Category: arte

16
Nov

Thomas Canto. Still lifes of space time

Thomas Canto. Still lifes of space time
vernissage sabato 21 novembre, ore 19

a cura di Giuseppe Ottavianelli
testo critico di Achille Bonito Oliva
dal 21 novembre 2015 al 9 gennaio 2016

patrocinio istituzionale Municipio Roma 5

Wunderkammern è lieta di presentare la mostra personale “Still lifes of space time” dell’artista francese Thomas Canto, con testo critico di Achille Bonito Oliva.
Thomas Canto (1979), è considerato uno dei più promettenti artisti francesi nel panorama dell’arte contemporanea. Ha esposto in importanti istituzioni come il Palais de Tokyo di Parigi (proiezione di un video, «All senses», 2012) e ha realizzato installazioni per la Nuit Blanche di Parigi (2014), l’Outdoor Urban Art Festival di Roma (2014), la Biennale di Arte Urbana di Volklingen, Germania (2015) e il Mohammed VI Modern and Contemporary Art Museum di Rabat, Marocco (2015). Recentemente ha realizzato un’installazione per la K11 Art Foundation di Hong Kong, che sarà esposta al Wuhan Art Museum, in Cina, nel 2016.
L’artista traspone direttamente nella propria produzione artistica la sua personale visione dell’ambiente, creando una proiezione astratta e molteplice di quell’intreccio disorganizzato relativo alle esperienze della vita. Dentro ai suoi paesaggi visionari, fortemente influenzati dall’architettura circostante, non è più concepibile un punto di vista fisso. Il decentramento dei punti di fuga nelle costruzioni complesse dell’artista è ciò che conferisce loro un dinamismo unico. Questi effetti visivi sono presenti sia nelle sue installazioni ambientali che nelle sue opere d’atelier, che conservano infatti lo stesso dinamismo e caratteristiche volumetriche. Thomas Canto è in grado di far convergere nelle sue opere molteplici influenze artistiche, tra le quali il Costruttivismo, il Suprematismo, l’Op Art e l’Arte Urbana. Continue Reading..

15
Nov

Tomaso Binga. Scrivere non è descrivere

Galleria Tiziana Di Caro presents Scrivere non è descrivere [Writing Is Not Describing], the first solo exhibition at the gallery featuring Tomaso Binga (aka Bianca Pucciarelli Menna, Salerno, 1931), opening Thursday, September 24, 2015, at 7:00 p.m. The exhibition includes the artist’s most significant works and performances from the 70s, such as “Scrittura Vivente” [Living Writing], “Dattilocodice” [Typocode] and “Ti scrivo solo di domenica” [I Write To You Only On Sundays].

Tomaso Binga is the artist’s pseudonym, taken to challenge the privileges of the male world with irony and displacement. She deals with verbal-visual writing and is among the leading figures of Italian phonetic-sound-performance poetry. Since 1971, the practice of art as writing is at the center of her research. Hers is a “desemantized” writing, closely associated with action and social issues. Her work often strongly challenges space, as in the works of the “Scrittura Vivente” series, in which silhouettes of her naked body mimic the letters of the alphabet (1976), and the “Dattilocodice” series (1978), where typewriter graphemes, imprinted overlapping, take on a new iconicity. The exhibition will include works starting from the early seventies, up to those in which the typecodes are associated with drawings, poetic verses and collages, including some of the works presented at the 1978 Venice Biennale.

But it is especially in the poetic-performative work “Ti scrivo solo di domenica” (1977), created over a whole year by sending 52 letters to a friend (her alter ego) on Sundays only, that all of Binga’s creative power explodes, where the signifier and signified intertwine and alternate in a continuous and controlled prevarication game, aiming at overcoming the tragedy of everyday life with irony, criticism and desecration.
At 9:00 p.m. there will be the performance in which Tomaso Binga will read the letters from the work “Ti scrivo solo di domenica”.

This exhibition, whose title is a line borrowed from a typecode, is the first of a series that aims at describing the various phases of the artist’s production starting from the seventies, i.e. since the outlining of the main guidelines that made Tomaso Binga an artist central to our culture.Continue Reading..

13
Nov

Boris Mikhailov. Io non sono io

Una galleria di ritratti e autoritratti del fotografo ucraino. Mikhailov affronta una molteplicità di temi sociali, indagando i profondi e spesso traumatici cambiamenti che hanno investito il suo Paese e l’identità contemporanea.
a cura di Andrea Viliani ed Eugenio Viola

Boris Mikhailov (Kharkov, 1938) è uno dei più autorevoli fotografi contemporanei. Nato in Ucraina, nelle serie fotografiche in cui si articola la sua ricerca, avviata negli anni Sessanta, mentre lavora come ingegnere in una fabbrica, e ripetutamente boicottata dal regime sovietico, Mikhailov affronta una molteplicità di temi sociali, indagando i profondi e spesso traumatici cambiamenti che hanno investito, e ancora oggi investono, il suo paese e, per traslato, la stessa identità contemporanea, nella sua frammentazione, ma, al contempo, nella ricerca delle sue comuni radici etiche.

La mostra al Madre, organizzata in collaborazione con Incontri Internazionali d’Arte e Polo museale della Campania, Villa Pignatelli – Casa della fotografia, segue e integra la retrospettiva che, nell’autunno del 2015, sarà dedicata all’artista da Camera – Centro Italiano per la Fotografia di Torino. A Napoli la mostra approfondisce in particolare il tema del ritratto e dell’autoritratto e quindi la matrice intimamente biografica di tutta la sua ricerca, in cui sono esplorati i temi della disintegrazione identitaria, dell’oppressione sociale, della povertà iniqua, dell’inermità del corpo, dell’abbandono e della solitudine in una situazione sospesa fra guerra e pace, così come l’inesauribile e insopprimibile ricerca della verità umana nelle pieghe del reale, temi che riecheggiano, attraversando i confini dello spazio e del tempo, la grande pittura barocca napoletana, come nelle tele del grande pittore spagnolo Jusepe de Ribera (Xàtiva, 1591-Napoli, 1652), alcune delle quali saranno accostate in mostra, in un inedito confronto, alle opere fotografiche dell’artista. Evocando inoltre anche altre possibili relazioni, come l’interesse per i “vinti” della pittura e della fotografia ottocentesca (come nelle opere della “Scuola di Resina”), fino alla ricerca di responsabilità personale e civile delle avanguardie storiche del primo Novecento, la mostra ci restituisce una galleria di ritratti e autoritratti al contempo disturbanti quanto universali nella loro urgente richiesta di dignità personale e collettiva.Continue Reading..

13
Nov

Maïmouna Guerresi. Talwin

In due sale si illustrano la versatilità  del linguaggio artistico di Guerresi: un’alchimia tra sospensione metafisica, trasformazione, misticismo e mimesis.
Talwin (in arabo cambiamento), termine che dà il titolo alla personale di Maïmouna Guerresi presso la galleria Matèria di Roma, rappresenta per i Sufi uno degli ultimi stadi di elevazione spirituale dell’essere verso la conoscenza. La mostra propone numerose opere fotografiche inedite affiancate dal video Akhfa Zero, una scultura dal titolo Adama e da Students and Teacher, un polittico fotografico realizzato nel 2012.

Le due sale della galleria illustrano la versatilità del linguaggio artistico di Guerresi, sviluppatosi sulla solidità di una ricerca radicata e caratterizzante; un’unica alchimia tra sospensione metafisica, trasformazione, misticismo e mimesis.

I soggetti rappresentati si mescolano a oggetti bellici abbandonati e poi recuperati. Taniche, bossoli e reperti di guerra perdono il loro significato originale per assumerne uno innocuo, decorativo e quotidiano; una forma di ready-made contemporaneo in dialogo con l’eredità del passato e le dinamiche socio-politiche del presente.

Questa dicotomia tra tensione, e serenità pone l’accento sul concetto stesso di cambiamento (Talwin), fil rouge della mostra: il divenire Eraclitiano dell’essere, dove ogni cosa è soggetta al tempo e alla trasformazione.

Inaugurazione 12 novembre 2015 ore 19,00

Materia
via Tiburtina, 149 Roma
ore 11-19
ingresso libero

MAIMOUNA GUERRESI
dal 12 novembre 2015 al 23 gennaio 2016

 

12
Nov

José Damasceno. Deambulazione e Divagazione

La Galleria Valentina Bonomo è lieta di annunciare l’inaugurazione della mostra “Deambulazione e Divagazione” dell’artista brasiliano Josè Damasceno (Rio de Janeiro, 1968) a cura di Elisa Byngton mercoledì 11 novembre 2015 dalle ore 18 alle ore 21 in via del Portico d’Ottavia 13.
In seguito alle sue due partecipazioni alla Biennale di Venezia nel padiglione Centrale, ai Giardini, con l’istallazione “During the Vertical Path” nel 2005 e nel padiglione del Brasile come rappresentante nazionale con il suo “Viaggio alla luna” nel 2007, Damasceno approda per la prima volta in Italia con una propria personale.
In “Deambulazione e Divagazione”, questo il titolo della mostra, l’artista presenta sculture, disegni e oggetti che sono stati pensati appositamente per la Galleria Valentina Bonomo e che, nella quasi totalità, sono stati realizzati direttamente a Roma. Per lo spettatore è immediatamente percepibile il suo segno distintivo, fatto di unicità e di significativa unità poetica. L’artista inventa spazi nuovi e singolari che si muovono tra il minimalismo e il surrealismo, grazie alla creazione di enigmatici sistemi di rappresentazione e luoghi immaginari, con i quali l’artista induce lo spettatore a partecipare con la mente ad un gioco dove non esistono regole e in cui è invitato a decifrare l’esperienza visiva proposta. Viene a delinearsi un nuovo atteggiamento artistico in cui ordine e caos non sono più principi inconciliabili, ma fonti di arricchimento reciproco. Così nelle installazioni di Damasceno l’amore per la materialità dei corpi si sposa ad un elaborato ed ironico riuso degli stessi, mirando alla creazione di nuovi significati. In mostra, tra le altre, l’artista proporrà opere come: L’Art de S’installer (au nord du futur), in cui immagini di architetture d’interni moderniste hanno subito interventi grafici da parte dell’artista con l’inserimento di elementi estranei, come ad esempio le figure geometriche, che occupano lo spazio suggerendo situazioni assurde attorno al tema della conversazione nell’ambiente domestico; E’, opera al neon; Poco a poco, opera con dimensione ed organizzazione visiva variabile, in cui piccoli cerchi in vinile posti in due separati gruppi sulla parete creano un’illusione ottica per cui sembra inverosimile che i due gruppi siano composti di elementi in numero identico; Deambulazione e Divagazione in cui migliaia di impronte di scarpa fatte di carta si mescolano in una teca di vetro.Continue Reading..

11
Nov

Michael Kenna. Forms of Japan

Le sue immagini sono caratterizzate da un bianco e nero essenziale. La mostra ‘Forms of Japan’ racconta un amore per il Giappone, da parte dell’autore, iniziato oltre 30 anni fa.

Michael Kenna è considerato uno dei più importanti ed influenti fotografi di paesaggio al livello internazionale. Le sue immagini sono caratterizzate da un bianco e nero essenziale. La mostra Forms of Japan racconta un amore per il Giappone da parte dell’autore iniziato oltre 30 anni fa. Un legame empatico per la filosofia e il paesaggio di una terra che esprime poesia visiva. Il linguaggio fotografico di Michael Kenna si appropria di questi elementi poetici che l’autore rende in forme poetiche e meditative in equilibrio con l’anima del Giappone. Un percorso di meditazione attraverso alberi solitari, profili delle montagne, ponti , giochi d’acqua, piccole isole, paesaggi sommersi dalla neve ma anche sagome di pesci e particolari di antiche pitture. I suoi scatti diventano Haiku e ne seguono la composizione e le strutture logiche.

L’Haiku consiste in tre versi costruiti in ordine verticale di solito con lo schema 7/5/7. Questa rappresentazione della natura come specchio dell’anima, come rappresentazione di una realtà interiore che si esprime con simboli e sillogismi ritorna nelle immagini dell’autore costruite con rigore e ordine apparente di un ‘equilibrio che in realtà genera emozioni profonde e contrastanti. D’altronde L’haiku (visto come anti-sillogismo) e il sillogismo stesso incarnano, a ben vedere, la doppia condizione della vita, che, per mantenersi, deve riuscire sia a rinnovarsi sia ad innovarsi. Se il rinnovamento esprime la riproduzione dei cicli vitali, l’innovazione deve realizzare quelle trasformazioni che permettono alla vita di affrontare e superare quei mutamenti dell’ambiente che ostacolano oppure rendono impossibili o inefficaci i processi ciclici di rinnovamento. Continue Reading..

10
Nov

STORIE SOVIETICHE

Tre mostre apriranno contemporaneamente al pubblico il 4 dicembre presso la Galleria del Cembalo, e proseguiranno fino al 13 febbraio per raccontare quasi un secolo di arte, di storia, di fotografia. Tre storie per tre voci soliste. Tre storie indipendenti, ma unite idealmente, per raccontare nell’arco di 85 anni, dal 1930 al 2015, la storia immensa dell’Unione Sovietica, nel suo farsi e disfarsi, tra illusioni, propaganda, disillusioni, memoria. Apre la trilogia Rozalija Rabinovič (Kiev, 1895 – Mosca, 1988), pittrice, allieva del VChUTEMAS e interprete originalissima della propaganda negli anni ’30 nel segno di Stalin. Segue Sergei Vasiliev (Čeljabinsk, 1937), nome di riferimento del fotogiornalismo oltre cortina, premiato cinque volte al World Press Photo, e autore di un intenso ritratto della vita quotidiana negli anni del primo “disgelo”, tra i carcerati e la follia dei loro tatuaggi, e i corpi morbidi e immacolati delle donne nella sauna e nelle fasi più emozionanti del parto in acqua. Chiudono le immagini compostissime di Danila Tkachenko (Mosca, 1989), enfant prodige della fotografia russa, che ha ritratto le zone off limits, militari e industriali, dell’ex Urss, simbolo della guerra fredda e della più ambiziosa tecnocrazia di regime. A distanza di quarant’anni uno dall’altro, e in assoluta autonomia artistica, Rozalija Rabinovič, Sergei Vasiliev e Danila Tkachenko si passano il testimone per narrare le stagioni di un paese straordinario e della sua ideologia, che mai come oggi torna a guardare indietro nel tempo.Continue Reading..

10
Nov

Daniele Contavalli. Spazio perentorio

11 novembre – 7 dicembre 2015

Inaugurazione (alla presenza dell’artista): mercoledì 11 novembre 2015, ore 19.00 – 22.00

Carlo Gallerati è lieto di presentare Spazio perentorio, una mostra personale di Daniele Contavalli a cura di Saveria Colosimo.

‘… e poi arriva il punto in cui l’immagine collassa’. (Daniele Contavalli)

“Da qui comincia la narrazione sospesa di Daniele Contavalli. Un racconto febbrile in continuo divenire, fatto di parole abbozzate, di segni apparentemente indecifrabili e immagini mai definitivamente compiute. Margini visivi di luoghi dove l’arte si mostra o dove la natura si cela; sedimenti poetici; orme di parole consunte. Una scrittura muta che non si lascia penetrare, ma che evoca un corrispondente discorso interno alla propria coscienza. Lo scritto nell’opera visiva sottintende la presenza attiva dell’artista in quello spazio, sia come persona che parla il linguaggio dell’inconscio, poiché il messaggio verbale che dialoga con il resto dell’immagine non svolge un ruolo meramente enunciativo, sia come mano che opera. In questa operatività inquieta e dallo spirito indomito si può scorgere non solo l’ideale artistico di continuità e ricerca scrupolosa dell’autore, ma anche il modello di un aspetto del pensiero individualista legato alla contemporaneità: il rifiuto imperativo dell’artista di identificarsi con un paradigma stilistico precostituito. L’opera di Contavalli, infatti, si evolve nel tempo ed è caratterizzata da un principio di libertà che la rende autonoma. Nel momento in cui l’immagine, in quanto tale, esibisce chiaramente i limiti della propria dimensione spaziale e temporale, Contavalli passa all’azione; non è però una scelta arbitraria, ma una necessità. È così che estende l’atto creativo a una multiforme contaminazione dei generi: poesia, pittura e fotografia coesistono nella stessa opera di figurazione narrativa, dando luogo a un processo di interazione tra le arti, un centro di forza pulsante che spinge verso la totalità. I segni della parola scritta e i segni della pittura prendono posto nello spazio circoscritto dell’immagine fotografica, distinti nel loro rapporto di valori significanti; ciò implica una lettura dell’opera di Contavalli come dialettica costante tra i mezzi dell’arte. Il parallelismo tra parola, segno e immagine fotografica e più specificatamente, tra elemento verbale, gestuale e visivo si compie attraverso diverse fasi che l’autore percorre e scopre solo a poco a poco, poiché è consapevole di poter giungere col tempo, e solo grazie a una coscienziosa concentrazione, alla sintesi dello spazio perentorio. Lo spazio perentorio è la conquista dello spazio del ‘sentire’ e ci mostra attraverso lo svuotamento degli elementi oggettivi e visivi dell’opera, la dimensione intima, totale e profonda in cui l’artista scava, dove il ‘togliere’ significa proprio dare voce alla complessità del lato interiore mai completamente esternato. Uno spazio assoluto in cui la parola diventa un segno silente sempre più scarnificato, la pittura si fa gesto essenziale e la fotografia è un vuotato frammento dell’universale; l’universale artistico di Daniele Contavalli.” (Saveria Colosimo)

Daniele Contavalli è nato a Siena nel 1964, vive e lavora a Roma. Nel 1983 conclude gli studi superiori al III Liceo Artistico di Roma. Nel 1987 si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Ha esposto in numerose mostre collettive e personali presso gallerie e spazi pubblici italiani. Alcune sue opere fanno parte di collezioni private.

Daniele Contavalli. Spazio perentorio
A cura di Saveria Colosimo
Galleria Gallerati (Via Apuania, 55 – I-00162 Roma – Tel. +39.06.44258243 – Mob. +39.347.7900049)
Inaugurazione: mercoledì 11 novembre 2015, ore 19.00-22.00
Fino a lunedì 7 dicembre 2015 (ingresso libero)
Orario: dal lunedì al venerdì: ore 17.00-19.00 / sabato, domenica e fuori orario: su appuntamento
Mezzi pubblici: bus: 61, 62, 310, 542; metro: linea B, ferm.Bologna (da P.Bologna: 400 m lungo V.Livorno o V.M.di Lando)

Ufficio stampa: Galleria Gallerati
Informazioni: info@galleriagallerati.it, www.galleriagallerati.it, www.danielecontavalli.com
Via Apuania, 55 – I-00162 Roma – Tel. +39.06.44258243 – info@galleriagallerati.it – www.galleriagallerati.it

10
Nov

Henri Cartier-Bresson e gli altri – I Grandi fotografi e l’Italia

A partire da Cartier-Bresson, lo sguardo dei più celebri fotografi del mondo, da List a Salgado, da Newton a McCurry, costruisce il racconto affascinante di una Italia necessaria alla storia della fotografia. Esposte oltre 200 immagini che sono spesso autentiche icone.

a cura di Giovanna Calvenzi

Il primo fu Henri Cartier-Bresson. A lui, indiscusso maestro, e al suo lavoro sull’Italia, è affidato il cuore della mostra e il compito di introdurre il primo itinerario fotografico attraverso 20 fotografie dagli anni ’30 in poi che, assieme a quelle di altri 35 autori presenti, contribuirà a restituirci l’”immagine” del nostro Paese visto con l’obiettivo dei più grandi fotografi internazionali.

Dall’11 novembre al 7 febbraio 2016, a Milano, Palazzo della Ragione Fotografia ospita “Henri Cartier-Bresson e gli altri – I Grandi fotografi e l’Italia”.
Per raccontare come i grandi fotografi internazionali hanno visto l’Italia in un arco di tempo di quasi ottant’anni, la mostra è divisa in sette ampie aree tematiche, all’interno delle quali si sviluppa una storia indiretta della fotografia e dell’evoluzione dei suoi linguaggi.

Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo della Ragione, con Civita, Contrasto e GAmm Giunti e curata da Giovanna Calvenzi la rassegna chiude il percorso dedicato all’Italia voluto nell’anno di Expo 2015 e iniziato lo scorzo marzo, con la mostra dedicata ai fotografi italiani. Lo spazio espositivo del Palazzo della Ragione, interamente dedicato alla fotografia, inaugurato a giugno 2014 nel cuore di Milano, arricchisce il suo palinsesto con una selezione di imperdibili immagini.

“Dopo Italia Inside Out, la mostra che nella primavera scorsa ha regalato al pubblico le immagini realizzate dai grandi fotografi italiani, apriamo ora, sempre a Palazzo della Ragione, la seconda parte di questo progetto che riproduce lo sguardo, al tempo stesso incantato e attento, dei grandi fotografi internazionali sul nostro Paese. Affascinati dal suo paesaggio, dalla sua gente, dalla sua storia, gli artisti in mostra ci rivelano, a noi che lo abitiamo, lo stupore che il nostro Paese suscita all’estero, in culture e sensibilità diverse dalla nostra, costringendoci a riflettere sul valore del nostro patrimonio naturale, artistico, storico e sociale. – ha dichiarato l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno – Un progetto perfetto per ExpoinCittà, che ha saputo offrire ai milanesi e ai visitatori, in questi sei mesi, il meglio del talento creativo italiano e internazionale”.

Il lungo viaggio in Italia inizia con un autoritratto di Henri Cartier-Bresson del 1933: il suo sogno umanista di fermare il tempo, di cogliere il momento decisivo nel flusso in divenire della realtà influenzerà a lungo la fotografia di tutto il mondo e sarà adottato da generazioni di fotografi.Continue Reading..

07
Nov

Andrea Modica. As We Wait

La combinazione di soggetti contemporanei con la corposità e la luminosità proprie della stampa al platino rendono il lavoro misterioso e dotato di uno stile inconfondibile.
Sabato 7 novembre inaugura presso la Galleria Weber & Weber “As We Wait”, prima personale italiana della fotografa americana Andrea Modica.

Il suo lavoro è stato esposto nei più importanti spazi museali, come The Museum of Modern Art, il Metropolitan Museum of Art, e il Whitney Museum of American Art. Laureata alla Yale University, è la destinataria di una Guggenheim Fellowship uno dei molti prestigiosi riconoscimenti da lei ottenuti. Il lavoro di Andrea è stato descritto in molte riviste, tra cui The New York Times, The New Yorker, Vanity Fair e American Photo per citarne alcuni. I suoi cinque libri, tra cui “Minor League” e “Treadwell” hanno incontrato il plauso della critica. Andrea insegna presso il Centro Internazionale di Fotografia, il workshop di fotografia di Woodstock e il Santa Fe Workshops. Attualmente insegna presso la Drexel University di Philadelphia.

La mostra si compone di oltre 20 immagini in bianco e nero stampate dall’artista con la tecnica ottocentesca del platino-palladio e coincide con l’uscita del libro (dallo stesso titolo) che Andrea Modica ha appena realizzato per i tipi delle Grafiche dell’Artiere, stampatore ed editore Bolognese noto per l’alta qualità delle proprie pubblicazioni.

La combinazione di soggetti contemporanei con la corposità e la luminosità proprie della stampa al platino rendono il lavoro misterioso e dotato di uno stile inconfondibile.
La tematica qui affrontata dall’artista non è riconducibile a un genere, nè tantomeno a una narrazione sequenziale di episodi.Continue Reading..