Category: arte

18
Dic

Maxime Rossi. It’s a zodiac rain

L’artista sviluppa una ricerca di rimandi in cui le opere svelano precise storie. Ruotando ancora una volta su Max Ernst, la mostra include due film, una serie di fotografie e un altro gruppo di opere preesistenti.

La galleria Tiziana Di Caro inaugura la mostra personale di Maxime Rossi (Parigi, 1980) intitolata It’s a zodiac rain, venerdì 18 dicembre 2015 alle ore 19:00, nella sua sede al primo piano di Palazzo de Sangro in piazzetta Nilo, 7 a Napoli.

Sono passati due anni da Kemosabe, prima mostra personale di Maxime Rossi in Italia, che si tenne nello spazio salernitano e che dedicava una serie di opere (fotografie, sculture, performance) a Max Ernst, le cui suggestioni Rossi ha avuto modo di esplorare durante un viaggio in Arizona, luogo che dal 1941 al 1953 ospitò l’artista tedesco in fuga dall’Europa e dalla guerra, dove egli realizzò alcuni dei suoi più importanti capolavori.

Perpetrando in un metodo che consiste nella collaborazione con artisti e artigiani del presente e del passato, Maxime Rossi sviluppa una ricerca di rimandi curiosi, in cui le opere svelano precise storie. Il tempo ed il passaggio costante dal passato al presente e vice versa rappresentano la linea su cui l’artista francese elabora il suo lavoro. It’s a zodiac rain sembra voler riprendere il discorso là dove è stato sospeso due anni fa. Ruotando ancora una volta su Max Ernst, la mostra include due film, una serie di fotografie e un altro gruppo di opere già incluse in Kemosabe, che rappresentano una sorta di déjà-vu della mostra salernitana, che funge da collegamento tra i due momenti.

Two owls on a mountain … and a snake at the bank inquadra una macchina che attraversa l’inconfondibile paesaggio del Canyon. Non si hanno tanti elementi per capire che a guidare l’auto è Max Ernst e ad accompagnarlo è Dorothea Tanning; i due stanno attraversando l’America da est ad ovest e una volta giunti tra le colline rocciose, Ernst realizza che quei paesaggi che lui credeva di aver inventato, che per tanti anni aveva immaginato e dipinto, nella realtà esistevano, decidendo di fermarsi a vivere lì, in un rifugio Hopi scavato nella roccia. Quest’ultimo è il soggetto di una serie di fotografie in 3D, in cui esso è descritto dettagliatamente attraverso precisi particolari, alcuni dei quali sono inequivocabilmente legati a Ernst. Le foto fanno sì che il visitatore possa approdare al fulcro del progetto, il film in 3D Real estate astrology (Astrologia immobiliare) del 2015. Il titolo è tratto da una pratica che consiste nell’utilizzare l’astrologia al fine di scegliere una casa ed è molto utilizzata a Sedona, città che nel tempo è divenuta un centro importante per la pratica New Age.Continue Reading..

17
Dic

Luca Andrea De Pasquale – Enrico Fico. Dedicato a Sir J. Herschel

LUCA ANDREA DE PASQUALE
ENRICO FICO

DEDICATO A SIR J. HERSCHEL
(LUCIFERI – KYANOS)

18 DICEMBRE 2015 – 16 GENNAIO 2016

INAUGURAZIONE: VENERDÌ 18 DICEMBRE ORE 19.00
GALLERIA 33
VIA G. GARIBALDI 33 AREZZO

“Dedicato a Sir J. Herschel” è il titolo della mostra presentata da Galleria 33 nello spazio al numero 33 di via Garibaldi ad Arezzo dal 18 dicembre 2015 al 16 gennaio 2016. La bipersonale di Luca Andrea De Pasquale (Aosta, 1983) ed Enrico Fico (Napoli, 1985), alias Luciferi, realizzata con la curatela di Tiziana Tommei, rende conto dell’evoluzione di una ricerca che ab origine si snoda nell’orbita del connubio tra antico e contemporaneo, sfera intima e mondo esterno.

La dedica all’inventore della tecnica della cianotipia rimanda all’incipit del piano espositivo. In mostra sono presentati due progetti, “Anabasi” e “480 Nanometri”, rispettivamente ideati e realizzati da Enrico Fico e Luca Andrea De Pasquale, in arte Luciferi.
In entrambi i casi non si tratta di mera fotografia: la cianotipia – unico tema dato in avvio al duo – ha finito per costituire solo un momento del processo di creazione e soprattutto una tecnica da plasmare al fine di affermare un messaggio personale, fortemente autobiografico ed inequivocabilmente identitario. Ciascun autore presenta 10 opere di piccolo formato, pezzi unici, ottenuti tramite applicazione della tecnica suddetta a partire da negativi ricavati mediante l’uso del banco ottico. La seconda parte del lavoro ha significato per entrambi la messa a confronto e la conseguente integrazione all’antico (dall’analogico alla cianotipia) di un’azione strettamente contemporanea che muove dal superamento della bidimensionalità dell’immagine: l’interpolazione di oggetti e la stuccatura di volti annessi ad una revisione dello still life come del ritratto. In mostra sarà presentato inoltre il video di Luca Andrea De Pasquale “Untitled”, realizzato con la regia di Frederick Shelbourne e Frances Von Fleming.Continue Reading..

16
Dic

Chiara Arturo. 18 miglia

Chiara Arturo
18 miglia

Venerdì 18 dicembre ore 18
Galleria Eloart – Forio d’Ischia (Napoli)

Venerdì 18 Dicembre la Galleria Eloart di Forio d’Ischia è lieta di presentare la prima mostra personale della fotografa Chiara Arturo (Ischia, 1984) dal titolo 18 miglia.

La mostra racconta attraverso 25 fotografie un viaggio liquido, fatto di sensazioni più che di distanze, tra l’isola e la terraferma. Visioni raccolte negli anni di andate e ritorni che diventano il punto di partenza della ricerca personale dell’artista. «Una foto per miglio – spiega l’artista – per raccontare una distanza che è anche un ricordo, una sensazione più che un percorso: il mio viaggio tra l’isola e la terraferma. Paesaggi ripescati in un immaginario consolidato da anni di andate e ritorni, che io sento come atmosfere interiori. Le visioni sono alterate dalla matericità del filtro/finestrino, aggredito dalla salsedine e dall’elemento acqua in tutte le sue forme, ma anche dalla luce, che spesso irrompe con violenza. Onde, promontori, fari, scorci, grandi navi: diventano i personaggi di una sorta di romanzo di formazione fatto al novantapercento d’acqua. In questo lavoro mi sono ri-percorsa. Da sempre per me lo stare in mezzo al mare rappresenta una geografia del pensiero. Inseguivo un’idea di paesaggio, in movimento, mai uguale. Alla fine mi sono ritrovata con un mondo intimo, fatto di sospensioni che duravano cinquantacinque minuti per volta. La mappatura del mio stare precario ed ondeggiante.
Il progetto 18 miglia è nato durante la prima edizione di LAB, il laboratorio irregolare di fotografia di Antonio Biasiucci. LAB risponde all’esigenza di creare un percorso per giovani artisti e di trasmettere un metodo per una costante azione critica sul proprio lavoro. «Il senso del “laboratorio” – spiega Biasiucci – è quello di scoprire un’urgenza, una autenticità attraverso il continuo confronto col soggetto scelto».Continue Reading..

14
Dic

Francesca Woodman. On Being an Angel

Foam ends 2015 with a retrospective exhibition featuring works from the exceptional oeuvre of American photographer Francesca Woodman (1958–1981).

The most significant subject in Francesca Woodman’s work was Francesca Woodman herself. She used photography as an extremely personal means of expression, as if wearing her skin inside out, making herself the only subject of her work. Her photographs were shown in a number of major international exhibitions and they have inspired artists all over the world. Before committing suicide at the age of twenty-two, Woodman explored themes such as gender, representation, sexuality and corporality. Her oeuvre consists of a large number of self-portraits. A striking aspect of her work is that she is either explicitly naked, or in contrast, attempts to hide her body: squeezed into a cupboard, behind the wallpaper, wrapped in plastic or material, or in a shroud of movement. She photographs herself in interiors punctuated by evidence of decay. Even when other people feature in Woodman’s photographs, they function purely as a stand-in for the artist. Woodman’s photographs showcase a range of symbolist and surrealist influences, and in many cases they evoke oppressive feelings. Francesca Woodman grew up in a family of artists and began taking photographs in her teens. From 1975 to 1978 she studied at the Rhode Island School of Design. Her oeuvre is usually divided into periods: the early work, her work as a student in Providence, work made in Italy (1977-1978) or at the MacDowell Colony and, finally, the work she produced from 1979 in New York until her death in 1981. She left several hundred gelatine silver prints, although she also experimented with other techniques. The first major travelling exhibition of Francesca Woodman’s work took place in 1986, some years after her death. Her first European exhibitions were held in the early 1990s. The Kunsthal in Rotterdam was the first to present her work in the Netherlands, in 1998.

The exhibition Francesca Woodman. On Being an Angel has been organized by the Moderna Museet in Stockholm in collaboration with the Estate of Francesca Woodman and consists of 102 photographs, mainly gelatine silver prints but including several large-format diazotype prints and six short videos.

Image: Francesca Woodman, From Space2, Providence, Rhode Island, 1976 © George and Betty Woodman

Foam Fotografiemuseum
Keizersgracht 609, Amsterdam
+31 (0)20 5516500
info@foam.org

18 December 2015 – 9 March 2016

11
Dic

Tristano di Robilant. L’immaginazione e il suo doppio

Tristano di Robilant

L’immaginazione e il suo doppio
Sculture in vetro, ceramiche, disegni

a cura di Pia Candinas e Tanja Lelgemann
12 dicembre 2015 – 12 febbraio 2016

Inaugurazione
sabato 12 dicembre dalle 18.00 alle 21.00
L’artista sarà presente

Con la mostra L’immaginazione e il suo doppio, Intragallery presenta l’artista Tristano di Robilant nella sua poliedrica attività, con sculture di vetro, piatti di ceramica e disegni. L’aspetto elegante e maestoso delle sculture che dominano lo spazio della galleria crea un contrasto con le loro irregolari e movimentate superfici che hanno un soffio di incompiutezza e casualità dalle forme rotonde apparentemente semplici e non classificabili. Questo aspetto ambivalente sorprende l’osservatore e rivela allo stesso tempo la fragilità della materia.
I disegni che riportano le stesse forme allo stadio puro, non lavorato, rivelano il percorso formale e intellettuale alla base delle sculture e dei piatti di ceramica. Per Tristano di Robilant la stretta collaborazione con artigiani, con i maestri vetrai di Murano e con ceramisti umbri è fondamentale: sono loro che riportano nella materia le sue idee in opere di una bellezza unica.
Il titolo della mostra L’immaginazione e il suo doppio si lega all’universo illuminato e poetico di Tristano di Robilant; nasce da tutte quelle spiagge del silenzio che le sculture in vetro qui esposte ci comunicano. Un titolo dettato dall’immaginazione che si realizza diventando la creatrice del reale e degli oggetti che l’artista ci mostra. Non a caso si tratta di forme enigmatiche, nate da sogni che attingono, come nel caso di Antonin Artaud, a un continente interiore, un mare originario, ma anche a un altro io, il doppio che abita dentro di noi.
Tutti i titoli delle opere di Tristano de Robilant appaiono a prima vista enigmatici ma hanno sempre un riferimento letterario, filosofico o storico.

Con la scultura “Assisi” l’artista non elabora solo l’omonima poesia incisiva e malinconica di Paul Celan. Un cono, che nella fragile trasparenza del vetro s’impone maestoso nello spazio diventando punto di gravità, accentuato dai piani cadenzati e dalle sfere all’interno, la cui struttura irregolare ricorda la primordialità della terra. La calda tonalità ocra richiama immediatamente l’architettura della cittadina umbra che si erge nel paesaggio, suscitando nella condensazione formale la mistica attrazione spirituale del luogo.
Tra le opere in mostra citiamo inoltre: “Soldato innamorato”: in questo caso il titolo è omonimo di una celebre canzone del 1915 e commemora i soldati caduti nella 1° Guerra Mondiale.
In “Sisifo smeraldo” l’artista elabora l’interpretazione che l’autore dell’assurdo Albert Camus ha fornito: dobbiamo immaginarci Sisifo felice. “La lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo.” Continue Reading..

10
Dic

Bill Viola. Inverted Birth

“Inverted Birth” is the gallery’s seventh solo exhibition by internationally acclaimed video artist. Featured are six major works created between 2012 and 2014: Ancestors, Inverted Birth and four pieces from the Martyrs series

James Cohan is pleased to present Inverted Birth, the gallery’s seventh solo exhibition by internationally acclaimed video artist Bill Viola, on view from December 10 through January 30.
Featured are six major works created between 2012 and 2014: Ancestors (2012), Inverted Birth (2014), and four pieces from the Martyrs series—Earth Martyr, Air Martyr, Fire Martyr, and Water Martyr (all 2014).
Regarded as a seminal figure in the development of video art, Viola has been celebrated throughout his 40-year career for combining state-of-the-art technology with universal humanistic themes—birth, death, and the unfolding of consciousness.
These themes continue in Viola’s Inverted Birth, which explores the life cycle as a continuum rather than a linear progression. Viola has remarked, “Birth is not a beginning, death is not an end.”
In the main gallery, Viola’s monumental video and audio installation Inverted Birth is projected onto a 15-foot-high screen anchored to the floor. The work depicts five stages of awakening through a series of violent transformations. The piece begins with a man standing in darkness, coated in black fluid. Gradually, the fluid begins to flow in reverse and rises upward with increasing velocity.
The fluids change from black to red to white, ultimately becoming clear like water. A soft mist covers the man for the final stage of awakening. The essential elements of human life—earth, blood, milk, water and air, and the passage from birth to death—here are inverted when darkness is transformed into light. In Ancestors, on view in Gallery 1, a mother and son make a journey on foot across the desert in the heat of summer. In the course of traversing this inhospitable landscape, a new consciousness unfolds when they become swallowed by a dust storm and emerge finding solace in one another.Continue Reading..

07
Dic

Letizia Battaglia. Qualcosa di mio

La mostra raccoglie immagini di donne, bambine, i loro sguardi, i gesti quotidiani catturati dalla fotografa nella crudezza del bianco e nero in una Sicilia fuori dal tempo.
a cura di Alberto Stabile e Laura Barreca

Il Museo Civico di Castelbuono è lieto di presentare la mostra Qualcosa di mio, pensata e realizzata attraverso le suggestioni di Letizia Battaglia, fotografa palermitana di fama internazionale. L’esposizione, a cura di Alberto Stabile e Laura Barreca, raccoglie immagini di donne, bambine, i loro sguardi, i gesti quotidiani catturati nella crudezza del bianco e nero in una Sicilia fuori dal tempo, eppure oggi inconfondibile. Presentata al pubblico per la prima volta lo scorso agosto presso l’Ex Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica, la personale è co-prodotta dal Museo Civico di Castelbuono.

Come scrive Alberto Stabile, “In quella Palermo che Letizia Battaglia ha fotografato nell’arco di tempo che va dalla metà dei ‘70 alla fine degli ‘80, di quella catena che ha immobilizzato la città alla logica della violenza e del malaffare, salvo rare eccezioni, le donne rappresentavano l’anello più debole. Donne inchiodate ad un ruolo primordiale, come le “spose bambine”, di cui parlava in quegli anni Mario Farinella in una sua memorabile inchiesta sui quartieri poveri. Donne tuttofare. Donne cui è negato il sorriso, il gioco, la felicità”. Soprattutto l’attenzione per l’infanzia, quello stato di purezza fragilissimo, e per questo temporaneo, nella carriera di Letizia Battaglia funziona come contraltare, o redenzione, al tanto, troppo dolore impresso negli scatti che l’hanno accompagnata negli anni di piombo a Palermo. Quella Palermo che lei stessa sente malata, e con cui ha intessuto un lunghissimo rapporto di “rabbia e di dolcissima disperazione”.

La fotografia di Letizia Battaglia è ricerca analitica verso di sé, strumento di “salvezza e verità”, come dice lei. Ha ritratto luoghi e decine di vittime di omicidi di mafia, ma in questa selezione di immagini l’obiettivo oltrepassa il dato di cronaca per diventare qualcos’altro, qualcosa di personale, di profondamente individuale, quello che lei stessa definisce qualcosa di mio. La spia di un dolore con cui convivere. La partecipazione struggente ad una condizione umana inaccettabile. L’indignazione che trascende nell’atto della denuncia. Perché, come scrive Stabile, “chiunque potrà vedere sullo sfondo di certe immagini, il sintomo visibile di un degrado generale cui non sono rimaste estranee le mani e le logiche della criminalità organizzata”.Continue Reading..

03
Dic

Gravità | Juryoku 重力

Gravità

Juryoku 重力

Opere di AKIKO KURIHARA, AYUMI KUDO e KYOKO DUFAUX

a cura di Matteo Galbiati

dal 4 dicembre 2015 al 30 gennaio 2016

Inaugurazione
Giovedì 3 Dicembre 2015 ore 18.30

La Galleria Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili è lieta di presentare, per la prima volta nella propria sede, il lavoro delle artiste giapponesi – da anni residenti in Europa – Akiko Kurihara, Ayumi Kudo e Kyoko Dufaux nella mostra intitolata Gravità. Juryoku. 重力. Da tempo queste artiste sono impegnate in una ricerca molto personale che spazia dal design all’illustrazione, dalla scultura alla pittura, avvalorata da numerosi e importanti esposizioni in Italia, Europa e Giappone.
La mostra, come suggerisce il titolo, è l’esito di un confronto di tre personalità sull’originale tema della gravità, il quale rimanda immediatamente alla nozione fisica che ci spiega questo concetto come quella peculiare forza di attrazione che attira i corpi verso il centro della Terra e, al contempo, è anche l’invisibile interazione che si manifesta tra due qualsiasi masse qualsiasi. Teorizzata da Newton nel 1666 e approfondita da Einstein all’inizio del ‘900, la “gravità” è applicabile a tutti i corpi e in ogni sistema e quindi fu da subito definita universale.
La radice della parola latina gravitas rimanda, invece, a grave inteso come peso, sia in senso fisico che figurato. La gravitas romana, in epoca arcaica o repubblicana, ad esempio, era un valore costitutivo della società del tempo e si riferiva a un atteggiamento di serietà, presenza e autocontrollo dinnanzi alle avversità. Un buon cittadino romano doveva mostrarsi imperturbabile nelle disgrazie, evitando atteggiamenti leggeri e versatili, restando fermo e saldo nelle emozioni. Tale inclinazione sembra trovare un ideale collegamento con i concetti buddisti di sati e appamāda, dove il primo significa stato di coscienza illuminata e il secondo, simile a gravitas, designa la continuità dello stato di sati, ma perpetrata senza requie. Gravitas e appamāda sembrano avere un punto in comune nei valori di persistenza e resistenza di uno stato di coscienza o di attenzione illimitati nel tempo. Queste diverse accezioni semantiche del concetto di gravità hanno determinato interpretazioni artistiche che ciascuna delle tre protagoniste di Gravità. Juryoku. 重力 ha interpretato in modo individuale.Continue Reading..

03
Dic

Recto Verso

Carla Accardi, Enrico Castellani, Roy Lichtenstein, Lucio Fontana, Giulio Paolini, Pierre Toby sono solo alcuni degli autori presenti in questa mostra dedicata a un elemento abitualmente nascosto, dimenticato o trascurato: il retro del quadro.

La mostra tematica “Recto Verso” presenta una selezione di opere nelle quali gli artisti hanno consapevolmente posto in primo piano l’elemento abitualmente nascosto, dimenticato o trascurato del retro del quadro.
Concepita dal Thought Council della Fondazione, composto attualmente da Shumon Basar, Elvira Dyangani Ose, Cédric Libert e Dieter Roelstraete, l’esposizione riunisce opere della Collezione Prada e lavori provenienti da collezioni e gallerie italiane e internazionali.

La tradizione occidentale concepisce il dipinto principalmente come un artefatto frontale (“recto”). Il retro (“verso”) sembra trasmettere un significato culturale trascurabile, non essendo destinato allo sguardo del pubblico, perché visibile solo dall’artista e dagli addetti ai lavori. In questa mostra gli artisti portano in primo piano il retro della tela usando vari procedimenti come la tecnica tradizionale del trompe-l’œil, resa famosa dai pittori fiamminghi, in cui è la cornice e non la figura ad assumere un ruolo fondamentale.
O ancora, la fotografia a doppia esposizione è impiegata per vedere attraverso l’opera stessa ed enfatizzare le caratteristiche fisiche e strutturali dell’oggetto. Nel caso del movimento francese della fine degli anni Sessanta Supports/Surfaces, la superficie dipinta sparisce completamente e ciò che resta è il semplice materiale di supporto. In altri lavori, messaggi segreti sono nascosti dietro il quadro in attesa di essere rivelati.

Artisti di generazioni e tendenze diverse, come Carla Accardi, Louis-Léopold Boilly, Gerard Byrne, Enrico Castellani, Sarah Charlesworth, Daniel Dezeuze, Lucio Fontana, Llyn Foulkes, Philippe Gronon, Roy Lichtenstein, Matts Leiderstam, Gastone Novelli, Giulio Paolini e Pierre Toby, hanno trasformato un semplice gesto in un’approfondita indagine storica sul vero, l’illusione e le modalità della visione.Continue Reading..

02
Dic

Luca Andreoni e Zhou Siwei. Your silent face

Your silent face
Luca Andreoni, Zhou Siwei
A cura di Fantom

Da mercoledì 16 dicembre a venerdì 11 marzo 2016
Inaugurazione: martedì 15 dicembre 2015, ore 18
Presentazione stampa: martedì 15 dicembre 2015, ore 17
Aperta: da lunedì a venerdì, dalle 12 alle 19. La mattina e il sabato su appuntamento.
Dove: VIASATERNA, Via Giacomo Leopardi 32, Milano, 02.36725378

Viasaterna Arte Contemporanea presenta, da mercoledì 16 dicembre 2015 a venerdì 11 marzo 2016, una nuova esposizione di opere inedite. La mostra Your silent face (Il tuo volto silenzioso) associa il nuovo lavoro di Luca Andreoni – tra gli autori più attivi della fotografia italiana contemporanea – intitolato Inferno 1911, con una selezione di opere, anch’esse mai esposte in Italia, di Zhou Siwei, artista cinese conosciuto per la sua ricerca poetica che combina tecnica e sperimentazione sulla trama di una filosofia complessa.
Inferno 1911 è una serie fotografica interamente realizzata da Andreoni nel 2014, immergendosi nelle montagne delle Grigne, un massiccio della Lombardia. Noto tra alpinisti e scalatori per la bellezza e la varietà delle arrampicate, all’inizio del secolo scorso la Grigna è stata teatro di alcune scene di Inferno, uno dei primi kolossal realizzati in Italia. Prodotto dalla Milano Films, il lungometraggio era l’adattamento cinematografico del viaggio di Dante nell’Ade, realizzato con effetti speciali e tecniche di montaggio assolutamente all’avanguardia.
Come Inferno, anche l’opera di Andreoni assorbe l’ambiente ostile di roccia calcarea e nebbia per calare lo spettatore in un’atmosfera sospesa ed enigmatica; dove la fotografia, mezzo privilegiato per penetrare nelle pieghe della realtà, si trasforma in strumento di occultamento. E di perdita: della superficie delle cose, dell’orientamento, della tranquillità. Con Inferno 1911 Andreoni investiga un campo intermedio: non si tratta più di vedere, ma di intravedere. Concentrando l’attenzione su una porzione delle sue immagini, si ritrova una quantità di dettagli minimi e inaspettati (vegetazione, persone, oggetti…), ma non c’è certezza.

Resta lo sforzo ininterrotto di guardare, di capire, di scoprire, svestendo letteralmente la pelle della montagna dai drappi bianchi delle nuvole e della foschia. In un percorso ugualmente ambiguo che nel tendere a una costante ascesa sembra condurre alle porte degli inferi. Il lavoro di Zhou Siwei è indipendente dall’utilizzo di una specifica tecnica o disciplina artistica. Nel corso della sua carriera, iniziata a metà degli anni 2000, ha alternativamente utilizzato il disegno, la pittura, la scultura e la fotografia. Le sue opere includono sempre uno o più pattern che si ripetono, riferendosi alla teoria kantiana secondo cui “gli schemi sono il collegamento trascendentale tra la sensualità dell’osservazione e i concetti della ragione”. La semplicità è il punto di partenza del suo lavoro, che si sviluppa secondo un processo ciclico di ripetizione, evoluzione, progresso, spesso sovrapponendo diversi livelli di colore uno dopo l’altro, provocando con il medesimo gesto un cambiamento continuo. Le opere di Zhou provocano così un costante fremito percettivo, si modificano ad ogni sguardo successivo secondo una logica di inestinguibile instabilità. Mettono in contatto la concretezza ottico-retinica con la variabile dell’esperienza individuale (gestalt) e il “mondo delle idee”. Aprono a infinite possibilità interpretative sfruttando la forza di alcune particelle elementari. Ambiguità, stratificazione, nascondimento, scoperta: sono questi i termini che uniscono i lavori di Luca Andreoni e Zhou Siwei e articolano il percorso della mostra. Entrambi, seppure con modalità differenti, interrogano lo spettatore sulle proprie capacità di vedere, interpretare, comprendere. Entrambi contemporaneamente cancellano e rivelano. Esperienza, razionalità e mistero si incontrano e si scontrano in un limbo a metà strada tra natura e artificio, dove il brivido dell’incognito si mescola con un silenzioso senso di assoluto.

CONTATTI PER LA STAMPA
PCM STUDIO di Paola C. Manfredi
Via C. Goldoni 38 – 20129 Milano
press@paolamanfredi.com | Tel. +39 02 87286582
Roberta Mascherpa | M. +39 349 9267882 | roberta@paolamanfredi.com
Federica Farci | M. +39 342 0515787 | federica@paolamanfredi.com
Viasaterna via Leopardi 32 20123 Milano
+39 02 36725378 info@viasaterna.com www.viasaterna.comContinue Reading..