museo Ettore Fico
via Francesco Cigna 114, Torino
Bruno Munari. Artista totale
mostra e catalogo a cura di Claudio Cerritelli
16 febbraio – 11 giugno 2017
da mercoledì a venerdì ore 14 – 19 sabato e domenica ore 11 – 19
Immagine di copertina: Macchina inutile, 1956-1970