Category: arte

20
Ott

Maria Lai. Sul filo del mistero

«I grovigli esprimono la mia tensione verso altri spazi» diceva Maria Lai. Nei primi anni Sessanta le sue mani hanno cominciato a intessere storie misteriose. Storie fatte di uomini fortemente legati alla terra. Ma anche di uomini tesi a elevare il proprio spirito verso nuove dimensioni.

Signora dell’arte, dei fili e dei telai. Signora delle montagne, nella Sardegna rupestre, Maria Lai (1919-2013) è stata una delle interpreti più intense nel mondo della ricerca estetica contemporanea. Un’artista lontana dalle mode, difficilmente riconducibile a un gruppo o a un movimento, ma il cui carisma l’ha consacrata nell’empireo dei grandi nomi del Novecento.

La Galleria San Fedele, nell’ambito del suo programma dedicato ai maestri dell’arte contemporanea votati a una dimensione profonda della ricerca spirituale ed estetica, presenta un omaggio a questa grande autrice.

I temi eterni dell’identità, delle origini, della femminilità e della memoria; i temi celesti, i motivi cosmici, le geografie di un universo parallelo, sono alla base di un nucleo di opere popolate di spiriti benigni, di donne e pastori. Abilissima nel passare dal piccolo formato dei libri di cotone, cuciti con testi segreti e sacri, alla dimensione monumentale della land art, ha firmato installazioni e performance, come la celebre Legarsi alla montagna, del 1981, in cui stese un lunghissimo nastro celeste per unire le case del paese di Ulassai alle rocce del Tacco, ossequio alla natura, un rito collettivo per scongiurare frane e sigillare con la montagna un patto di convivenza.

Meraviglioso il valore sacrale conferito da Maria Lai al nastro e al tessuto, simboli di comunione e testimoni dell’origine antropologica del legame sancito fra l’uomo e il paesaggio che lo accoglie.Continue Reading..

17
Ott

CASA MORRA. Archivio d’arte contemporanea_Opening

CASA MORRA
Archivio d’arte contemporanea – Il gioco dell’oca – 100 anni di mostre

INAUGURAZIONE VENERDÌ 28 OTTOBRE 2016 ore 17:00
I EVENTO – 1° ANNO

JOHN CAGE – MARCEL DUCHAMP – ALLAN KAPROW

Ore 19:00 – CONCERTO 1 DANIELE LOMBARDI CAGE 1-13
Ore 21:00 – CONCERTO 2 EMANUEL DIMAS DE MELO PIMENTA

Casa Morra è un nuovo spazio museale creato da Giuseppe Morra a Napoli nel Palazzo Ayerbo D’Aragona Cassano, un complesso di 4.200 mq che sarà gradualmente ristrutturato per accogliere l’ampia collezione Morra: oltre 2000 opere presentate con percorsi tematici e focus su artisti. Un attraversamento nella storia dell’arte contemporanea e nei fondamentali movimenti come Gutai, Happening, Fluxus, Azionismo Viennese, Living Theatre, Poesia Visiva sino alle ricerche più avanzate italiane e straniere. Prosegue così la grande avventura del mecenate napoletano che qui sistemerà la sua ampia collezione, frutto di oltre quarant’anni di presenza attiva nello scenario internazionale dell’arte.
Morra ha infatti pianificato 100 anni di mostre, attraverso il meccanismo del gioco dell’oca fatto di rimandi, attraversamenti e ritorni. Cicli espositivi regolati dall’alchimia dei numeri 3 e 7 che coincidono di volta in volta con il numero di artisti presentati o la quantità di opere e sequenze di mostre.

Primo evento il 28 ottobre con un inedito dialogo di opere di John Cage – Marcel Duchamp – Allan Kaprow. Il principio della casualità anima il percorso simbolico del gioco dell’oca, posto a fondamento dello statuto e del divenire di Casa Morra. La prima mostra si apre pertanto con tre artisti che della casualità hanno fatto pratica creativa, applicando una svolta nel modo di vedere e percepire l’arte: Cage, Duchamp, Kaprow riuniti insieme per mostrare il desiderio di costruire un ambiente in cui agire, fare esperienza sperimentando.

Il carattere di casualità è il primo tratto distintivo dell’opera Stockroom (1961-1992), come sottolineato nelle parole di Kaprow: «…questa versione di Stockroom deve essere dipinta dal visitatore in un colore diverso ogni giorno: bianco, rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola, nero, ripetendo questa sequenza ogni otto giorni. Le persone che hanno piacere di partecipare troveranno pennelli adatti, rulli, una scala e qualche cosa per proteggere i vestiti. Sentitevi liberi di partecipare a questo procedimento».Continue Reading..

17
Ott

ZIMOUN. 605 prepared dc-motors, cardboard boxes

a cura di Filippo Aldovini
nell’ambito di NODE festival

Galleria civica di Modena
Palazzina dei Giardini – corso Canalgrande, Modena
22 ottobre 2016 – 5 marzo 2017
inaugurazione 22 ottobre, ore 18.00

preview stampa
20 ottobre 2016, ore 11.30

Inaugura sabato 22 ottobre alle 18.00 nell’ambito di NODE festival, “605 prepared dc-motors, cardboard boxes”, prima mostra personale in un museo italiano dell’artista svizzero Zimoun, noto per le sue opere che uniscono sound art e architettura degli spazi.

La mostra, a cura di Filippo Aldovini, è organizzata e prodotta da Galleria civica di Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena in collaborazione con Associazione Lemniscata e fuse*.

L’esposizione coinvolgerà le cinque sale della Palazzina dei Giardini di Modena, ciascuna delle quali abitata da un’installazione meccanica costruita con materiali semplici – scatole di cartone, sfere di cotone, cavi di metallo, legno, etc. – e corredata da sistemi automatici che generano movimenti e rumori. Complessi organismi viventi in grado di abitare lo spazio in cui vengono allestiti per mezzo di un sottile e mai banale rapporto tra suono e volumetria circostante. Attraverso oggetti industriali di uso comune e costruzioni minimaliste, Zimoun esplora il ritmo meccanico, la tensione tra i modelli ordinati del Modernismo e la forza caotica della vita. Nel suo lavoro si riuniscono le competenze dell’ingegnere, dell’architetto, dell’artigiano, del ricercatore, dell’arrangiatore e del direttore d’orchestra.

Autodidatta, ossessionato dalla semplicità degli oggetti, dai movimenti e dai suoni generati da essi, continua a opporsi stoicamente alla dittatura dei nuovi media e della tecnologia, ricordandoci come l’artista possa trasformare la percezione di ciò che ci circonda. Attraverso l’utilizzo volontario di titoli che descrivono le sue opere semplicemente come un elenco dei materiali e delle componenti meccaniche utilizzate, le sculture sonore di Zimoun richiedono all’osservatore un ulteriore sforzo di immaginazione, rendendolo attivamente partecipe nel completamento dell’opera stessa.

“Nelle mie opere si ascolta ciò che si vede. Così la relazione tra i materiali il movimento e il suono è chiara ed essenziale.” – Zimoun.

In occasione della serata inaugurale, il 22 ottobre alle ore 22.00 con replica alle ore 23.00 la sala grande della Galleria civica di Modena a Palazzo Santa Margherita ospiterà una performance multi-canale di Zimoun, per assistere alla quale i posti disponibili sono andati esauriti in poche ore. L’esposizione è accompagnata dal catalogo ZIMOUN – 605 prepared dc-motors, cardboard boxes, un libro-oggetto sonoro a cura di Filippo Aldovini, autore dei testi insieme al critico e curatore Marco Mancuso, direttore di Digicult. La pubblicazione, in edizioni numerate, è stata disegnata e impaginata da Luca Lattuga con fotografie di Paolo Terzi, ed è prodotta dalla Galleria civica di Modena con il contributo di Scatolificio Cartotecnica Modenese.Continue Reading..

12
Ott

LO SPECCHIO CONCAVO

22.10.2016 – 27.11.2016

A cura di Sara Benaglia e Mauro Zanchi

Inaugurazione | sabato 22 ottobre 2016, ore 11.00
Palazzo della Misericordia, Via Arena 9, Bergamo

Sabato 22 ottobre, all’interno dell’antico Palazzo della Misericordia di via Arena 9, nel cuore di Città Alta, e nello Spazio ALT di Alzano Lombardo aprirà al pubblico Lo Specchio Concavo, una mostra collettiva costituita dalla ricerca di quaranta artiste internazionali, che hanno scritto la storia del contemporaneo privilegiando l’uso di fotografia e videoarte. La mostra accoglierà i lavori di Marina Abramović | Yael Bartana | Letizia Battaglia | Vanessa Beecroft | Elisabetta Benassi | Vanessa Billy | Barbara Bloom | Fatma Bucak | Angela Bulloch | Sophie Calle | Shannon Ebner |Tracey Emin | Haris Epaminonda | Stefania Galegati | Nan Goldin | Barbara Hammer | Dana Hoey | Emily Jacir | Joan Jonas | Kimsooja | Barbara Kruger | Ketty La Rocca | Zoe Leonard | Sarah Lucas | Anna Maria Maiolino | Joanna Malinowska | Eva Marisaldi | Zanele Muholi | Shirin Neshat | Rä di Martino | Catherine Opie | Marinella Pirelli | Cindy Sherman | Kiki Smith |  Alessandra Spranzi | Georgina Starr | Jemima Stehli | Rosemarie Trockel |Bettina von Zwelh | Francesca Woodman .

Se in ambito esoterico si tramanda che lo specchio concavo sia un mezzo per esercitare la capacità di osservazione più sottile della realtà e per focalizzare l’attenzione sul mondo astrale, studi di genere si concentrano sulle norme sociali stabilite che hanno fatto della donna lo specchio eterno dell’uomo. Pur desiderando rompere con un certo modo di specularizzazione decidono di non rinunciare a qualsiasi specchio. È Luce Irigary la prima a proporre di speculare convogliando la forza e il calore del sole nella concavità dello specchio, arma ustoria nell’antichità e mezzo per focalizzare l’attenzione sul mondo astrale e per esercitare la capacità di osservazione più sottile. Sibille, profetesse, streghe, vaticinanti e sciamani hanno utilizzato questo medium per migliorare le loro doti di chiaroveggenza. Fissavano nel cavo dello specchio attendendo immagini rivelatrici. Agivano telepaticamente, pensando per immagini.

Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento il femminismo conduce numerose artiste ad attaccare le gerarchie patriarcali, il linguaggio, il sistema educativo e la psicanalisi, che tendono ad associare le donne non solo alla passività ma anche alla mancanza. A partire dalle ricerche performative affermatosi in quegli anni, il medium fotografico diviene strumento di documentazione e testimonianza di una sperimentazione sul corpo femminile, che porta la dimensione privata dell’artista su un piano politico e sociale. La critica alle strutture di potere trasferisce negli anni Ottanta l’attenzione anche alla cultura di massa, sfidando la credibilità della fotografia come supporto veritiero di informazione autentica e facendo avanzare la nozione di postmodernismo critico in arte. Nonostante le battute d’arresto subite dal femminismo, in risposta al back-lash conservatore degli anni Ottanta, le ricerche radicali vengono continuate con declinazioni geografiche differenti e raccontano il modo in cui una intenzione politica di genere sia divenuta con il passare del tempo responsabilità personale.Continue Reading..

10
Ott

Mohammad Al-Hemd. INDULGENCES: REBORN

CAP Contemporary Art Platform Kuwait
INDULGENCES: REBORN
Installation by Mohammad Al-Hemd

Opening september 21, 2016

History repeats itself in similar cycles no matter how long those cycles are; whether they are days, years, decades, centuries, or even millenniums. We may not notice these repetitions as they occur because of the changes in time or the new pattern that they may take, yet we only notice them once they become part of history. This installation attempts to relate what is happening now in the Middle East to what was happening in the past. In particular, this installation emphasizes the similarities between the current events in the Middle East and the events in Europe during the dark ages. During the dark ages, Catholic priests had the ultimate power. They preyed on the trust of the common man, which was hindered by the spread of illiteracy. Priests promised sinners salvation for a levy. In a similar fashion, some groups are misusing the name of religion in the Middle East, where poverty and paucity of the good education are also ubiquitous.

In this installation, the similarity between both periods is underscored. In particular, the video highlights the dark ritual elements in a suicide bombers’ preparation. Furthermore, the insertion of elements from a catholic sacramental service underlines the twisted notion that religion can be used to justify the commitment of cruel actions.

The suicide vests are the contemporary equivalent to the indulgences from the dark ages. Both are utilized by the so-called religious men and marketed as the key to salvation and god’s forgiveness. Moreover, this installation can be seen in two perspectives. First, it explains to non-Muslims that the current violence is the fruit of abusing religion and following a false path and in some ways, it’s a revival of the indulgences. Second, it warns Muslims that they are living in their own dark age and they need an awakening.

Contemporary Art Platform Kuwait
Industrial Shuwaikh, Block 2, Street 28
Life Center (same building as Eureka), Mezzanine
T: +965 2492 5636

image: installation view, 2016 ph.amaliadilanno

report by amaliadilanno

 

 

08
Ott

FABIO MAURI. Arte per legittima difesa

A cura di: Giacinto Di Pietrantonio

Dal 7 ottobre 2016 al 15 gennaio 2017 la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta una personale dedicata a Fabio Mauri (Roma, 1926–2009), tra gli artisti più rilevanti della scena italiana a partire dagli anni Sessanta.

Maestro della Nuova Avanguardia Italiana e fondatore di alcune delle riviste più interessanti e programmatiche che alimentarono il dibattito in quegli stessi anni, Mauri interagì con figure del calibro di Italo Calvino, Umberto Eco e Pier Paolo Pasolini, e intraprese una ricerca artistica che si interrogava e permetteva al pubblico di interrogarsi su alcune questioni centrali della nostra esistenza e cultura, soprattutto sull’utilizzo del linguaggio quale meccanismo manipolatorio da parte del potere politico e mediatico.
Fin dall’inizio della sua produzione, infatti, il lavoro di Mauri si concentra attorno al dibattito sulla cultura dell’immagine e del linguaggio come mezzo di consumo dell’industria culturale, essedo l’artista, per lui, non un semplice “fabbricante di immagini”, ma un intellettuale in movimento, capace di esprimersi nel mondo; un concetto, questo, da cui prendono forma la sua poetica e l’intera sua opera.

Il percorso espositivo, sviluppato in quattro sale, annovera alcuni lavori storici degli anni Sessanta e Settanta, opere degli anni Novanta e dei primi anni Duemila che includono installazioni, fotografie, oggetti, opere su carta e tracciano un excursus esaustivo della ricerca artistica di Fabio Mauri; una selezione di opere volta ad abbracciare cinquant’anni di lavoro dell’artista, presentando al pubblico alcune tematiche fondanti della sua poetica: Diritti, Identità, Ideologia, Linguaggio, Narrazione e Tempo.

Tra questi, i lavori su cui campeggia protagonista la scritta “FINE” o “THE END”, un termine che Mauri ha utilizzato più volte negli anni – a partire dalla fine degli anni Cinquanta – e in varie declinazioni tipografiche, con l’intento di sottolineare un diverso aspetto estetico formale che profetizza l’idea di crisi, vista non come un elemento negativo, bensì come un’opportunità per chiudere con il passato e affacciarsi a un nuovo inizio.
La prima volta, “THE END” compare scritta su uno schermo (l’opera Schermo-disegno del 1957), un mezzo che diviene nel tempo un segno distintivo della ricerca di Mauri, forma tangibile della memoria e della coscienza, che permette di individuare un modo comune di leggere la realtà. Lo schermo bianco diviene infatti campo neutro, uno spazio libero su cui lo spettatore può proiettare i propri significati, lasciando l’opera aperta a molteplici interpretazioni. Anche la stessa parola “fine” ne ha, per Mauri, almeno due, a seconda dell’articolo che anteponiamo ad essa: la fine, intesa come termine, chiusura e dunque volta al passato, o il fine, ovvero scopo, apertura e dunque volta al futuro.Continue Reading..

08
Ott

Panem Et Circenses. Il Cibo Uccide

A cura di Barbara Fragogna

8 – 31 ottobre 2016

Inaugurazione sabato 8 ottobre ore 19

La Fusion Art Gallery presenta IL CIBO UCCIDE, prima mostra personale del collettivo artistico Panem Et Circenses formato da Ludovico Pensato e Alessandra Ivul nel 2012 a Berlino e ora di sede a Bologna dove, dopo aver vinto il bando comunale “Incredibol!” ha fondato il CACCA (Centro di Arte Contemporanea sulla Cultura Alimentare). La mostra che rientra nel nuovo progetto COLLAcontemporary e nel circuito di NEsxT, Independent Art Network, sarà arricchita da due eventi speciali di cui un evento performativo il 16 ottobre per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione e il 27 ottobre con una presentazione del progetto CACCA.

Il Cibo Uccide non è una provocazione

di Barbara Fragogna

Periculosius solet esse malum, quia non sentitur.

I mali che non si avvertono sono i più pericolosi. – Erasmo da Rotterdam

IL CIBO UCCIDE non è una provocazione, la ripetizione e le lettere capitali sono propiziatorie.

Il collettivo Panem Et Circenses (PEC) (Ludovico Pensato e Alessandra Ivul) considera, sintetizza, produce con estrema arguzia, con brillante e ironica intelligenza i fatti esistenziali che affliggono il quotidiano gravido di eventi ed opinioni e che poi, attraverso la metafora del cibo (in presenza e/o assenza) vengono processati sotto forma di oggetti, azioni performative, installazioni definite “pratiche relazionali”. La relazione con l’altro è lo specchio in cui la coppia diventa l’Altro Sociale, in un’analisi acuta ed osmotica che ne scruta i comportamenti reinterpretandoli. Sono attori in prima persona che impersonificano la (Dramatis) Personae, la maschera conformista che denunciano ed espongono. Sono l’incarnazione dell’opposto, l’incastro, la coppia che riflette e che talvolta acceca. Il cervello astratto di PEC è un lungo intestino neuronale attraverso il quale si snodano le tappe fondamentali del pensiero fisico/metafisico, un’instancabile fluire alla ricerca di una collocazione, di una filosofia, di uno sbocco, della critica, di una risposta deiettiva.

Panem Et Circenses, a cominciare dal nome che hanno scelto per rappresentarsi, non si sprecano in mezzi termini, sono sagaci, ponderano il contemporaneo, lo metabolizzano e il rigurgito che ne deriva è appetitoso, esteticamente bramabile, senza dubbio edibile e, se efficacemente assimilato, sarà causa auspicabile di riflusso. Un banchetto irrinunciabile che acidifica il segno, una scossa emotiva attivatrice di sinapsi che non possiamo certo ignorare e sulle quali saremo costretti a elucubrare attivamente.

Il “dispositivo” (che è proprio un “innesco”) si colora di pop, neon, pattern, è bianco e nero pesante, è natura-terra-bestia vegetale, è minimal e barocco, è storia e rito ancestrale, è un sospiro mozzato che sfocia nel riso imbarazzato. Il dispositivo costringe e libera, intasa ed espelle. Il dispositivo è peristalsi.

Panem Et Circenses rifiuta il pro-forma, la retorica e il cicisbeismo del cibo alla moda che non è più nutrimento (da qualsivoglia lato) ma che è “food” griffato, moda e voga e vezzo, mezzucolo speculativo, è patina micronica tutta glitter & gloss, è pornfood e instagramigna ed è proprio per questo che PEC è peristalsi che espelle la pietra filosofale ed è esattamente per questo motivo che il “rifiuto” che nasce dal confronto sarà terra fertile di un avvenire umano sempre a breve termine ma forse un po’ più ponderato.

DICONO DI SÉ

Panem Et Circenses è un collettivo artistico fondato da Ludovico Pensato e Alessandra Ivul nel 2012 a Berlino.

Panem Et Circenses utilizza le pratiche di partecipazione per indagare le relazioni che si attivano attraverso cibo.

Significa che progettiamo e realizziamo opere partecipate (installazioni, performance) in cui il cibo è uno strumento simbolico e significativo che viene inserito site specific.

Significa che il cibo c’è (spesso) ma può anche non esserci.

Il cibo, come elemento sia materico che simbolico, è un potente dispositivo che mette in relazione la sfera naturale e quella culturale, entrambe presenti nella dimensione umana nella quale viviamo ogni giorno.Continue Reading..

07
Ott

Victor Burgin. Dear Urania

La Galleria Lia Rumma di Napoli è lieta di annunciare la mostra di Victor Burgin dal titolo “Dear Urania” che inaugurerà domenica 16 ottobre 2016.

Artista e accademico, autore di saggi fondamentali sulla fotografia e sulla teoria dell’arte, Burgin è un indiscusso protagonista dell’arte concettuale. Se negli anni Settanta il suo lavoro indagava il rapporto tra immagine e testo (Galleria Lia Rumma, Napoli 1972), successivamente l’artista prende ad analizzare il territorio complesso tra immagine fissa e in movimento. La sua opera indaga la natura dell’immagine, ma ne decodifica i termini dominanti della rappresentazione. I suoi lavori più recenti sono prodotti con software per la creazione di giochi virtuali: un mezzo che gli consente di condurre l’immagine verso il suo stato che è essenzialmente virtuale. Le sue mostre, come ha sovente dichiarato, sono una risposta al luogo e alle città in cui viene invitato e alle suggestioni, alle associazioni mentali che da esse scaturiscono.
Per Dear Urania, più specificamente, il movente va cercato in Relazione del primo viaggio alla Luna fatto da una donna nell’anno di grazia 2057, un breve pamphlet scritto nel 1857 dal matematico e astronomo Ernesto Capocci di Belmonte (1798 – 1864), direttore della Specola di San Gaudioso, l’attuale Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Nel pamphlet che, va detto, precede di circa dieci anni le ben più famose e immaginifiche pagine di Jules Verne, la protagonista, Urania, con una lunga lettera dalla Luna scrive alla sua amica Ernestina sulla Terra i “particolari più bizzarri di questo meraviglioso viaggio”. Dear Urania è la “reazione” a quella lettera. Con una suggestiva e intricata moltiplicazione spazio-temporale, che scivola tra passato e futuro prossimo, da Napoli all’America, dalla Luna alla Terra e ritorno, Burgin non trascrive, solo, il contenuto della lettera di Ernestina, ma immagina le circostanze in cui la donna ha scritto. Due video proiezioni – la prima delle quali mostra la luna nelle sue diverse fasi, la seconda che presenta sotto forma di didascalie le parole di Ernestina che si alternano al movimento della camera in un loft quasi vuoto – sono accompagnate dalle Pagine dallo Sketchbook di Ernestina Capocci e da due serie fotografiche, (Basilica I e Basilica II) che suggeriscono un’analogia tra il territorio lunare e quello di Pompei.
Victor Burgin (Sheffield, England, 1941) è uno dei più eminenti artisti accademici del nostro tempo. Studia pittura al Royal College of Art di Londra (1962-65) e Filosofia a Yale (M.F.A., 1967). Attualmente è Professore Emerito di “History of Consciousness” presso l’Università della California, Santa Cruz ed Emerito “Millard Chair of Fine Art” al Goldsmiths College, University of London. E’ presente in importanti istituzioni quali The Metropolitan Museum and the Museum of Modern Art, New York; Corcoran Gallery, Washington DC; Museum of Contemporary Art e LA County Museum of Art, Los Angeles; The Walker Art Center, Minneapolis; The Tate Gallery, Tate Modern, e il Victoria and Albert Museum, di Londra; Centre Georges Pompidou, Parigi. È autore di numerosi volumi che hanno notevolmente segnato il dibattito critico non solo americano. Ne ricordiamo alcuni: Thinking Photography (1982), Between (1986), The End of Art Theory: Criticism and Postmodernity (1986), In/Different Spaces: Place and Memory in Visual Culture, Shadowed (1996); The Remembered Film (Reaktion, 2004); Situational Aesthetics (Leuven University Press, 2009); Parallel Texts: interviews and interventions about art (Reaktion, 2011)Continue Reading..

07
Ott

Leonardo Aquilino. El Dorado

El Dorado
Castello di Rivara
Museum of Contemporary Art

El Dorado, El indio dorado, la terra dell’oro, la terra preziosa, il nuovo mondo, l’Eden, il paradiso terrestre. Nella storia in molti sono partiti per ricercarla come luogo fisico realmente esistente, si sono tracciate mappe e percorsi ipotetici, si sono stabilite le caratteristiche geologiche del luogo, immaginato laghi dal letto ricoperto d’oro, ma nessun luogo simile è stato mai trovato. Leonardo Aquilino nell’occasione di Equinozio D’Autunno al Castello di Rivara all’interno di una delle project room al primo piano del Castello ottocentesco presenta El Dorado. Una installazione fotografica che circonda, abbraccia l’intero perimetro della grande stanza andando a creare uno spazio interno di meditazione. Una serie di immagini, protette da membrane plastiche tagliate su misura, raccontano di paesaggi dalle terre dorate. L’artista segue le tracce della storia di El Dorado, ripercorrendone la mappatura fino alle tesi che raccontano di un lago con il suolo d’oro legato ad antiche tribù e rituali della Colombia. L’importanza del lago e del suo simbolismo nella leggenda riconducono l’artista alla ricerca di un lago con le stesse caratteristiche naturalistiche. Leonardo, ripropone la visione a 360° del landscape del lago visto dal centro di esso, raccontandone i confini e la percezione interna. Così ci riproporrà la stessa visione a 360° visibile dal centro della stanza del castello, ricreando per il fruitore quella stessa mappatura che lui stesso ha seguito. Un colpo d’occhio per raccontare di un luogo leggendario. Un invito a prendersi del tempo per immaginare il proprio luogo ideale…un luogo presente dentro ogni individuo, con caratteristiche diverse da persona in persona l’unica caratteristica che permane è la preziosità di tale luogo.

Equinozio D’Autunno 2016
opening 24 Settembre ore 16:00

Castello di Rivara
Museo D’Arte Contemporanea
Piazza Sillano, 2 – Rivara (TO)

La mostra sarà aperta fino al 6 novembre 2016

Immagine: installation view, 2016

05
Ott

Anna Caruso. Sei se ricordi

a cura di Lorenzo Respi

inaugurazione: giovedì 6 ottobre 2016 ore 18.30 fino al 12 novembre 2016

Anna Marra Contemporanea è lieta di presentare Sei se ricordi, prima mostra personale a Roma di Anna Caruso, curata da Lorenzo Respi.
La mostra, che inaugura giovedì 6 ottobre 2016, accoglie undici dipinti inediti della produzione più recente dell’artista milanese. Dagli acrilici su tela del 2014, sino alle opere realizzate ad hoc per l’occasione. Fin dagli esordi Anna Caruso ha intrapreso un’intensa ricerca pittorica che l’ha costretta a confrontarsi con se stessa e a prendere coscienza di “essere fatta” di ricordi, di esperienze e di inquietudini. L’artista racconta da sempre la sua storia sulla tela, in modo enigmatico e quasi ossessivo, trasferendo su di essa gli affioramenti delle memorie più intime. La componente temporale è, quindi, necessaria ed essenziale per comprendere l’impianto narrativo complesso e l’iconografia sofisticata che caratterizzano i suoi dipinti: il filtro del tempo, trascorrendo inesorabile, allontana ciascuno di noi dall’”essere stato” e trasforma così le vicende autobiografiche in una riflessione più universale sul senso della memoria.

Ogni tela è un intreccio di storie diverse, ogni tela è un palinsesto di frammenti di vita, ogni tela riporta i confini pittorici delle cesure del tempo.
Anna Caruso cerca costantemente di ricomporre, ricostruire e razionalizzare il proprio vissuto alla ricerca di certezze che, paradossalmente, il destino non le permetterà mai di avere. Tutto si raffredda, si congela l’attimo. Ecco, quindi, che per trovare questa certezza negata si rifugia nella pittura, dove nella composizione del quadro ricrea il suo mondo ideale, che protegge i ricordi belli e allontana quelli brutti, che fa i conti con il passato e interroga il futuro, consapevole che è un’illusione.

La scelta dei colori e il loro accostamento, la sovrapposizione delle immagini – uomini, donne, bambini e animali – le architetture astratte invasive e i boschi misteriosi in secondo piano, e perfino i titoli delle opere – tra cui, (fotografie) in mancanza d’altro (2016), Senza domande si apre il bosco (2016), Il lutto di ciò che perderemo (2016) -, sono i pezzi di un puzzle mentale che il visitatore della mostra deve pazientemente rimettere insieme per comprendere l’intimo messaggio esistenziale che Anna Caruso vuole trasmettere senza svelarcene immediatamente il senso.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Gangemi Editore con testo del curatore e sarà visibile fino al 12 novembre 2016.Continue Reading..